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lunedì 25 agosto 2014

La bambina meravigliosa di cui noi incominciamo a raccontare la storia nacque il 5 gennaio 1846, ad Ibillin, piccolo villaggio situato ad una ventina di chilometri a nord-ovest di Nazareth.

Beata Maria di Gesù Crocifisso (Maria Baouardy)
26 agosto 

CRONOLOGIA
Beata Maria di Gesù Crocifisso (Maria Baouardy, 1846-1878)
1846 5 gennaio. Nascita ad Ibillin, nell'alta Galilea. 15 gennaio. Battesimo e Cresima.
1849 Rimane orfana di entrambi i genitori.
1854 Si trasferisce ad Alessandria d'Egitto con lo zio paterno. Confessione e Prima Comunione.
1959 Rifiuta decisamente convenienti nozze.
È colpita gravemente al collo da un turco, perché si professa cattolica.
1859-62 Peripezie varie: a servizio presso diverse famiglie ad Alessandria, a Gerusalemme, a Beirut.
1863 A Marsiglia come serva presso la famiglia Nadjar.
1865 Entra fra le Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione, a Marsiglia.
1867 giugno. Entra nel carmelo di Pau (diocesi di Bayonne).
27 luglio. Vestizione come corista, ma poi come conversa.
1868 24 maggio. Episodio della trasverberazione del cuore.
26 luglio - 4 settembre. Possessione diabolica.
5-8 settembre. Presenza di uno «Spirito celeste».
1870 21 agosto. Partenza per l'India.
Fine novembre. Arrivo a Mangalore (nel Malabar).
1871 giugno. Possessione diabolica.
21 novembre. Professione religiosa (la prima di una carmelitana in India!).
1872 3 agosto. Violazione (materiale) della clausura.
settembre. Rinviata a Pau.
1875 20 agosto. Partenza per la Palestina.
24 settembre. In clausura provvisoria a Betlemme.
1876 24 marzo. Posa della prima pietra del nuovo carmelo di Betlemme. Matrimonio spirituale.
21 novembre. Inaugurazione del nuovo carmelo sulla collina di David.
1878 aprile. Viaggio a Emmaus, monte Carmelo, Ibillin, Nazareth, Tabor, Betlemme.
21 agosto. Caduta nell'orto del monastero di Betlemme, con frattura del braccio e successiva, inarrestabile, cancrena.
26 agosto. Muore all'alba. Estrazione del cuore. 27 agosto. Sepoltura.
novembre. Trasporto del cuore a Pau. 1983 19 luglio. Esumazione.
13 novembre. Beatificazione.




Un giorno nella casa del Signore
vale più che mille altrove

CAPITOLO I
Nascita e primi anni di suor Maria di Gesù Crocifisso (1846-1858)


       La bambina meravigliosa di cui noi incominciamo a raccontare la storia nacque il 5 gennaio 1846, ad Ibillin, piccolo villaggio situato ad una ventina di chilometri a nord-ovest di Nazareth. La sua famiglia, originaria di Damasco e del monte Liba­no, professava un attaccamento inviolabile alla fede cattolica. Molte volte i genito­ri di questa bambina furono spogliati dei loro beni da parte dei persecutori della lo­ro religione, gettati in prigione ed esiliati. E Dio li provava ancora ma per un altro verso. 

Giorgio Baouardy e Maria Chahyn (sono i nomi di questi due giusti) aveva­no visto morire in tenera età dodici figli, frutto del loro santo matrimonio, e il loro cuore per dodici volte era stato spezzato. 

Durante uno dei loro esili ad Ibillin, la ma­dre ebbe l'ispirazione di chiedere a Dio una figlia, e suo marito, approvando questo pensiero, disse: Andiamo a piedi a Betlemme, per sollecitare questa grazia alla san­tissima Vergine; promettiamole, se ci esaudirà, che la chiameremo Maria e che of­friremo a Dio una quantità di cera uguale al peso che avrà all'età di tre anni. 
I due sposi intrapresero insieme questo pellegrinaggio, arrivarono a Betlemme e scesero nella grotta per pregare. La santa Vergine udì la loro supplica e diede loro una figlia, la quale fu battezzata nella chiesa di Ibillin, secondo il rito greco-cattolico. Rice­vette il nome di Maria. Questa bambina, ottenuta grazie all'intercessione della Ma­dre di Dio, la vedremo, chiamata da Gesù, venire a Betlemme per morirvi in qua­lità di figlia di santa Teresa. 
Alcuni anni dopo la sua nascita, Dio accordava ancora ai suoi genitori la grazia di un figlio che fu chiamato Paolo.

La piccola Maria non aveva compiuto tre anni, che già il Signore la colmava di grazie singolari. Tutta presa dal pensiero di Dio, la si vedeva allontanarsi dalle di­strazioni delle creature e cercare la solitudine; sospirava come un'anima presa dal­la nostalgia del Cielo. Il Signore non tardò a sottomettere questa bambina così pic­cola a prove molto dolorose delle quali non perse mai il ricordo. Suo padre cadde gravemente ammalato. Per ricompensarlo, Dio volle chiamare a sé questo fedele servitore che chiese e ricevette con la più viva fede gli ultimi sacramenti. Piena­mente rassegnato alla volontà divina, consacrò a Gesù la propria vita, quella della sua donna e dei suoi due figli. Quando comprese che l'ultimo momento era prossi­mo, chiamò Maria, la prese per il braccio, e, morente girò il suo sguardo verso un'immagine di san Giuseppe dicendo: Grande Santo, eccoti la mia bambina, la santa Vergine è sua Madre, degnati di vegliare su di lei anche tu; sii suo Padre. «Queste parole, ci raccontava con gli occhi pieni di lacrime Maria, divenuta reli­giosa, le sento ancora, e sebbene fossi molto giovane, si sono impresse nel mio cuo­re». Dopo averle pronunciate, il padre spirò: era un sabato, giorno consacrato alla santa Vergine. La sua sposa non sopravvisse a lungo a questa perdita dolorosa: morì anche lei, un sabato. Maria poteva dire oramai con il Salmista: «Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha preso sotto la sua protezione». Uno zio paterno l'accolse a casa sua, ad Ibillin e suo fratello fu affidato ad una zia materna la quale abitava nei pressi di quello stesso villaggio.

In questa nuova famiglia, dove non le mancava niente, Maria soffriva tuttavia di sapersi orfana e invidiava la sorte dei suoi cugini che potevano, in tutta verità, chia­mare i loro genitori con i dolci nomi di papà e mamma. Per consolarla, le si ricor­dava frequentemente che la santa Vergine era la madre per eccellenza degli orfani. Così, la pregava sovente, dicendole con incantevole semplicità che ella era due vol­te sua Madre, poiché non ne aveva più una in terra. Ogni sabato, dall'età di cinque anni digiunava in suo onore non prendendo alcun nutrimento fino al pasto della se­ra; e ancora rifiutava tutti i piatti raffinati che le venivano presentati, dicendo che le facevano male (male all'anima, pensava), e i suoi parenti non la forzavano, perché la credevano malata.

La Madre di Dio provò con un prodigio quanto apprezzasse quest'atto di morti­ficazione. Maria amava deporre davanti alla Sua immagine i fiori più belli e più profumati; aveva cura di rinnovarli spesso, in modo che fossero sempre freschi. Un giorno, si accorse che quei fiori avevano messo radici, che erano persino cresciuti e che espandevano un profumo molto soave. Presa dalla gioia e dalla riconoscenza, non immaginando per niente che il prodigio era dovuto alla sua mortificazione e al­la sua innocenza, corse verso suo zio per dirglielo. Profondamente commosso da questo segno di predilezione della Vergine per sua nipote, questi si premurò di riu­nire le persone della sua casa, e anche alcuni vicini: tutti insieme, con una candela in mano, ringraziarono Gesù e la sua divina Madre. Il parroco della parrocchia era stato convocato prima di tutti. Temendo che il demone della vanità venisse ad im­possessarsi dell'anima della piccola Maria, quest'uomo di Dio le rivolse rimprove­ri severissimi dichiarandole che solo i suoi peccati avevano potuto far accadere un avvenimento così singolare. Si vide subito quest'angelo, più notevole per la sua umiltà che per la sua innocenza, cadere in ginocchio incrociando le mani e chiede­re perdono, con la grande ammirazione di tutti i presenti.

Le creature, che sono spesso per tanti altri un diaframma, che nasconde loro Dio, quando non divengono una pietra d'inciampo, non erano, per Maria, che un chiaro specchio che le mostrava il suo Creatore, e una scala i cui gradini la avvici­navano al Cielo. Si sarebbe detto che non fosse stata toccata dal peccato originale.

Essendosi accorta, nel suo amore per la pulizia, che degli uccelli, che le erano stati regalati per distrarla, non si lavavano mai, volle render loro questo servizio.
Essi morirono tutti. Desolata, andò a seppellirli in fondo al giardino. Mentre stava facendo questo lavoro, sentì una voce dirle: È così che tutto passa! se vuoi darmi il tuo cuore, io vi resterò sempre. Queste parole si impressero nella sua anima e fu­rono in seguito quelle che amava ripetere di più.

Non ci si stupisce se da quel giorno Maria non provò che disgusto per tutte le vanità del mondo. Occuparsi della sua toeletta per lei era come un supplizio. Dice­va fra sé con tristezza, considerando i suoi ricchi vestiti: «Perché coprire così un corpo che deve diventare il cibo dei vermi?» Il pensiero della morte non la lascia­va mai. Il suo gioco preferito consisteva nello scavare con le mani una fossa, dove poi si stendeva, col rischio di sporcare il suo vestito bianco, ciò che le attirava i rim­proveri della sua governante negra.
Il desiderio di sofferenza si svegliò in lei all'età di sei anni. Nuova Teresa, avreb­be voluto morire martire per andare più presto in Cielo. Obbligata più tardi, per ob­bedienza, a dire tutto quello che la riguardasse, confessava ingenuamente che ave­va pensato di gettarsi dalla finestra, allo scopo di arrivare più velocemente nell'eternità: «Non sapevo, aggiunse, che il buon Dio lo proibisce».

Aveva creduto di comprendere che Nostro Signore esaudisce, la notte di Natale, tutto ciò che gli si chiede. Pertanto, in quella notte si nascose nel giardino, chie­dendo incessantemente molte grazie: in special modo quella di morire per la fede.

Una virtù così rara doveva necessariamente distinguerla dai bambini della sua età, come l'episodio seguente sembra provare. Un eremita, sconosciuto e che non si rivide mai dopo, aveva ricevuto ospitalità presso la sua famiglia. Prima che par­tisse, gli furono presentati i bambini perché li benedicesse; alla vista della piccola Maria fu colto da una emozione indefinibile, le prese le mani, le strinse fra le sue, e dopo un momento di silenzio, disse a suo zio: Vi scongiuro, prendetevi una cura tutta particolare di questa bambina, e senza altre spiegazioni, uscì.

Dio stesso mostrava con prodigi quanto quella creatura fosse gradita al suo cuo­re. Rimasta, un giorno, sola nella sua camera, dove la cameriera negra le aveva ap­pena servito un piatto di crema, Maria, come al solito, mentre consumava il suo pa­sto aveva il pensiero rivolto a Dio. Diceva tra se e se piangendo: «Ah! se fossi morta come i miei piccoli fratelli, sarei in Cielo, invece andrò forse all'inferno». Mentre era immersa in questi pensieri, un enorme serpente, attirato dall'odore del latte, salì sul tavolo: «Ero molto piccola, raccontava, ma nello stesso tempo così assorta nel­le mie riflessioni, che non provai il minimo spavento. Considerando quella bestia una creatura del buon Dio, presi la sua testa con le mani e l'affondai nel mio piat­to di crema senza che la bestia mi facesse alcun male». La vista del serpente fece emettere un grido di spavento alla cameriera, ritornata nel frattempo. Tutti accor­sero, mentre il serpente fuggì. Solo la bambina, tranquilla, non poté spiegarsi lo sgomento dei suoi. Dio permise così che il serpente, simbolo della nostra rovina, diventasse innocuo davanti alla sua innocenza.

Un altro fatto ci proverà come il Signore, grazie a questa bambina, salvò la vita a tutta la sua famiglia. Lasciamo che parli lei stessa. «Durante il sonno, raccontava, mi sembrò di vedere entrare in casa di mio zio un uomo che gli aveva venduto un pesce; mi fu detto che quel pesce era avvelenato e che tutti quelli che ne aves­sero mangiato, sarebbero morti avvelenati. Immaginate il mio stupore, quando, 1' indomani mattina, scorgo quello stesso uomo che portava un pesce assolutamen­te somigliante a quello del sogno. Raccontai tutto a mio zio, che non tenne alcun conto di questa fantasia di bambina, e comprò il pesce dando ordine di prepararlo. Raddoppiai le suppliche, chiedendo con le lacrime agli occhi di essere la prima ad assaggiarlo e sperando così di salvare i miei parenti. Mio zio finì per cedere. Fece esaminare il pesce con cura, e ne fu chiaramente constatato l'avvelenamento. In fondo al mio cuore, benedico Dio per avere rivelato ad un piccolo nulla come me, il modo di preservare la mia famiglia da morte sicura».

Maria aveva otto anni. Da più di un anno, si confessava tutte le settimane ma la sua felicità non era completa: Desiderava l'Eucarestia e non cessava di attendere l'ora benedetta in cui avrebbe ricevuto il suo Gesù. Provando una santa invidia per le anime che andavano a ricevere il buon Dio, le seguiva con gli occhi e con il cuo­re e diceva con tristezza: «Quando ti incontrerò, o mio Gesù? Quando potrò intro­durti nel mio cuore? Ah! non ho che otto anni e non ci si comunica per la prima volta che a dodici anni. Quattro anni di attesa! sono troppi! Affretta, affretta que­st'ora, Gesù! Scendi presto nella mia anima».

Ogni sabato, dopo la confessione, domandava al sacerdote la grazia della co­munione, e ogni volta questi le rispondeva invariabilmente: Lo permetto, mia pic­cola bambina, ma un po' più tardi. Questa risposta non la soddisfaceva molto, ma le lasciava una speranza. Egli ha detto che sarà un po' più tardi, si ripeteva, forse sarà sabato prossimo. Durante una settimana in cui aveva più speranza di essere esaudita, si preparò a questo grande atto con doppio fervore. Separata il più possi­bile dai suoi cugini, si dedicò alla preghiera e al digiuno; tutta la notte del venerdì la consacrò all'orazione. Meglio vestita del solito, si recò in chiesa, l'indomani mattina, per confessarsi; come sempre, rifece la sua richiesta per la comunione, mentre il cuore le batteva molto forte, il sacerdote le disse: Lo permetto e dimen­ticò di aggiungere: ma un po' più tardi. Venuto il momento dalla gioia corse alla sa­cra Mensa, e, senza essere vista dalla sua domestica negra, prostrata, ricevette il suo Gesù sotto forma di un bambino. Solo gli angeli potrebbero spiegarci il primo ab­braccio del Salvatore e di quest'anima. Maria era molto felice, ma occorreva che quella felicità potesse continuare. Il sabato seguente, domandò al suo confessore di potersi ancora comunicare. Il sacerdote, stupito, le disse in tono severo: L'hai già fatto? «Sì, Padre mio», rispose la candida bambina. E chi te lo ha permesso? «Lo ha fatto lei stesso, Padre mio, sabato scorso. Le ho chiesto questa grazia, co­me al solito, e lei mi ha risposto: Lo permetto, mia bambina, senza aggiungere co­me le altre volte: Ma un po' più tardi. Io, dunque, ho creduto che me lo permettes­se. Per favore, Padre mio, ora che ho ricevuto e gustato Gesù, non me ne privi più, mi lasci comunicare». Commosso da un simile linguaggio da parte di una bambina così favorita da Dio, il sacerdote le concesse la comunione ogni sabato, raccomandandole tuttavia di non rivelarlo a nessuno, neanche ai suoi parenti, che avrebbero potuto scandalizzarsi. Lei custodi fedelmente il suo segreto. Quando il tempo ordi­nario della prima comunione arrivò, Maria si lasciò festeggiare come gli altri bam­bini della sua età.

Suo zio, a quell'epoca, stava per stabilirsi definitivamente ad Alessandria con tutta la sua famiglia.

http://www.preghiereagesuemaria.it/santiebeati/il%20piccolo%20nulla.htm

venerdì 11 maggio 2012

BEATA MARIA DI GESU' CROCIFISSO: «Satana, tu mi tenti contro la Chiesa? Io amo la Chiesa, è mia madre! Essa ti schiaccerà la testa. Tutti i tuoi attacchi contro di lei sono necessari per dimostrare la tua malizia e la tua debolezza. Le tue tenta­zioni ci danno la luce. Tu dici che il Santo Padre morirà martire? Sarà martire del­l'amore, perché egli riterrà di non aver fatto niente per Gesù. Tu sarai sotto di lui, la tua testa sarà sotto i suoi piedi. La mia madre Chiesa non cadrà; sarai tu, Satana, a cadere. Sei caduto una volta dal cielo; da allora, cadi sempre. Se gli uomini ti ve­dessero, giammai ti seguirebbero. Tu cerchi di causarmi fastidio? Io sono contenta. Tu tenti di scoraggiarmi? Io ho fiducia in Dio. Da sola, io non sono che un picco­lo niente; con Gesù, io sarò al di sopra di te. Tu vedi come io mi burlo di te. Gesù sarà la mia luce. Gesù sceglie i deboli. Giacché sono debole, egli mi ha scelta».

B. MARIA DI GESÙ CROCIFISSO
Mariam Baouardy



CAPITOLO VII
Ultimi giorni della possessione 3 e 4 settembre 1868


L' indomani, s'ingaggiò l'ultimo combattimento. Prima di lasciare il corpo della suora, Satana aveva ottenuto dal divin Maestro di farle subire cento nuovi attacchi, perché mandasse almeno un lamento. La prima lotta cominciò, e fu terribile. La vit­tima versò del sangue dalla bocca. Dopo l'assalto, disse: «Offro le mie sofferenze a Gesù e sono pronta a tutto ciò che lui vorrà, con piacere, con amore. Mio Dio, sii benedetto!».

Seguì immediatamente il secondo attacco. L'abate Manaudas accostò la croce alle labbra della suora, perché la baciasse. Il demonio vi sputò sopra bestemmian­do. Ritornata in sé, la suora disse: «Offro le mie sofferenze in unione con Gesù e con i martiri per il trionfo della Chiesa. Mio Dio, sii benedetto!».
Satana ricominciò: Preparate la bara, esclamò, preparate la bara; e sputò sul­la croce facendo delle contorsioni orribili. Noi siamo cento, siamo cento, urlava e abbaiava, e i suoi movimenti facevano tremare il letto. Dopo questo terzo assalto, suor Maria di Gesù Crocifisso disse: «Desidero soffrire, essere immolata, annien­tata, bruciata, fino alla fine del mondo, per il trionfo della Chiesa. Mio Dio, sii be­nedetto!».
Il demonio continuava a sputare sulla croce che il sacerdote gli presentava; la vittima sopportò un martirio indicibile, poi disse: «Mi unisco a Gesù sul Calva­rio, immolandomi con lui per la conversione dei peccatori. Mio Dio, sii bene­detto! ».
Il diavolo faceva i versacci all'abate Manaudas: Signor curato, gli disse sogghi­gnando, il tuo viaggio da Bayonne a Pau non sarà perso: domani, seppellirai l'A­raba. Io farò il mio dovere, rispose il sacerdote, se muore, la seppellirò. Ma no, non morrà, sei tu che sarai confuso da lei. Le grida della vittima erano spaventose, ma ben presto disse: «Offro le mie sofferenze con quelle di Gesù nella sua vita nasco­sta; le offro per i ciechi che non conoscono la Chiesa, perché essi giungano a que­sta conoscenza. Mio Dio, sii benedetto!».

Il demonio irrideva l'abate Manaudas e l'ufficio divino che egli recitava; tor­mentò in modo incredibile il corpo della vittima: Prima, disse, desideravo solo un capello dell'Araba, ora, mi occorre tutto il suo corpo. Sapete perché faccio tanto soffrire questa miserabile? Ah! perché, più tardi, sarà conosciuta da tutti, ed io non lo vorrei. Suor Maria continuò i suoi atti ammirabili: «Mi unisco a Gesù e Maria, offro le mie sofferenze per tutti quelli che sono contro la Chiesa, affinché siano per Gesù. Mio Dio, sii benedetto!».

Vedi, diceva Satana al ministro di Dio, lei non ne può più; non può parlare, e noi stiamo appena per cominciare la lotta; morirà prima della fine dei cento attacchi. «Io mi unisco a Gesù, diceva la suora, quando andò a svegliare gli Apostoli addor­mentati; offro le mie sofferenze per i peccatori perché ritornino alla loro madre Chiesa. Mio Dio, sii benedetto!».
Aspetta, aspetta, esclamò il demonio, bisogna che io la soffochi, e simulando la vo­ce della novizia: Madre mia, ho male alle viscere; Madre mia, non ne posso più; so­no sfinita, Satana mi ha crivellato, e sghignazzava. Mi dia da bere, aggiungeva, e ri­gettava sulle suore l'acqua che gli si dava. Voglio, proseguì, strappare un occhio all'Araba. «Mio Dio, diceva suor Maria, unisco le mie sofferenze a quelle di Gesù nel giardino degli Ulivi, quando sudava sangue e diceva: Mio Dio, se è possibile, allonta­na da me questo calice! Tuttavia, sia fatta la Tua volontà e non la mia! Offro le mie sofferenze con quelle di Gesù per i peccatori e per la Chiesa. Mio Dio, sii benedetto!».
Ho fatto di tutto, esclamò Satana, per impedirle di parlare, ed ha parlato più forte. Si mise una croce sulla vittima; il demonio urlò a questo contatto, minacciò di mordere, di dilaniare; aggiunse beffardo: Signor curato, le religiose mancano al­la Regola restando qui, fatele uscire perché vadano ai loro compiti; anche tu, vat­tene. Bestemmiava contro le reliquie dei santi. «Mi unisco a Gesù, diceva la suora, quando Giuda venne a baciarlo per consegnarlo ai malvagi; mi unisco a Gesù per la Chiesa. Mio Dio, sii benedetto!».
Il demonio tormentava la sua vittima, soprattutto al petto; domandò di nuovo da be­re, gettò sulle suore l'acqua che gli era stata presentata, e si mise a ridere ed a soffiare. In seguito, spinse la posseduta a mordersi. E siccome la Madre Elia glielo im­pedì, il demonio disse ridendo: Vedete, vedete, questa vecchia ha un affetto parti­colare per la piccola Araba; e non ama voi altre, che avete fatto la professione tra le sue mani.
Satana tentò di colpire Madre Elia alla testa; urlava come le bestie e fischiava come una locomotiva. Bisogna, disse, che io rompa il corpo dell'Araba. Le soffe­renze della suora strappavano lagrime a tutti gli astanti. Dopo questa lotta la quale non è ancora che la dodicesima, la novizia disse: «Mi unisco a Gesù, quando i per­secutori lo beffeggiavano, l'insultavano, gli sputavano sul viso. Offro le mie soffe­renze per il trionfo della Chiesa e per tutti quelli che le vogliono del male. Mio Dio, sii benedetto!».
Sono il tentatore, esclamava il demonio, sono il tentatore. Poi, quando il Supe­riore della comunità, il Rev. P Saint-Guily, arrivò: Vattene, gli gridò Satana, con - questo vecchio (indicava l'abate Manaudas) e con il suo breviario. Io sono il tentatore, ripeté, semino dappertutto la divisione, faccio ciò che voglio.
Alla sedicesima lotta, il corpo della vittima tremava come una foglia; bastò un segno di croce del Rev. P Saint-Guily per fare cessare questo tremito: Noi trionferemo, esclamò Satana, e del vecchio (l'abate Manaudas), e del cattivo nascosto (l'a­bate Saint-Guily), e della manica violetta (Mons. Vescovo), e del cattivo bianco (il Papa). Danzeremo su di loro. Tolse il velo a una suora, dicendo: Strappo questo ve­lo, perché non amo la modestia, mi irrita. «Mi unisco a Gesù, diceva la suora, quando cadde la prima volta sotto il peso della sua croce; offro le mie sofferenze per i peccatori che cadono, affinché si rialzino con Gesù. Mio Dio, sii benedetto!».
Sono il padrone; andatevene tutti e due, esclama Satana rivolto ai due preti; e, con una ironia diabolica: Signor curato, informate di tutto la veste bianca (il San­to Padre), affinché la piccola Araba sia un, giorno canonizzata, e faceva le smorfie. Voltandosi dalla parte di M. Manaudas: Parti, aggiunse, ti si attende per comincia­re un ritiro; parti almeno domani mattina. Io non partirò, rispose costui Oh! il mi­serabile, esclamò Satana furioso, egli sarà presente domani, quando il Capo verrà! Dopo l'assalto, la suora disse: «Padre mio, mi unisco a Gesù che cade la seconda volta e a Maria che cera Gesù quando le sue ginocchia vengono straziate dalla ca­duta; offro le mie sofferenze per i sacerdoti, per i missionari che cercano le anime, io le offro, anche per i peccatori. Mio Dio, sii benedetto!».
Rispose in seguito al demonio, che le rimproverava le sue colpe: «Sì, non sono che peccato, ma spero nella misericordia di Dio; vattene, Satana!».
Un piccolo nulla, diceva il diavolo furioso, trionferà su noi tutti! È impossibile. Noi faremo tanto, che lei finirà per mandare un lamento; e tormentarono il corpo della vittima in maniera spaventosa. Dopo questa lotta, la diciottesima, la suora di­ceva: «Mi unisco a Gesù che cade per la terza volta; offro le mie sofferenze per i sacerdoti che combattono gli increduli, e per la Chiesa. Mio Dio, sii benedetto!».
Sempre vinto, il demonio domandò al Maestro di non continuare più la lotta. Gesù lo obbligò a continuare. Emise allora delle grida di disperazione.
Dopo l'attacco, la suora disse: «Hai un bel da fare, Satana; mi torturi, mi an­nienti, ma non fai che ciò che il Signore permette». Ben presto, esclamò il demo­nio, verrà Lucifero; brucerà il corpo dell'Araba. «Offro le mie sofferenze, disse la suora, per i nemici di Gesù, affinché essi lo amino come san Giovanni. Mio Dio, sii benedetto!».
E rivolgendosi al demonio: «Parla, Satana, io appartengo a Colui che mi ha crea­to. Non ti temo. Amo Gesù al di sopra di tutte le cose. Quand'anche tu mi schiacciassi la testa, che cosa importa questo? Altri la schiacceranno a te. È Gesù che ti permette di farmi soffrire; io sono contenta. Tu vorresti che io mi rivoltassi contro Dio? Il mio Maestro è il mio Signore, gli renderò gloria. Mi dici che egli mi ha abbandonato. Ac­cetto tutto ciò che egli vorrà; voglio solo soffrire ed essere disprezzata».
Satana interpellò l'abate Manaudas: Hai sentito, gli disse, la piccola Araba? Sì, ho sentito, rispose costui, suor Maria di Gesù Crocifisso. No, no, riprese il diavolo, non la chiamare con questo nome: chiamala la piccola Araba. Se solo fosse come voi! Ma non sa né leggere, né scrivere. Io tento inutilmente di farle emettere un lamento. La novizia, ritornata in sé, disse: «Mi unisco a Gesù quando gli si asciugò il viso adora­bile; offro le mie sofferenze per i peccati del mondo. Mio Dio, sii benedetto!
Satana, tu mi chiami miserabile; sì, io sono miserabile a causa dei miei peccati, e non perché Gesù ti ha consegnato il mio corpo. Gesù è il Bene stesso, fa il bene; tu sei il male, tu fai il male. Se il Maestro volesse che tu mi tentassi due anni, e per­fino diecimila anni, e perfino di più, io accetterei. lo non desidero affatto le estasi. Sai che cosa desidero? Soffrire ed essere disprezzata».

Il diavolo fu costretto a dire: Sapete perché la piccola Araba parla così? perché essa è forte? Perché cammina al seguito del Maestro. La suora diceva: «Con Gesù, io mi unisco a tutte le anime che soffrono sulla terra; io offro tutto per i peccatori. Mio Dio, sii benedetto!
Tu credi, Satana, che io ho bisogno di vedere Gesù? Tu credi che, senza di ciò, io non abbia forza? Senza che io veda Gesù, la sua forza sarà in me. Tu, Satana, sei debole; guai a quelli che ti seguono! Dici che sei grande: mostra la tua grandezza. Sei venuto per ingannarmi, per farmi cadere! Grazie alla preghiera ed a Gesù, i tuoi attacchi non servono che a farmi salire più in alto. So di non essere che debolezza, ma spero nella misericordia di Dio».

Perdo tutto, perdo tutto, esclamò il demonio con disperazione, vado a domanda­re al Maestro di non tentarla più. La posseduta cadde come morta. Ma Satana fu presto di ritorno. Il Maestro mi ha detto, aggiunse il diavolo, di tentarla finché vorrò.
Dopo questo attacco, la suora disse: «Satana, tu mi tenti contro la Chiesa? Io amo la Chiesa, è mia madre! Essa ti schiaccerà la testa. Tutti i tuoi attacchi contro di lei sono necessari per dimostrare la tua malizia e la tua debolezza. Le tue tenta­zioni ci danno la luce. Tu dici che il Santo Padre morirà martire? Sarà martire del­l'amore, perché egli riterrà di non aver fatto niente per Gesù. Tu sarai sotto di lui, la tua testa sarà sotto i suoi piedi. La mia madre Chiesa non cadrà; sarai tu, Satana, a cadere. Sei caduto una volta dal cielo; da allora, cadi sempre. Se gli uomini ti ve­dessero, giammai ti seguirebbero. Tu cerchi di causarmi fastidio? Io sono contenta. Tu tenti di scoraggiarmi? Io ho fiducia in Dio. Da sola, io non sono che un picco­lo niente; con Gesù, io sarò al di sopra di te. Tu vedi come io mi burlo di te. Gesù sarà la mia luce. Gesù sceglie i deboli. Giacché sono debole, egli mi ha scelta».

Il demonio esclamò: Tutto ciò che la piccola Araba ha detto, è menzogna. Non ha forse affermato che, se mi si vedesse, nessuno mi seguirebbe? Ebbene, tutti mi vedono, e tutti mi seguono. E il Maestro, venuto sulla terra per dare l'esempio, per tracciare la via, tutti l'hanno visto e nessuno lo segue. Dopo questo ventiquattresi­mo attacco, la novizia fece più volte su di sé il segno della croce e disse: «Mio Dio, sii benedetto!
Tu credi, Satana, che io dia importanza al mio corpo? Portami tutto il tuo fuo­co, gettalo nel mio cuore; strappa questo cuore, è di Gesù Cristo. Tutto ciò che fai soffrire non è gran cosa; noi non restiamo sempre sulla ,terra; oggi, siamo sulla ter­ra; domani, non ci siamo più. Desidero essere crocifissa alla croce, come il mio Be­ne Amato. Tutte le mie sofferenze, paragonate a quelle di Gesù, non sono niente. Distruggi questo corpo. Sono pronta a risponderti: non sono io che ti rispondo, è Gesù.
Restare cento anni con Gesù, senza mangiare niente, mi nutre più che mangiare mille anni con te. Sì, con Gesù, sono ben più nutrita che con tutto ciò che tu offri. Tutto ciò che io soffro è niente. Satana, io ti vincerò con Gesù. Credi che, a moti­vo del mio corpo, abbandonerò il mio Amatissimo? Ho lasciato tutti i piaceri della terra. Non dire che la tua grandezza è la causa delle mie prove. È il Maestro che, con mia grande gioia, ti ha permesso di farmi soffrire. Io non sono che polvere. Ma tu, se sei qualche cosa, parla. Vuoi sapere chi mi ha insegnato tutto quello che di­co? Sei tu, con le tue tentazioni. lo sono pronta a ricevere tutto per Gesù. Rideva.

Satana, sei caduto in piena luce; noi, cadiamo per debolezza. Chi segue la luce? Il cuore retto. Se tu fossi giusto, non saresti caduto. Non hai vergogna di ripetere sempre che sei giusto? Mi faccio beffe di te. Non piango, rido. Tu vuoi insegnarmi a piangere, e io voglio insegnarti a ridere.
Se il Maestro ti dà il permesso di distruggermi, ti aiuterò in questo lavoro e ne gioirò. Tieni, io ti do le mie braccia: tagliale, se Dio lo vuole; ti do la mia testa. Tu cerchi di ingannare le anime; Gesù cerca di riscattarle. Mentre la mia bocca ti par­la, il mio cuore è con Gesù!
Tutto per Gesù, niente per te, Satana; perfino mangiare, perfino bere, per Gesù. Mio Dio, io ti amo, aumenta il mio amore; spero in te, aumenta la mia speranza: non sarò confusa; credo in te, aumenta la mia fede».

E al demonio: «Che dici, Satana? Parli della tua grandezza? La tua grandezza, è l'abisso; la tua grandezza, è il fuoco.
Gloria a Maria! gloria a Gesù! gloria a Dio Padre che ci dà Gesù! gloria a Ma­ria che ha schiacciato la testa del serpente!».
Il demonio disse allora: Me ne vado a cercare la sofferenza; suor Maria cadde subito come morta. Un momento dopo, il demonio ritornò per tormentarla. Dopo la lotta, la suora disse: «Padre mio, mi unisco a Gesù ed a tutti i peccatori convertiti. Mio Dio, sii benedetto!

Sai, Satana, la nostra risorsa per vincerti? La prima, è l'acqua benedetta; presa con fede, essa ti fa fuggire; la seconda è l'umiltà; la terza è la povertà.
Da seimila anni, tu tenti le anime, ciò è ineluttabile. Vattene, Satana; vergogna a Satana!

Mi tenti contro la fede? Io ho Dio con me; non temo niente. Mi dici che non c'è Dio? Vado in giardino a contemplare la creazione; vedo gli alberi piccoli diventare grandi: questa vista fa crescere la mia fede. Mi tenti contro la Chiesa? Io vado ancora in giardino; trovo un frutto e l'apro; guardo questo frutto aperto, e vedo il seme nel frutto. Entro in una chiesa, apro il tabernacolo e trovo l'Eucarestia.

Mi tenti contro la carità? Io scendo; considero le bestie, vedo gli agnelli, i pulcini, li vedo tutti insieme, uniti fra di loro. Vedo sopra un solo albero molti frutti. Io sono in religione; mi vedo come un frutto, con molti altri frutti sullo stesso ramo, sullo stesso albero. Oh! quanto amo la carità! Mi tenti contro il con­fessore? Quando mi confesso, io non guardo l'uomo; io mi confesso a Gesù.

Mi dici che le mie consorelle sono meglio vestite e più curate di me? Mi vuoi fare diventare gelosa. Per trionfare, ti guardo, guardo te, che sei caduto dal cielo per gelosia, e dico: Perché dovrei essere gelosa, io che non sono niente? Signo­re, non sono degna di essere ciò che sono.
Considero le mie consorelle come altrettante amatissime discepole, e non mi meraviglia che le si ami più di me, che sono la più povera, che non sono che pec­cato».


Me ne vado, me ne vado, disse Satana, non posso più restare, e parti emetten­do grida spaventose. Dopo questo assalto, la suora disse: «Mio Dio, offro tutte le mie sofferenze passate per le anime cieche, affinché esse vedano. Le offro con Gesù, con le anime che hanno sofferto con amore, senza averne coscienza, per­ché esse erano nella notte della prova. Mio Dio, sii benedetto!».

Dopo ogni assalto, la novizia continuava a confondere il suo nemico lodando Dio e rinnovando i suoi atti di fede, di speranza e di amore:

«Mio Dio, diceva, mio Dio, sii benedetto! Che tutti i santi della terra e del cie­lo benedicano Dio! Mio Dio, che la tua volontà sia fatta! Mio Dio, spero in te; tu sei la mia forza: senza di te io non sono niente; sei tutta la mia speranza.
O mio Dio, ti ringrazio. O mio Dio, ti domando la grazia, la grande carità di essere disprezzata. Mia buona Madre del cielo, mio buon angelo, intercedi per me. La vita passa presto! Se non sono che peccato, imploro sempre la tua mise­ricordia. Ringrazierò, se mi si disprezza. Mio Dio, io ti ringrazio di tutti i tuoi be­nefici».

Signor Curato, signor Superiore, diceva il demonio ai due sacerdoti che assistevano questa vittima, voi perdete il vostro tempo; tutto questo non è che menzogna, tutto questo è un fenomeno naturale. Non ci sarà niente domani di soprannatura­le, il Maestro non verrà. Tutto ciò non è che di natura fisica, non è da Dio.

«Ho sete, ho sete di Gesù solo! diceva la novizia. Felici le anime che soffrono in segreto, conosciute da Dio solo! Quanto mi piace un'anima che soffre con pa­zienza, nascosta con Dio solo!
Ringrazio Dio di avermi ricevuta qui; io ho molto peccato. Grazie tuttavia al­le preghiere delle suore, spero che egli mi userà misericordia, che mi perdonerà tutte le mie infedeltà.
Dio mio, io ti ringrazio. Santa Vergine, quanto sei pura! rendi i tuoi figli puri come te, affinché non cadano nelle reti di Satana. Santi del cielo e della terra, in­tercedete per coloro che non conoscono la malizia di Satana. Mio Dio, uniscimi
a te... lo non ho paura, Satana. Se sapessi che il mio occhio dovesse offendere Gesù, lo strapperei; se fossero le mani e i piedi, li taglierei. lo ho sete, ho sete di Ge­sù, e per niente di te, Satana».

Miserabili, gridò il diavolo alle suore, che annotavano, voi scrivete! Tutto ciò è cattivo come voi, tutto ciò non è buono che per essere gettato nella spazzatura. Non c'è niente di soprannaturale: tutto è naturale.

«Santa Vergine, mia buona Madre, disse la suora, io mi unisco a te che sei venuta sulla terra per dare il buon esempio; mi unisco alla tua pazienza, alla tua ras­segnazione nella sofferenza, quando tuo Figlio era abbandonato, e senza conso­lazione. Mio Dio, sii benedetto!».

E al demonio: «Ebbene, Satana? Che cosa dici? Credi che tutti seguano l'orgo­glio come te? No, no, vi sono sulla terra un gran numero di santi nascosti. Misera­bile, non ti si vede che alla morte. Se solamente si vedesse il tuo viso, tutti ti fug­girebbero. Tu sei brutto! Non c'è niente quaggiù di altrettanto brutto. Se sapessi dipingere! Spirito Santo, Spirito Santo, ispirami sempre; mostra a tutti gli uomini la malizia di Satana.
Che dici ancora, Satana? Tu dici che io ti amo? No, certo, io voglio solo Dio.
Tu dici che perdi le anime? Oh! se ti conoscessero, si guarderebbero bene di ve­nire a te; perfino le bestie ti fuggirebbero. Se tu tocchi gli alberi, diventano neri; se tu tocchi la terra, essa inaridisce. Tutto ciò che Gesù tocca, tutto ciò che guarda, fio­risce.
Dici che sei Dio? Se tu lo sei, vieni, crea un albero, fallo uscire dalla terra per­ché lo si veda. Infelici quelli che ti seguono! Chi ti ha permesso, Satana, di pren­dere l'aspetto delle suore per tentarmi?».

Noi abbiamo assistito fino ad ora alla metà del combattimento. Cinquanta nuo­ve lotte devono seguire le cinquanta prime. Solamente dopo i cento attacchi, Gesù . verrà a passare nel corpo di questa eroica vittima per guarirlo.
Satana si rivolse a tutte le suore presenti: Ascoltate, miserabili! disse loro; la piccola Araba l'ignora, ma io, io lo so.

«Mio Dio, diceva la novizia, uniscimi a te per amore del prossimo, affinché lo ami più di me stessa».
E a Satana: «Se mi dici che tutti mi onorano, che tutti mi amano, io soffro; ma se mi dici che tutti mi disprezzano, sono contenta. Il disprezzo è la mia felicità. Tu dici che, a San Giuseppe di Marsiglia, hai spesso preso la mia sembianza per fare molti errori, per dare una cattiva opinione di me alle suore. Tu hai fatto que­sto? Oh! quanto sono felice di saperlo! Sarei quasi tentata di dirti grazie. Ma no, non ti ringrazierò ringrazierò Gesù. Desidero soffrire per amore di Gesù, e non al fine di essere conosciuta. Desidererei che tutte le creature mi giudicassero male co­me te. Mio Dio, non cerco che di amare Gesù, di servirlo con semplicità. Non de­sidero che il mondo mi conosca, io non desidero niente. Mio Dio, grazie di render­mi povera. Non voglio che il tuo amore.
Dici, Satana, che sei tu che ispiri ripugnanza per i superiori? Sono ben con­tenta di saperlo, per poterlo ripetere. Tu lavori a suscitare la divisione? Non vi riuscirai.
Non c'è nessuno qui (la suora, durante le sue estasi, si credeva sempre sola), non vedo nessuno. Se tu vedi qualcuno, Satana, tanto peggio per te. Non c'è nes­suno, qui con me; tuttavia non ho affatto paura. Io ti vedo, Satana, ma vedo an­che il mio buon angelo. O mio buon angelo ti onoro, ti amo, ti benedirò eterna­mente. (L'angelo custode, accanto alla suora stessa, le dettava queste parole). E al demonio: Satana, questo nome che ti do è ancora troppo bello per te: ti chia­merò letame. Se il mondo ti conoscesse, ti disprezzerebbe. Sì, tu non sei che le­tame.
Disprezzo per Satana! amore per Gesù! Mi offro per i peccatori».


Che dice, quest'Araba? esclamò Satana. E' possibile questo? No, no, gloria a me! Dopo l'attacco, la suora disse: «Io offro le mie sofferenze per tutte le mie con­sorelle, per tutto l'Ordine del Carmelo, per tutte le anime consacrate a Dio!». E a Satana: «Se ti annoi, vattene. Io non sono venuta a cercarti. Sei venuto tu. Mio Dio, per la tua santa croce, liberami dalla malizia di Satana!».

Miserabili, esclamò il diavolo, non siete neanche annoiate? E’ da tempo che io lo sono, io. Non posso più restare. Vado a vomitarvi. No, mai più entrerò in una casa simile. La novizia diceva dopo questa lotta: «Mi unisco a tutte le anime che sono in agonia, affinché Gesù le liberi dalla malizia di Satana. Mio Dio, sii benedetto!».
E al demonio: «Su, Satana, parla. Tu mi rimproveri di aver domandato da be­re? Non sono io che ho fatto questa domanda, io non ho sete che di Gesù; non mi nutro d'acqua; perché, dopo aver bevuto, si ha ancora sete. Io mi nutro della pa­rola di Dio. La parola di Dio non passa, né sulla terra, né in cielo.
Quando lo spirito di Dio discende in un'anima, reca la calma, la pace, la gioia: ` quando sei tu, Satana, tu non rechi che noia, pena, turbamento.
Disprezzo per Satana, gloria a Dio!».


E’ mezzanotte, venite, venite, venite. Tutti insieme, annientiamo l'Araba, disse Satana ai suoi compagni; e rivolgendosi alle suore la cui presenza lo irritava, disse: Nessuna di voi vuole andare a dormire? Vedete quella, aggiunse indicando una suo­ra ammalata, tutte le sere è andata a letto di buon'ora; e questa notte, ha due oc­chi di gatto. Queste parole provocarono l'ilarità delle suore. Voi inoltre ridete del mio linguaggio, miserabili! esclamò il diavolo furioso. «Mi unisco a Gesù, diceva la suora, quando giudica le anime; soffro per i peccatori, affinché essi abbiano la luce per seguire Gesù e per allontanarsi da Satana. Mio Dio, sii benedetto!». E al demonio: «Vieni, vieni, mostrati come sei. Dici che vuoi prendere la forma di un gatto, di una gallina o di un'altra bestia? No, no, conosciamo i gatti, gli uccelli, le bestie. Vieni, scendi, mostrati come sei. Ti assicuro che, in questa casa, nessuno an­drebbe da te. Si correrebbe verso Gesù, se si capisse la tua malizia.
Gloria a Gesù, a Maria, a Giuseppe, gloria a tutti i santi!». E, alcuni istanti do­po, con una vocina infantile, aggiunse guardando tra il pollice e l'indice: «Vedo una piccola luce; vedo una porticina che conduce a Gesù; non è molto lontana. Sento che l'acqua nera sta per andarsene. Sono contenta. È Gesù, Satana, che ti ha permesso di farmi soffrire. Non sono degna di soffrire. Dopo la porticina, ve­do una stradina diritta, facilissima per andare a Gesù. Vedo Gesù, vedo Maria. Quanto sei miserabile, Satana! Non ho visto la luce fino a questo momento. Gra­zie a questa luce, vedo, Satana, la tua nefandezza. Vedo Gesù, egli stende le sue braccia; mi attende per purificarmi e per rinfrescarmi, e sorrideva.
Gloria, amore a Gesù, a Maria! Vergogna a Satana!».

Il diavolo avrebbe voluto uscire dal corpo della posseduta prima della fine dei cento attacchi. E siccome le suore ridevano nel sentirgli confessare la sua debolez­za e la sua impotenza, diventava furioso e le insultava. Malediva il giorno in cui aveva incominciato questa lotta contro la suora.

Dopo il cinquantanovesimo assalto, la suora disse: «In unione con l'allegrez­za di Maria, quando l'Angelo le annunciava la venuta di Gesù, offro per la co­munità e per il nostro Ordine tutto ciò che è avvenuto e tutto quello che Gesù vorrà ancora. Sì, sì, ripeteva quasi cantando, affermo che mi unisco all'allegrez­za della santissima Vergine, perché comincio a vedere la luce, comincio ad offri­re a Dio la gioia».

E al demonio: «Ti dico, Satana, che non sento se sono con il mio corpo; sen­to che sono con Gesù. Quando Dio vuole una cosa, tu non puoi cambiarvi nien­te; sei obbligato ad obbedire a Gesù tremando. Santa Vergine, ottienimi l'umiltà, la gioia, l'unione con Dio; ti domando queste stesse grazie anche per il nostro santo Ordine.
Satana, tu cerchi di prendermi, e sei tu ad essere l'intrappolato».

Guardate l'Araba, esclamò il demonio; tutto il suo corpo è fiaccato e non con­fessa neppure che è malata. Questa miserabile mi augura il disonore. Attendi, at­tendi; e la tormentava orribilmente. La suora disse: «Io mi unisco...» Satana volle impedirle di continuare: ella riprese con forza: «Non mi impedire di parlare», e siccome esso riprovava, disse: «Ebbene, griderò Amore a Gesù! gloria a Maria! vergogna e disprezzo a Satana! Sì, per la vita, e per la morte, amore a Gesù!».
E rivolgendosi al demonio: «Che dici, Satana? Quanto a me, non sono che de­bolezza: è Dio che fa tutto in me. Sì, Gesù verrà a schiacciare la tua testa. Sento la gioia, la pace. Non sono sulla terra per seguire i miei gusti, vi sono per cercare il fiele, il disprezzo, con la grazia di Dio.
Santa Vergine, libera le anime che seguono Satana». Tre volte ripeté questa pre­ghiera, e aggiunse con un filo di voce: «Vedo uno spiraglio, vedo un po' la porta, vedo Gesù arrivare; la luce si avvicina dolcemente, in silenzio. Egli non fa come te, Satana, tu vieni con rumore. Gloria a Gesù, gloria a Maria! Vergogna e di­sprezzo a Satana! Satana, queste parole ti annientano. Ebbene, le dirò sempre, le dirò nel cuore, se non potrò dirle con la bocca.
Io mi unisco a Gesù, a Maria, a Giuseppe, quando aprirono la porta della ca­setta d'Egitto, affinché i peccatori abbiano un piccolo posto nel loro cuore per amare Gesù, perché anche essi posseggano un posto nel cuore di Gesù. Vorrei una casetta molto pulita nel mio cuore per ricevere Gesù, una casa dove non ci fosse­ro più peccati, perché Gesù potesse compiacersi. Se io so ricevere Gesù, ho tutto. È dolce soffrire con Gesù. Tutto ciò che viene da Gesù è dolce. Tutto ciò che vie­ne da te, Satana, è cattivo. Più le lotte si moltiplicano, più io vedo chiaro. Amore a Gesù, a Maria!».


Dopo il settantaseiesimo attacco, Satana esclamò: Questa miserabile Araba! non abbiamo il potere di cambiare il suo aspetto. Neppure Lucifero lo potrà, perché essa è stata martire, e perché si è conservata sempre pura, sempre vergine. «Dio sia benedetto! diceva sempre la suora; il resto, lo dirò nel mio cuore. Satana è geloso di quelli che seguono Gesù. Io seguirò Gesù fino alla morte, sulla terra, in cielo, e perfino nell'inferno. Se Dio lo vuole, ebbene, sì andrò, se egli lo vuole, nel­l'inferno con Gesù. L'inferno con Gesù è meglio che te, Satana. Il diavolo mi dice che, se mi prenderà, mi metterà più in basso di Giuda».

Dopo la novantunesima lotta, Satana disse: Lo confesso con tutti i miei simili, noi non amiamo la carità, l'umiltà, l'obbedienza.

Dopo la novantatreesima, suor Maria disse: «Gloria a Gesù, gloria a Maria! Co­mincio a vedere la luce; la porta si apre; comincio a vedere la santa Vergine. Mio Dio, sii benedetto.
Mio Dio, io ti amo con tutto il mio cuore e al di sopra di tutte le cose».

La fine del terribile combattimento si avvicinava. Era la novantanovesima lotta. Aspettate, aspettate, disse il demonio; forse, alla venuta di Lucifero, emetterà un lamento. Ma la suora disse ancora: «Gloria a Gesù, gloria a Maria! gloria a Giu­seppe! gloria a Dio solo!».

Il diavolo ritornò un'ultima volta; parlò dell'arrivo di Lucifero: Il nostro capo, disse, non esce quasi mai dall'inferno. Passando nel corpo dell'Araba, la brucerà talmente, che voi non potrete neppure toccare la punta del suo dito, fino a che il Si­gnore non sia, a sua volta, passato in questo stesso corpo per guarirlo.

Il letto di ferro sul quale l'eroica vittima si trovava dall'inizio del combattimen­to era così danneggiato che bisognò sistemarla su un altro.

Alle undici e tre quarti, il diavolo esclamò: Indietreggiate, viene Lucifero: se voi restate vicino all'Araba, sarete bruciati.

Il Rev. abate Manaudas e le suore indietreggiarono. Alcuni istanti dopo, si vide­ro il viso e le mani di suor Maria divenire rossi come il fuoco, e in seguito com­pletamente nere. Il fumo venne fuori da tutto il suo corpo; si senti un forte odore di zolfo. La suora respirò appena. Ma ben presto delle grida più forti del fischio del­la locomotiva si fecero sentire; se ne contarono fino a diciannove. Era la fine della lotta. Una visione celeste venne a rallegrare l'eroica vittima. Disparve ben presto. La novizia risentì allora tutti i suoi dolori; non poté più pronunciare una sola paro­la, né fare il più piccolo movimento. La sua bocca si aprì ad intervalli come quella di un moribondo. L'abate Manaudas si avvicinò come per raccogliere il suo ultimo respiro. Era mezzogiorno, l'ora nella quale, si ricorda, la possessione era iniziata, quaranta giorni prima.


LAUDETUR  JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!

martedì 6 marzo 2012

Beata Maria Baouardy: "Gesù mi sembrava tenero come il fiore dei campi, che appassisce non ap­pena lo si tocchi. ... "


Ora accompagniamo suor Maria nel suo ritiro di venti giorni che pre­cedette la sua Professione religiosa. Grazie a Padre Lazzaro, suo confessore, pos­sediamo le rivelazioni comunicate alla novizia. I considerevoli estratti che stiamo per dare di questo lavoro ci sembrano talmente elevati, belli e profondi, che non possiamo non vedervi l'espressione di una dottrina dettata dal cielo a questa 'igno­rante' che sapeva appena leggere.


«Nostro Signore era davanti a me. Io lo vedevo, volevo andare verso di Lui e non lo potevo. Gesù mi sembrava tenero come il fiore dei campi, che appassisce non ap­pena lo si tocchi.

 Facevo un passo verso di Lui, e mi fermavo; non avevo quasi le gambe; sembrava che rientrassero nel mio corpo come delle sbarre di ferro: esse non potevano reggermi. Mi è sembrato tuttavia di essere andata un poco avanti e ho det­to: Signore, sono avanzata un po' verso di te; tu sei davanti a me, i miei occhi ti ve­dono, le mie orecchie ti sentono, dammi un po' di forza per arrivare fino a te. Nello stesso tempo, ho invocato lo Spirito Santo per ottenere la forza. Mi sembrava sem­pre che Gesù non fosse lontano da me. 

Guardavo qualche volta dietro di me, e ogni volta che guardavo così, provocavo delle piaghe nel corpo di Gesù. Ed ho chiesto: Che cosa è tutto questo? Subito qualcuno mi ha preso e mi ha detto: Guarda davanti a te. 
Ho guardato e mi è sembrato di vedere un giardino dove erano fiori, alberi e frutti. Davanti alla porta del giardino era acceso un grande fuoco. Per entrare nel giardino, bisognava attraversare questo fuoco. Contemporaneamente, ho visto due persone davanti al giardino. 

Una camminava con fierezza, la testa alzata; l'altra ave­va la testa abbassata e sembrava curva. La prima è entrata senza timore, con la testa sempre alzata. Tuttavia è penetrata nel giardino ed ha colto dei fiori e dei frutti in quantità. In seguito è ritornata alla porta ed ha attraversato di nuovo le fiamme per uscire; ma i suoi vestiti sono stati interamente bruciati, così come tutto ciò che por­tava. Era completamente nuda. 

Anche la seconda persona è entrata; per attraversare il fuoco, si è molto abbassata e il fuoco non ha preso i suoi vestiti. Una volta nel giar­dino, ella l'ha percorso, ha colto molti fiori, molta frutta di ogni specie, ed è torna­ta alla porta del giardino carica di fiori e di frutti; per attraversare le fiamme alla sua uscita, si è abbassata ancora di più di quando era entrata. E le fiamme non l'hanno toccata; ed è uscita più bella e più ricca di quando era entrata.

Ho chiesto di nuovo quello che ciò significasse, e colui che mi guidava mi ha detto: Il fuoco è l'immagine dei fastidi, delle pene, delle angosce, delle sofferenze, delle prove della vita. Il Signore li manda perché si raccolgano fiori e frutti. 
La pri­ma persona che è entrata nel giardino e che ne è uscita povera, triste, nuda, raffigura coloro che si inorgogliscono nella prova: l'orgoglio, l'egoismo, l'amor pro­prio fanno loro perdere tutto. La seconda persona raffigura le anime che si umiliano nella sofferenza, nella prova. Esse si caricano di fiori e di frutti.

Il momento di offrire al Signore i fiori ed i frutti arriva; è la morte. Le due ani­me si presentano davanti al Signore. Il Signore interroga l'una e l'altra. 

Dice alla prima: Tu sei entrata nel giardino; hai raccolto fiori e frutti: dove sono? Signore, risponde, il fuoco che ho attraversato ha bruciato tutto, tutto divorato. Non ho con­servato niente. Ebbene, riprende il Signore, poiché tu non hai niente, va nel nien­te. Maledetta, io non ti conosco! 

Il Signore si rivolge in seguito alla seconda che nasconde i suoi frutti e le dice: E tu, che cosa hai raccolto? E costei getta subito davanti al Signore ciò che teneva nascosto; e, abbassando la testa, risponde: Sei tu che mi hai guidato e che hai raccolto questi frutti. E il Signore risponde: Entra e riposati e godi delle gioie del Signore».

LAUDETUR JESUS CHRISTUS!
LAUDETUR CUM MARIA!
SEMPER LAUDENTUR!