lunedì 29 febbraio 2016

LA SANTA DI SIENA

CHISSA' QUANTE SONO LE DONNE D'ITALIA CHE CONOSCONO EFFETTIVAMENTE LA SANTA DI SIENA


SANTA CATERINA DA SIENA

Don Giuseppe TOMASELLI

continuaz.

Via la chioma!

La signora Lapa non si rassegnava a vedere la figlia sempre ritirata e raccolta in preghiera; ma ciò che non ottenne per mezzo della figlia Bonaventura, pensò di ottenerlo per mezzo di un Sacerdote, ami­co di famiglia, Padre Tommaso Della Fonte.

Il Sacerdote tentò di persuadere Cate­rina a prendere marito; ma la giovane si opponeva ripetutamente ai suoi ragiona­menti. Padre Tommaso, vedendola riso­luta e disposta a tutto, per non venir meno al disegno di Dio, illuminato dallo Spirito Santo, disse a Caterina: Poichè madre, fratelli e sorelle vogliono metterti assolutamente nel mondo, tagliati i capelli e così tutti si acquieteranno. -

Avuto questo consiglio, Caterina prese le forbici e giubilante tagliò la chioma ra­sente al capo. Fatto ciò, coprì la testa con una cuffia. Appena la madre se ne accorse, le domandò ragione di quella cuf­fia e gliela strappò arrabbiata. A vedere la testa della figlia tutta rasata, gridò: Cosa hai fatto? Perché hai tagliato i tuoi bellissimi capelli? -

Caterina non le diede risposta ed andò a chiudersi in una camera.

I familiari accorsero alle grida della mamma e, conosciuto il fatto dei capelli, dissero: Vilissima donna, hai tagliato i capelli? Ma credi tu di non fare ciò che vogliamo noi? A tuo dispetto i capelli cresceranno ed anche quando tu non vor­rai, sarai costretta a prendere marito! Non ti daremo più pace! -

Le cercarono un giovane e lo trova­rono; ma Caterina neppure lo guardava. La famiglia stabilì di toglierle la camera privata, affinché non stesse ritirata e non avesse tempo di attendere alle preghiere ed alle meditazioni. Stabilirono perciò che Caterina avesse a compiere tutti i la­vori domestici, anche i più pesanti e umilianti, e pertanto licenziarono la ser­va.

Fratelli e sorelle, sebbene fossero ser­viti amorosamente da Caterina, la di­sprezzavano e la ingiuriavano. Però lei si mostrava sempre sorridente e giuliva nel servire tutti.
Il suo Direttore Spirituale in seguito le chiese: Ma tu come potevi sopportare disprezzi, ingiurie e fatiche con volto sor­ridente? -

Caterina rispose: Mi fu tolta la stanza privata per non pensare troppo a Gesù. Allora mi formai nel cuore una cella spi­rituale e così stavo sempre unita a Gesù. In mio padre vedevo Gesù, in mia madre vedevo la Madonna, nei fratelli e nelle sorelle vedevo gli Apostoli ed i discepoli di Gesù. In tal modo stavo sempre unita al mio Signore ed ero lieta di rendere servizio a tutti. -


Ed ora basta!

Un giorno Caterina si trovava nella stanza del fratello Stefano ed approfittò per inginocchiarsi e pregare in un can­tuccio. Per caso entrò nella stanza il pa­dre, il quale restò sbalordito a vedere la figlia in ginocchio, mentre sulla testa le stava sospesa una colomba bianchis­sima.

Giacomo Benincasa, riflettendo su tale scena, concluse: Questa mia figlia non è capricciosa; la sua vita è un mistero. È bene, quindi, che in famiglia si cambi condotta verso di lei. -

Lo stesso giorno chiamò moglie e fi­gli e, con l'autorità di padre di famiglia, ordinò: Da questo momento in poi nes­suno dia più fastidio a Caterina. Sia la­sciata libera in tutto ciò che vorrà fare e non permetto che alcuno le dia secca­ture. -

Giacomo Benincasa ci teneva alla sua autorità paterna e nessuno più si oppose il suo ordine.
Era Gesù che lavorava nella vergine sienese, arricchendola di grazia e di fa­vori celesti, pur sottoponendola alla pe­sante croce della incomprensione fami­liare.

Spirito di penitenza.
Il corpo, con le sue cattive tendenze, è il nemico dell'anima. Occorre vigilare per avere il dominio sugli istinti delle passioni. Il dominio sul corpo si ottiene con la preghiera e con lo spirito di mor­tificazione e penitenza.
I semplici fedeli, almeno quelli anima­ti di buona volontà, hanno lo spirito di mortificazione quando sopportano pazien­temente le traversie della vita, sostengono con generosità il peso del compimento dei doveri del proprio stato e si unifor­mano alla volontà di Dio nelle malattie e negli acciacchi dell'età. Tutto questo però con spirito di fede e per amore di Dio.

I Santi invece, oltre alla pratica eroica delle virtù cristiane, abbracciano volen­tieri e con generosità altre penitenze, per ricopiare in loro l'immagine di Gesù Cro­cifisso. Per i Santi la gioia e la felicità della vita è basata più sullo spirito che sul corpo.

I Santi amano la sofferenza per ren­dersi più cari a Gesù, per acquistare i tesori celesti e per salvare molte anime.

Caterina, ardente di amor di Dio, era straordinaria nell'esercizio della peni­tenza.

Assai devota di San Domenico, voleva imitarlo. Tre volte al giorno si flagellava con una catena di ferro, una volta per se, l'altra per i vivi e la terza flagella­zione era per i defunti. Impiegava un'ora e mezza per ciascuna flagellazione. Per molto tempo continuò in questa peniten­za; ma poi dovette smettere a motivo delle sue troppe infermità. Abitualmente teneva legata ai fianchi una catenella co­sparsa di punte acute. Vestiva sempre abiti di lana, d'inverno e d'estate. Giunse al punto che in due giorni dava al suo corpo meno di un'ora di sonno.


Digiuno misterioso.

Verso l'età di quindici anni Caterina mangiava solamente pane ed erbe crude. I cibi dolci le procuravano nausea. In seguito non prese più né cibo e né be­vanda.

Diceva il Beato Raimondo da Capua: La vita di Caterina è un continuo mi­racolo. -

Sia permessa a me scrivente una di­vagazione illustrativa. Da anni, anzi da decenni, il Signore ha permesso çhe io fossi Direttore Spirituale di anime mi­stiche. Credo bene riportare un episodio di una di queste anime, ancora vivente.
Mi ero interessato che questa persona fosse ricevuta in un Monastero di Clau­sura. Al principio di Quaresima Gesù le disse: Fino a Pasqua non avrai bi­sogno di cibo. Farai penitenza. -

Mi confidò quest'anima, di età giova­nissima: In questa Quaresima ho fame canina. Vorrei mangiare molto e spesso, ma devo astenermene. Aspetto con ansia l'ora di andare a tavola con le Consorelle. Talvolta non sento la forza di resistere ed allora mi umilio davanti all'Abbades­sa chiedendo un pezzetto di pane. Al­l'orario dei pasti della Comunità, cessa la fame e sento tanta ripugnanza a man­giare. Che sacrificio devo fare per ingoiare qualche boccone di cibo! Che tormento provo appena un po' di cibo arriva nello stomaco! Non vedo l'ora di alzarmi da tavola. Finito il pasto, sono costretta ad andare a vomitare tutto. Dopo ricomin­cia la fame canina. -

L'Abbadessa mi disse: Reverendo, che meraviglia! Da molto tempo questa Re­ligiosa è in assoluto digiuno e lavora. Eppure, guardi che bel volto ha, colo­rito e paffuto! -


Non è opera diabolica.

Quanto qui ho esposto dimostra che il carisma di poter vivere senza mangiare e senza bere, è un dono eccezionale che Dio fa a certe anime mistiche, come, ad esempio, fece a Teresa Neumann, la quale stette trentacinque anni senza prendere cibo o bevanda.

Santa Caterina ebbe il carisma del di­giuno assoluto per molti anni. Ma tale dono di Dio le procurò umiliazioni e seccature, perché taluni dicevano: Cate­rina è indemoniata. Gesù mangiava e be­veva. Se Caterina non mangia e non beve, in lei deve esserci l'opera diabolica. -



Terziaria Domenicana.

Per custodire meglio la verginità e non avere ulteriori seccature, stabili di vestire l'abito del Terz'Ordine di San Domenico. Le Terziarie di San Domenico aveva­no una Cappella nella Chiesa del Santo e qui si riunivano e pregavano. Erano chiamate le Mantellate, perché portavano un largo mantello nero. Le Mantellate erano vedove e non volevano accettare Caterina tra loro perché vergine e troppo giovane. In seguito Dio permise che fos­se accettata, ma ebbe assai da soffrire per l'incomprensione e le gelosie di certe Mantellate, invidiose delle sue virtù.


Assalti diabolici.

Il demonio, per permissione di Dio, l'assaliva con insidie e tentazioni terribi­li. I pensieri più brutti le popolavano la mente.
I demoni le torturavano gli orecchi, facendole sentire parolacce e discorsi impuri. Le risvegliavano le passioni corpo­rali e le apparivano alla mente le scene più immorali del mondo.
Caterina cercava di distrarsi e pregava chiedendo aiuto a Gesù. Quando cessa­vano gli assalti impuri, le appariva Gesù. Caterina si lamentava con il suo Sposo Celeste e diceva: Ma quando, Gesù, Tu vedi che sono sotto questi assalti terri­bili, dove Te ne stai? - Me ne sto nel centro del tuo cuore e sostengo la tua volontà perché tu non ceda alle attratti­ve sensuali. Le tue vittorie sul nemico salvano tante anime. Non ti scoraggiare! Io sono con te! -
Erano tormentose le insidie diaboli­che, ma Gesù la contraccambiava con fre­quenti visite e le appariva assieme alla Madonna e ad altri Santi.


Scienza infusa.

Caterina non era andata mai a scuola e quindi era analfabeta. Ebbe in dono dallo Spirito Santo la scienza infusa. Per mezzo di questo dono poteva recitare as­sieme a Gesù le Ore Liturgiche in ita­liano ed in latino. Alla fine di ogni Salmo è prescritto il Gloria. La Santa, invece di dire « Gloria al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo » diceva: « Gloria al Padre, a Te ed allo Spirito Santo », poi­ché Gesù le stava a fianco.
Ciò che poteva piacere a Gesù, Cate­rina lo faceva; e siccome la carità piace molto a Dio, Caterina pigliava in casa cibi, olio, vino ed indumenti e tutto por­tava alle famiglie bisognose.
Fratelli e sorelle non approvavano !a carità sovrabbondante e la rimproverava­no. Ma il padre, che comprendeva la de­licatezza della figlia, diceva ai familiari: Non intromettetevi nel lavoro caritativo di Caterina. Sono io il responsabile di tutto. -
Quante famiglie bisognose e quanti poverelli furono beneficati! Diceva Ca­terina: Quello che faccio ai poverelli, lo faccio a Gesù! -
Molti fatti edificanti si potrebbero qui narrare. Se ne espongono alcuni.


La Crocetta.

Un giorno, trovandosi nella Chiesa dei Domenicani, fu avvicinata da un povero, che le chiese l'elemosina. Non avendo nulla da dare, gli disse: Aspettate qui; vado a casa e vi porterò ciò che vi ab­bisogna.
Ma il povero rispose: Se hai qui qual­che cosa da darmi, dammela pure, perché non posso più aspettare. -

Caterina si ricordò di avere addosso una piccola Croce d'argento; la prese e la diede al povero, il quale, appena l'ebbe, senza chiedere elemosina ad altri, se ne andò via subito e contento.

Nella notte, mentre stava a pregare, le apparve Gesù con in mano quella Cro­cetta, arricchita di preziosissime gemme. Gesù le disse: Caterina, riconosci questa Crocetta? - La riconosco benissimo; ma quando era mia non era così bella. - Tu ieri me la desti con slancio di carità ed io ti prometto che nel giorno del Giudizio Universale la presenterò così co­me è ora davanti agli Angeli ed ai Santi, affinché tutti sappiano che questa Croce l'hai data tu a Me. -

AVE MARIA PURISSIMA!

Ave Maria!

AVE MARIA!






venerdì 26 febbraio 2016

CHISSA' QUANTE SONO LE DONNE D'ITALIA CHE CONOSCONO EFFETTIVAMENTE LA SANTA DI SIENA


SANTA CATERINA DA SIENA

Don Giuseppe TOMASELLI

INTRODUZIONE

A Roma, scendendo con la corriera da Piazza Termini verso il Tevere, si giunge ad una larga piazza, che è il Foro Argen­tina.

Inoltrandosi nella prima traversa del Foro, si arriva al Pantheon, monumento nazionale, ove sono le tombe dei grandi personaggi italiani. Guardando il Pan­theon, si vede a sinistra una Chiesa, detta Santa Maria alla Minerva. Qui dentro tante volte mi sono fermato a pregare, pensando: Questa e la Chiesa che Santa Caterina da Siena frequentava durante la sua dimora a Roma. - Nel presbiterio c'e un artistico Sepolcro, ove sta il corpo della Santa.

Nella Basilica Cateriniana di Siena, di reliquie della Santa c'è soltanto la testa mummificata ed un dito della mano, men­tre in questo tempio di Roma sta quasi al completo il corpo della Santa.
I locali adiacenti alla Chiesa sono stati formati con le pietre ed il materiale della casa, dove abitava Santa Caterina a Roma.

Sempre ho nutrito la devozione alla Santa di Siena, però non sapevo decider­mi, da modesto scrittore religioso, a com­porre un profilo storico di Santa Caterina. Finalmente mi son deciso ed ecco come.

Trovandomi a Chianciano, volli visitare Siena, o meglio i ricordi storici di Santa Caterina. Mi fu possibile vedere i parti­colari dell'abitazione della Santa e visitare la stanzetta, dove lei dormiva a terra con un guanciale di pietra e dove avvenivano le frequenti apparizioni di Gesù.

Potei visitare ad un paio di centinaia di metri la Chiesa dei Padri Domenicani, che la Santa frequentava a preferenza di altre Chiese. Questa Chiesa è dedicata a San Domenico,- ma dato che la sua storia è legata a quella della vergine di Siena, il Tempio si chiama Basilica Cateriniana di San Domenico.

Dopo tale visita mi decisi a scrivere un libretto riguardante una Santa così gran­de, la quale è dichiarata Patrona speciale d'Italia e Dottore di Santa Chiesa.
Tanti sono stati gli scrittori della sto­ria di Santa Caterina; ma lo scrittore prin­cipale e più preciso è il Beato Raimondo da Capua, Confessore e Direttore Spiri­tuale della Santa. Di questa fonte magi­strale mi sono servito per stendere il presente lavoro.



La prima età.

Santa Caterina nacque a Siena il 25 marzo del 1347. Fu provvidenziale il gior­no della nascita, perché il 25 marzo era allora la festa liturgica dell'Annunziazio­ne della Madonna.
Era la ventiquattresima di venticinque figli.

Suo padre, Giacomo Benincasa, tintore di pelli, e sua madre, Lapa Piacenti, for­marono una famiglia benedetta largamen­te da Dio. Nella loro casa non mancava il necessario e con il lavoro quotidiano po­tevano dirsi benestanti. Quantunque la fa­miglia fosse stata numerosa, fu unito alla figliolanza un orfanello, il quale, educato cristianamente, divenne Sacerdote Dome­nicano e fu il primo Confessore della Santa.

Dio è padrone di tutto e di tutti e può dare i suoi doni alle creature in quella dose che vuole; però dà a tutti i doni necessari per raggiungere l'eterna felicità ed è libero di dare i suoi talenti a chi più ed a chi meno, secondo il disegno che ha sulle varie persone. Ne sceglie talune in modo eccezionale che sono chia­mate anime privilegiate. Ma il merito non consiste nell'essere prescelte da Dio, bensì nel corrispondere generosamente ai dise­gni di Dio. Di anime privilegiate la Chie­sa Cattolica ne registra un buon numero; tra queste uno dei primi posti è assegnato a Santa Caterina da Siena.

Fin da piccola costei dimostrava un'in­telligenza speciale ed una attrattiva alla religiosità. Illuminata dallo Spirito Santo, all'età di sei anni desiderava già diventare eremita e cercava luoghi solitari per pen­sare soltanto a Gesù. Sentiva nel cuore un forte amore a Gesù e ne parlava con frequenza, essendo questo l'unico suo af­fetto.

Gesù, contento di tale aspirazione, a sei anni le fece dono della prima visione, la quale avvenne così:
Caterina ritornava a casa, dopo essere stata dalla sorella sposata Bonaventura. Passando davanti alla Chiesa di San Do­menico, alzati gli occhi, vide alla direzione del tetto della Chiesa un bellissimo trono sospeso in aria. Era ornato con magnifi­cenza regale. Sul trono stava seduto un imponente personaggio, Gesù, che sem­brava un imperatore, rivestito di abiti pontificali. Vicino a Gesù c'erano pure San Pietro, San Paolo e San Giovanni Evangelista.

A tale vista Caterina rimase come in­chiodata a terra, con lo sguardo fisso in alto. Gesù la guardò amorosamente con occhi pieni di maestà; poi alzò la mano sopra di lei e fece il segno della Croce, dandole il dono della sua eterna bene­dizione.


Trasformazione.

La visione operò in Caterina una pro­fonda trasformazione, per cui decise di consacrarsi al Signore ed alla Madonna per sempre, anima e corpo.

Afferma il suo Direttore Spirituale che Caterina, per le istruzioni che riceveva dallo Spirito Santo, a sette anni dimostra­va l'assennatezza di una donna di sett'an­tanni. Determinò di non sposare, di non legare il cuore a nessun uomo e di pensare unicamente a Gesù, quale suo Sposo di­letto.

Le mamme d'ordinario desiderano la sistemazione dei figli, specialmente delle femmine.
Mamma Lapa, vedendo che Caterina era graziosa, che si sviluppava bene fisica­mente e che dimostrava molta assennatez­za, sognava di trovarle un ottimo marito. Però era dispiaciuta, osservando che la figlia era refrattaria agli uomini, poiche sfuggiva alla loro compagnia e si sentiva a disagio soltanto a vederli.

Quando la madre accennava qualche cosa in proposito, Caterina cambiava di­scorso e con accento seccato: Ho trovato già lo Sposo, il più bello, il più ricco, il Datore di ogni bene. È Gesù il mio eterno Sposo. A Lui ogni mio affetto, sino a morire per essere sua. -

La madre, indispettita, non riuscendo a smuoverla, pensò di affidare il delicato compito a sua figlia Bonaventura, già spo­sata, affinché le stesse vicina e la invo­gliasse a sposare.


Periodo oscuro.

Si sa che la natura umana è debole; per conseguenza la compagnia di Bona­ventura scosse un poco la forte virtù di Caterina.

Le diceva la sorella: Abbiglia meglio la tua capigliatura; rendi il tuo viso più attraente che puoi; non aver paura di lasciarti ammirare dagli uomini e non sfug­gire la loro compagnia. Comportati così finché non abbi trovato un buon giova­ne. Facendo in tal modo, ti sistemerai nella vita, come mi sono sistemata io. -

Quantunque Caterina fosse fermissima nel proponimento di non sposare, tuttavia cominciò a cedere ad un poco di vanità ed a dare al suo corpo delle attenzioni maggiori.
Gesù non volle sopportare più il lavo­rio mondano della sorella Bonaventura, e permise che morisse di morte prema­tura. Così cessò la tentazione.

Passato del tempo, Caterina ebbe una visione. Gesù le fece vedere la sorella nel Purgatorio, immersa in gravi e lunghe pene.

La vicinanza insidiatrice della sorella Bonaventura fu per Caterina il periodo più oscuro e più doloroso della sua vita.

Morta la sorella, Caterina riprese la vita di intima unione con Gesù e ricomin­ciò pure le penitenze corporali di prima.

Per tutta la vita conservò l'amaro ri­cordo di quel brutto periodo e sempre nelle Confessioni Sacramentali si accusava di quanto aveva fatto per suggerimento della sorella e, confessandosi, piangeva di­rottamente come se avesse commesso del­le gravi colpe, mentre in realtà non c'era stato nulla di grave.

Per quanto ora è stato esposto, Cateri­na si credeva una grande peccatrice e vo­leva riparare i dispiaceri dati al Signore. Diceva a Gesù: Voglio imitare la Santa Maddalena, la grande peccatrice conver­tita, alla quale Tu, o Gesù, hai detto: Molto ti è stato perdonato, perché molto hai amato. -

Il Signore gradì questo sentimento di umiltà e di amore ed un giorno le presen­tò in visione Santa Maria Maddalena, di­cendo: Ti assegno per madre questa San­ta, peccatrice convertita. Procura d'imi­tarla. -

AVE MARIA PURISSIMA!

La preghiera di questo blog

Coroncina a Maria Giglio della Trinità
s. geltrude
Un giorno S.Geltrude vide Maria SS. davanti alla SS.Trinità sotto forma di giglio di splendente candore, con tre foglie, rappresentanti

– la Potenza del Padre,
– la Sapienza del Figlio,

– la Bontà dello Spirito Santo

che si comunicavano alla Vergine in tale abbondanza da riprodurre in Lei la più viva rassomiglianza.


La Madonna le disse: “A chi mi saluterà con devozione e mi chiamerà Giglio candido della Trinità, Rosa risplendente del Paradiso, io farò vedere


– ciò che posso per l’Onnipotenza del Padre,
– quali industrie per la salute degli uomini mi fornisce la Sapienza del Figlio,
– e di qual traboccante misericordia riempie il mio cuore la Bontà dello Spirito Santo.

Nell’ora stessa in cui l’anima, che si è espressa nei Miei confronti in questo modo, lascia il corpo, Io apparirò a lei splendente di una bellezza così grande che essa gusterà, a sua grande consolazione, qualcosa delle gioie del Paradiso.
(La Vergine Maria a S. Gertrude – Libro 3° Cap. 18° delle Rivelazioni)
Salutiamo la SS. Vergine Maria con la giaculatoria riassuntiva dei due titoli:

"Vi saluto, o Vergine Immacolata, candido Giglio della SS. Trinità"
"Vi saluto, o Maria Santissima, risplendente Rosa del Paradiso"



*

LA CORONCINA 

DELLE AVE MARIA D’ORO 

Si usi la Corona del Santo Rosario.
(si possono annunciare i  Misteri del Rosario)
Sui grani grossi prima di ogni decina si reciti:

"Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santifi­cato il tuo nome,

venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidia­no,
e rimetti a noi i nostri debiti,
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non c’in­durre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen".
E sui dieci piccoli grani di ciascuna delle cinque decine, si reciti:
AVE MARIA D’ORO:
"Ave, Maria, candido giglio della gloria, gioia della Santissima Trinità,

Ave, Rosa splendida nel giardino delle celesti delizie:
dalla quale il Re del cielo volle nascere,
e dal cui latte  volle essere nutrito,
nutri le nostre anime con l’effusione della Divina Grazia. Amen."
oppure: 
"Ave! Giglio candido della Trinità! Rosa splendente che abbellisci il Cielo, Ave! Da Te ha voluto nascere, da Te ha voluto prendere il latte Colui che governa il Cielo e la Terra! Deh! Nutri le nostre anime con i Tuoi divini influssi, o Maria!"
Si conclude la Coroncina recitando:

"Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, ora, e sem­pre nei secoli dei secoli. Amen".

(tre volte)

LA SINDONE DI MARIA SANTISSIMA
IL SUO UNICO VERO VOLTO

COME DISSENTIRE?


Non c’è niente di peggio
che di un Cattolico
non praticante
che a quel punto Cattolico più non è

giovedì 25 febbraio 2016

PUTIN PRONTO ALLA IIIa GUERRA MONDIALE SE L'ARABIA SAUDITA INVADE LA SIRIA

STANNO PER...
di Tiziana Geraci
Putin non ci sta. La guerra in Siria potrebbe presto degenerare nella terza guerra mondiale. Le grandi potenze, questa volta, stanno seriamente scaldando i motori: l’Arabia Saudita e i suoi alleati stanno per invadere la Siria. Scatenando un conflitto di portata inimmaginabile. Tutti i link e le dichiarazioni. 

Solo un’esercitazione?

Nonostante gli avvertimenti di Putin e Assad, uno schieramento senza precedenti si sta radunando nel nord dell’Arabia Saudita, vicino ai confini con la Siria, per quella che i media chiamano “esercitazione militare“, in gergo North Thunder (il tuono del nord). 350 mila soldati, provenienti daalmeno 21 paesi arabi che hanno firmato un patto lo scorso dicembre per “combattere il terrorismo”, tra cui quelli che si affacciano sul Golfo Persiano (gli Emirati), l’Egitto, il Sudan e il Pakistan, stanno per addensarsi nell’area saudita di Hafer al-Batin, cui secondo molti media sauditi – riportano molte fonti – si aggiungeranno qualcosa come 2.540 aerei da guerra, 20.000 carrarmati e 460 elicotteri, per una 18 giorni di manovre continuative che non ha precedenti nella storia.
La decisione dell’Arabia Saudita è “definitiva e irreversibile“, ha detto il Brig. Gen. Ahmed Al-Assiri durante una conferenza stampa lo scorso giovedì, aggiungendo che i dettagli sarebbero stati precisati dal capo della coalizione, gli Stati Uniti, e che lui rappresentava esclusivamente la decisione dell’Arabia Saudita.


Brig. Gen. Ahmed Al-Assiri

Al-Assiri ha anche aggiunto che se l’Iran vuole unirsi alla coalizione per combattere l’Isis, deve prima “smettere di finanziare i terroristi in Iraq, nello Yemen e in Siria” (ma ci sono prove governative che a finanziare l’Isis siano stati proprio gli alleati USA come l’Arabia Saudita).
Le manovre giungono dopo le dichiarazioni dei regnanti sauditi sulla loro adesione a qualunque operazione di invasione di terra della Siria condotta dai membri della NATO. Questo, unitamente a un dispiego così massiccio di forze militari sul confine siriano, fa ritenere che una tale operazione sia molto vicina. È il primo ministro dell’Arabia Saudita infatti, Adel al-Jubeir,ad aver dichiarato martedì scorsoche la proposta di inviare truppe di terra in Siria è stata approvata da Washington, e per la precisione dal Dipartimento di Stato, ovvero dal segretario di Stato John Kerry, che l’ha accolta definendola “naturale”.

Le reazioni della Siria e dell’amministrazione di Putin.

Il ministro degli esteri siriano Walid al-Moallem, sabato scorso, non appena la notizia si è diffusa ha replicato che “qualunque intervento di terra in Siria, senza il permesso del Governo siriano, sarà trattato alla stregua di un’aggressione cui si opporrà ogni cittadino siriano“. “Mi dispiace dover dire che torneranno a casa in una bara di legno“, ha poi aggiunto, sottolineando che grazie alla progressiva riconquista di Aleppo, ottenuta con il supporto dell’aviazione russa e che sta tagliando le gambe ai ribelli e all’ISIS, e “in basi ai risultati delle nostre forze armate, siamo sulla strada buona per la conclusione del conflitto” e che “piaccia o no, le nostre conquiste sul campo di battaglia indicano che stiamo procedendo ormai verso la fine della crisi“. Da qui la necessità di un’invasione di terra per non consentire al legittimo governo siriano di tornare a controllare il suo territorio.
*

“Arte di credere, arte di pregare”


CONCLUSIONE DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI DELLA CURIA ROMANA
PAROLE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Cappella "Redemptoris Mater"
Sabato, 23 febbraio 2013

Cari Fratelli,
Cari Amici!

Alla fine di questa settimana spiritualmente così densa, rimane solo una parola: grazie! Grazie a voi per questa comunità orante in ascolto, che mi ha accompagnato in questa settimana. Grazie, soprattutto, a Lei, Eminenza, per queste “camminate” così belle nell’universo della fede, nell’universo dei Salmi. Siamo rimasti affascinati dalla ricchezza, dalla profondità, dalla bellezza di questo universo della fede e rimaniamo grati perché la Parola di Dio ci ha parlato in nuovo modo, con nuova forza.

“Arte di credere, arte di pregare” era il filo conduttore. Mi è venuto in mente il fatto che i teologi medievali hanno tradotto la parola “logos” non solo con “verbum”, ma anche con “ars”: “verbum” e “ars” sono intercambiabili. Solo nelle due insieme appare, per i teologi medievali, tutto il significato della parola “logos”. Il “Logos” non è solo una ragione matematica: il “Logos” ha un cuore, il “Logos” è anche amore. La verità è bella, verità e bellezza vanno insieme: la bellezza è il sigillo della verità.

E tuttavia Lei, partendo dai Salmi e dalla nostra esperienza di ogni giorno, ha anche fortemente sottolineato che il “molto bello” del sesto giorno – espresso dal Creatore – è permanentemente contraddetto, in questo mondo, dal male, dalla sofferenza, dalla corruzione. E sembra quasi che il maligno voglia permanentemente sporcare la creazione, per contraddire Dio e per rendere irriconoscibile la sua verità e la sua bellezza. In un mondo così marcato anche dal male, il “Logos”, la Bellezza eterna e l’“Ars” eterna, deve apparire come “caput cruentatum”. Il Figlio incarnato, il “Logos” incarnato, è coronato con una corona di spine; e tuttavia proprio così, in questa figura sofferente del Figlio di Dio, cominciamo a vedere la bellezza più profonda del nostro Creatore e Redentore; possiamo, nel silenzio della “notte oscura”, ascoltare tuttavia la Parola. Credere non è altro che, nell’oscurità del mondo, toccare la mano di Dio e così, nel silenzio, ascoltare la Parola, vedere l’Amore.

Eminenza, grazie per tutto e facciamo ancora “camminate”, ulteriormente, in questo misterioso universo della fede, per essere sempre più capaci di orare, di pregare, di annunciare, di essere testimoni della verità, che è bella, che è amore.

Alla fine, cari amici, vorrei ringraziare tutti voi, e non solo per questa settimana, ma per questi otto anni, in cui avete portato con me, con grande competenza, affetto, amore, fede, il peso del ministero petrino. Rimane in me questa gratitudine e anche se adesso finisce l’ “esteriore”, “visibile” comunione - come ha detto il Cardinale Ravasi - rimane la vicinanza spirituale, rimane una profonda comunione nella preghiera. In questa certezza andiamo avanti, sicuri della vittoria di Dio, sicuri della verità della bellezza e dell’amore.
Grazie a tutti voi.

© Copyright 2013 - Libreria Editrice Vaticana

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


BENEDETTO XVI 

PER LA XXVII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 

2012

«Siate sempre lieti nel Signore!» (Fil 4,4)

Cari giovani,

sono lieto di rivolgermi nuovamente a voi, in occasione della XXVII Giornata Mondiale della Gioventù. Il ricordo dell’incontro di Madrid, lo scorso agosto, resta ben presente nel mio cuore. E’ stato uno straordinario momento di grazia, nel corso del quale il Signore ha benedetto i giovani presenti, venuti dal mondo intero. Rendo grazie a Dio per i tanti frutti che ha fatto nascere in quelle giornate e che in futuro non mancheranno di moltiplicarsi per i giovani e per le comunità a cui appartengono. Adesso siamo già orientati verso il prossimo appuntamento a Rio de Janeiro nel 2013, che avrà come tema «Andate e fate discepoli tutti i popoli!» (cfr Mt 28,19).

Quest’anno, il tema della Giornata Mondiale della Gioventù ci è dato da un’esortazione della Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi: «Siate sempre lieti nel Signore!» (4,4). La gioia, in effetti, è un elemento centrale dell’esperienza cristiana. Anche durante ogni Giornata Mondiale della Gioventù facciamo esperienza di una gioia intensa, la gioia della comunione, la gioia di essere cristiani, la gioia della fede. È una delle caratteristiche di questi incontri. E vediamo la grande forza attrattiva che essa ha: in un mondo spesso segnato da tristezza e inquietudini, è una testimonianza importante della bellezza e dell’affidabilità della fede cristiana.

La Chiesa ha la vocazione di portare al mondo la gioia, una gioia autentica e duratura, quella che gli angeli hanno annunciato ai pastori di Betlemme nella notte della nascita di Gesù (cfr Lc 2,10): Dio non ha solo parlato, non ha solo compiuto segni prodigiosi nella storia dell’umanità, Dio si è fatto così vicino da farsi uno di noi e percorrere le tappe dell’intera vita dell’uomo. Nel difficile contesto attuale, tanti giovani intorno a voi hanno un immenso bisogno di sentire che il messaggio cristiano è un messaggio di gioia e di speranza! Vorrei riflettere con voi allora su questa gioia, sulle strade per trovarla, affinché possiate viverla sempre più in profondità ed esserne messaggeri tra coloro che vi circondano.


1. II nostro cuore è fatto per la gioia

L’aspirazione alla gioia è impressa nell’intimo dell’essere umano. Al di là delle soddisfazioni immediate e passeggere, il nostro cuore cerca la gioia profonda, piena e duratura, che possa dare «sapore» all’esistenza. E ciò vale soprattutto per voi, perché la giovinezza è un periodo di continua scoperta della vita, del mondo, degli altri e di se stessi. È un tempo di apertura verso il futuro, in cui si manifestano i grandi desideri di felicità, di amicizia, di condivisione e di verità, in cui si è mossi da ideali e si concepiscono progetti.

E ogni giorno sono tante le gioie semplici che il Signore ci offre: la gioia di vivere, la gioia di fronte alla bellezza della natura, la gioia di un lavoro ben fatto, la gioia del servizio, la gioia dell’amore sincero e puro. E se guardiamo con attenzione, esistono tanti altri motivi di gioia: i bei momenti della vita familiare, l’amicizia condivisa, la scoperta delle proprie capacità personali e il raggiungimento di buoni risultati, l’apprezzamento da parte degli altri, la possibilità di esprimersi e di sentirsi capiti, la sensazione di essere utili al prossimo. E poi l’acquisizione di nuove conoscenze mediante gli studi, la scoperta di nuove dimensioni attraverso viaggi e incontri, la possibilità di fare progetti per il futuro. Ma anche l’esperienza di leggere un’opera letteraria, di ammirare un capolavoro dell’arte, di ascoltare e suonare musica o di vedere un film possono produrre in noi delle vere e proprie gioie.

Ogni giorno, però, ci scontriamo anche con tante difficoltà e nel cuore vi sono preoccupazioni per il futuro, al punto che ci possiamo chiedere se la gioia piena e duratura alla quale aspiriamo non sia forse un’illusione e una fuga dalla realtà. Sono molti i giovani che si interrogano: è veramente possibile la gioia piena al giorno d’oggi? E questa ricerca percorre varie strade, alcune delle quali si rivelano sbagliate, o perlomeno pericolose. Ma come distinguere le gioie veramente durature dai piaceri immediati e ingannevoli? Come trovare la vera gioia nella vita, quella che dura e non ci abbandona anche nei momenti difficili?


2. Dio è la fonte della vera gioia

In realtà le gioie autentiche, quelle piccole del quotidiano o quelle grandi della vita, trovano tutte origine in Dio, anche se non appare a prima vista, perché Dio è comunione di amore eterno, è gioia infinita che non rimane chiusa in se stessa, ma si espande in quelli che Egli ama e che lo amano. Dio ci ha creati a sua immagine per amore e per riversare su noi questo suo amore, per colmarci della sua presenza e della sua grazia. Dio vuole renderci partecipi della sua gioia, divina ed eterna, facendoci scoprire che il valore e il senso profondo della nostra vita sta nell’essere accettato, accolto e amato da Lui, e non con un’accoglienza fragile come può essere quella umana, ma con un’accoglienza incondizionata come è quella divina: io sono voluto, ho un posto nel mondo e nella storia, sono amato personalmente da Dio. E se Dio mi accetta, mi ama e io ne divento sicuro, so in modo chiaro e certo che è bene che io ci sia, che esista.

Questo amore infinito di Dio per ciascuno di noi si manifesta in modo pieno in Gesù Cristo. In Lui si trova la gioia che cerchiamo. Nel Vangelo vediamo come gli eventi che segnano gli inizi della vita di Gesù siano caratterizzati dalla gioia. Quando l’arcangelo Gabriele annuncia alla Vergine Maria che sarà madre del Salvatore, inizia con questa parola: «Rallegrati!» (Lc 1,28). 
Alla nascita di Gesù, l’Angelo del Signore dice ai pastori: «Ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,11). E i Magi che cercavano il bambino, «al vedere la stella, provarono una gioia grandissima» (Mt 2,10). Il motivo di questa gioia è dunque la vicinanza di Dio, che si è fatto uno di noi. Ed è questo che intendeva san Paolo quando scriveva ai cristiani di Filippi: «Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!» (Fil 4,4-5). La prima causa della nostra gioia è la vicinanza del Signore, che mi accoglie e mi ama.

E infatti dall’incontro con Gesù nasce sempre una grande gioia interiore. Nei Vangeli lo possiamo vedere in molti episodi. Ricordiamo la visita di Gesù a Zaccheo, un esattore delle tasse disonesto, un peccatore pubblico, al quale Gesù dice: «Oggi devo fermarmi a casa tua». E Zaccheo, riferisce san Luca, «lo accolse pieno di gioia» (Lc 19,5-6). E’ la gioia dell’incontro con il Signore; è il sentire l’amore di Dio che può trasformare l’intera esistenza e portare salvezza. E Zaccheo decide di cambiare vita e di dare la metà dei suoi beni ai poveri.

Nell’ora della passione di Gesù, questo amore si manifesta in tutta la sua forza. Negli ultimi momenti della sua vita terrena, a cena con i suoi amici, Egli dice: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore... Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,9.11). Gesù vuole introdurre i suoi discepoli e ciascuno di noi nella gioia piena, quella che Egli condivide con il Padre, perché l’amore con cui il Padre lo ama sia in noi (cfr. Gv 17,26). La gioia cristiana è aprirsi a questo amore di Dio e appartenere a Lui.

Narrano i Vangeli che Maria di Magdala e altre donne andarono a visitare la tomba dove Gesù era stato posto dopo la sua morte e ricevettero da un Angelo un annuncio sconvolgente, quello della sua risurrezione. Allora abbandonarono in fretta il sepolcro, annota l’Evangelista, «con timore e gioia grande» e corsero a dare la lieta notizia ai discepoli. E Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!» (Mt 28,8-9). E’ la gioia della salvezza che viene loro offerta: Cristo è il vivente, è Colui che ha vinto il male, il peccato e la morte. Egli è presente in mezzo a noi come il Risorto, fino alla fine del mondo (cfr Mt 28,20). Il male non ha l’ultima parola sulla nostra vita, ma la fede in Cristo Salvatore ci dice che l’amore di Dio vince.

Questa gioia profonda è frutto dello Spirito Santo che ci rende figli di Dio, capaci di vivere e di gustare la sua bontà, di rivolgerci a Lui con il termine «Abbà», Padre (cfr Rm 8,15). La gioia è segno della sua presenza e della sua azione in noi.


3. Conservare nel cuore la gioia cristiana

A questo punto ci domandiamo: come ricevere e conservare questo dono della gioia profonda, della gioia spirituale?

Un Salmo ci dice: «Cerca la gioia nel Signore: esaudirà i desideri del tuo cuore» (Sal 37,4). E Gesù spiega che «il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo» (Mt 13,44). Trovare e conservare la gioia spirituale nasce dall’incontro con il Signore, che chiede di seguirlo, di fare la scelta decisa di puntare tutto su di Lui. Cari giovani, non abbiate paura di mettere in gioco la vostra vita facendo spazio a Gesù Cristo e al suo Vangelo; è la strada per avere la pace e la vera felicità nell’intimo di noi stessi, è la strada per la vera realizzazione della nostra esistenza di figli di Dio, creati a sua immagine e somiglianza.


Cercare la gioia nel Signore: la gioia è frutto della fede, è riconoscere ogni giorno la sua presenza, la sua amicizia: «Il Signore è vicino!» (Fil 4,5); è riporre la nostra fiducia in Lui, è crescere nella conoscenza e nell’amore di Lui. L’«Anno della fede», che tra pochi mesi inizieremo, ci sarà di aiuto e di stimolo. Cari amici, imparate a vedere come Dio agisce nelle vostre vite, scopritelo nascosto nel cuore degli avvenimenti del vostro quotidiano. Credete che Egli è sempre fedele all’alleanza che ha stretto con voi nel giorno del vostro Battesimo. Sappiate che non vi abbandonerà mai. Rivolgete spesso il vostro sguardo verso di Lui. Sulla croce, ha donato la sua vita perché vi ama. La contemplazione di un amore così grande porta nei nostri cuori una speranza e una gioia che nulla può abbattere. Un cristiano non può essere mai triste perché ha incontrato Cristo, che ha dato la vita per lui.

Cercare il Signore, incontrarlo nella vita significa anche accogliere la sua Parola, che è gioia per il cuore. Il profeta Geremia scrive: «Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore» (Ger 15,16). Imparate a leggere e meditare la Sacra Scrittura, vi troverete una risposta alle domande più profonde di verità che albergano nel vostro cuore e nella vostra mente. La Parola di Dio fa scoprire le meraviglie che Dio ha operato nella storia dell’uomo e, pieni di gioia, apre alla lode e all’adorazione: «Venite, cantiamo al Signore... adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti» (Sal95,1.6).

In modo particolare, poi, la Liturgia è il luogo per eccellenza in cui si esprime la gioia che la Chiesa attinge dal Signore e trasmette al mondo. Ogni domenica, nell’Eucaristia, le comunità cristiane celebrano il Mistero centrale della salvezza: la morte e risurrezione di Cristo. E’ questo un momento fondamentale per il cammino di ogni discepolo del Signore, in cui si rende presente il suo Sacrificio di amore; è il giorno in cui incontriamo il Cristo Risorto, ascoltiamo la sua Parola, ci nutriamo del suo Corpo e del suo Sangue. Un Salmo afferma: «Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci in esso ed esultiamo!» (Sal 118,24). E nella notte di Pasqua, la Chiesa canta l’Exultet, espressione di gioia per la vittoria di Gesù Cristo sul peccato e sulla morte: «Esulti il coro degli angeli... Gioisca la terra inondata da così grande splendore... e questo tempio tutto risuoni per le acclamazioni del popolo in festa!». La gioia cristiana nasce dal sapere di essere amati da un Dio che si è fatto uomo, ha dato la sua vita per noi e ha sconfitto il male e la morte; ed è vivere di amore per lui. Santa Teresa di Gesù Bambino, giovane carmelitana, scriveva: «Gesù, è amarti la mia gioia!» (P 45, 21 gennaio 1897, Op. Compl., pag. 708).


4. La gioia dell’amore

Cari amici, la gioia è intimamente legata all’amore: sono due frutti inseparabili dello Spirito Santo (cfr Gal 5,23). L’amore produce gioia, e la gioia è una forma d’amore. La beata Madre Teresa di Calcutta, facendo eco alle parole di Gesù: «si è più beati nel dare che nel ricevere!» (At 20,35), diceva: «La gioia è una rete d’amore per catturare le anime. Dio ama chi dona con gioia. E chi dona con gioia dona di più». E il Servo di Dio Paolo VI scriveva: «In Dio stesso tutto è gioia poiché tutto è dono» (Esort. ap. Gaudete in Domino, 9 maggio 1975)

Pensando ai vari ambiti della vostra vita, vorrei dirvi che amare significa costanza, fedeltà, tener fede agli impegni. E questo, in primo luogo, nelle amicizie: i nostri amici si aspettano che siamo sinceri, leali, fedeli, perché il vero amore è perseverante anche e soprattutto nelle difficoltà. E lo stesso vale per il lavoro, gli studi e i servizi che svolgete. La fedeltà e la perseveranza nel bene conducono alla gioia, anche se non sempre questa è immediata.

Per entrare nella gioia dell’amore, siamo chiamati anche ad essere generosi, a non accontentarci di dare il minimo, ma ad impegnarci a fondo nella vita, con un’attenzione particolare per i più bisognosi. Il mondo ha necessità di uomini e donne competenti e generosi, che si mettano al servizio del bene comune. Impegnatevi a studiare con serietà; coltivate i vostri talenti e metteteli fin d’ora al servizio del prossimo. Cercate il modo di contribuire a rendere la società più giusta e umana, là dove vi trovate. Che tutta la vostra vita sia guidata dallo spirito di servizio, e non dalla ricerca del potere, del successo materiale e del denaro.

A proposito di generosità, non posso non menzionare una gioia speciale: quella che si prova rispondendo alla vocazione di donare tutta la propria vita al Signore. Cari giovani, non abbiate paura della chiamata di Cristo alla vita religiosa, monastica, missionaria o al sacerdozio. Siate certi che Egli colma di gioia coloro che, dedicandogli la vita in questa prospettiva, rispondono al suo invito a lasciare tutto per rimanere con Lui e dedicarsi con cuore indiviso al servizio degli altri. Allo stesso modo, grande è la gioia che Egli riserva all’uomo e alla donna che si donano totalmente l’uno all’altro nel matrimonio per costituire una famiglia e diventare segno dell’amore di Cristo per la sua Chiesa.

Vorrei richiamare un terzo elemento per entrare nella gioia dell’amore: far crescere nella vostra vita e nella vita delle vostre comunità la comunione fraterna. C’è uno stretto legame tra la comunione e la gioia. Non è un caso che san Paolo scriva la sua esortazione al plurale: non si rivolge a ciascuno singolarmente, ma afferma: «Siate sempre lieti nel Signore» (Fil 4,4). Soltanto insieme, vivendo la comunione fraterna, possiamo sperimentare questa gioia. Il libro degli Atti degli Apostoli descrive così la prima comunità cristiana: «spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore» (At 2,46). Impegnatevi anche voi affinché le comunità cristiane possano essere luoghi privilegiati di condivisione, di attenzione e di cura l’uno dell’altro.


5. La gioia della conversione

Cari amici, per vivere la vera gioia occorre anche identificare le tentazioni che la allontanano. La cultura attuale induce spesso a cercare traguardi, realizzazioni e piaceri immediati, favorendo più l’incostanza che la perseveranza nella fatica e la fedeltà agli impegni. I messaggi che ricevete spingono ad entrare nella logica del consumo, prospettando felicità artificiali. L’esperienza insegna che l’avere non coincide con la gioia: vi sono tante persone che, pur avendo beni materiali in abbondanza, sono spesso afflitte dalla disperazione, dalla tristezza e sentono un vuoto nella vita. Per rimanere nella gioia, siamo chiamati a vivere nell’amore e nella verità, a vivere in Dio.

E la volontà di Dio è che noi siamo felici. Per questo ci ha dato delle indicazioni concrete per il nostro cammino: i Comandamenti. Osservandoli, noi troviamo la strada della vita e della felicità. Anche se a prima vista possono sembrare un insieme di divieti, quasi un ostacolo alla libertà, se li meditiamo più attentamente, alla luce del Messaggio di Cristo, essi sono un insieme di essenziali e preziose regole di vita che conducono a un’esistenza felice, realizzata secondo il progetto di Dio. Quante volte, invece, costatiamo che costruire ignorando Dio e la sua volontà porta delusione, tristezza, senso di sconfitta. L’esperienza del peccato come rifiuto di seguirlo, come offesa alla sua amicizia, porta ombra nel nostro cuore.

Ma se a volte il cammino cristiano non è facile e l’impegno di fedeltà all’amore del Signore incontra ostacoli o registra cadute, Dio, nella sua misericordia, non ci abbandona, ma ci offre sempre la possibilità di ritornare a Lui, di riconciliarci con Lui, di sperimentare la gioia del suo amore che perdona e riaccoglie.

Cari giovani, ricorrete spesso al Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione! Esso è il Sacramento della gioia ritrovata. Domandate allo Spirito Santo la luce per saper riconoscere il vostro peccato e la capacità di chiedere perdono a Dio accostandovi a questo Sacramento con costanza, serenità e fiducia. Il Signore vi aprirà sempre le sue braccia, vi purificherà e vi farà entrare nella sua gioia: vi sarà gioia nel cielo anche per un solo peccatore che si converte (cfr Lc 15,7).


6. La gioia nelle prove

Alla fine, però, potrebbe rimanere nel nostro cuore la domanda se veramente è possibile vivere nella gioia anche in mezzo alle tante prove della vita, specialmente le più dolorose e misteriose, se veramente seguire il Signore, fidarci di Lui dona sempre felicità.

La risposta ci può venire da alcune esperienze di giovani come voi che hanno trovato proprio in Cristo la luce capace di dare forza e speranza, anche in mezzo alle situazioni più difficili. Il beato Pier Giorgio Frassati (1901-1925) ha sperimentato tante prove nella sua pur breve esistenza, tra cui una, riguardante la sua vita sentimentale, che lo aveva ferito in modo profondo. Proprio in questa situazione, scriveva alla sorella: «Tu mi domandi se sono allegro; e come non potrei esserlo? Finché la Fede mi darà forza sempre allegro! Ogni cattolico non può non essere allegro... Lo scopo per cui noi siamo stati creati ci addita la via seminata sia pure di molte spine, ma non una triste via: essa è allegria anche attraverso i dolori» (Lettera alla sorella Luciana, Torino, 14 febbraio 1925). E il beato Giovanni Paolo II, presentandolo come modello, diceva di lui: «era un giovane di una gioia trascinante, una gioia che superava tante difficoltà della sua vita» (Discorso ai giovani, Torino, 13 aprile 1980).

Più vicina a noi, la giovane Chiara Badano (1971-1990), recentemente beatificata, ha sperimentato come il dolore possa essere trasfigurato dall’amore ed essere misteriosamente abitato dalla gioia. All’età di 18 anni, in un momento in cui il cancro la faceva particolarmente soffrire, Chiara aveva pregato lo Spirito Santo, intercedendo per i giovani del suo Movimento. Oltre alla propria guarigione, aveva chiesto a Dio di illuminare con il suo Spirito tutti quei giovani, di dar loro la sapienza e la luce: «È stato proprio un momento di Dio: soffrivo molto fisicamente, ma l’anima cantava» (Lettera a Chiara Lubich, Sassello, 20 dicembre 1989). La chiave della sua pace e della sua gioia era la completa fiducia nel Signore e l’accettazione anche della malattia come misteriosa espressione della sua volontà per il bene suo e di tutti. Ripeteva spesso: «Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io».

Sono due semplici testimonianze tra molte altre che mostrano come il cristiano autentico non è mai disperato e triste, anche davanti alle prove più dure, e mostrano che la gioia cristiana non è una fuga dalla realtà, ma una forza soprannaturale per affrontare e vivere le difficoltà quotidiane. Sappiamo che Cristo crocifisso e risorto è con noi, è l’amico sempre fedele. Quando partecipiamo alle sue sofferenze, partecipiamo anche alla sua gloria. Con Lui e in Lui, la sofferenza è trasformata in amore. E là si trova la gioia (cfr Col 1,24).


7. Testimoni della gioia
Cari amici, per concludere vorrei esortarvi ad essere missionari della gioia. Non si può essere felici se gli altri non lo sono: la gioia quindi deve essere condivisa. Andate a raccontare agli altri giovani la vostra gioia di aver trovato quel tesoro prezioso che è Gesù stesso. Non possiamo tenere per noi la gioia della fede: perché essa possa restare in noi, dobbiamo trasmetterla. San Giovanni afferma: «Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi... Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena» (1Gv 1,3-4).

A volte viene dipinta un’immagine del Cristianesimo come di una proposta di vita che opprime la nostra libertà, che va contro il nostro desiderio di felicità e di gioia. Ma questo non risponde a verità! I cristiani sono uomini e donne veramente felici perché sanno di non essere mai soli, ma di essere sorretti sempre dalle mani di Dio! Spetta soprattutto a voi, giovani discepoli di Cristo, mostrare al mondo che la fede porta una felicità e una gioia vera, piena e duratura. E se il modo di vivere dei cristiani sembra a volte stanco ed annoiato, testimoniate voi per primi il volto gioioso e felice della fede. Il Vangelo è la «buona novella» che Dio ci ama e che ognuno di noi è importante per Lui. Mostrate al mondo che è proprio così!

Siate dunque missionari entusiasti della nuova evangelizzazione! Portate a coloro che soffrono, a coloro che sono in ricerca, la gioia che Gesù vuole donare. Portatela nelle vostre famiglie, nelle vostre scuole e università, nei vostri luoghi di lavoro e nei vostri gruppi di amici, là dove vivete. Vedrete che essa è contagiosa. E riceverete il centuplo: la gioia della salvezza per voi stessi, la gioia di vedere la Misericordia di Dio all’opera nei cuori. Il giorno del vostro incontro definitivo con il Signore, Egli potrà dirvi: «Servo buono e fedele, prendi parte alla gioia del tuo padrone!» (Mt 25,21).

La Vergine Maria vi accompagni in questo cammino. Ella ha accolto il Signore dentro di sé e l’ha annunciato con un canto di lode e di gioia, il Magnificat: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc 1,46-47). Maria ha risposto pienamente all’amore di Dio dedicando la sua vita a Lui in un servizio umile e totale. E’ chiamata «causa della nostra letizia» perché ci ha dato Gesù. Che Ella vi introduca in quella gioia che nessuno potrà togliervi!

Dal Vaticano, 15 marzo 2012

BENEDICTUS PP. XVI

VIENI SIGNORE GESU' 
NOI TI ATTENDIAMO. AMEN.