mercoledì 30 novembre 2011

SANT'ANDREA APOSTOLO e SAN VINCENZO FERRER, DUE GRANDI PESCATORI D'ANIME



Oggi  è la festa di Sant'Andrea, 
l'Apostolo silenzioso 
ma gran pescatore d'anime
Andrea era il fratello di san Pietro
Il Nuovo Testamento ricorda che Sant'Andrea era figlio di Giona, o Giovanni, (Matteo 16:17; Giovanni 1:42). Egli era nato a Betsaida sulle rive del Lago omonimo in Galilea (Giovanni 1:44). Assieme al fratello Pietro esercitava il mestiere di pescatore, e la tradizione vuole che Gesù stesso lo avesse chiamato ad essere suo discepolo invitandolo ad essere per lui "pescatore di uomini" (ἁλιείς ἀνθρώπων, halieis anthropon) tradotto anche come "pescatore di anime". Agli inizi della vita pubblica di Gesù, occupavano la stessa casa a Cafarnao (Marco 1:21, 29).
Il Vangelo di Giovanni ricorda che Andrea era stato anche discepolo di Giovanni il Battista, che per primo gli ordinò di seguire Gesù, continuatore della sua opera (Giovanni 1:35-40). Andrea fu il primo a riconoscere in Gesù il Messia, e lo fece conoscere al fratello (Giovanni 1:41). Presto entrambi i fratelli divennero discepoli di Cristo. In un'occasione successiva, prima della definitiva vocazione all'apostolato, essi erano definiti come grandi amici e lasciarono tutto per seguire Gesù (Luca 5:11; Matteo 4:19-20; Marco 1:17-18).
Nei vangeli Andrea è indicato essere presente in molte importanti occasioni come uno dei discepoli più vicini a Gesù (Marco 13:3; Giovanni 6:8, 12:22), ma negli Atti degli Apostoli si trova solo una menzione marginale della sua figura (1:13).

Eusebio di Cesarea ricorda nelle sue "Origini" che Andrea aveva viaggiato in Asia Minore ed in Scizia, lungo il Mar Nero come del resto anche sul Volga e sul Kiev. Per questo egli è divenuto santo patrono della Romania e della Russia. Secondo la tradizione, egli fu il fondatore della sede episcopale di Bisanzio (Costantinopoli), dal momento che l'unico vescovato dell'area asiatica che era già stato fondato era quello di Eraclea. Nel 38, su questa sede gli succedette Stachys. La diocesi si svilupperà successivamente nel Patriarcato di Costantinopoli. Andrea è riconosciuto come santo patrono della sede episcopale.



La tradizione vuole che Andrea sia stato martirizzato per crocifissione a Patrasso (Patrae) in Acaia (Grecia). Dai primi testi apocrifi, come ad esempio gli Atti di Andrea citati da Gregorio di Tours nel Monumenta Germaniae Historica, si sa che Andrea venne legato e non inchiodato su una croce latina (simile a quella dove Cristo era stato crocifisso), ma la tradizione vuole che Andrea sia stato crocifisso su una croce di forma detta Croce decussata (a forma di X) e comunemente conosciuta con il nome di "Croce di Sant'Andrea"; Questa venne adottata per sua personale scelta, dal momento che egli non avrebbe mai osato eguagliare il maestro, Gesù, nel martirio. Quest'iconografia di sant'Andrea appare ad ogni modo solo attorno al X secolo, ma non divenne comune sino al XVII secolo. Proprio per il suo martirio, sant'Andrea è divenuto anche il patrono di Patrasso.

La crocifissione di Sant'Andrea
Le reliquie 
Dopo il martirio di sant'Andrea, secondo la tradizione, le sue reliquie vennero spostate da Patrasso a Costantinopoli. Leggende locali dicono che le reliquie vennero vendute dai romani.
Nel sesto secolo la reliquia della mano e del braccio di S. Andrea fu donata al vescovo Venanzio di Luni, dal papa Gregorio Magno, suo grande amico. E' tradizione che in tale tempo, e con l' occasione del dono, sia stata costruita in Sarzana, antica città ligure al confine con la toscana, la Chiesa di S. Andrea, che divenne la dimora della reliquia. Da quel giorno l' Apostolo divenne il Patrono della città. Tali reliquie si conservano al presente nella Cattedrale di Sarzana; essa fu portata da Costantinopoli a Roma da un certo Andrea, maggiordomo dell'imperatore Maurizio di Costantinopoli[1].
La testa del Santo, insieme ad altre reliquie (vale a dire un mignolo e alcune piccole parti della croce) venne donata da Tommaso Paleologo, despota della Morea spodestato dai turchi a papa Pio II nel 1461, in cambio dell'impegno per una crociata che avrebbe dovuto riprendere Costantinopoli. Il papa accettò il dono promettendo di restituire le reliquie quando la Grecia fosse stata liberata e ne inviò la mandibola custodita nell'antico reliquiario a Pienza. Per decisione di papa Paolo VI nel 1964 le reliquie conservate a Roma vennero inviate nuovamente a Patrasso all'interno dell'antico reliquiario bizantino, fino ad allora custodito nella cattedrale pientina; in cambio il Papa donò alla cattedrale di Pienza il busto-reliquiario della testa commissionato da Pio II a Simone di Giovanni Ghini per la basilica di San Pietro in Vaticano. Le reliquie rese sono a tutt'oggi custodite nella chiesa di sant'Andrea a Patrasso in una speciale urna, e vengono mostrate ai fedeli in occasione della festa del 30 novembre.
Tutte le reliquie conosciute attribuite a sant'Andrea sono dislocate in alcuni punti fondamentali della sua venerazione: nella basilica di sant'Andrea a Patrasso, in Grecia, nel Duomo di Sant'Andrea di Amalfi, Italia, nella cattedrale di Santa Maria, a Edimburgo, in Scozia e nella chiesa di Sant'Andrea e Sant'Alberto a Varsavia, in Polonia. Altro luogo ove sono custodite reliquie del Santo è il Casino di Cicco sito in Sant'Apollinare.

La tradizione italiana 

  
Statua di sant'Andrea nella basilica di San Pietro

Statua in argento di Sant'Andrea custodita nel Duomo di Amalfi

Sofronio Eusebio Girolamo scrisse che le reliquie di Andrea vennero portate da Patrasso a Costantinopoli per ordine dell'imperatore romano Costanzo II nel 357[2]. Qui rimasero sino al 1208 quando le reliquie vennero portate ad Amalfi, in Italia, dal cardinale Pietro Capuano, nativo di Amalfi. Nel XV secolo, la testa di sant'Andrea fu portata a Roma, dove venne posta in una teca in uno dei quattro pilastri principali della basilica di San Pietro. Nel settembre del 1964, come gesto di apertura verso la Chiesa ortodossa greca, papa Paolo VI consegnò un dito e parte della testa alla chiesa di Patrasso. Il Duomo di Amalfi, dedicato appunto a sant'Andrea (come del resto la città stessa), contiene una tomba nella sua cripta che continua a contenere alcune altre reliquie dell'apostolo.
*Nella santa Messa di sempre il suo nome è invocato due volte insieme al fratello e Papa San Pietro.

***
"Timete Deum et date Illi  honorem"

Trattato della vita spirituale 
di san Vincenzo Ferreri O.P.
Una magnifica 'sintesi'. Ediz, integrale clicca qui.
PREFAZIONE

Nel presente trattatello non intendo di far altro che esporre salutari insegnamenti estratti dagli scritti dei santi Dottori. Non faccio alcuna citazione né della Sacra Scrittura né di qualche Maestro in particolare, per provare o persuadere quello che dico; sia perché voglio essere breve, sia perché non mi rivolgo se non a quel lettore, che desidera vivamente di fare tutto quello che saprà tornare gradito a Dio. E neppure cerco di provare le mie affermazioni, perché non ho nessuna voglia di disputare con orgogliosi, ma solo d'illuminare gli umili. 
Chiunque pertanto si propone di fare del bene alle anime e di edificare il prossimo colle sue parole, deve prima di tutto possedere in se stesso quanto intende d'insegnare agli altri: altrimenti porterà poco frutto, perché la sua parola rimarrà inefficace finché i suoi uditori non lo vedranno praticare tutto quello ch'egli insegna e molto di più ancora


PARTE PRIMA 
I Fondamenti della Vita Spirituale 

CAPITOLO I. 
La povertà volontaria 

Amare la povertà 

Anzitutto è necessario che il servo di Dio disprezzi tutto ciò che è terreno, lo consideri come spazzatura e non ne faccia uso se non per una rigorosa necessità (1). Ridurrà i suoi bisogni a poco e, per amore della povertà, sopporterà anche certi incomodi, perché, come disse un pio autore, quello che è meritorio non è l'esser poveri, ma, quando si è poveri, amare la povertà e sopportarne volentieri e allegramente le privazioni per amore di Gesù. 

Falsa Povertà 

Ohimè! quanti sono poveri solo di nome! perché si gloriano d'esser poveri solo a patto che loro nulla manchi. Pretendono d'esser amici della povertà, ma fuggono a tutto potere le compagne e gli amici inseparabili della povertà, la fame, la sete, il disprezzo, l'abiezione. 
Non così il nostro Padre San Domenico, né Colui che «essendo ricco si fece povero per noi», né gli Apostoli che c'istruirono e colle parole e cogli esempi. 

Regole pratiche 

Non domandare mai nulla a nessuno, salvo il caso di necessità. Rifiuta tutto ciò che ti si offre, per quanto ne venga pregato, anche col pretesto di darlo poi ai poveri; e sii persuaso che facendo casi edificherai grandemente e quelli che ti hanno fatto questa offerta, e tutti quelli che conosceranno il tuo rifiuto; e con ciò potrai più facilmente indurli al disprezzo del mondo, e a soccorrere altri poveri. 
Per il necessario, intendo quello di cui hai bisogno per il momento: un cibo frugale, abiti modesti e una calzatura di poco prezzo. Possedere libri non è una necessità. Quante volte i libri servono di pretesto a un'avarizia colpevole! Contentati di quelli che la comunità possiede e che ti saranno prestati. 
Vuoi tu conoscere chiaramente l'effetto dei miei consigli? Comincia col praticarli umilmente. Se li discuti con orgoglio non ci capirai nulla. Perché Gesù Cristo, Maestro d'umiltà, rivela agli umili la verità che nasconde ai superbi. 
Stabilisci dunque la povertà alla base della tua vita spirituale: essa è il fondamento posto da Gesù Cristo stesso, che cominciò il suo discorso del morte con queste parole: Beati i poveri di spirito! 


CAPITOLO II. 
L'amore del silenzio 

Poi applicati virilmente a reprimere la lingua. Tu la ricevesti per esprimere le cose utili: dunque s'astenga da ogni frivolezza, da ogni inutilità. 
Per governarla meglio, non parlare mai se non per rispondere a domande necessarie o utili. Una domanda vana non merita che il silenzio. 
Se poi a volte ti si rivolgesse qualche facezia, per modo di ricreazione, per non essere di peso agli altri, potrai benissimo accoglierla con volto ilare e benevolmente. Però guardati dal parlare, anche se il tuo silenzio dovesse provocare mormorazioni, tristezza o altre parole amare; anche se dovessi essere trattato da orgoglioso, esagerato e intollerabile. Ma prega Dio con fervore affinché conservi in pace il loro cuore. 
Nondimeno qualche volta è permesso di parlare: in caso di necessità e quando la carità o l'obbedienza lo richiedono. Ma allora abbi cura di parlare solo dopo matura riflessione, di spicciarti con poche parole, umilmente e a voce sommessa. Lo stesso devi fare se hai da rispondere a qualcuno. 

Sappi così tacere per alcun tempo: edificherai i tuoi fratelli, e il silenzio t'insegnerà a parlare, quando sarà il momento opportuno. Frattanto prega Dio affinché si degni di supplire Lui, con buone ispirazioni, nel cuore dei tuoi fratelli, quei buoni pensieri che la legge del silenzio t'impedisce per il momento di comunicar loro. 
In tal modo con la povertà e con il silenzio estirperai le numerose sollecitudini che soffocano il buon seme. delle virtù gettato ininterrottamente nel tuo cuore dall'ispirazione divina. 



CAPITOLO III. 
La purezza di cuore 

La perfetta purezza di cuore 

Sforzi anche più vigorosi ti restano da fare per conquistare quelle virtù che ti solleveranno alla purezza di cuore. Secondo la parola del Salvatore, questa purezza aprirà i nostri occhi interiori alla contemplazione divina e ci stabilirà in un tale riposo e in una tale pace che Quegli che tiene la sua sede nella pace si degnerà anche di abitare in te (2). 
Non si tratta di quella purezza che si contenta di preservarci da pensieri carnali, ma di quella purezza perfetta di cuore, che ci allontana, per quanto è possibile quaggiù, da ogni pensiero inutile e ci fa quindi innanzi cercare il nostro piacere nel solo pensiero di Dio e delle cose divine. 
Per ottenerla, questa purezza, questa virtù celeste, anzi divina, poiché quegli che aderisce a Dio è un solo spirito con Lui, son necessarie parecchie cose. 

Mortificazione della volontà propria 

Anzitutto impiega tutte le tue forze nel rinunziare a te stesso, secondo la sentenza del Salvatore: Se qualcuno vuol venire dietro a Me, rinneghi se stesso. Ciò vuol dire che, in tutto, devi mortificare, disprezzare, contraddire la tua volontà propria e abbracciare la volontà degli altri, ogni volta che questa sia lecita e onesta
Di regola generale, quando trattasi delle cose materiali destinate ai bisogni del corpo, non seguire mai la tua volontà personale contro quella degli altri, anche se questa ti paresse stravagante. 

Sopporta ogni incomodo per conservare la pace interiore dell'anima, la quale non può non turbarsi per questa sorta di contraddizioni in cui l'attacco al proprio giudizio personale e il desiderio di fare la propria volontà provocano pensieri e parole contrarie alla carità. 
Anche nelle cose spirituali, alla tua volontà preferisci quella degli altri, purché questa sia buona, quand'anche la tua ti sembrasse migliore; perché, evitando gli alterchi, guadagnerai molto più con l'aumentare in te l'umiltà, la tranquillità e la pace, di quello che potresti guadagnare col praticare qualsiasi virtù secondo il tuo piacere e contro il piacere altrui. 

Ciò si deve però intendere de' tuoi familiari ed emuli nella pietà e nel desiderio di perfezione. Perché, in quanto a quelli che chiamano male il bene e bene il male e passano il loro tempo a scrutare e a giudicare le parole e i fatti altrui invece di correggere i loro propri i difetti, tu non devi seguire il loro giudizio nelle cose spirituali. 
Ma nelle cose materiali fa ordinariamente la volontà degli altri, qualsisiano. 

Qualche volta, quando Iddio t'ispirerà di fare qualcosa per la gloria sua, per la tua santificazione o per il bene del prossimo, ti si opporranno difficoltà, forse insuperabili. Sia che la difficoltà provenga da' tuoi superiori, o da' tuoi eguali, o da' tuoi inferiori, non ti trattenere a contendere. Rientra in te stesso e, quivi raccolto col tuo Dio, va via ripetendo: Signore, mi si fa violenza, rispondete per me (Isai. XXXVIII). 

Non ti rattristare punto di queste difficoltà: Dio non le avrebbe permesse se, alla fin fine, non dovessero essere utili a te e agli altri. Anzi ti posso assicurare che, sebbene tu non lo veda oggi, più tardi capirai che cadesti ostacoli apparenti ti avranno in realtà giovato ad ottenere il tuo intento. Quanti esempi, tratti dalla Sacra Scrittura, ti potrei citare, quello di Giuseppe in particolare, se non mi fossi imposto la brevità ad ogni costo! Ma credi alla mia esperienza che è così. 

Altre volte sembrerà che, Dio stesso frustri i tuoi sforzi con la malattia o con qualche altro avvenimento. 
Non te ne contristare in nessun modo, ricevi tutto con un'anima uguale e confida interamente in Colui che conosce meglio di te quello che ti è utile e non cessa di attirarti a Lui, forse a tua insaputa, se tu ti abbandoni senza riserva. 
Usa dunque ogni tua cura per restar padrone di te stesso nella pace e nella tranquillità del cuore. Nessun avvenimento t'affligga, tranne i tuoi peccati e quelli degli altri o le occasioni di peccato. Nessun accidente ti renda triste. 

Non ti lasciar trasportare dallo sdegno contro le colpe del prossimo. Di tutti abbi pietà e compassione ricordandoti sempre che tu stesso cadresti più basso ancora, se Gesù Cristo non ti sostenesse colla sua grazia

Mortificazione dell'amor proprio 

Inoltre tienti pronto a sopportare per amore di Gesù tutti gli obbrobri, tutte le pene, tutte le avversità. 
Il più piccolo desiderio di grandezza, sotto qualsiasi pretesto di carità, faccia capolino, è la testa del dragone infernale: bisogna subito schiacciarla con la croce, richiamandoti alla memoria l'umiltà e la crudele Passione di Gesù che fuggì la regia dignità per abbracciare liberamente la Croce e la sua ignominia (3). 
Fuggi, abbi in orrore, come un veleno mortale, ogni umana lode. Se sei disprezzato, rallegrati e sii intimamente convinto di meritare il vilipendio e le ingiurie di tutti. 
Non perdere mai di vista i tuoi difetti né i tuoi peccati; non temere d'ingrandirli ai tuoi occhi. In quanto ai difetti del prossimo, gettali dietro le spalle per nasconderli a te stesso. Che se tu sei forzato a vederli, guarderai di attenuarli, di scusarli misericordiosamente, e procurerai di recar soccorso a' tuoi fratelli (4). 
Distogli gli occhi dell'anima e del corpo dal guardare il prossimo, affinché tu possa considerare te stesso nel lume del volto di Dio. Sì, guarda continuamente te stesso e giudicati sempre lealmente. Esamina ciascuno de' tuoi atti, delle tue parole, de' tuoi pensieri per trovarvi materia di compunzione, perché anche le tue buone azioni sono lontane dall'essere perfette e pervase del fervore necessario; la negligenza le guasta e la tua giustizia può giustamente paragonarsi ad uno straccio immondo. 
Riprendi adunque continuamente te stesso. Non lasciar passare senza un biasimo severo né le tue negligenze in parole e in opere, né tampoco i tuoi pensieri, non dico cattivi, ma anche solamente inutili. Esercita codesta rigorosa sorveglianza ad ogni ora nel cospetto del tuo Dio (5). 

Umiltà riguardo a Dio 

A cagione de' tuoi difetti, tienti, davanti a Dio, per vile e miserabile più di qualsivoglia peccatore, reo di qualsiasi peccato; come degno d'essere punito ed escluso dalle celesti delizie, se Dio ti trattasse secondo la sua giustizia e non secondo la sua misericordia, poiché Egli ti fece tante grazie, più che a molti altri, e tu hai corrisposto coll'ingratitudine. 
Inoltre considera attentamente e con un vivo senso di spavento che qualsiasi grazia, inclinazione al bene e desiderio della virtù, non l'hai avuto da te stesso, ma dalla sola misericordia di Cristo, che avrebbe potuto arricchire di questi favori qualunque altro peccatore, e lasciare te nell'abisso della tua ignominia e della tua miseria. 

Umiltà riguardo al prossimo 

Pensa ancora e procura di persuaderti che non vi è un peccatore così carico di difetti che non servirebbe Dio meglio di te e non si mostrerebbe più riconoscente dei benefizi divini, se avesse ricevuto le medesime grazie che ricevesti tu, non per i tuoi meriti ma per la bontà affatto gratuita di Dio. Per ciò puoi bene considerarti come il più vile e il più basso degli uomini e temere con ragione che la tua ingratitudine spinga Iddio a cacciarti dalla sua presenza (6). 
Con ciò non voglio dire che tu debba crederti fuori della grazia di Dio e in stato di peccato mortale, sia pure che altri siano colpevoli di peccati mortali senza numero. Ciò del resto ci è ignoto, perché il nostro giudizio è fallace e Dio può ben aver loro concesso tutt'a un tratto la contrizione e un' effusione della sua grazia

Quando la tua umiltà ti paragonerà agli altri peccatori, non è utile che tu discenda ai loro disordini in particolare. Basta un confronto generale tra i loro peccati e la tua ingratitudine. Qualora volessi considerarli in particolare, potresti benissimo fare, per una certa rassomiglianza, dei peccati personali, apostrofando così la tua coscienza: quegli è un omicida, ed io, miserabile, quante volte non ho ucciso l'anima mia! Questi è fornicario e adultero, ed io non lo sono tutto il giorno, distogliendo la mia attenzione da Dio e cedendo alle suggestioni diaboliche? E così degli altri. 

Ma se osservassi che il diavolo approfitta di quest'esercizio per indurti alla disperazione, lascia queste apostrofi e solleva il tuo cuore alla speranza nel1a contemplazione della bontà e della clemenza del tuo Dio che già ti prevenne con tante grazie e certo vorrà compire l'opera che ha cominciato in te. Di regola ordinaria l'uomo spirituale, che ha già qualche esperienza di Dio, non prova questa tentazione di disperazione quando nel suo fervore accusa se stesso. Ma ciò può succedere e di fatto succede spesso ai principianti, specialmente a quelli che la misericordia di Dio ha liberati da molti pericoli e grandi peccati in cui trovavansi inviluppati. 


NOTE

(1) «L'uomo è collocato tra le cose di questo mondo e i beni spirituali in tal modo che quanto più s'attacca ai primi, tanto più s'allontana dagli altri, e viceversa» (Sum. Theol. II-II q. 108. a. 4). 

(2) «Se tu desideri di arrivare per una via retta e sicura in breve tempo all'unione divina, fine della beatitudine, applicati internamente con una cura vigile a conservare sempre puro il tuo cuore, libero il tuo spirito e nel riposo i tuoi sensi; raccogli gli affetti del tuo cuore e portali incessantemente in alto per fissarli in Dio» (S. Alberto Magno, L'Unione con Dio, c. V). 

(3) S. Tommaso insegna che i moti dell'orgoglio sono facilmente repressi colla considerazione dell'infinita grandezza di Dio, dell'abisso della nostra miseria e dell'imperfezione di tutte le nostre buone opere (Sum. Theol. II - II, q. 62, a. 9, ad I). 

(4) Il P. Faber assicura che Se qualcuno ha l'abitudine di pensare agli altri con bontà, e ciò per motivi soprannaturali, non è lontano dall'esser un santo (Confer. spirit.). 

(5) Questi consigli vanno intesi con la discrezione supposta dal Santo Autore. Sarebbe un disastro per la nostra vita interiore non uscir mai dalla preoccupazione di noi stessi e convertire ogni preghiera mentale in esame di coscienza. Ciononostante è indispensabile che l'anima si esamini, quotidianamente, sopra il suo difetto principale (“esame di coscienza particolare”), i suoi altri difetti, sopra le sue imperfezioni, ed anche sopra le sue tendenze intime. Un tale esame praticato assiduamente è la condizione del nostro emendamento. 

(6) Il B. Raimondo da Capua, Maestro Generale dei Domenicani, racconta di Santa Caterina da Siena che «ella non solo si metteva sotto alla più vile delle anime e desiderava incessantemente d'essere considerata come l'ultima di tutte, ma credeva fermamente di esser la causa di tutti i mali altrui. Ogni volta che pensava alle iniquità e alle sventure del mondo in generale o di ciascun individuo in particolare, ne attribuiva a se stessa la colpa, dicendo: Sei tu la causa di tutti questi mali; rientra dunque in te stessa e piangi le tue colpe ai piedi del Signore». E la Santa ciò spiegava dicendo ch'ella aveva mal corrisposto ai disegni di Dio sopra l'anima sua. 

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Semplicemente magnifico: "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri." 
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP, Maestro dell’Ordine)

AVE MARIA!
AMDG

lunedì 28 novembre 2011

La causa del possibile crollo e perché può salvarci il Papa


Un interessante articolo di Antonio Socci sulla crisi dell'euro
27 novembre 2011 / 
Dove sono finiti tutti i mistici dell’euro – economisti, giornalisti, politici, intellettuali – che dieci anni fa imperversavano su tutti i pulpiti per decantare le virtù taumaturgiche della moneta unica e “le magnifiche sorti e progressive” dell’Italia nell’euro?
Sarebbe interessante pure andarsi a rileggere gli scritti dell’attuale premier e dei tecnici che compongono la sua squadra di governo chiamata a evitare il disastro.
Io spero che ce la facciano, ma non ricordo che, a quel tempo, ci abbiano messo in guardia sull’euro. Anzi…
E dov’è finito il centrosinistra dei Ciampi, dei Prodi, dei D’Alema, degli Amato che da anni rivendica come proprio merito storico “l’aver portato l’Italia nell’euro”?
I post-comunisti per far dimenticare di essere stati antieuropei col Pci, quando si doveva essere europeisti, vollero primeggiare nello zelo sulla moneta unica sulla quale invece bisognava essere dubbiosi. Riuscendo così a sbagliare due volte.
D’altra parte la “religione dell’euro” non ammetteva dissidenti. Era un’ortodossia ferrea che rendeva obbligatorio cantare nel coro.
Dogma imposto
L’anticonformismo era considerato boicottaggio. Ricordate come venivano trattati da trogloditi o da reazionari provinciali i pochissimi che avevano l’ardire di esprimere dubbi sull’operazione euro?  
Antonio Martino – per esempio – veniva giudicato un bizzarro mattocchio, un isolato. Il governatore di Bankitalia Antonio Fazio, per i suoi dubbi, era considerato uno che remava contro.
Eppure c’erano fior di paesi europei – come la Gran Bretagna – che nell’euro preferirono non entrare. Quindi i dubbi erano più che fondati. Ma in Italia non avevano neanche diritto di cittadinanza.
Gli italiani non hanno nemmeno potuto esprimersi con un voto. L’euro infatti era un dogma di fede e i dogmi non si discutono.
I cittadini italiani così hanno dovuto subire senza discutere una serie di stangate finalizzate alla moneta unica, un cambio lira/euro penalizzante, un micidiale raddoppio dei prezzi che li ha impoveriti tutti, la fine della crescita dell’economia nazionale (con annessa disoccupazione giovanile), il ribaltamento dall’attivo al passivo della bilancia dei pagamenti e – come premio per questo bagno di sangue – adesso addirittura la prospettiva infernale del fallimento (quando invece era stato promesso il paradiso). 
Complimenti! Chi dobbiamo ringraziare? E’ vero che l’Italia non è stata virtuosa come doveva e questo è grave. Ma ormai è chiaro che il tema non è il crollo dell’Italia, ma quello dell’Europa dell’euro.
Per questo oggi l’operazione moneta unica, la follia costruttivista di imporre dal nulla una moneta inventata ai nostri popoli, è figlia di nessuno.
Di chi la colpa?
Sugli stessi giornali su cui ieri si alzavano inni all’euro, oggi tutti ammettono che è un’assurdità il creare una moneta senza avere dietro uno Stato, senza una banca nazionale, senza un governo federale, con politiche fiscali e monetarie contrapposte e senza nemmeno una lingua comune.
In effetti i popoli europei hanno una sola cosa in comune, il cristianesimo, ma le élite che hanno creato l’euro hanno visto bene di cancellare ogni riferimento ad esso in quel delirio che è la Costituzione europea: la moneta unica doveva soppiantare superbamente anche Dio, la storia e la cultura.
Ma, dicevo, oggi a quanto pare l’euro è figlio di nessuno. Ai pochi audaci che allora chiamavano “neuro” la nuova moneta, prendendosi il disprezzo delle caste dominanti, nessuno riconosce di aver avuto ragione. E nessuno fa autocritica.
Invita a farla, invece, un leale articolo di Guido Tabellini, rettore della Bocconi, che sul Sole 24 ore ha scritto: “Bisogna ammettere che abbiamo sbagliato”. Ma i politici che dicono?
D’altronde occorre riconoscere che i politici italiani sono stati solo – come sempre – truppe di complemento. La vera causa del disastro euro è il secolare e devastante conflitto fra Francia e Germania per l’egemonia sul continente europeo.
Infatti la moneta unica nacque come condizione della Francia di Mitterrand alla Germania di Kohl, per dare l’avallo all’unificazione. Se i tedeschi rinunciavano al marco, i francesi si illudevano di egemonizzare l’area euro.
In realtà i tedeschi posero tali condizioni capestro sulla moneta unica a tutti gli altri paesi che invece di europeizzare la Germania si è germanizzata l’Europa.
Cosicché oggi il leader tedesco Volker Kauder può proclamare: “finalmente l’Europa parla tedesco”. E’ un’esultanza miope, che non vede il baratro in cui l’inflessibilità germanica ci sta portando.
E non si venga a dire – come fa la Merkel – che le virtuose formiche tedesche non vogliono pagare i debiti delle irresponsabili cicale latine.
Perché il rigore del patto di stabilità che i tedeschi pretendono di applicare agli altri (insieme ai francesi) non lo applicano a se stessi: nel 2003 infatti sono stati proprio Germania e Francia a sforare sul disavanzo. Pretendendo che nessuno eccepisse.
Così come la Bundesbank è andata a comprare i bund invenduti alla recente asta, mentre proibisce che la Bce faccia altrettanto. Per gli altri le leggi si applicano, per se stessi si interpretano.
E’ così che l’euro si è risolto in un colossale affare per la Germania e in un disastro per tutti gli altri.
Napoleone e Hitler
Il fatto è che l’operazione euro è nata male. E’ nata infatti come ennesimo braccio di ferro fra Francia e Germania, come una prosecuzione della loro guerra con altri mezzi.
E’ da secoli che i due contendenti si combattono. Si potrebbero trovare le radici più antiche addirittura nella divisione del Sacro Romano Impero, col trattato di Verdun dell’843.
Ma è soprattutto dal XVI secolo che francesi e germanici si contendono l’impero e inseguono lo stesso ambizioso sogno: trasformare l’Europa in un proprio impero.
Nei tempi moderni ci provò Napoleone e poi ci ha riprovato Hitler. L’esito è stato la devastazione dell’Europa in entrambi i casi.
A questo ciclo di guerre durato almeno 400 anni – che chiamerei “le guerre d’irreligione”, perché sono conseguenti alla distruzione della koiné cattolica europea – vollero mettere fine, dopo il 1945, tre statisti, che non a caso erano cattolici praticanti, cioè Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Robert Schuman.
La Chiesa è la salvezza
Da loro nacque il pacifico progetto di unificazione europea, che in nome delle radici cristiane del continente, unico vero cemento dei nostri popoli, pose fine alle guerre imperiali franco-tedesche.
L’operazione euro invece va esattamente nella direzione opposta. Nasce dal rinnegamento di questa identità cristiana dell’Europa e segna la ripresa dell’ostilità fra Francia e Germania.
Sembra addirittura una replica della storia. Infatti la guerra della Francia alla Prussia del 1870, paradossalmente portò all’unione della Germania, così la guerra monetaria della Francia al marco, di venti anni fa, ha portato a un’Europa germanizzata. Complimenti ai galletti di Parigi.
Anche oggi come allora la ripresa della guerra franco-tedesca può portare solo alla catastrofe dell’Europa. A meno di un rinsavimento generale sull’orlo dell’abisso.


Forse l’unica voce che oggi potrebbe energicamente richiamare tutte le élite di governo (a partire da quella tedesca) al senso di responsabilità è quella del Papa, vero custode dello spirito europeo.
La sua intelligenza cristiana della storia ci può salvare perché il papa è un tedesco che ha meditato sulla tragedia in cui la Germania ha trascinato l’Europa nel 1939.
Benedetto XVI sa bene e insegna da anni che a produrre il nazismo non fu l’inflazione della repubblica di Weimar, come pensano la Merkel e la Bundesbank, ma fu una malattia spirituale e culturale che aveva radici più antiche e perverse.
E’ da quelle che occorre guardarsi, non dall’inflazione. Oggi la solidarietà fra tutti i paesi è la salvezza dell’Europa.
Il grande Adenauer diceva: “Signore, tu che hai posto un limite all’intelligenza dell’uomo, ponilo anche alla sua idiozia”. Vale per tutti.

Antonio Socci
Da “Libero”, 27 novembre 2011

AVE MARIA!
AMDG

MARIA ROSA MISTICA


APPARIZIONE DI MONTICHIARI (BS)
Maria Rosa Mistica
Dal 24/11/1946 al 24/03/1983

Il 24 novembre 1946 la Madonna, con tre grosse spade conficcate nel petto, apparve per la prima volta a Pierina Gilli (1911-1991) mentre era raccolta in preghiera nella stanza dell'ospedale dicendole:
"Preghiera, sacrificio, penitenza".
La veggente, prima di 9 figli, ebbe un'infanzia molto povera. Frequentò la scuola sino alla quarta elementare e poi cominciò a lavorare. Fece vari mestieri, finché venne accettata come inserviente in ospedale. Fin da giovanissima si sentì chiamata alla vita religiosa, ma subentrava sempre una grave malattia che la costringeva a rimandare ogni decisione al riguardo. Alla fine del 1944 entrò in coma a causa di un attacco di meningite e rimase in questo stato 12 giorni quando, dopo un sogno in cui una suora Ancella della Carità le si era avvicinata, ungendola con un particolare unguento e dicendole che sarebbe guarita ma che avrebbe avuto una nuda croce da portare, riprese coscienza e si trovò risanata.
Santa Maria Crocifissa di Rosa, la suora che le era apparsa in sogno - come comprese parlando poi con le suore dell'ospedale - le apparve in seguito numerose altre volte.
Verso la fine del 1945 di nuovo si ammalò e continuò a soffrire di dolori in tutto il corpo per l'intero 1946. Il 12 febbraio 1947 versava in condizioni gravissime, con un collasso cardiaco che faceva presagire una morte imminente. Ma Pierina ricevette ancora una visita di Santa Crocifissa di Rosa che le chiedeva l'offerta delle sue sofferenze per la salvezza delle anime religiose. Dopo aver accettato, si riprese. Nuove sofferenze le si presentarono in seguito sotto forma di persecuzione demoniaca.
Santa Crocifissa di Rosa le apparve sovente, invitandola sempre all'umiltà, all'esercizio della carità e all'amore per tutti. Il primo giugno 1947 si manifestò la Madonna (ancora con le tre spade conficcate nel petto) per dirle: "Le tue grandi sofferenze insieme alla visione dell'inferno hanno avuto lo scopo di farti conoscere la gravità del peccato mortale nelle anime consacrate a Gesù ed elette al suo amore. Le sofferenze di questi giorni sono valse a strappare dal potere del demonio alcune nostre religiose".
Il 15 febbraio 1952 la Santa le preannunciò una nuova apparizione di Maria per il 17 aprile 1966 a Fontanelle, una località di campagna appena fuori Montichiari. Giunto quel giorno, la Madonna le disse che il Suo Divin Figlio l'aveva invitata a rendere miracolosa la fonte che si trovava in quel luogo. L'8 dicembre 1947 la Santa Vergine le era apparsa nel duomo di Montichiari in cima ad una scala bianca, ornata di rose bianche, rosse e gialle, dicendole:
"Io sono l'Immacolata Concezione. Io sono Maria di Grazia, Madre del Mio Divin Figlio Gesù Cristo... desidero essere chiamata Rosa Mistica e che... oggi... 8 dicembre, si pratichi a mezzogiorno "l'ora di grazia universale"... AH! Bonate, Bonate. Manca la fede".
La Madonna si riferiva all'apparizione di Ghiaie di Bonate del 1944 che era stata contrastata dalla curia bergamasca. Il 22 ottobre 1948 Pierina ebbe la prima apparizione di Gesù; essa ha ricevuto (oltre ad un segreto personale e un messaggio per il Santo Padre) anche significativi messaggi durante le numerose visioni della Vergine avute sino al 24 marzo 1983.

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Alcuni Messaggi della Madonna
13 luglio 1947
"Sono la Madre di Gesù e la Madre di tutti voi. Nostro Signore mi manda per far nascere una nuova devozione mariana in tutti gli istituti... religiosi, maschili e femminili ed anche fra i sacerdoti secolari".


6 agosto 1966
"Dopo che Io fui assunta in Cielo mi sono sempre interposta come Madre mediatrice tra il Mio Divin Figlio Gesù Cristo e tutta l'umanità. Quanti favori! Quanti castighi ho fermato!... Quante visite feci ancora sulla terra a portare messaggi! Ma gli uomini continuano ancora ad offendere il Signore".


14 febbraio 1970
"Vengo a chiedere preghiera, preghiera e penitenza. Quante anime corrono il pericolo di andare verso la perdizione! Occorrono sacrifici per poterle salvare".


17 gennaio 1971
"Un Rosario detto con devozione è un richiamo per qualsiasi intercessione, è la contemplazione dei misteri della fede; il Padre Nostro è la preghiera di unione, la preghiera del Signore, la preghiera di glorificazione della SS. Trinità con la recita del Gloria Patri".


5 agosto 1972
"I tempi si vanno facendo oscuri, sconvolgenti, pieni di terrore, ma se pregate e fate penitenza, il Mio Cuore di Madre otterrà ancora dal Signore il ritorno della luce, dell'amore, della pace sopra il mondo intero; poiché la Misericordia del Signore non manca mai ed è sempre operante con la Redenzione Divina".


3 dicembre 1976
Mi sono sempre presentata con la veste piena di candore per dimostrare e confermare che Io sono l'Immacolata Concezione. Io sono la Madre del Corpo Mistico della Chiesa e con schiere d'angeli sono stata assunta in Cielo, ed ora come Mediatrice continuo ad essere dispensatrice di grazie per voi figli".


http://www.mariadinazareth.it/apparizione%20montichiari.htm

AVE MARIA, ROSA MISTICA!
AMDG

Santa Caterina Labouré (2.5.1806/31.12.1876)


APPARIZIONE DELLA MEDAGLIA MIRACOLOSA
Dal 19/07/1830 al 1831
- Parigi -
Santa Caterina Labouré
S. Caterina Labouré nacque nel villaggio di Fain le Moutier, in Borgogna (Francia) il 2 maggio 1806. Nona di 11 figli, ricevette una profonda educazione cristiana ma non frequentò mai alcuna scuola; solo più tardi imparò a scrivere. Sua madre morì quando lei aveva 9 anni. Qualche giorno dopo fu vista da una domestica montare su una sedia per abbracciare una statuetta della Madonna posta sull'altarino, quasi a dirle: "Ora sei Tu la mia Mamma".
Sin da bambina sentiva il desiderio di farsi suora, tanto che nel giorno della sua Prima Comunione si sentì ispirata a prometterlo a Gesù.
A 18 anni ebbe un sogno che la confermò nel suo proposito. Le apparve un vecchio sacerdote, prima in chiesa e poi al capezzale di un infermo. La ragazza, spaventata, voleva fuggire, ma il sacerdote, con infinita dolcezza, le disse: "Figlia mia, è una bella cosa curare gli infermi; tu ora mi sfuggi, ma un giorno sarai felice di venire da me. Dio ha dei disegni sopra di te: non lo dimenticare".
E fu appunto nel parlatorio dell'Ospizio di Châtillon che Caterina, posando lo sguardo su un quadro di S. Vincenzo de' Paoli, riconobbe il sacerdote del sogno. Vinta la riluttanza del padre, entrò nel noviziato delle Figlie della Carità, a Parigi, il 21 aprile 1830 con il nome di suor Caterina. S. Vincenzo volle subito manifestare la sua predilezione per questa sua figliola, e nei giorni che seguirono la festa della traslazione delle reliquie del Santo, avvenuta in quell'anno, ella vide più volte il cuore del Santo elevarsi al disopra del reliquiario esposto nella cappella delle Figlie della Carità.
Seguirono le apparizioni di Gesù in Sacramento e poi quelle della Madonna, di cui subito parleremo.
Per descrivere le apparizioni della Madonna ci serviamo delle relazioni scritte dalla Veggente al suo direttore spirituale, Padre Aladel, Prete della Missione, completate da alcuni particolari comunicati a viva voce allo stesso suo Direttore e alla sua Superiora, suor Dufés.
LE APPARIZIONI


LA MADONNA DELLA SEDIA
"Venuta la festa di S. Vincenzo, 19 luglio 1830, la buona Madre Marta, direttrice delle novizie, ci fece alla vigilia una istruzione sulla devozione ai Santi e specialmente alla Madonna. Ciò aumentò il suo desiderio di vedere la Madonna. A questo scopo trangugiò un pezzettino della cotta di S.Vincenzo e andò a letto fiduciosa che il Santo le avrebbe impetrato questa grazia.
Alle 11,30 mi sento chiamare per nome: "Suor Labourè, suor Labourè!". Svegliatami, guardo dalla parte donde veniva la voce, che era dal lato del passaggio del letto; tiro la tenda e vedo un fanciullo vestito di bianco, dai 4 ai 5 anni, tutto splendente, che mi dice: "Vieni in cappella, la Madonna ti aspetta". Vestitami in fretta lo seguii, tenendosi egli sempre alla mia sinistra. Erano accesi i lumi da per tutto dove passavamo: ciò che molto mi sorprendeva. Assai più meravigliata rimasi all'ingresso della cappella, quando l'uscio si aprì appena il fanciullo l'ebbe toccato con la punta del suo ditino. La meraviglia crebbe al vedere tutte le candele accese come alla Messa di mezzanotte. Però non vedevo ancora la Madonna.
Il fanciullo mi condusse nel presbiterio, accanto alla poltrona del Direttore, dove io mi posi in ginocchio, mentre il fanciullo rimase tutto il tempo in piedi. Parendomi il tempo troppo lungo, ogni tanto guardavo per timore che le suore vegliatrici non passassero dalla tribuna a destra dell'Altare.
Finalmente giunge il sospirato momento; il fanciullo me ne avverte dicendomi: "Ecco la Madonna, eccola!". Sento un rumore, come il fruscio di una veste di seta, e vedo la Vergine che partendo dalla tribuna presso il quadro di S. Giuseppe, veniva a posarsi sui gradini dell'Altare, dal lato del Vangelo.
Era la Santissima Vergine, ma tutta simile nelle vesti a S. Anna, il cui quadro si trovava al disopra del seggiolone; solo il volto non era lo stesso. Io ero incerta se si trattasse della Madonna. Intanto il fanciullo, che era sempre lì, mi ripeté: "Ecco la Madonna!".
Dire ciò che provai in quel momento e ciò che succedeva in me, sarebbe cosa impossibile: mi sembrava di non riconoscere la Madonna! Quel fanciullo mi parlò allora non più con voce di bambino ma di uomo adulto, rimproverando la mia esitazione; allora alzai gli occhi verso la SS. Vergine, spiccai un salto verso di Lei e, inginocchiatami sui gradini dell'Altare, appoggiai le mani sulle sue ginocchia: fu quello il momento più dolce della mia vita! Mi è impossibile esprimere ciò che provai.
La Madonna mi insegnò: 1.- come dovevo comportarmi con il mio Direttore; 2.- parecchie cose che non devo dire; 3.- il modo di regolarmi nelle mie pene e, mostrandomi con la sinistra l'Altare, mi disse di andarmi a gettare ai piedi dell'Altare ad espandervi il mio cuore, aggiungendo che colà io avrei ricevuto tutti i conforti a me necessari.
E soggiunse: "Figlia mia, Dio vuole affidarti una missione; avrai molto da soffrire, ma soffrirai volentieri pensando che si tratta della gloria di Dio. Sarai sostenuta dalla Grazia; rendi conto di tutto quanto in te succede con semplicità e confidenza; vedrai certe cose, sarai ispirata nelle tue orazioni: rendine conto a chi è incaricato dell'anima tua...
Figlia mia, i tempi sono molto tristi, gravi sciagure stanno per colpire la Francia, il trono sarà rovesciato, tutto sarà sconvolto da disgrazie di ogni specie (dicendo questo la Madonna aveva l'aspetto molto addolorato). Ma venite ai piedi di questo Altare, qui le grazie saranno sparse su tutti, sopra tutte le persone che le chiederanno con fiducia e fervore, sui piccoli e sui grandi.
Verrà un momento in cui il pericolo sarà grande e tutto sembrerà perduto, ma Io sarò con voi, abbiate fiducia, Avrete prove evidenti della mia venuta e della protezione di Dio e di S. Vincenzo sulle due Comunità (Preti della Missione e Figlie della Carità). In altre Comunità ci saranno vittime (la SS. Vergine aveva le lacrime agli occhi dicendo questo); vittime ci saranno nel clero di Parigi e lo stesso Arcivescovo morrà (di nuovo la Madonna versò lacrime).
Figlia mia, la Croce sarà disprezzata; per le vie scorrerà il sangue; il mondo intero sarà nell'afflizione (la Vergine non poteva più parlare: un gran dolore le era dipinto sul volto)."
A queste parole io pensavo quando ciò sarebbe accaduto; ed ho compreso benissimo 40 anni! (Rivoluzione del 1870). A questo proposito P.Aladel mi domandò: "Sapete voi se voi e anch'io ci saremo?". Io gli risposi: "Se non ci saremo noi, ci saranno altri!".
Quanto tempo restassi con la Madonna non saprei dire: tutto quello che so è che, dopo di avermi lungamente parlato, la SS. Vergine se ne andò, scomparendo come ombra che svanisce, dirigendosi verso la tribuna donde era venuta.
Alzatami, rividi il fanciullo al posto dove l'avevo lasciato, il quale mi disse: "È partita!". Ripigliammo la medesima via fatta nel venire, trovando sempre tutti i lumi accesi e tenendosi quel bambino sempre alla mia sinistra. Credo che quel bambino fosse il mio Angelo Custode resosi visibile per farmi vedere la Madonna: io infatti l'avevo molto pregato di ottenermi un tal favore.
Tornata a letto, sentii suonare le due e non potei più riprendere sonno".

LA MADONNA DEL GLOBO

Nella prima apparizione la Madonna aveva annunziato a suor Caterina che le sarebbe affidata una missione. Tale missione le viene svelata nella seconda apparizione, così descritta dalla Veggente:
"Il 27 novembre 1830, che cadeva il sabato precedente alla prima domenica di Avvento, alle ore 5,30 di sera, facendo la meditazione in profondo silenzio, mi parve di sentire dal lato della tribuna un rumore, come il fruscio di una veste di seta. Avendo alzato lo sguardo da quel lato, vidi la SS. Vergine all'altezza del quadro di S. Giuseppe.
La sua statura era media ed era di una bellezza indescrivibile, la sua veste, di color bianco aurora, era accollata e con le maniche lisce. Dal capo le scendeva un velo bianco che arrivava fin quasi ai piedi; aveva i capelli spartiti e una specie di cuffia con un merletto largo circa 3 centimetri leggermente appoggiato sui capelli; il viso era abbastanza scoperto; i piedi poggiavano sopra un globo, o meglio sopra un mezzo globo, o almeno io non ne vidi che una metà. Le sue mani, elevate all'altezza della cintura, sorreggevano in modo molto naturale un altro globo più piccolo, d'oro, sormontato da una croce pure d'oro.
Ella aveva gli occhi rivolti al Cielo. Il suo volto diventò risplendente mentre presentava il globo a nostro Signore. Tutto ad un tratto le sue dita si coprirono di anelli (tre per dito) ornato di pietre preziose, le quali gettavano dei raggi gli uni più belli degli altri, che si andavano allargando man mano, sicché riempivano la parte inferiore del suo corpo, ed io non vedevo più i suoi piedi.
Mentre ero intenta a contemplarla, la SS. Vergine abbassò gli occhi verso di me e una voce si fece intendere, che mi disse queste parole: "Questo globo che vedi rappresenta il mondo intero; in particolare la Francia e ogni singola persona".
Io qui non so ridire ciò che provai e ciò che vidi, la bellezza e lo splendore dei raggi così sfolgoranti! E la Vergine aggiunse: "I raggi sono il simbolo delle grazie che Io spargo sulle persone che me le domandano", facendomi così comprendere quanto è dolce pregare la SS. Vergine e quanto Ella è generosa verso le persone che la pregano, quante grazie Ella accorda alle persone che gliele domandano e quale gioia Ella prova nel concederle.
In quel momento io ero o non ero?... Non so... io godevo.
Ed ecco formarsi attorno alla figura della SS. Vergine un quadro alquanto ovale, sul quale in alto, a modo di semicerchio dalla mano destra alla mano sinistra di Maria, si leggevano queste parole scritte a lettere d'oro:
"O MARIA, CONCEPITA SENZA PECCATO, PREGA PER NOI CHE RICORRIAMO A TE." 
A questo punto della visione il globo che la Madonna aveva offerto a Dio scomparve; le sue mani, cariche di grazie, si piegano verso il globo sul quale Ella poggia i piedi, calpestando il capo di un serpente verdastro con chiazze gialle. Anche questo globo è "simbolo del mondo intero e di ogni anima in particolare".
Improvvisamente il quadro si volta e alla Veggente si presenta il "rovescio della medaglia", cioè il monogramma di Maria sormontato dalla Croce; nel piano inferiore dell'ovale, separati da una sbarra, due Cuori: quello di Gesù coronato di spine, quello di Maria trafitto dalla spada. Attorno, come cornice, una regale corona di 12 stelle.
La Veggente, allora, udì una voce che le disse: "Fa' coniare una medaglia su questo modello. Tutte le persone che la porteranno benedetta, specialmente al collo, e reciteranno la breve preghiera, godranno di una specialissima protezione della Madre di Dio e riceveranno grandi grazie. Le grazie saranno abbondanti per chi la porterà con fiducia".
Suor Caterina conclude: "Poi tutto disparve come qualcosa che si spegne, ed io sono rimasta ripiena di gioia e di consolazione". 
Nel dicembre del 1830 suor Caterina rivide la stessa visione, cioè il disegno della Medaglia dal dritto e dal rovescio, e le fu ripetuto l'ordine di far coniare la Medaglia. La visione si ripeté almeno due volte nel 1831.
Al termine, la Vergine prese congedo dalla sua figlia prediletta dicendo: "Figlia mia, d'ora innanzi non mi vedrai più, ma sentirai la mia voce nelle tue orazioni"

CONIAZIONE E DIFFUSIONE DELLA MEDAGLIA
Suor Caterina, secondo l'ordine della Madonna, riferì ogni cosa al suo Direttore, Padre Aladel, il quale prudentemente mostrò di non dare importanza alla cosa. Temendo una illusione, esortò la suora alla devozione alla Madonna e all'esercizio delle virtù religiose. Suor Labouré si sottomise umilmente ai suoi ordini, ma la Madonna rinnovava le sue insistenze.
Finalmente l'Aladel, persuaso della santità della sua penitente e della realtà delle celesti comunicazioni, e temendo di dispiacere alla Vergine le cui lagnanze per il ritardo erano a lui indirizzate, decise di rivolgersi all'Arcivescovo di Parigi, mons. De Quelen, per avere il permesso di procedere alla coniazione della Medaglia. Il permesso venne accordato con entusiasmo ma la coniazione fu ritardata fino al giugno 1832, a causa della epidemia di colera che infestava Parigi. L'Arcivescovo ricevette le prime Medaglie e ne sperimentò subito l'efficacia con la conversione dell'ex vescovo di Malines, mons. Pradt che, divenuto scismatico, era in pericolo di morire fuori della Chiesa. Fu il primo miracolo della Medaglia!
La sua diffusione fu davvero prodigiosa, non solo in Francia ma in tutta Europa. Fin dai primi anni furono coniate milioni e milioni di Medaglie, e le grazie ottenute furono così strepitose che la Medaglia fu ben presto chiamata Miracolosa. Portala anche tu con fede ed amore, imitando la purezza dell'Immacolata, e sarà anche per te veramente miracolosa! 

Tratto da:
"Mese della Medaglia Miracolosa"
P. Francesco M. Avidano


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La Madonna a Rue du Bac!

Tratto dal libro:"...Il trionfo del cuore", di suor Emmanuel. Edizioni Shalom:

<<Durante il mio soggiorno a Parigi, la Madonna  non aveva previsto di lasciarmi riposare.
Appena arrivata, vengo a conoscenza di un racconto, ancora segreto, di quello che aveva appena fatto... Impossibile non raccontarlo!
 
Era il gennaio scorso: 'La Superiora delle Suore di Carità stacca il telefono. Una voce d'uomo suona alle sue orecchie, una voce che viene da lontano con un forte accento straniero. Un messaggio urgente dell'arcivescovo di Recife in Brasile. Da quando è superiora alla Rue du Bac, dovrebbe essere abituata a questo genere di chiamate, ma ancora una volta il suo cuore sobbalza e lei deve riprendere il fiato per rispondere all'arcivescovo che dice di avere tutte le prove in mano, tutti i documenti e di garantire la veridicità della stona... La storia? Tutto comincia tre settimane prima.
Una brasiliana sbarca a Parigi. Ci teneva molto a fare questo lungo viaggio perché da qualche tempo il suo cuore di madre è affranto dal dolore e ha sentito dire che in Rue du Bac la Madonna fa spesso grandi cose per coloro che vengono ad implorarla. Ha preso con sé la piccola Sandra, la porterà alla Rue du Bac per implorare un miracolo. La farà sedere sulla poltrona dove Maria stessa si è seduta quando è apparsa a Caterina Labouré e allora sicuramente succederà qualche cosa. Parlerà a Maria come una madre parla ad un'altra madre; griderà verso di Lei. Sandra non ha che 5 anni e la sua malattia è dichiarata incurabile. Non può restare così, che avvenire può sperare con una tale paralisi? Maria vedrà la sua disperazione e non la lascerà partire senza fare niente... La madre e la bambina passano sotto il grande porticato del convento, raggiungono in fondo al cortile la cappella della medaglia miracolosa ed entrano.
Una fitta folla prega.
La madre riconosce i luoghi contemplati così spesso sulle cartoline postali e avanza lentamente verso il coro. Prega in ginocchio con la piccola, ha individuato la poltrona. Che peccato! È circondata da un cordone e non si può raggiungerla! Ma per i Brasiliani, come per gli Italiani, i cordoni non sono necessariamente degli ostacoli, e la piccola Sandra non è venuta da così lontano per toccare la poltrona solo con gli occhi! Come fare...? Ah, ecco alcune suore che sono indaffarate presso l'altare. - Sorella per favore lasci che la piccola si sieda sulla poltrona! - Scusi tanto signora, non posso permetterglielo perché allora tutti lo chiederebbero e non è possibile... - Il cuore della madre è pieno di disperazione per il divieto. La poltrona faceva parte del suo piano, del suo pellegrinaggio! Bisogna trovare una soluzione... Toh! Le suore se ne sono andate, osserva un po' più tardi.
Un'idea brilla nel suo povero cuore e lei bisbiglia a sua figlia: - Ascoltami bene: passerai sotto il cordone e velocissimamente scivolerai a quattro zampe sotto la poltrona. Quando sarai sotto toccherai con la mano il posto dove la Madonna si è seduta e poi tornerai subito qui. Ma vacci velocissimamente! - La piccola non se lo fa ripetere due volte. Raggiunge a quattro zampe la poltrona, abbastanza in fretta, per quanto glielo permette il suo crudele handicap. Ma invece di seguire le istruzioni, posa lungamente la guancia sul velluto del sedile! La madre resta immobile, poi la piccola torna con calma da lei. - Perché l'hai fatto, brontola la madre, ti avevo ben detto di andare soltanto sotto e velocissimamente. - Ma mamma, risponde la bambina radiosa, è la Signora che mi ha detto di posare la testa sulle sue ginocchia! -
Al ritorno in Brasile la bambina era completamente guarita. La storia ha fatto tanto di quel chiasso laggiù che l'arcivescovo di Recife ha voluto avvisare lui stesso le Suore della Carità in Rue du Bac.
Aveva in mano tutta la documentazione medica, tutte le pezze necessarie per affermare questa guarigione umanamente inspiegabile.
- Sa, - rispondono senza scomporsi le suore - qui, di miracoli, ce ne sono tutti i giorni!">>



AVE MARIA!
AMDG