giovedì 4 settembre 2014

Guglielmo Massaja



Son Memorie del grande Cardinal Massaja, missionario in Abissinia. E Abbracciano gli anni che vanno dal 1845 al 1880. La lettura di TALI MEMORIE DIVENTA APPASSIONANTE PER TUTTI. l'AMORE PER LA VERITà è IL MOTORE DI TANTO ZELO. BUONA LETTURA. Vi prego leggere la presentazione cliccando qui

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2.
A MALTA E ALESSANDRIA D’EGITTO:
PIANI DI VIAGGIO E CONSIDERAZIONI SULL’ORIENTE

arrivo a CivitavecchiaArrivato la sera a Civitavecchia ho spedito subito il bagaglio al vapore, ma questi che doveva partire la notte, mi fece dire che in seguito alla morte del Papa aveva ricevuto l’ordine di ritardare la partenza sino alla venuta della valigia d’Oriente, la quale sarebbe arrivata la mattina seguente, e che perciò se io bramava di passare la notte in terra poteva farlo, bastando per me andare a bordo la mattina; partenza da Civitavecchia
[4.6.1846]
così fu, detta la mia Messa nella cappella dell’ospizio di Darsena verso le otto, accompagnato da tutti quei buoni religiosi sono andato a bordo del Vapore Frances; il quale quasi subito levò l’ancora, e [p. 18] e partì per Malta, arrivo e partenza da Malta
[7.6.1846]
dove siamo felicemente arrivati dopo due giorni. In Malta, restando il vapore tutto il giorno, abbiamo potuto sbarcare per vedere la città e passare qualche ora coi nostri religiosi Cappuccini per restituirci verso sera a bordo. Era appena passata una mezz’ora che eravamo in conversazione coi nostri religiosi che la notizia della morte del Papa si fece sentire e produsse un’eco in tutta quella città: le campane suonavano a lutto in tutte le Chiese, ed essendo arrivate alcune lettere molti del clero segnatamente Canonici della Cattedrale vennero a darci il ben venuto e domandarci notizie di Monsignore Casolani loro confratello, lo stesso suo Padre venne ed avrebbe voluto condurci a casa sua per il pranzo; dopo pranzo venne il Vicario Generale del Vescovo a prenderci, perché il vecchio Vescovo non potendo venire desiderava detagli sulla morte del Papa, sulla consacrazione di Monsignore Casolani. Appena fatta questa visita in fretta fummo avvertiti che il Vapore stava per partire, e così, salutati gli amici ed i religiosi, accompagnati da molta gente siamo ritornati a bordo che il vapore già fumava ed era sul momento di levare l’ancora. Così siamo partiti sul fare della notte alla volta di Alessandria, dove siamo arrivati dopo tre giorni.

Appena il vapore si fece visibile, benché ancor lontano, i nostri due missionarii che ci hanno preceduto, [attendevano] non solo il nostro /12/ arrivo col seguente va-[p. 19] pore francese, ma ancora [la notizia del]la grave malattia del Papa, la quale presentava alla Chiesa un’avvenire molto incerto e tenebroso in quelli sopratutto che erano in misura di comprendere l’alta politica europea sia nel partito Cattolico, sia ancora nel partito liberale, e sopratutto in alcuni forusciti o esiliati che non mancavano in Egitto; arrivo in Alessandria
[11.6.1846]
i nostri due missionarii avendo parlato con molti ci stavano con anzietà aspettando, e quando il vapore gettava l’ancora nel porto già una barca colla bandiera francese e con molti religiosi ci veniva all’incontro col Cavas (1a) del console generale, erano i nostri missionarii con alcuni religiosi di Terra Santa e lo stesso Segretario di Monsignore Delegato che venivano ad incontrarci, ben sapendo essi che noi non conoscendo tutti gli usi e le anomalie di quel porto semibarbaro e le angherie di tutta quella turba di arabi saressimo stati molto imbrogliati; così essi ricevuto in consegna tutto il nostro bagaglio, pensarono a tutto, e noi non ebbimo altro a fare, che discendere sulla barca per andate a terra ed innoltrarci nella città senza pensare ne al trasporto degli effetti, ne tanto meno al guazzabuglio della dogana, perché essi conoscevano tutto e tutti.

[p. 20] incontro con monsignore Perpetuo GuascoCome Monsignor Perpetuo Guasco Vicario e Delegato Apostolico dell’Egitto non aveva sufficiente alloggio per tutti siamo entrati tutti nel Convento di Terra Santa, dove già ci aspettava Monsignore stesso. Appena ricambiati i soliti convenevoli, la prima cosa che interessava era il grande avvenimento della morte del Papa. Subito Monsignore ordinò che si desse il segno del trapasso convenevole colla campana della Chiesa, alla quale fece eco la campana dei Pad[r]i Lazzaristi, unico stabilimento religioso Cattolico esistente in quel tempo oltre il Convento suddetto. La bandiera di Terra Santa fù subito innalzata a mezz’asta per tre giorni, secondo l’uso, come segno di duolo; a questa fecero eco tutti i Consolati di tutte le potenze colle loro bandiere (1b). visita dei consoli generaliIl Console Generale Francese, e molti altri Consoli cattolici, i quali avevano ricevuto dai loro ambasciadori di Roma lettere e dispaccj in proposi- /13/ to vennero subito a trovarci; anche molti altri cattolici di riguardo si aggiunsero per avere detagli sopra la morte del Pontefice, e sopra lo stato e la tranquillità di Roma, come cosa che interessava allora molto la tranquillità di una gra[n] parte dell’Europa. Quasi tutta la mattina la casa fù piena di gente, e non si parlava d’altro che della morte del Papa Gregorio[p. 21] ciascheduno nel proprio senso, i cattolici di cuore esternando timori per Roma e per tutta l’Italia, ed i liberali in senso contrario; non mancavano alcuni romani esiliati, i quali avrebbero voluto subito partire, ma i consoli cercavano [di] dissuaderli. Monsignore Delegato introdusse il discorso dei funerali da farsi, e si fissò subito il giorno. Monsignor Delegato col Console Francese e col Console Pontificio, se non erro [anche] il Console Toscano, partirono subito per darne parte al Viceré Maumed Aly, il quale ordinò il lutto di corte per tre giorni.

affari col console CerrutiDopo che la folla è sortita restò il Signor Cerruti genovese Console Generale Sardo, e Procuratore speciale della S. C. di Propaganda[;] mi prese a parte e mi accusò ricevuta dalla S. C. suddetta di darmi l’equivalente di tre mille scudi romani per le spese del viaggio, e per l’impianto della missione, e poi mi soggiunse che aveva già pensato al mio viaggio, ed a questo [scopo] mi avrebbe mandato un certo Vallieri Piemontese suo incaricato agente consolare del Sennaar, il quale molto a proposito dovendo partire per Cartum avrebbe potuto accompagnarci ed assisterci, come persona di qualche rapresentanza, e che conosceva il paese, al che io risposi [p. 22] che dovendo restare in Alessandria qualche tempo per aspettare ulteriori istruzioni ed altri missionarii che dovevano venire, col tempo tutto si sarebbe combinato.

Valieri vice console di KartumDopo parlando coi due missionarii PP. Giusto e Cesare, dagli elogi che mi facevano sia del Console Sardo, sia di questo Signor Vallieri mi accorsi subito che già molte combinazioni si erano fatte. A suo tempo venne anche lo stesso Vallieri con una lettera di raccomandazione del Console Cerruti suddetto, e dopo i convenevoli di uso mi presentò una nota di provisioni da farsi che mi spaventò, dicendomi che era cosa intesa col console; poscia come per farsi un merito mi disse che già aveva comprato cinque bellissimi fucili per noi. Questo modo di agire m’imbarazzo un poco, tanto più che io non era ancora in caso di giudicare la convenienza ed il modo di rispondere, ebbene, risposi, quello che è fatto sia ma non si aggiungano altre spese, perché dovevano venire ulteriori istruzioni da Roma che conveniva aspettare, potendo darsi qualche cangiamento. Il primo momento che ho avuto libero ho parlato con Monsignore Delegato di questo affare, ed egli, benché non avrebbe /14/ disapprovato la strada del Nilo, e del Sennar per andare in Abissinia [p. 23] non lasciò di farmi qualche osservazione rapporto al Signor Valieri, come persona di una probità dubbia. La stessa e medesima cosa mi disse il Padre Leroi superiore dei Lazzaristi di Alessandria. Tanto bastò per mettermi in guardia ed avvertirne prudentemente anche i compagni Padri Giusto e Cesare, ai quali bastarono gli otto giorni passati da soli per sbilanciarsi, e fare un’amicizia troppo stretta col Valieri, in modo da imbarazzarmi non poco. ragioni pro e contro la via del NiloLa strada del Nilo e del Sennaar sarebbe forse stata ancor più diretta per andare ai paesi Galla, o per la via diretta a Matamma e montar il lago di Dembea, quella che abbiamo fatto oggi sortendo, oppure tenendo il Nilo sopra Kartum tentare d’introdursi direttamente nei paesi Galla senza toccare l’Abissinia; e non mancavano persone che ce lo consigliavano, ma prima di tutto noi in quel momento non eravamo ancora nel caso di giudicate bene una simile questione, e non mancavano poi anche di quelli che cercavano di dissuaderci per la gran ragione del clima che faceva molte vittime, massime frà gli Europei recentemente venuti, cosa molto grave e che avrebbe potuto compromettere il movimento della [p. 24] nostra spedizione, se qualcheduno di noi si fosse ammalato in strada. Tutto questo unito all’affare di Vallieri, e l’impegno del Console Cerruti finivano per mettermi molto in pensiero.

mie impressioni sopra AlessandriaMa voglio lasciare qui un momento la storia del nostro viaggio per dire qualche cosa di ciò che ho veduto in Alessandria; al momento che scrivo l’ho veduta molte volte, ma le prime idee sono sempre quelle che dominano; oggi Alessandria è una città quasi europea, ma quando sono arrivato io nel 1846. erano i tempi eroici di quel paese; tempi di risorgimento, ed io ho avuto l’onore di conoscere gli stessi eroi che l’hanno rilevata dal fango dove l’avevano come sepolta molti anni di puro governo mussulmano, sotto la pressione dell’immondo codice di Maometto. osservazioni sui Cristiani orientaliÈ vero che da un tempo anche molto antico esisteva una popolazione cristiana quasi tutta eretica orientale di varie razze, e di tutti i riti, ma questi benedetti cristiani orientali sotto il governo ferreo dei turchi e degli arabi sapevano talmente abbassarsi ed avvilirsi sotto la schiavitù degli infedeli che gli hanno dominato, che invece di rilevare l’idea religiosa per edificare i loro padroni, come per grazia di Dio fa il cattolicismo [p. 25] erano anzi di grande scandalo, perché vivificati da una fede morta affatto, e viva solo in alcune abitudini esteriori, nella morale loro erano in molti punti caduti più bassi degli stessi mussulmani loro padroni, che studiavano anzi d’immitarli in molte cose, come suole fare il mancipio al suo padrone; io stesso [ho] gli ho veduto non solo gloriarsi /15/ della circoncisione, ma vilipendere l’europeo come incirconciso; io stesso gli ho veduto mettere in non cale la Sacramentale Confessione che pur ancora conservano, e che profanano con tutta facilità, e far gran conto della purificazione immonda, ed immorale dei mussulmani prima di accostarsi al Sacramento dell’Eucaristia, e prima di celebrare la Messa i sacerdoti medesimi; io stesso ho dovuto faticate in alcuni dei nostri stessi proseliti già divenuti cattolici per distruggere certe loro abitudini di simil genere. La fede del levantino cristiano non è che onore, ed amor proprio nazionale e di razza, e qualche volta una passione anche più bassa di un materiale interesse; motivo per cui è così facile a trasformarsi e cangiare come la luna secondo le diverse fasi a cui va soggetta la società civile. Più del basso popolo il clero levantino è divenuto così straniero al vero spirito apostolico ed evangelico che più non lo comprende allo stesso vederlo nel nostro stesso clero cattolico; un sacerdote cattolico di uno spirito elevatissimo diventa [p. 26] in facia al prete eretico levantino una vera pietra di scandalo; un’occasione di gelosia, di questioni, e di odio; la ragione è semplicissima, il povero prete eretico levantino non è più capace di sollevarsi tanto [in] alto da comprendere la sorgente del vero zelo che si trova nel vero sacerdote cattolico, perché egli [è] abituato a calcolare la sua posizione come semplice mestiere materiale, ed attento solo al suo lucro ed al suo mercato; non può persuadersi [che si] possa essere capace di calcoli superiori. La malattia del clero eretico levantino non è nata col scisma, ma è piuttosto la malattia the ha prodotto il scisma; chi ha meditata la storia dell’impero bisantino non stenta [a] farsi un’idea che la malattia è molto antica in Levante, ed ha incomminciato dall’epoca dell’arianesimo, allora quest’eresia che ha dominato [per] secoli si è incarnata coll’impero per sostenersi, e si abituò alle fazioni, ed agli intrighi, e colla simonia divenuta quasi normale dovunque la casta clericale è divenuta immorale, e lontana sempre più dallo spirito evangelico; sotto l’impero mussulmano poi si stabilì sempre più questo stato, perché l’alto clero entrato nell’amministrazione dello stato civile sotto l’immediata dipendenza di un governo nemico e pagano servì per diventare una società divisa dai mussulmani da un’osservanza di formalità esteriori senza nessuna trasformazione [p. 27] del cuore figlia del vangelo e nodrita dallo Spirito Santo. Per questa ragione, ancora in tempo dell’impero bisantino per quanti sforzi abbia fatta la chiesa per condurre all’unità il scisma non diede che dei segnali di una vita, e di una vittoria di pochi giorni. Per questa stessa ragione ai nostri giorni stessi per quanti sforzi che facia la Chiesa, ad eccezione di qualche individuo, tutte le conversioni in massa sono sempre sospette di motivi secondarii, epperciò poco durevoli, per- /16/ ché le conversioni in massa portano con se il suo clero, epperciò il virus della malattia orientale, il clero accantonato e protetto dalla celebre bolla sottrae il suo cristiano dall’influenza del missionario latino, e senza istruirlo mantiene così tutto il suo prestigio per imporre alla Chiesa in caso di rigore. Ancora ultimamente in Bayruth mi diceva un vecchio venerando levantino[:] io [sonocattolico per convinzione, ma ho dovuto lottare degli anni per divenirlo, perché io voleva essere cattolico latino per sottrarmi dalle vessazioni del nostro clero anche cattolico. La S. C. di Propaganda deve avere i scaffali pieni di simili ricorsi nel suo archivio, ma ricorsi divenuti sempre sterili dopo la solenne bolla di emancipazione di tutti i riti. La malattia [è] nata coll’arianesimo, dopo secoli si perdet[te] l’arianesimo nella parte dogmatica, [p. 28]ma siccome la crisi si fece solo sul campo della fede e della verità, e si fece nella maggior parte per impulso governativo, restava sempre intatta tutta la coruttela del clero, e sopratutto dell’alto clero, perche la Chiesa latina [non] ha mai potuto esercitare sull’oriente tutta l’influenza del suo zelo per riformarne lo spirito. Avvi ancora un’altra ragione: la razza greca che ha dominato sempre in Oriente prima della razza latina, dominata poscia da questa ancor prima del cristianesimo dalla forza dei romani il suo orgoglio [non] è mai stato dominato, anzi accrebbe collo stabilirsi l’impero da quella parte, e guardò sempre verso Roma con un’occhio ben tutt’altro che di pace; ancora oggi giorno quest’odio esiste nella razza greca ed in quella greco-slava; in questo senso la razza latina ha commesso un grande errore dando la corona ad Atene, perché questa è la più grande nemica della nostra razza d’occidente. Basterebbe studiare profundamente Gerusalemme anche odierna per convincersi di questa grande verità.

Ciò premesso ritorniamo ad Alessandria; dove ci aspetta non solo il filo della nostra storia, ma lo sviluppo ancora della sopra annunziata idea, la quale non finisce in Egitto ma ci accompagnerà [p. 29] anche in Abissinia, dove sarà necessario di mai dimenticarla per spiegare tutte le difficoltà di quel lungo apostolato.
Una bella occasione si presentò per l’Egitto per consacrare all’occidente una delle grandi chiavi dell’Oriente alle idee latine dell’occidente, forze con un grande avvenire anche religioso per tutto l’oriente tanto asiatico che Africano, [20.7.1798]quella cioè delle vittorie riportate dall’armata francese nella guerra delle Piramidi capitanata dal giovane Napoleone sul fine del secolo decimo ottavo, quando fosse stata compresa nel suo vero senso; sgraziatamente però quella gloriosa campagna veniva dalla Francia in un momento di ebollizione tutta pagana, e non ebbe altra missio-/17/ ne dalla Providenza che quella di far conoscere l’eroe destinato a salvare per quel momento la povera Francia che, minaciava di portare lo sfascio sociale, e la rovina del Cristianesimo in tutto l’occidente. In altri tempi una simile vittoria capitanata da un governo cattolico di una tempra antica propagatrice del Vangelo d’accordo colla Chiesa, invece di piegare il ginochio alla Meca, come fece il nostro giovane Napoleone, avesse raccolto tutti gli elementi cristiani di quel paese, e gli avesse consegnati alla Chiesa con missione di educarli, al giorno d’oggi l’Egitto[p. 30] divenuto cattolico e nella sua maggior parte di rito latino e più popolato da colonie europee, sarebbe stata un’avanguardia per la rigenerazione di una gran parte dell’Oriente. Invece una sì gloriosa campagna non fece altro che irritare, scandalizzare, ed avvilire di più la Francia con una ritirata quasi vergognosa.
[1805]Dopo la ritirata della Francia sortì Mahumed Aly, il quale incomminciò una nuova riorganizzazione dell’Egitto, ed una rigenerazione del medesimo per quanto permetteva la sua situazione di mussulmano vassallo della Sublime Porta. Egli colla distruzione del kaliffato guadagnò un’autonomia sufficiente da potere agire e sviluppare il suo genio per quanto lo comportava un paese caduto nell’ultimo avvilimento. Egli, secondato dal suo figlio Hibrahim, altro genio ardito e valoroso soldato, circondato da europei che chiamò da tutti i paesi poté organizzarsi un’armata, che dopo alcuni anni poté misurarsi in guerra colla stessa Sublime Porta, che immancabilmente avrebbe vinta se le potenze non l’avessero obligato [1.6.1841]ad una pace per lui gloriosa. Sotto di lui anche la Chiesa guadagnò molto, ed avrebbe guadagnato molto di più sotto l’umbra della protezione francese, allora omnipotente in Egitto, quando con prudenza avesse rilasciato un tantino di libertà ai levantini dei [p. 31] varii riti levantini esistenti in Egitto in quel tempo quasi tutti vaghi di diventare latini; ma al momento che scrivo è come passata l’epoca; i riti orientali, colle armi stesse che la Chiesa ha dato loro, si sono trincerati in modo contro il latinismo, che la Chiesa medesima cogli elementi immensi delle congregazioni insegnanti è pochissimo quello che può fare, perché la sola questione del rito è divenuta tale, che poco si allontana dal scisma, quando non fosse maneggiata con gran prudenza. Ciò notato ritorno alla mia storia per andarmene in Abissinia, dove, benché stricte non esista un rito, la missione cattolica si nova obligata a formarlo per seguire la corrente orientale.

Io dunque arrivato in Alessandria ho dovuto pensare al mio viaggio sotto la protezione del consolato francese. Visita al viceré d’Egitto
[20-27.6.1846]
Ho fatto visita al signor Barò fratello di Odilon Barò allora classico in Francia sotto il governo di /18/ Luigi Filippo, allora Console Generale Francese in Egitto, e persona onnipotente presso Mahumed Aly. Questi volle condurmi a fare una visita al Vice Re, allora l’eroe d’Egitto onorato da tutte le potenze europee. Mahumed Aly mi ricevette molto cortesemente, e mi trattenne non meno di un’ora; i nostri discorsi prima di tutto versarono sopra la morte del Papa Gregorio XVI. che Mahumed Aly rispettava molto, e volle sapere tutti i detagli [p. 32] sulla morte del Papa, ed ecco l’esclamazione che fece:L’Europa ha perduto l’angelo suo tutelare e la bussola che la teneva in equilibrio. Dopo parlando del mio viaggio disse che un Vescovo non può andare in Abissinia se prima non fa il giuramento di non entrare in trattati contro l’Egitto, perché tale è l’uso di tutti i Vescovi che entrano in Abissinia. Nel congedarmi mi obligò a ritornarvi prima di partire. visita ad ibrahim PasciàDopo la visita di Mahumed Aly [il console] mi condusse a vedere Hibrahim suo figlio, il quale pure mi ricevette molto cortesemente.
funerali del Papa Gregorio
[15.6.1846]
Dopo alcuni giorni dal nostro arrivo ebbe luogo un famoso funerale al PapaGregorio XVI. al quale intervennero tutti i consoli Generali delle Potenze anche Protestanti e Scismatiche in gran treno di gala a lutto; lo stesso Viceré Mahumed Aly, ed il suo figlio Hibrahim Pascià mandarono i loro rappresentanti. Si fece una bella orazione funebre. Monsignore Delegato celebrò la Messa Pontificale, ed io assisteva in cappa; dopo si fecero le assoluzioni prescritte. Assistevano pure i Padri Lazzaristi, i Fratelli della dottrina cristiana, e le Sorelle di carità; la chiesa in quel tempo ancora piccola non poté contenere tutta la popolazione della colonia cattolica.
[p. 33] Io rimaneva abitualmente in Convento, ma aveva anche una camera presso Monsignore Perpetuo Guasco, il quale aveva il suo alloggio tutto vicino, epperciò passava una parte della giornata con lui per trattare dei nostri affari avvenire. Procura lasciata a monsignore Delegato pro temporeLa Missione nostra in paesi molto lontani e di difficile communicazione aveva bisogno di una persona fedele, la quale mi rappresentasse in Egitto con una Procura generale ed assoluta, come alter ego e non poteva certamente trovare una persona migliore di lui che pensasse alla Missione, sia per ricevere dall’Europa i soccorsi che mi sarebbero venuti [dall’Europa], sia per farci per tempo le dovute spedizioni, ed anche per custodire i fondi, impiegargli se occorreva, e trattare anche nel caso la nostra causa col Consiglio centrale della Propagazione di Lione; in tutto il tempo che sono rimasto in Alessandria ho cercato di impegnarlo quanto ho potuto a questo riguardo, pregandolo di farci da Padre, ma l’uomo di Dio è sempre pronto a prestarsi, epperciò egli avendomi promesso di prestarsi per la Missione/19/ nostra, come faceva per la sua, un bel giorno gli ho passato un’atto di Procura in presenza dell’istesso Console [p. 34] Generale di Francia con facoltà di sostituire altri in caso di bisogno, ed in caso di morte sua, che detta Procura colle stesse attribuzioni passasse al suo successore. Ciò fatto, ho scritto a tutti i miei corrispondenti d’Europa d’intendersela con lui per tutto quello che sarebbe occorso, anche per le lettere stesse di diriggersi a lui.
Monsignore poi, come persona molto rispettata ed amata dallo stesso Vice Re, e da tutti gli oracoli che lo circondavano, e che maneggiavano l’Egitto in quel tempo, per parte sua mi mise in intima relazione con tutti, conoscenza con Clot beiin modo particolare con Clot Bey, un medico francese fervente cattolico, e come ministro dell’istruzione publica in Egitto, persona di molto talento e di molta iniziativa, quello che, mandato a Roma a complimentare il Papa, persuase il Pontefice stesso sul bisogno di [18.5.1839]fundare un Vicariato apostolico in Egitto, mentre prima non vi era che il semplice Guardiano del Convento il quale agiva per delegazione del P. Custode di Gerusalemme. Clot Bey che molti anni prima aveva molto lavorato per far eriggere l’Egitto in Vicariato ed in Diocesi, nel tempo stesso che io mi trovava in Alessandria stava lavorando per l’erezione del Patriarcato di Gerusalemme, operazione la quale ebbe poi luogo sotto Pio IX[23.7.1847]sul fine del 1847., [p. 35] quando fu mandato Monsignore Giuseppe Valerga primo Patriarca titolare di Gerusalemme; egli poi mi dava la ragione di questo suo operato: ragioni di Clot bei addotte a Roma per la fundazione del patriarcato di Gerusalemme.veda Monsignore mio, mi diceva, il Levante è pieno di Patriarchi e di Vescovi: tutti i riti hanno fatto i loro patriarchi particolari, sia i scismatici, sia ancora i nostri cattolici, non vi è città centrale in Oriente, dove non si vedano due o tre patriarchi [a] girare, i vescovi poi non si contano più; solamente noi cattolici abbiamo tutti questi nostri Patriarchi a Roma, in oriente prima non vi erano neanche vescovi, ma solo alcuni frati; i popoli sono materiali; lo stesso governo levantino usa [di] rispettare i Patriarchi, e lascia a questi la cura dei vescovi, i popoli dicono, noi siamo più di voi cattolici, perché noi abbiamo Patriarchi e voi non gli avete; dal momento che la Chiesa ha dato tutti questi Patriarchi per la sola diversità del rito, perché non lo darà anche ai latini, i quali oggi sono già in gran quantità, ed in alcuni luoghi i cattolici latini in numero sorpassano i levantini; io vorrei anzi vedere, diceva, in Alessandria un Patriarca latino. Il Signor Clot Bey non poteva certamente conoscere tutte le ragioni che ha la Chiesa nell’osservare una tale economia, motivo per cui così parlava, ma io [p. 36]a misura che studio l’oriente trovo che Clot Bey medico e semplice secolare diceva delle grandi verità, le quali meritava- /20/ no di essere studiate di più appunto in quell’epoca in cui le studiava Clot Bey; oggi l’epoca è passata; in quei tempi la protezione europea giocava un gran ruolo sopra i cristiani levantini, e la Chiesa allora avrebbe potuto fare tutte le operazioni che voleva; oggi questa protezione è come nulla, e se quei popoli aquisteranno un’autonomia, allora la speranza sarà perduta affatto, perché arriverà colà ciò che arriva oggi in Atene, dove appena la missione è tolerata; e vi sarà gran pericolo che gli stessi cattolici di rito levantino non siano obligati alla fusione coi scismatici; se oggi Atene fosse dominata ancora dalla Porta Ottomana forze vi sarebbe al giorno d’oggi una bella colonia cattolica, mentre oggi [non vi] è un bel nulla.
seconda visita al viceré.Dopo tre settimane di dimora in Alessandria, con Monsignore Delegato ho fatto la mia seconda visita di congedo al Viceré, il quale ci ha ricevuti con molta cortesia; mi domandò se aveva bisogno di qualche cosa, e nel caso che occorresse dopo sia in Cairo, come in Suez, avrebbe bastato scrivere a Monsignore, oppure al Console, che per parte sua fino alla nostra sortita dall’Egitto, avrebbe fatto tutto quello che poteva per noi. Dopo ho fatto anche [p. 37] la visita di congedo al console Cerruti per finire con lui i nostri affari. Rapporto alla somma che io doveva ricevere d’ordine della S. C. di Propaganda si combinò che l’avrebbe data a Monsignore Delegato, il quale era incaricato di mia Procura; rapporto al viaggio con Vallieri per la via del Nilo io doveva aspettare istruzioni da Roma, epperciò appena ricevutele gli avrei scritto dal Cairo, e quando sarebbe stata decisa la cosa si sarebbero fatte le proviste; così finì per il momento la questione, e noi pensammo alla partenza alla volta del Cairo.

(1a) Cawasce è il nome arabo del servo del Console che egli suol mandare con livrea speciale e riconosciuta dal governo locale, per accompagnare un forestiere, oppure portare la parola autorevole del suo padrone.[Torna al testo ]
(1b) La bandiera di terra santa è la più antica bandiera di Alessandria, così mi diceva un vecchio levantino; prima ancora che i consolati delle diverse potenze spiegassero ciascheduna la loro bandiera particolare, quella di terra santa rappresentava tutti i cristiani, anche eretici. Questa proposizione da principio mi parve incredibile, ma dopo che ho veduto in Gedda, ed altrove, tutti i cristiani, anche eretici radunarsi alla venuta di un prete cattolico, come si vedrà a suo tempo, allora non ho stentato a credere ciò che mi diceva il vecchio levantino, perché i cristiani di colore correvano a terra santa per non essere considerati musulmani.[Torna al testo ]

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