venerdì 31 maggio 2013

Regina del cielo


La Vergine Regina del Cielo 
porta sul capo una corona inestimabile

Dice il Signore Gesù:

"Io sono il re della gloria; Signore su tutti i signori. Ho creato il cielo, la terra e tutto ciò che contengono: per questo si compia la mia volontà.



Chi ha imparato a seguire la mia volontà è la Madre mia, la quale fin dalla gioventù rinunciò alla sua per amore mio; è per questo che ha detto:"Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto(Lc 1,38). Maria è come l'oro prezioso che viene adagiato e sagomato sull'incudine, poiché è stata forgiata da ogni sorta di tribolazioni e ha sofferto mille mali durante la mia indicibile Passione. Infatti, quando il mio corpo era spezzato sulla croce dall'intensità del dolore, il suo cuore ne era ferito come se fosse stato trafitto con un ferro che strazia, e avrebbe permesso che fosse lacerato, se solo lo avessi voluto; in verità, si sarebbe opposta alla mia Passione e avrebbe desiderato la mia vita solo se ciò fosse stato conforme alla mia volontà. Così, poiché Ella non mi ha rifiutato nulla quando era sulla terra, Io non voglio rifiutarle nulla ora che è in cielo. Sia fatta la tua volontà, Madre mia!


La Vergine, Regina del cielo, porta sul capo una corona inestimabile. I suoi capelli, luminosi e bellissimi, ricadono sulle spalle. Indossa una tunica d'oro scintillante e un mantello blu come il cielo. Ascolta con attenzione: sto per rivelarti il significato di tutto ciò. La corona indica che la Santa Vergine è Regina, Signora, Madre del Re degli angeli. I capelli sparsi significano che è vergine purissima e assolutamente perfetta. Il suo mantello blu come il cielo denota che per Lei tutte le cose temporali sono morte. La sua tunica d'oro simboleggia che ha provato un amore e una carità ardenti, sia interiormente che esteriormente.



Io ho posto nella sua corona sette gigli, il primo è la sua umiltà; il secondo il timore; il terzo l'obbedienza; il quarto la pazienza; il quinto la serenità; il sesto la dolcezza, poiché dare a chiunque chieda si addice a coloro che sono dolci; il settimo è la misericordia nel bisogno: in qualsiasi necessità si trovino gli uomini, essi si salvano se la invocano.


Io ho posto fra questi sette gigli sette pietre preziose: la prima è la sua eminente virtù, poiché negli spiriti non c'è virtù tale che questa Vergine Santa non abbia in sé in sommo grado; la seconda è una purezza perfetta, poiché questa Regina del cielo è stata così pura che in Lei non c'è mai stata la minima macchia di peccato, e nessun demone è riuscito a trovare in Lei alcuna impurità. Ella è davvero purissima, perché era opportuno che Io, Re della gloria, riposassi unicamente in un vaso purissimo e di prima scelta, al di sopra degli angeli e degli uomini. La terza pietra preziosa è la bellezza, tanto che i santi mi lodano per la bellezza di mia Madre, e si compie così la gioia di tutti gli angeli, di tutti i santi e di tutte le sante. La quarta pietra preziosa della corona è la saggezza della vergine Madre, poiché, essendo adorna di fulgore e di bellezza, Ella è stata colmata e dotata di ogni saggezza da Dio. La quinta è la forza, poiché Maria è così forte attraverso Dio che può mantenere o disperdere tutto ciò che è stato creato. La sesta pietra è il suo sfavillio e la sua luminosità, poiché gli angeli, i cui cocchi sono più chiari della luce, ne sono illuminati; e i demoni, abbacinati dalla sua bellezza, non osano guardare il suo splendore. La settima pietra è la pienezza di ogni dilettazione, di ogni dolcezza spirituale, presente in Lei con tale ricchezza che non c'è gioia che non sia accresciuta dalla sua, né dilettazione che non si completi con la sua vista beata; poiché Maria è stata colmata di grazia al di sopra di tutti i santi, vaso di purezza in cui si trovano ogni dolcezza e ogni bontà.


Io, suo Figlio, ho posto queste pietre fra i gigli che erano sulla corona di mia Madre. Onorate, dunque, la Sposa mia! e lodatela con tutto il cuore, perché Ella è degna di ogni onore e di ogni lode.

Dignare me laudare Te, Virgo sacrata!
Da mihi virtutem contra hostes tuos!

giovedì 30 maggio 2013

Santa Giovanna d'Arco

S. Giovanna d'Arc salva la Francia e l'Europa!

BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI
Mercoledì, 26 gennaio 2011


Santa Giovanna d'Arco

Cari fratelli e sorelle,
oggi vorrei parlarvi di Giovanna d'Arco, una giovane santa della fine del Medioevo, morta a 19 anni, nel 1431. Questa santa francese, citata più volte nel Catechismo della Chiesa Cattolica, è particolarmente vicina a santa Caterina da Siena, patrona d'Italia e d'Europa, di cui ho parlato in una recente catechesi. Sono infatti due giovani donne del popolo, laiche e consacrate nella verginità; due mistiche impegnate, non nel chiostro, ma in mezzo alle realtà più drammatiche della Chiesa e del mondo del loro tempo. Sono forse le figure più caratteristiche di quelle “donne forti” che, alla fine del Medioevo, portarono senza paura la grande luce del Vangelo nelle complesse vicende della storia. Potremmo accostarle alle sante donne che rimasero sul Calvario, vicino a Gesù crocifisso e a Maria sua Madre, mentre gli Apostoli erano fuggiti e lo stesso Pietro lo aveva rinnegato tre volte. La Chiesa, in quel periodo, viveva la profonda crisi del grande scisma d'Occidente, durato quasi 40 anni. Quando Caterina da Siena muore, nel 1380, ci sono un Papa e un Antipapa; quando Giovanna nasce, nel 1412, ci sono un Papa e due Antipapa. Insieme a questa lacerazione all'interno della Chiesa, vi erano continue guerre fratricide tra i popoli cristiani d'Europa, la più drammatica delle quali fu l'interminabile “Guerra dei cent’anni” tra Francia e Inghilterra.
Giovanna d'Arco non sapeva né leggere né scrivere, ma può essere conosciuta nel più profondo della sua anima grazie a due fonti di eccezionale valore storico: i due Processi che la riguardano. Il primo, il Processo di Condanna (PCon), contiene la trascrizione dei lunghi e numerosi interrogatori di Giovanna durante gli ultimi mesi della sua vita (febbraio-maggio 1431), e riporta le parole stesse della Santa. Il secondo, il Processo di Nullità della Condanna, o di “riabilitazione” (PNul), contiene le deposizioni di circa 120 testimoni oculari di tutti i periodi della sua vita (cfr Procès de Condamnation de Jeanne d'Arc, 3 vol. e Procès en Nullité de la Condamnation de Jeanne d'Arc, 5 vol., ed. Klincksieck, Paris l960-1989).

Giovanna nasce a Domremy, un piccolo villaggio situato alla frontiera tra Francia e Lorena. I suoi genitori sono dei contadini agiati, conosciuti da tutti come ottimi cristiani. Da loro riceve una buona educazione religiosa, con un notevole influsso della spiritualità del Nome di Gesù, insegnata da san Bernardino da Siena e diffusa in Europa dai francescani. Al Nome di Gesù viene sempre unito il Nome di Maria e così, sullo sfondo della religiosità popolare, la spiritualità di Giovanna è profondamente cristocentrica e mariana. Fin dall'infanzia, ella dimostra una grande carità e compassione verso i più poveri, gli ammalati e tutti i sofferenti, nel contesto drammatico della guerra.


Dalle sue stesse parole, sappiamo che la vita religiosa di Giovanna matura come esperienza mistica a partire dall'età di 13 anni (PCon,I, p. 47-48). Attraverso la “voce” dell'arcangelo san Michele, Giovanna si sente chiamata dal Signore ad intensificare la sua vita cristiana e anche ad impegnarsi in prima persona per la liberazione del suo popolo. La sua immediata risposta, il suo “sì”, è il voto di verginità, con un nuovo impegno nella vita sacramentale e nella preghiera: partecipazione quotidiana alla Messa, Confessione e Comunione frequenti, lunghi momenti di preghiera silenziosa davanti al Crocifisso o all'immagine della Madonna. La compassione e l’impegno della giovane contadina francese di fronte alla sofferenza del suo popolo sono resi più intensi dal suo rapporto mistico con Dio. Uno degli aspetti più originali della santità di questa giovane è proprio questo legame tra esperienza mistica e missione politica. Dopo gli anni di vita nascosta e di maturazione interiore segue il biennio breve, ma intenso, della sua vita pubblica: un anno di azione e un anno di passione.

All'inizio dell'anno 1429, Giovanna inizia la sua opera di liberazione. Le numerose testimonianze ci mostrano questa giovane donna di soli 17 anni come una persona molto forte e decisa, capace di convincere uomini insicuri e scoraggiati. Superando tutti gli ostacoli, incontra il Delfino di Francia, il futuro Re Carlo VII, che a Poitiers la sottopone a un esame da parte di alcuni teologi dell'Università. Il loro giudizio è positivo: in lei non vedono niente di male, solo una buona cristiana.

Il 22 marzo 1429, Giovanna detta un'importante lettera al Re d'Inghilterra e ai suoi uomini che assediano la città di Orléans (Ibid., p. 221-222). La sua è una proposta di vera pace nella giustizia tra i due popoli cristiani, alla luce dei nomi di Gesù e di Maria, ma è respinta, e Giovanna deve impegnarsi nella lotta per la liberazione della città, che avviene l'8 maggio. L'altro momento culminante della sua azione politica è l’incoronazione del Re Carlo VII a Reims, il 17 luglio 1429. Per un anno intero, Giovanna vive con i soldati, compiendo in mezzo a loro una vera missione di evangelizzazione. Numerose sono le loro testimonianze riguardo alla sua bontà, al suo coraggio e alla sua straordinaria purezza. E' chiamata da tutti ed ella stessa si definisce “la pulzella”, cioè la vergine.

La passione di Giovanna inizia il 23 maggio 1430, quando cade prigioniera nelle mani dei suoi nemici. Il 23 dicembre viene condotta nella città di Rouen. Lì si svolge il lungo e drammaticoProcesso di Condanna, che inizia nel febbraio 1431 e finisce il 30 maggio con il rogo. E' un grande e solenne processo, presieduto da due giudici ecclesiastici, il vescovo Pierre Cauchon e l'inquisitore Jean le Maistre, ma in realtà interamente guidato da un folto gruppo di teologi della celebre Università di Parigi, che partecipano al processo come assessori. Sono ecclesiastici francesi, che avendo fatto la scelta politica opposta a quella di Giovanna, hanno a priori un giudizio negativo sulla sua persona e sulla sua missione. Questo processo è una pagina sconvolgente della storia della santità e anche una pagina illuminante sul mistero della Chiesa, che, secondo le parole del Concilio Vaticano II, è “allo stesso tempo santa e sempre bisognosa di purificazione” (LG, 8). E’ l'incontro drammatico tra questa Santa e i suoi giudici, che sono ecclesiastici. Da costoro Giovanna viene accusata e giudicata, fino ad essere condannata come eretica e mandata alla morte terribile del rogo. A differenza dei santi teologi che avevano illuminato l'Università di Parigi, come san Bonaventura, san Tommaso d'Aquino e il beato Duns Scoto, dei quali ho parlato in alcune catechesi, questi giudici sono teologi ai quali mancano la carità e l'umiltà di vedere in questa giovane l’azione di Dio. Vengono alla mente le parole di Gesù secondo le quali i misteri di Dio sono rivelati a chi ha il cuore dei piccoli, mentre rimangono nascosti ai dotti e sapienti che non hanno l'umiltà (cfr Lc 10,21). Così, i giudici di Giovanna sono radicalmente incapaci di comprenderla, di vedere la bellezza della sua anima: non sapevano di condannare una Santa.

L'appello di Giovanna al giudizio del Papa, il 24 maggio, è respinto dal tribunale. La mattina del 30 maggio, riceve per l'ultima volta la santa Comunione in carcere, e viene subito condotta al supplizio nella piazza del vecchio mercato. Chiede a uno dei sacerdoti di tenere davanti al rogo una croce di processione. Così muore guardando Gesù Crocifisso e pronunciando più volte e ad alta voce il Nome di Gesù (PNul, I, p. 457; cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 435). Circa 25 anni più tardi, il Processo di Nullità, aperto sotto l'autorità del Papa Callisto III, si conclude con una solenne sentenza che dichiara nulla la condanna (7 luglio 1456;PNul, II, p 604-610). Questo lungo processo, che raccolse le deposizioni dei testimoni e i giudizi di molti teologi, tutti favorevoli a Giovanna, mette in luce la sua innocenza e la perfetta fedeltà alla Chiesa. Giovanna d’Arco sarà poi canonizzata da Benedetto XV, nel 1920.

Cari fratelli e sorelle, il Nome di Gesù, invocato dalla nostra Santa fin negli ultimi istanti della sua vita terrena, era come il continuo respiro della sua anima, come il battito del suo cuore, il centro di tutta la sua vita. Il “Mistero della carità di Giovanna d'Arco”, che aveva tanto affascinato il poeta Charles Péguy, è questo totale amore di Gesù, e del prossimo in Gesù e per Gesù. Questa Santa aveva compreso che l’Amore abbraccia tutta la realtà di Dio e dell'uomo, del cielo e della terra, della Chiesa e del mondo. Gesù è sempre al primo posto nella sua vita, secondo la sua bella espressione: “Nostro Signore servito per primo” (PCon, I, p. 288; cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 223). Amarlo significa obbedire sempre alla sua volontà. Ella afferma con totale fiducia e abbandono: "Mi affido a Dio mio Creatore, lo amo con tutto il mio cuore" (ibid., p. 337). Con il voto di verginità, Giovanna consacra in modo esclusivo tutta la sua persona all'unico Amore di Gesù: è “la sua promessa fatta a Nostro Signore di custodire bene la sua verginità di corpo e di anima” (ibid., p. 149-150). La verginità dell'anima è lo stato di grazia, valore supremo, per lei più prezioso della vita: è un dono di Dio che va ricevuto e custodito con umiltà e fiducia. Uno dei testi più conosciuti del primo Processo riguarda proprio questo: “Interrogata se sappia d'essere nella grazia di Dio, risponde: Se non vi sono, Dio mi voglia mettere; se vi sono, Dio mi voglia custodire in essa” (ibid., p. 62; cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 2005).


La nostra Santa vive la preghiera nella forma di un dialogo continuo con il Signore, che illumina anche il suo dialogo con i giudici e le dà pace e sicurezza. Ella chiede con fiducia: “Dolcissimo Dio, in onore della vostra santa Passione, vi chiedo, se voi mi amate, di rivelarmi come devo rispondere a questi uomini di Chiesa” (ibid.,p. 252). Gesù è contemplato da Giovanna come il “Re del Cielo e della Terra”. Così, sul suo stendardo, Giovanna fece dipingere l'immagine di “Nostro Signore che tiene il mondo” (ibid., p. 172): icona della sua missione politica. La liberazione del suo popolo è un’opera di giustizia umana, che Giovanna compie nella carità, per amore di Gesù. Il suo è un bell’esempio di santità per i laici impegnati nella vita politica, soprattutto nelle situazioni più difficili. La fede è la luce che guida ogni scelta, come testimonierà, un secolo più tardi, un altro grande santo, l’inglese Thomas More. In Gesù, Giovanna contempla anche tutta la realtà della Chiesa, la “Chiesa trionfante” del Cielo, come la “Chiesa militante” della terra. Secondo le sue parole, ”è un tutt'uno Nostro Signore e la Chiesa” (ibid., p. 166). Quest’affermazione, citata nel Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 795), ha un carattere veramente eroico nel contesto del Processo di Condanna, di fronte ai suoi giudici, uomini di Chiesa, che la perseguitarono e la condannarono. Nell'Amore di Gesù, Giovanna trova la forza di amare la Chiesa fino alla fine, anche nel momento della condanna.

Mi piace ricordare come santa Giovanna d’Arco abbia avuto un profondo influsso su una giovane Santa dell'epoca moderna: Teresa di Gesù Bambino. In una vita completamente diversa, trascorsa nella clausura, la carmelitana di Lisieux si sentiva molto vicina a Giovanna, vivendo nel cuore della Chiesa e partecipando alle sofferenze di Cristo per la salvezza del mondo. La Chiesa le ha riunite come Patrone della Francia, dopo la Vergine Maria. Santa Teresa aveva espresso il suo desiderio di morire come Giovanna, pronunciando il Nome di Gesù (Manoscritto B, 3r), ed era animata dallo stesso grande amore verso Gesù e il prossimo, vissuto nella verginità consacrata.
Cari fratelli e sorelle, con la sua luminosa testimonianza, santa Giovanna d’Arco ci invita ad una misura alta della vita cristiana: fare della preghiera il filo conduttore delle nostre giornate; avere piena fiducia nel compiere la volontà di Dio, qualunque essa sia; vivere la carità senza favoritismi, senza limiti e attingendo, come lei, nell'Amore di Gesù un profondo amore per la Chiesa. Grazie.

Saluti:
Chers pèlerins francophones, que le témoignage lumineux de sainte Jeanne d’Arc, patronne secondaire de la France avec sainte Thérèse de Lisieux, soit un appel à aimer le Christ et à vous engager, avec foi et détermination, au service des autres dans la charité! Bon séjour à tous!

I am pleased to greet the student groups from Hong Kong and the United States of America, as well as the group of Army Chaplains from Great Britain. Upon all the English-speaking pilgrims and visitors present at today’s Audience I cordially invoke God’s abundant blessings.

Gerne grüße ich alle Pilger und Besucher aus den Ländern deutscher Sprache. Die heilige Jeanne d’Arc gibt uns ein hohes Beispiel für ein Leben aus dem Glauben. Das Gebet möge der Leitfaden auch in unserem Alltag sein, ebenso das Vertrauen in Gottes Güte und die Liebe zum Nächsten, in dem wir Christus erkennen. Um so mehr werden wir lebendige Glieder der Kirche und können sichtbar machen, daß Christus und die Kirche zusammengehören. Der Herr segne euch alle.

Saludo a los peregrinos de lengua española, en particular a los fieles de la Parroquia de Santa Fe, a los Hermanos de la Cofradía de Nuestro Padre Jesús Nazareno de la Fuensanta, de Morón de la Frontera, a los profesores venidos de Chile, así como a los demás grupos procedentes de España, Méjico y otros países latinoamericanos. Que a ejemplo de Santa Juana de Arco encontréis en el amor a Jesucristo la fuerza para amar y servir a la Iglesia de todo corazón. Muchas gracias.

Saúdo, com afecto, a todos vós, amados peregrinos de língua portuguesa, desejando queesta peregrinação a Roma vos encha de luz e fortaleza no vosso testemunho cristão, para confessardes Jesus Cristo como único Salvador e Senhor da vossa vida: fora d'Ele, não há vida nem esperança de a ter. Com Cristo, ganha sentido a vida que Deus vos confiou. Para cada um de vós e família, a minha Bênção!

Saluto in lingua polacca:
Z serdecznym pozdrowieniem zwracam się do Polaków. Wczoraj zakończyliśmy tydzień modlitw o jedność chrześcijan. Niemniej nigdy nie możemy przestać modlić się i podejmować wysiłki, aby budować braterską jedność wszystkich uczniów Chrystusa. Przynagla nas Jego modlitwa: „Ojcze Święty, zachowaj ich w Twoim imieniu, które Mi dałeś, aby tak jak My stanowili jedno” (J 17, 11). Niech Bóg wam błogosławi!
Traduzione italiana:
Con un cordiale saluto mi rivolgo ai polacchi. Ieri abbiamo concluso la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Tuttavia non possiamo mai cessare di pregare e di intraprendere iniziative per costruire la fraterna unità dei discepoli di Cristo. Ci sollecita la Sua preghiera: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi” (Gv 17, 11). Dio vi benedica!
* * *
Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli della parrocchia Santissima Annunziata in Brescello, ai rappresentanti della Legione Carabinieri dell’Umbria e ai soci delle ACLI di Campobasso. Auguro che questo incontro possa accrescere in ciascuno il desiderio di testimoniare il Vangelo nella vita di ogni giorno.
Ed ora un particolare saluto ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli. Ricorre, oggi, la memoria liturgica dei santi Timoteo e Tito, discepoli di san Paolo. Cari giovani, come questi servi fedeli del Vangelo, vi invito a rendere sempre più salda e convinta la vostra adesione a Gesù, per essere veri testimoni in questa società. Invito anche voi, cari malati, sul loro esempio, a fare vostri i sentimenti di Cristo, per trovare conforto in Lui, che continua la sua opera di redenzione nella vita di ogni uomo. E voi, cari sposi novelli, scoprite ogni giorno nella vita coniugale il mistero di Dio che si dona per la salvezza di tutti, affinché il vostro amore sia sempre più vero, duraturo e solidale verso gli altri.


© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana




 
ANT. DI INIZIO «Benedetto sei tu, nostro Dio, Egli non abbandona coloro che confidano in Lui. Ha mantenuto verso di noi la promessa della sua misericordia.

COLLETTA       O Dio che hai suscitato santa Giovanna d’Arco per difendere il suo Paese dall’ invasore, concedi a noi, per sua intercessione, di lavorare per la giustizia e di vivere nella pace. Per il nostro Signore…

PRIMA LETTURA Sap. 8, 9-15 Dal libro della Sapienza Ho deciso di prendere la spienza a compagna della mia vita, sapendo che mi sarà consigliera di bene e conforto nelle preoccupazioni e nel dolore. Per essa avrò gloria fra le folle e, anche se giovane, onore presso gli anziani. Sarò trovato acuto in giudizio, sarò ammirato di fronte ai potenti. Se tacerò, resteranno in attesa; se parlerò, mi presteranno attenzione; se prolungherò il discorso, si porranno la mano sulla bocca. Per essa otterrò l'immortalità e lascerò un ricordo eterno ai miei successori. Governerò i popoli e le nazioni mi saranno soggette; sentendo il mio nome sovrani terribili mi temeranno, tra il popolo apparirò buono e in guerra coraggioso. Parola di Dio.

SALMO RESPONSORIALE 15    
Rit. Dio è la mia gioia ed il mio bene.


Signore, chi abiterà nella tua tenda?
Chi dimorerà sul tuo santo monte?
Colui che cammina senza colpa,
agisce con giustizia e parla lealmente,
non dice calunnia con la lingua,
non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulto al suo vicino.

Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.
Anche se giura a suo danno, non cambia;
presta denaro senza fare usura,
e non accetta doni contro l'innocente.

Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.


CANTO AL VANGELO Gv. 8, 12 Alleluia, alleluia. Io sono la luce del mondo, colui che segue me, avrà la luce della vita. Alleluia.

Dal Vangelo secondo Matteo  16, 24-27
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima? Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni. Parola del Signore.

SULLE OFFERTE         Accogli, Signore, nella festa di santa Giovanna l’ offerta pura della vittima che ci salva; e concedici di amarti in tutto al fine di vivere a lode della tua gloria. Per Cristo…

ANT. DI COMUNIONE Ps 22, 4  Se dovessi camminare nell’ ombra di morte non temerei alcun male, perché Tu sei con me, Signore Gesù.

DOPO LA COMUNIONE    Tu ci fortifichi, Signore, con il pane del cielo dove santa Giovanna trovò tanta luce e conforto; Permetti che questo alimento di salvezza ci sostenga nel servizio ai nostri fratelli. Per Cristo…


Avvertimenti generali per perfezione


Avvertimenti generali per perfezione

138. 

I. Mettere tutta la confidenza in Dio, ed avere una totale diffidenza di sé e de' suoi buoni propositi. Una forte risoluzione di vincersi e farsi forza nelle occasioni. Dice s. Teresa: Se 'l difetto non viene da noi, non abbiamo paura che resti da Dio il darci aiuto per farci santi132


II. Guardarsi da ogni minimo difetto deliberato, cioè commesso ad occhi aperti. Da peccato deliberato (dice la stessa Santa)133 per molto piccolo che sia, Dio vi liberi. Poiché, soggiunge: Per mezzo di cose piccole il demonio va facendo buchi per dove entrano cose grandi134


III. Non inquietarsi dopo i difetti commessi; umiliarsi subito e, ricorrendo a Dio con un breve atto di pentimento e proposito, mettersi in pace; e così far sempre, sebbene si cadesse cento volte il giorno. E, come avverte s. Teresa135, non comunicare le proprie tentazioni coll'anime imperfette, perché così si nuoce a sé ed a quelle.



IV. Procurare il distacco da ogni cosa, da' parenti, dalle robe, da' piaceri; altrimenti, dice s. Teresa: Non allontanandosi l'anima da' gusti del mondo, presto si tornerà ad allontanare dalla via del Signore136. Sfuggire la familiarità di persone di diverso sesso, sebbene siano divote, colle quali intromette spesso il demonio certi affettucci non puri, facendoli apparire spirituali. Vedasi ciò che si è notato al n. 85. Bisogna sopra tutto distaccarsi dalla stima propria e principalmente dalla propria volontà e fin anche dalle cose spirituali, come dall'orazione, dalla comunione e mortificazioni, quando l'ubbidienza non le permette. In somma bisogna cacciare dal cuore ogni cosa che non è Dio o non è secondo il maggior gusto di Dio.



V. Rallegrarsi collo spirito in vedersi disprezzata, derisa e tenuta per la peggiore di tutte. O che bella orazione fa un'anima che abbraccia i disprezzi! Specialmente nelle comunità questa è una delle virtù più necessarie. Con ciò bisogna fomentare un affetto speciale verso i nostri nemici e persecutori, con servirli, far loro bene, onorarli, almeno dirne bene e raccomandarli particolarmente a Dio, come han praticato i santi.



VI. Avere un gran desiderio di amare assai Dio e dagli gusto. Dice s. Teresa: Il Signore si compiace talmente dei desideri, come fossero eseguiti137. Senza questo desiderio l'anima non camminerà avanti nella perfezione, né Dio le farà grazie molto speciali. La stessa Santa dice: Ordinariamente Dio non fa molti segnalati favori, se non a chi ha molto desiderato il suo amore138. E col desiderio bisogna sempre unire la risoluzione di far quanto si può per dar gusto a Dio. S. Teresa: Il demonio ha gran paura d'anime risolute139. Ed altrove: Il Signore non suole più da noi che una risoluzione, per fare poi Egli tutto dal canto suo140. E con ciò bisogna anche nutrire un grande affetto all'orazione, ch'è la fornace dove s'accende l'amor divino. Tutti i santi, perché innamorati di Dio, sono stati anche innamorati dell'orazione. Bisogna anche avere un ardente desiderio del paradiso, poiché nel cielo l'anime amano Dio con tutte le forze, al che non si può giungere in terra, e perciò vuole Dio che noi abbiamo un gran desiderio di questo gran regno che Gesù Cristo ci ha acquistato col sangue suo.



VII. Avere una grande uniformità alla volontà di Dio in tutte le cose contrarie a' nostri appetiti e perciò offerirsi spesso tra 'l giorno a Dio. S. Teresa ciò praticava141 cinquanta volte il giorno: Non consiste il guadagno, dice la Santa, in procurare di godere più Dio, ma in fare la sua volontà142. Ed in altro luogo: La vera unione è unire la nostra volontà con quella di Dio143



VIII. Osservare ubbidienza perfetta alle regole, a' superiori ed al padre spirituale. Diceva il v.p. Vincenzo Caraffa: L'ubbidienza è la regina di tutte le virtù, mentre all'ubbidienza tutte le virtù ubbidiscono144. E s. Teresa: Dio da un'anima che sia risoluta d'amarlo, non vuole altro che ubbidisca145. Il perfetto ubbidire sta poi nell'ubbidire subito, puntualmente, di buona voglia ed alla cieca, senza cercar ragioni, sempreché la cosa non sia certo peccato, come dicono s. Bernardo146, s. Francesco di Sales147, s. Ignazio di Loiola148 e tutti i maestri di spirito. E nelle cose dubbie eleggere ciò che si presume che ci direbbe l'ubbidienza: e quando questa presunzione non potesse aversi, eleggere quel ch'è più contrario al nostro genio. Questo è quel: Vince teipsum149, tanto raccomandato da s. Francesco Saverio150, e da s. Ignazio151 il quale diceva che fa più profitto un'anima mortificata in un quarto d'ora d'orazione, che altre non mortificate in più ore.



IX. Attendere continuamente alla presenza di Dio. Dice s. Teresa: Tutto il danno ci viene dal non attendere che Dio ci sta presente152. Chi veramente ama, sempre si ricorda dell'amato. Per conservare poi la memoria di questa divina presenza, giova in pratica il porsi qualche segno speciale sulla persona, sul tavolino o nella stanza. E sopra tutto bisogna mantener questa presenza con fare spesso tra 'l giorno atti d'amore a Dio e domande del suo s. amore: per esempio: Gesù mio, mio amore, mio tutto. Io t'amo con tutto il cuore. Mi dò tutto a te. Fanne di me quel che vuoi. Io non voglio altro che te e la tua volontà. Dammi l'amore tuo e son contento. E simili. Avvertasi però a fare questi atti senza violenza e senza andarvi trovando consolazione sensibile, ma con soavità e volontà pura, solo per dar gusto a Dio. Dicea s. Teresa: Non abbiam paura, che Dio lasci senza premio un'alzata d'occhi con ricordarsi di lui153



X. Dirigere l'intenzione di piacere a Dio in ogni azione che si fa, o sia spirituale o temporale, con dire: Signore, fo questo per darvi gusto. La buona intenzione si chiama l'alchimia spirituale, che fa diventare oro le azioni più materiali.



XI. Fare gli esercizi spirituali154, ogni anno di dieci o almeno di otto giorni, appartandosi allora, per quanto si può, da ogni conversazione ed impiego distrattivo, per trattare solamente con Dio. Fare un giorno di simil ritiro una volta il mese tra l'anno.
Far con divozione speciale le novene del s. Natale, dello Spirito Santo, delle sette feste di Maria, di s. Giuseppe, dell'Angelo custode e del santo avvocato155. In queste novene potrà usarsi la comunione ogni giorno, un'ora d'orazione, o mezz'almeno di più; alcune altre orazioni vocali, ma poche, poiché sarà più utile un determinato numero d'atti d'amore e simili.





XII. Conservare una divozione speciale a s. Giuseppe, al suo Angelo custode, al suo santo avvocato particolare ed a s. Michele, avvocato universale de' fedeli; ma sopra tutto a Maria ss. ch'è chiamata dalla Chiesa la nostra vita e la nostra speranza, poich'è moralmente impossibile che un'anima faccia molto avanzo nella perfezione senza una divozione particolare e tenera alla Madre di Dio.

Sia tutto ad onore di Gesù Cristo e di Maria Immacolata.





132Camino de perfección, 16, in Obras, 3, p. 77.


133.Conceptos del amor de Dios, 2, in Obras, 4, p. 233.



134Las fundaciones, 29, in Obras, 5, p. 283.



135Avisos... para sus monjas, 67, in Obras, 6, p. 53.



136Conceptos del amor de Dios, 2, in Obras, 4, pp. 233-234.
137. La Santa esprime pensiero analogo in Vida, 31, in Obras, 1p. 257.



138Conceptos del amor de Dios, 5, in Obras, 4, p. 254.



139Vida, 13, in Obras, 1, pp. 93-94.



140Las fundacioner, 28, in Obras, 5, p. 252.
141. Questo la Santa raccomandava alle sue monache: Avisos... para sus monjas, 30, in Obras, 6, p. 51.



142Las fundaciones, 5, in Obras, 5, p. 42.



143O. cit. 5, in Obras 5, p. 44.



144. P. Gisolfi, Vita del Ven. Carlo Carafa, cap. 31, init. (edit. Neap. 1858). (G. B.).



145Las fundaciones, 5, in Obras, 5, p. 40.



146Liber de praecepto et dispensatione, 21 (ML. 182, 873).
147Introduction à la vie dévote, 1, 4.



148Examen et Constitutiones Societatis Jesu, 3, 1, 23; 6, 1 et declarat. B, in Institutum Societatis Jesu, cit. 1, pp. 37 et 408.



149Vinci te stesso.



150. D. Bartoli, Della vita e dell'istituto di s. Ignazio, 4, 12, in Opere, Torino, Marietti, 1825, 2, p. 47.



151. D. Bartoli, O. cit. lcit. pp. 47-48.



152Camino de perfección, 50, (Autografo del Escorial)in Obras, 3, P. 307.



153Camino de perfección, 23, in Obras, 3, p. 110.



154. Ai fedeli che praticano gli esercizi spirituali per almeno tre giorni interi è concessa indulgenza plenaria; a chi partecipa al ritiro mensile, indulgenza parziale. Enchiridion, pp. 54 e 62, nn. 25 e 45.



155. Per le indulgenze accordate per le novene cfr. la nota 131 al n. 136. Quanto ai santi è concessa indulgenza parziale a chi nella festa d'un santo recita in onore di lui la orazione contenuta a suo onore nel Messale od altra, approvata dalla Autorità legittima. Enchiridion, p. 65, n. 54. 



MEMENTO DOMINE
verbi tui servo tuo

*Vangelo della Fede. Santa Petronilla e Santa Felicola.


4 marzo 1944.

Il martirio di S. Petronilla e S. Felicola.

Vedo due giovani donne in preghiera. Una preghiera ardentissima che deve proprio
penetrare nei cieli. Una è più matura. Pare quasi sui trent’anni; l’altra deve da poco aver passato i venti. Sembrano in perfetta salute tutte e due. 
Poi si alzano e preparano un piccolo altare su cui dispongono lini preziosi e fiori.
Entra un uomo vestito come i romani dell’epoca, che le due giovani salutano con la massima venerazione. Egli si leva dal petto una borsa dalla quale trae tutto quanto occorre per celebrare una Messa. Poi si riveste delle vesti sacerdotali e
inizia il Sacrificio.
Non comprendo benissimo il Vangelo, ma mi pare sia quello di Marco: “E gli presentarono dei bambini... chi non riceverà il regno di Dio come un fanciullo non c’entrerà”  Marco 10, 15; Luca 18, 17.
 Le due giovani, inginocchiate presso l’altare, pregano sempre più fervorosamente.

Il Sacerdote consacra le Specie e poi si volge a comunicare le due fedeli, cominciando dalla più anziana, il cui volto è serafico di ardore. 
Poi comunica l’altra. Esse, ricevute le Specie, si prostrano al suolo in profonda preghiera e
sembra restino così per pura devozione.
Ma quando il Sacerdote si volge a benedire e scende dall’altare collocato su una
pedana di legno - dopo la celebrazione del rito, che è uguale a quella di Paolo nel Tullianum . Solo qui il celebrante parla più piano, date le due sole fedeli; ecco perché capisco meno il Vangelo  - una soltanto delle giovani si
muove. L’altra rimane prostrata come prima. La compagna la chiama e la scuote.
Si china anche il Sacerdote. La sollevano. Già il pallore della morte è su quel viso, l’occhio semispento naufraga sotto le palpebre, la bocca respira a fatica.
Ma che beatitudine in quel viso!
La adagiano su una specie di lungo sedile che è presso una finestra aperta su un cortile, in cui canta una fontana. E cercano soccorrerla. Ma, radunando le forze, ella alza una mano e accenna al cielo e non dice che due parole:
“Grazia... Gesù” e senza spasimi spira.

Tutto ciò non mi spiega che c’entra la giovane legata alla colonna che ho visto
questa notte e che, per quanto molto più pallida e smagrita, spettinata, torturata, mi pare assomigli tanto alla superstite che ora piange presso la
morta. E resto così, nella mia incertezza, per qualche ora.

Soltanto ora che è sera ritrovo la giovane piangente prima, ora ritta presso la
fontana del severo cortile nel quale sono coltivate solo delle piccole aiuole di gigli e sui muri salgono dei rosai tutti in fiore.

La giovane parla con un giovane romano: “È inutile che tu insista, o Flacco. Io ti sono grata del tuo rispetto e del ricordo che hai per la mia amica morta. 
Ma non posso consolare il tuo cuore. Se Petronilla è morta, segno era che non
doveva essere tua sposa. Ma io neppure. Tante sono le fanciulle di Roma che sarebbero felici di diventare le signore della tua casa. Non io. Non per te. Ma perché ho deciso di non contrarre nozze”.
“Tu pure sei presa dalla frenesia stolta di tante seguaci di un pugno d’ebrei?”.
“Io ho deciso, e credo non esser folle, di non contrarre nozze”.
“E se io ti volessi?”.
“Non credo che tu, se è vero che mi ami e rispetti, vorrai forzare la mia libertà di cittadina romana. Ma mi lascerai  seguire il mio desiderio avendo
per me la buona amicizia che io ho per te”.
“Ah, no! Già una m’è sfuggita. Tu non mi sfuggirai”.
“Ella è morta, Flacco. La morte è forza a noi superiore, non è fuga di uno ad un
destino. Ella non s’è uccisa. È morta...”.
“Per i vostri sortilegi. Lo so che siete cristiane e avrei dovuto denunciarvi al Tribunale di Roma. Ma ho preferito pensare a voi come a mie spose. Ora per l’ultima volta ti dico: vuoi esser moglie del nobile Flacco? Io te lo giuro che è meglio per te entrare signora nella mia casa e lasciare il culto demoniaco del tuo povero dio, anziché conoscere il rigore di Roma che non permette siano insultati i suoi dèi. Sii la sposa mia e sarai felice. Altrimenti...”.
“Non posso esser tua sposa. A Dio sono consacrata. Al mio Dio. Non posso adorare
gli idoli, io che adoro il vero Dio. Fa’ di me quello che vuoi. Tutto puoi fare del corpo mio. Ma la mia anima è di Dio ed io non la vendo per le gioie della tua casa”.
“È la tua ultima parola?”.
“L’ultima”.

 “Sai che il mio amore può mutarsi in odio?”
“Dio te ne perdoni. Per mio conto ti amerò sempre come fratello e pregherò per il tuo bene”.
“Ed io farò il tuo male. Ti denuncerò. Sarai torturata. Allora mi invocherai. Allora comprenderai che è meglio la casa di Flacco alle dottrine stolte di cui ti nutri”.
“Comprenderò che il mondo, per non avere più dei Flacchi, ha bisogno di queste
dottrine. E farò il tuo bene pregando per te dal Regno del mio Dio”.
“Maledetta cristiana! Alle carceri! Alla fame! Ti sazi il tuo Cristo se lo può”.

Ho l’impressione che le carceri siano abbastanza prossime alla casa della vergine perché la strada è poca, e che il nobile Flacco sia né più né meno che
un segugio del Questore di Roma perché, quando la visione, mutando aspetto, mi riporta la sala già vista con la giovane legata alla colonna, vedo che è un tribunale come quello in cui fu giudicata Agnese. Ben poche sono le differenze e che, anche qui, vi è un brutto ceffo che giudica e condanna, e che Flacco gli fa da aiutante e aizzatore.

Felicola, estratta dalla muda dove era, viene portata in mezzo alla sala. Appare
sfinita di forze ma ancor tanto dignitosa. Per quanto la luce l’abbacini, debole
come è e abituata ormai al buio carcere, si tiene eretta e sorride. Le solite
domande e le solite offerte seguite dalle solite risposte: “Sono cristiana. Non sacrifico ad altro Dio che non sia il mio Signore Gesù Cristo”.

Viene condannata alla colonna.
Le strappano le vesti e nuda, alla presenza del popolo, la legano con le mani e i piedi dietro ad una delle colonne del Tribunale. Per fare ciò le slogano le anche e le slogano le braccia. La tortura deve essere atroce. E non basta, ma
torcono le funi ai polsi e alle caviglie, la percuotono sul petto e sul ventre
nudo con verghe e flagelli, le torcono le carni con tenaglie e altri così atroci supplizi che non sto a ridire.
Ogni tanto le chiedono se vuol sacrificare agli dèi. Felicola, con voce sempre più debole, risponde: “No. Al Cristo. A Lui solo. Or che lo comincio a vedere, ed ogni tortura me lo rende più vicino, volete che io lo perda? Compite la vostra opera. Che io abbia il mio amore compiuto. Dolci nozze di cui Cristo è sposo ed io sposa sua! Sogno di tutta la mia vita!”.

Quando la slegano dalla colonna, ella cade come morta per terra. Le membra slogate, forse anche spezzate, non la reggono più, non rispondono a nessun comando della mente. Le povere mani, segate ai polsi dalla fune che ha fatto due
braccialetti di sangue vivo, pendono come morte. I piedi, pure lacerati ai malleoli sino a mostrare i nervi e i tendini, appaiono chiaramente spezzati dal modo come stanno ripiegati in modo innaturale. Ma il volto è pieno di una felicità d’angelo.

Scendono le lacrime sulle gote esangui, ma l’occhio ride assorto in una visione
che l’estasia.
I carcerieri, meglio i boia, la colpiscono di calci, e a calci la spingono, come fosse un sacco tanto immondo da non poter esser toccato, verso la predella del Questore.
“Ancor viva sei?”.
“Sì, per volontà del mio Signore”.
“Ancora insisti? Vuoi proprio la morte?”
“Voglio la Vita. Oh! mio Gesù, aprimi il Cielo! Vieni, Amore eterno!”.
“Gettatela nel Tevere! L’acqua calmerà i suoi ardori”.
I boia la sollevano con mal garbo. La tortura delle membra spezzate deve essere
atroce. Ma ella sorride. La avvolgono nelle sue vesti, non per pudicizia ma per
impedirle di reggersi in acqua. Inutile cura! Con degli arti in quello stato, non si nuota. Solo la testa emerge dal viluppo delle vesti. Il suo povero corpo, gettato sulle spalle di un carnefice, pende come fosse già morta. Ma ella sorride alla luce delle fiaccole, perché ormai è sera.
Giunti al Tevere, come fosse un animale da sopprimersi, la prendono e dall’alto del ponte la precipitano nelle acque scure, sulle quali ella riaffiora due volte e poi si inabissa senza un grido.


Dice Gesù:

«Ti ho voluto far conoscere la mia martire Felicola per dare a te ed a tutti qualche insegnamento.
Tu hai visto il potere della preghiera nella morte di Petronilla, compagna e maestra di Felicola di cui era molto più anziana, e il frutto di una santa
amicizia.

Petronilla, figlia spirituale di Pietro, aveva assorbito dalla viva parola del
mio Apostolo lo spirito di Fede. Petronilla. La gioia, la perla romana di Pietro. Sua prima conquista romana. Quella che, per la sua rispettosa e amorosa devozione all’Apostolo, lo consolò di tutti i dolori della sua evangelizzazione
romana.

Pietro per amore mio aveva lasciato casa e famiglia. Ma Colui che non mente gli
aveva fatto trovare in questa fanciulla - e in maniera sovrabbondante, colma,
premuta, secondo le mie promesse Luca 6, 38. - conforto, cure, dolcezze femminili. Come Io
a Betania, egli in casa di Petronilla trovava aiuti, ospitalità e soprattutto amore. La donna è uguale, nel suo bene e nel suo male, sotto tutti i cieli e in
tutte le epoche. Petronilla fu la Maria (Maria di Magdala, sorella di Lazzaro e Marta di Betania) di Pietro, con in più la sua purezza di fanciulla che il Battesimo, ricevuto mentre ancora l’innocenza non aveva conosciuto oltraggio, aveva portato a perfezione angelica.


Maria, ascolta.
Petronilla, volendo amare il Maestro con tutta se stessa senza che la sua avvenenza e il mondo potessero turbare questo amore, aveva pregato il
suo Dio di fare di lei una crocifissa. E Dio la esaudì. La paralisi crocifisse le sue angeliche membra. Nella lunga infermità sul terreno bagnato dal dolore fiorirono più belle le virtù e specie l’amore per la Madre mia.
Ascolta ancora, Maria. Quando fu necessario, la sua malattia conobbe una sosta.
Per mostrare che Dio è padrone del miracolo. E poi, finito il momento, tornò a crocifiggerla.

Non conosci nessun’altra, Maria, alla quale il suo Maestro, come Pietro a Petronilla, non dica, quando gli occorre: “Sorgi, scrivi, sii forte” e cessato il bisogno del Maestro non torni una povera inferma in perpetua agonia?
Morto l’Apostolo e guarita Petronilla, ella trovò che la sua vita non era più sua. Ma del Cristo. Non era di quelle che, ottenuto il miracolo, se ne servono per offendere Dio. Ma la salute la usò per l’interesse di Dio.

La vita vostra è sempre mia. Io ve la do. Ve lo dovreste ricordare. Ve la do come vita animale facendovi nascere e conservandovi vivi. Ve la do come vita spirituale con la Grazia e i Sacramenti. Dovreste ricordarvelo sempre e farne buon uso. Quando poi vi rendo la salute, vi faccio rinascere quasi dopo malattia mortale, dovreste ancor più ricordarvi che quella vita, rifiorita quando già la
carne sapeva di tomba, è mia. E per riconoscenza usarla nel Bene.
Petronilla lo seppe fare. Non si è assorbita  inutilmente la mia Dottrina. Essa
è come sale che preserva dal male, dalla
corruzione, è fiamma che scalda e
illumina, è cibo che nutre e fortifica, è fede che fa sicuri.
Viene la prova, l’assalto della tentazione, la minaccia del mondo. Petronilla prega. Chiama Dio.
Vuol essere di Dio. Il mondo la vuole? Dio la difenda dal mondo.
Il Cristo l’ha detto: “Se avete tanta fede quanto un granello di senape, potrete dire ad un monte: ‘Levati a va’ più in là’ ” (Matteo 17, 20; Marco 11, 23; Luca 17, 6).
 Pietro glie l’ha detto tante volte. Ella non chiede al monte di muoversi.
Chiede a Dio di levarla dal mondo prima che una prova superiore alle sue forze la schiacci. E Dio l’ascolta. La fa morire in un’estasi. In un’estasi, Maria, prima che la prova la schiacci.
Ricordala questa cosa, piccola discepola mia 


(Maria Valtorta, della cui vita viene fatto qui un parallelo con quella di Petronilla, morì dopo un lungo periodo di smemorato isolamento, che per molti è rimasto misterioso).

Felicola era amica, più che amica figlia o sorella, data la poca differenza d’età di una diecina d’anni circa. Non si convive senza santificarsi con chi è
santo. Come ci si guasta convivendo con chi è guasto. Se il mondo se la ricordasse questa verità! Ma il mondo invece trascura i santi o li sevizia, e
segue i satana divenendo sempre più satana.

La fermezza e la dolcezza di Felicola l’hai vista. Che è la fame per chi ha Cristo a suo cibo? Che è la tortura per chi ama il Martire del Calvario? Che è la morte per chi sa che la morte apre la porta alla Vita?
È sconosciuta dai cristiani d’ora la mia martire Felicola. Ma essa è ben conosciuta dagli angeli di Dio che la vedono ilare in Cielo dietro l’Agnello
divino. Ho voluto renderla nota a te per poterti parlare anche della sua maestra di spirito e per incuorarti al patire.

Ripeti con lei: “Ora sì che fra questi dolori comincio a vedere il mio sposo Gesù, nel quale ho posto tutto il mio amore”, e pensa che anche per te ho suscitato un Nicomede 
(È il nome del presbìtero che recuperò il corpo della santa martire Felicola, le cui notizie storiche sembrano corrispondere al racconto sulla martire Felicola, qui presentato. Il “Nicomede” della scrittrice, suscitato per il suo recupero spirituale, è Padre Migliorini),
per salvare dalle acque delle passioni il tuo io che
volevo per Me, e per raccogliere quanto di te merita d’esser conservato, ciò che è mio, ciò che può operare del bene all’anima dei fratelli.»



Felicola, santa, martire di Roma, la passio di Nereo e Achilleo la vuole sorella di latte di S. Petronilla. Sepolta al VII miglio della via Ardeatina, nel 1112 venne scoperta dal presbitero Benedetto e traslata a S. Lorenzo in Lucina. Il suo corpo qui ritrovato nel 1605 è conservato presso l’altare maggiore. Il primo rinvenimento dei resti avvenne, secondo la lapide del 1112, insieme alle spoglie del martire Gordiano.

[ Tratto dall'opera «Reliquie Insigni e "Corpi Santi" a Roma» di Giovanni Sicari ]
Antico Martirologio Romano, 13 giugno - A Roma, sulla via Ardeatina, il natale di santa Felicola, Vergine e Martire. Non volendo maritarsi a Flacco, ne sacrificare agli idoli, fu data in mano ad un Giudice, il quale, perseverando essa nella confessione di Cristo, dopo tenebroso carcere e lunga fame, tanto tempo la fece tormentare nell'eculeo, finchè essa non rese lo spirito, e così finalmente la fece deporre e gettare in una cloaca. Il suo corpo, estratto da san Nicomede Prete, fu sepolto sulla medesima via.

Martirologio Romano, 13 giugno: A Roma al settimo miglio della via Ardeatina, santa Felícola, martire