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domenica 25 novembre 2018

Egli vi tende la Mano e porge lo scettro

  

 Festa di Gesù Cristo Re
   Introito: Salmo 72 (71), 1; Apocalisse 1, 6; 5, 12.
   Orazione: O Dio onnipotente ed eterno, che volesti restaurare ogni cosa nel tuo diletto Figliolo, Re dell'universo, concedici nella tua bontà che le famiglie del mondo, disgregate a causa del peccato, si sottomettano al suo soavissimo impero.
   Epistola: Colossesi 1, 12-20.
   Graduale: Salmo 72 (71), 8.11; Daniele 7, 14.
   Tratto: Salmo 89 (88), 27-28.30; Daniele 7, 14; Apocalisse 19, 16.
   Vangelo: Giovanni 18, 33-37.
   Offertorio: Salmo 2, 8.
   Segreta: Ti offriamo, o Signore, l'ostia che riconcilia l'umanità; fa', te ne preghiamo, che Colui che con questi sacrifici t'immoliamo, Egli stesso conceda a tutti i popoli il dono dell'unità e della pace, Gesù Cristo, tuo Figliolo Signor nostro.
   Comunione: Salmo 29 (28), 10-11.
   Dopocomunione: Ricevuto il cibo dell'immortalità, ti preghiamo o Signore che, andando alteri di militare sotto il vessillo di Cristo Re, possiamo regnare perennemente nella gloria celeste con Lui.
   

   Dice Azaria:
   «Sarà un doppio lavoro. Ma il ciclo liturgico deve essere compiuto e non deve passare inosservata la solennità d'oggi. Contempliamo dunque le luci della S. Messa di Gesù Cristo Re.

   Ha inizio con una frase che è chiave per capire come si diventa gloriosi. Dice: "L'Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere la potenza, la divinità, la sapienza, la fortezza e l'onore. A Lui gloria e impero nei secoli dei secoli".

   Chi è l'Agnello? È il Figlio di Dio e di Maria Immacolata. Dal Padre ha avuto in eterno vita, dalla Madre ha avuto, nel giusto tempo, l'umanità, ed è divenuto Gesù Cristo. Ha forse cessato, essendo Gesù Cristo, di essere Dio? No, non ha cessato di esserlo, ma ha assunto anche la natura umana, divenendo vero Uomo per potere essere il Salvatore, ossia Jeos(c)iuà1.

   I dotti spiegano che ciò vuol dire Salvatore. Ma, anima mia, vuol anche dire una ben più potente cosa! Contempla e paragona il Nome di Dio, quale lo dicevano gli ebrei, e il nome del Figlio di Maria. Hanno la stessa radice, a significare la stessa origine e natura. Gesù vuol dunque dire Dio, ancora Dio. E vuol dire salvezza con la finale os(c)iuà. Ma la discendenza, anzi il procedere dal Padre Iddio, è confermata dalla radice del nome.

   Essendo Dio, poteva Colui che è detto l'Agnello non essere degno di ricevere potenza, divinità, sapienza, fortezza e onore? Non solo poteva queste cose, ma le aveva per sua propria natura divina. È allora un errore dire che l'Agnello è degno di riceverle? Non è un errore. Dal momento che il Verbo si fece carne e divenne l'Agnello di Dio per la grande Pasqua redentrice, Egli, alla perfezione propria di Dio, unì la natura di Uomo, e come tutti gli uomini ebbe una libera volontà, delle passioni, dei sentimenti, dei sensi.

   Il Padre Ss. non esercitò nessuna coercizione sul Figlio incarnato e lo trattò alla stregua di ogni altro uomo perché la sua santità di Uomo fosse reale e perfetta, e pari alla sua Santità di Dio. Se il Padre avesse legato o attutito la libertà, e i sensi, e sentimenti del Figlio; se - e lo poteva fare - avesse interdetto al demonio, al mondo e alla carne di avere voce per il Figlio incarnato, l'umanità del Figlio e la sua santità di uomo sarebbero state una parvenza soltanto. Ma il Padre volle la piena e perfetta santità del Figlio fattosi Carne perché la Vittima fosse realmente l'Agnello senza macchia, ostia immacolata e immolata pro omnibus.

   Il Figlio di Dio fu tentato non una, ma mille e mille volte nella sua umanità - perché unicamente in essa poteva esserlo - e dalla sua stessa umanità e dal mondo e dal demonio. E rimase santo e fedele di sua libera volontà alla Legge, alla Giustizia e perciò anche alla sua Missione. E perciò anche fedele al Sacrificio per compiere il quale aveva preso Carne.

   Ed ecco allora che per questo Colui che essendo Dio si fece Uomo, si fece Vittima, si fece Agnello, è degno di ricevere, anche come Uomo, ciò che già possedeva come Dio, e la gloria e l'impero nei secoli dei secoli.

   Se non si fosse sacrificato - ecco la chiave - non avrebbe avuto. È per il suo amore al sacrificio, che è la forma più alta dell'amore, che all'Agnello viene dato lo scettro di Re dei Re e Signore dei Signori.
   Chi vuole avere la gloria vera ami il sacrificio, imitando l'Agnello, e con l'Agnello dividerà la gloria beatifica.

   L'Orazione canta: "O Dio onnipotente ed eterno che volesti restaurare ogni cosa nel tuo diletto Figlio, Re dell'Universo". Vedete, o anime, il desiderio di Dio e la sua generosità d'amore? Non c'era che un Dio che potesse placare Dio e restituire l'Ordine, turbato nell'Eden, alla primitiva perfezione. L'Ordine era che coloro che sono stati creati ad immagine e somiglianza di Dio potessero godere di Dio ed essere dèi nel bel Paradiso.

   Lo spirito, concesso da Dio, emanazione di Dio, germe di Dio, Padre degli uomini, negli uomini non era conveniente che si sperdesse dopo la morte della carne. E neppure era conveniente che un perpetuo esilio tenesse gli spiriti giusti lungi dalla Dimora del Padre in un limbo sempiterno. La prima cosa non era conveniente per la dignità che va data a tutto ciò che viene da Dio, la seconda per la Giustizia di Dio. I giusti dovevano avere un premio. Quale, se non il Paradiso? Ma nel Paradiso non potevano entrare anime lese dalla colpa d'origine, che nessun purgatorio annulla. Ecco allora la necessità di annullare questa Colpa. Ecco la necessità che un Dio ristabilisse l'Ordine e lo sublimasse anche, perché la mondezza dalla Colpa non viene ora unicamente da un'eredità quale sarebbe stata quella data agli uomini2 da un Adamo ed Eva fedeli, ma dal Sacrificio di un Dio-Uomo, dai suoi meriti infiniti, dalla sua Dottrina che, accolta da anime di buona volontà, le fa imitatrici del Figlio di Dio nelle opere e nelle virtù.

   Il sacrificio, l'amore eroico, l'imitazione del Martire divino, la compartecipazione delle povere creature alla Passione di un Dio, con pari meriti e frutti, sempre tenendo presente la differenza che è fra Dio e l'uomo, non sarebbero stati se la colpa di due non avesse provocato la necessità della Incarnazione Ss. e della Redenzione Ss. Quanto sarebbe mancato agli uomini per fare invidia agli angeli se la Bontà di Dio Padre e la Generosità di Dio Figlio, nate e sorrette dall'Amore Infinito, non avesse mandato agli uomini il Salvatore, il Maestro perfetto, nel quale ogni uomo, che vuol divenire "dio", deve rispecchiarsi ed imitare per condividere la gloria di Gesù Ss. nel Cielo!

   Le vostre corone non sono più le ingenue e facili corone che avrebbero avuto nell'Eden i figli dell'uomo, ma le auree, spinose, preziose corone regali dei fratelli di Cristo, del Coronato Re del dolore, del Coronato Re della Gloria, le corone del martirio, di duri rami spinosi imperlati di sangue, le corone di gloria imperlate dei vostri sacrifici che vi attendono in Cielo.

   "Fratelli", esclama l'Apostolo, "ringraziamo Dio Padre che ci ha fatti degni di partecipare alla sorte dei santi nella Luce, e liberandoci dall'impero delle tenebre ci ha trasportati nel regno del suo Figlio diletto, nel sangue del quale abbiamo avuto redenzione e remissione dei nostri peccati".

   Un inno di grazie perpetuo dovrebbe sgorgare dal cuore degli uomini per tanto amore. Un inno non di parole vane, ma di palpiti d'amore e di azioni sante, fatte ad imitazione di Cristo. Un inno di riconoscenza e di lode per avervi fatti compartecipi con Cristo della redenzione dei fratelli, per avervi fatti fratelli al suo Verbo, a Gesù, figlio di Dio e di Maria, al Dio Perfettissimo, al Perfettissimo Uomo, al Re eterno che ha portato agli uomini "l'immagine dell'invisibile Dio", al Primogenito vero "perché in Lui tutte le cose si sono fatte in Terra e in Cielo" e "tutto è stato creato per mezzo di Lui: 'Parola', e in vista di Lui", ossia perché il Diletto del Padre potesse divenire Re dei Re dopo aver assunto tutte le regalità: l'Umanità, la Sapienza, il Dolore, la Tiara di Pontefice, l'impero sulla Morte.

   Di tanta Perfezione voi siete fratelli per il Sangue Preziosissimo che al Padre piacque che il Figlio prendesse e versasse, umiliando la pienezza della sua divinità, congiunta alla Carne immacolata, sul patibolo della Croce per riconciliare "le cose della Terra con quelle del Cielo". E, Fratello Perfetto,
Egli vi tende la Mano e porge lo scettro perché, come si legge nella storia di Ester, voi lo baciate e non abbiate più a temere il Re grande e terribile che per voi, o voi che lo amate ed imitate, è Fratello del quale non dovete temere.

   Il Padre a Lui dice in perpetuo: "Chiedimi, e Io ti darò in retaggio i popoli...". Ed Egli, il Re sublime, chiede voi, voi che amate, i prediletti, e chiede i peccatori, e a voi si volge perché uniate la vostra supplica alla Sua, il vostro soffrire attuale al suo soffrire di un tempo, e insieme uniti lavoriate con Lui a propagare il suo dominio sino agli ultimi confini della Terra. Siate alteri di questa elezione, e militate eroicamente sotto il vessillo di Cristo Re per poi regnare con Lui nella gloria celeste.

   Militare eroicamente è procedere secondo il codice che Paolo fissa ai suoi cristiani. La vita del cristiano è perpetua milizia, e milizia eroica, perché in lotta continua contro le stesse cose che combatté Gesù Cristo Ss. nei suoi 36 anni di vita terrena per conservarsi Agnello senza macchia.

AMDG et DVM

lunedì 31 ottobre 2011

"PLENA, PROPRIA et ABSOLUTA SIGNIFICATIONE, UNUS IESUS CHRISTUS, DEUS ET HOMO, REX EST; MARIA quoque REGALEM PARTICIPAT DIGNITATEM" (S.S.PIO XII)



CONSACRAZIONE 
AL SACRATISSIMO CUORE DI GESÙ

nella festa di Cristo RE

(Indulgentia plenaria)

O Gesù dolcissimo, o Redentore del genere umano, riguardate a noi umilmente prostrati innanzi al vostro altare.
Noi siamo vostri, e vostri vogliamo essere; e per vivere a voi più strettamente congiunti, ecco che ognuno di noi, oggi spontaneamente si consacra al vostro sacratissimo Cuore.

“Molti, purtroppo, non vi conobbero mai; molti, disprezzando i vostri comandamenti, vi ripudiarono. O benignissimo Gesù, abbi misericordia e degli uni e degli altri e tutti quanti attira al vostro Sacratissimo Cuore.

“O Signore, siate il Re non solo dei fedeli che non si allontanarono mai da voi, ma anche dì quei figli prodighi che vi abbandonarono; fate che questi, quanto prima, ritornino alla casa paterna, per non morire di miseria e di fame.

“Siate il Re di coloro che vivono nell'inganno e dell'errore, o per discordia da voi separati; richiamateli al porto della verità, all'unità della fede, affinché in breve si faccia un solo ovile sotto un solo pastore.
 
[“Siate il re finalmente di tutti quelli che sono avvolti nelle superstizioni dell’Idolatria e dell’Islamismo; e non ricusate di trarli tutti al lume e al regno vostro. 
 
Riguardate finalmente con occhio di misericordia i figli di quel popolo che un giorno fu il prediletto; scenda anche sopra di loro, lavacro di redenzione di vita, il sangue già sopra essi invocato.] *

“Largite, o Signore, incolumità e libertà sicura al­la vostra Chiesa, largite a tutti i popoli la tranquillità dell'ordine. Fate che da un capo all'altro della terra risuoni quest'unica voce:

“Sia lode a quel Cuore divino, da cui venne la nostra salute; a lui si canti gloria e onore nei secoli dei secoli. Amen”

*Per decreto della Sacra Penitenzieria Apostolica del 18 luglio 1959, dalla formula di consacrazione va omesso dalla proclamazione pubblica, il brano che va da: siate il re, a, essi invocato.

***

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PIO XII
LETTERA ENCICLICA

AD CAELI REGINAM(1)
DIGNITÀ REGALE DELLA SANTA VERGINE MARIA
 
Fin dai primi secoli della chiesa cattolica il popolo cristiano ha elevato supplici preghiere e inni di lode e di devozione alla Regina del cielo, sia nelle circostanze liete, sia, e molto più, nei periodi di gravi angustie e pericoli; né vennero meno le speranze riposte nella Madre del Re divino, Gesù Cristo, mai s'illanguidì la fede, dalla quale abbiamo imparato che la vergine Maria, Madre di Dio, presiede all'universo con cuore materno, come è coronata di gloria nella beatitudine celeste.
Ora, dopo le grandi rovine che, anche sotto i Nostri occhi, hanno distrutto fiorenti città, paesi e villaggi; davanti al doloroso spettacolo di tali e tanti mali morali, che si avanzano paurosamente in limacciose ondate, mentre vediamo scalzare le basi stesse della giustizia e trionfare la corruzione, in questo incerto e spaventoso stato di cose, Noi siamo presi da sommo dispiacere e perciò ricorriamo fiduciosi alla Nostra regina Maria, mettendo ai piedi di lei, insieme col Nostro, i sentimenti di devozione di tutti i fedeli, che si gloriano del nome di cristiani.
È gradito e utile ricordare che Noi stessi, il 1° novembre dell'anno santo 1950, abbiamo decretato, dinanzi a una grande moltitudine di em.mi cardinali, di venerandi vescovi, di sacerdoti e di cristiani, venuti da ogni parte del mondo, il dogma dell'assunzione della beatissima vergine Maria in cielo,(2) dove, presente in anima e corpo, regna tra i cori degli angeli e dei santi, insieme al suo unigenito Figlio. Inoltre, ricorrendo il centenario della definizione dogmatica fatta dal Nostro predecessore, Pio IX, di imm. mem., sulla Madre di Dio concepita senza alcuna macchia di peccato originale, abbiamo indetto l'anno mariano,(3) nel quale con gran gioia vediamo che non solo in questa alma città - specialmente nella Basilica Liberiana, dove innumerevoli folle continuano a professare apertamente la loro fede e il loro ardente amore alla Madre celeste - ma anche in tutte le parti del mondo la devozione verso la Vergine, Madre di Dio, rifiorisce sempre più; mentre i principali santuari di Maria hanno accolto e accolgono ancora pellegrinaggi imponenti di fedeli devoti.
Tutti poi sanno che Noi, ogni qualvolta Ce n'è stata offerta la possibilità, cioè quando abbiamo potuto rivolgere la parola ai Nostri figli, venuti a trovarci, e quando abbiamo indirizzato messaggi anche ai popoli lontani per mezzo delle onde radiofoniche, non abbiamo cessato di esortare tutti coloro, ai quali abbiamo potuto rivolgerCi, ad amare la nostra benignissima e potentissima Madre di un amore tenero e vivo, come conviene a figli. In proposito, ricordiamo particolarmente il radiomessaggio, che abbiamo indirizzato al popolo portoghese, nell'incoronazione della taumaturga Madonna di Fatima,(4) da Noi stessi chiamato radiomessaggio della «regalità» di Maria.(5)
Pertanto, quasi a coronamento di tutte queste testimonianze della Nostra pietà mariana, cui il popolo cristiano ha risposto con tanta passione, per concludere utilmente e felicemente l'anno mariano che volge al termine e per venire incontro alle insistenti richieste, che Ci sono pervenute da ogni parte, abbiamo stabilito di istituire la festa liturgica della «beata Maria vergine regina».
Non si tratta certo di una nuova verità proposta al popolo cristiano, perché il fondamento e le ragioni della dignità regale di Maria, abbondantemente espresse in ogni età, si trovano nei documenti antichi della chiesa e nei libri della sacra liturgia.
Ora vogliamo richiamarle nella presente enciclica per rinnovare le lodi della nostra Madre celeste e per renderne più viva la devozione nelle anime, con vantaggio spirituale.
 
I
Il popolo cristiano ha sempre creduto a ragione, anche nei secoli passati, che colei, dalla quale nacque il Figlio dell'Altissimo, che «regnerà eternamente nella casa di Giacobbe» (Lc 1, 32), (sarà) «Principe della pace» (Is 9, 6), «Re dei re e Signore dei signori» (Ap 19, 16), al di sopra di tutte le altre creature di Dio ricevette singolarissimi privilegi di grazia. Considerando poi gli intimi legami che uniscono la madre al figlio, attribuì facilmente alla Madre di Dio una regale preminenza su tutte le cose.
Si comprende quindi facilmente come già gli antichi scrittori della chiesa, avvalendosi delle parole dell'arcangelo san Gabriele, che predisse il regno eterno del Figlio di Maria (cf. Lc 1, 32-33), e di quelle di Elisabetta, che s'inchinò davanti a lei, chiamandola «madre del mio Signore» (Lc 1, 43), abbiano, denominando Maria «madre del Re» e «madre del Signore», voluto significare che dalla regalità del Figlio dovesse derivare alla Madre una certa elevatezza e preminenza.
Pertanto sant'Efrem, con fervida ispirazione poetica, così fa parlare Maria: «Il cielo mi sorregga con il suo braccio, perché io sono più onorata di esso. Il cielo, infatti, fu soltanto tuo trono, non tua madre. Ora quanto è più da onorarsi e da venerarsi la madre del Re del suo trono!».(6) E altrove così egli prega Maria: «... vergine augusta e padrona, regina, signora, proteggimi sotto le tue ali, custodiscimi, affinché non esulti contro di me satana, che semina rovine, né trionfi contro di me l'iniquo avversario».(7)
San Gregorio di Nazianzo chiama Maria madre del Re di tutto l'universo», «madre vergine, [che] ha partorito il Re di tutto il mondo»,(8) mentre Prudenzio ci parla della Madre, che si meraviglia «di aver generato Dio come uomo sì, ma anche come sommo re».(9)
La dignità regale di Maria è poi chiaramente asserita da coloro che la chiamano «signora», «dominatrice», «regina». Secondo un'omelia attribuita a Origene, Elisabetta apostrofa Maria «madre del mio Signore», e anche: «Tu sei la mia signora».(10)
Lo stesso concetto si può dedurre da un testo di san Girolamo, nel quale espone il suo pensiero circa le varie interpretazioni del nome di Maria: «Si deve sapere che Maria, nella lingua siriaca, significa Signora».(11) Ugualmente si esprime, dopo di lui, san Pietro Crisologo: «Il nome ebraico Maria si traduce "Domina" in latino: l'angelo dunque la saluta "Signora" perché sia esente da timore servile la madre del Dominatore; che per volontà del Figlio nasce e si chiama Signora».(12)
Sant'Epifanio, vescovo di Costantinopoli, scrive al sommo pontefice Ormisda, che si deve implorare l'unità della chiesa «per la grazia della santa e consostanziale Trinità e per l'intercessione della nostra santa signora, gloriosa vergine e Madre di Dio, Maria».(13)
Un autore di questo stesso tempo si rivolge con solennità alla beata Vergine seduta alla destra di Dio, invocandone il patrocinio, con queste parole: «Signora dei mortali, santissima Madre di Dio».(14)
Sant'Andrea di Creta attribuisce spesso la dignità regale alla Vergine; ne sono prova i seguenti passi: «(Gesù Cristo) portà in questo giorno come regina del genere umano dalla dimora terrena (ai cieli) la sua Madre sempre vergine, nel cui seno, pur rimanendo Dio, prese l'umana carne».(15) E altrove: «Regina di tutti gli uomini, perché fedele di fatto al significato del suo nome, eccettuato soltanto Dio, si trova al di sopra di tutte le cose».(16)
San Germano poi così si rivolge all'umile Vergine: «Siedi, o signora: essendo tu regina e più eminente di tutti i re ti spetta sedere nel posto più alto»;(17) e la chiama. «Signora di tutti coloro che abitano la terra».(18)
San Giovanni Damasceno la proclama «regina, padrona, signora»(19) e anche «signora di tutte le creature»;(20) e un antico scrittore della chiesa occidentale la chiama «regina felice», «regina eterna, presso il Figlio Re», della quale «il bianco capo è ornato di aurea corona».(21)
Sant'Ildefonso di Toledo riassume tutti i titoli di onore in questo saluto: «O mia signora, o mia dominatrice: tu sei mia signora, o madre del mio Signore... Signora tra le ancelle, regina tra le sorelle».(22)
I teologi della chiesa, raccogliendo l'insegnamento di queste e di molte altre testimonianze antiche, hanno chiamato la beatissima Vergine regina di tutte le cose create, regina del mondo; signora dell'universo.
I sommi pastori della chiesa non mancarono di approvare e incoraggiare la devozione del popolo cristiano verso la celeste Madre e Regina con esortazioni e lodi. Lasciando da parte i documenti dei papi recenti, ricorderemo che già nel secolo settimo il Nostro predecessore san Martino I, chiamò Maria «Nostra Signora gloriosa, sempre vergine»;(23) sant'Agatone, nella lettera sinodale, inviata ai padri del sesto concilio ecumenico, la chiamò «Nostra Signora, veramente e propriamente Madre di Dio»;(24) e nel secolo VIII, Gregorio II, in una lettera inviata al patriarca san Germano, letta tra le acclamazioni dei padri del settimo concilio ecumenico, proclamava Maria «signora di tutti e vera Madre di Dio» e «signora di tutti i cristiani».(25)
Ricorderemo parimenti che il Nostro predecessore di immortale memoria Sisto IV, nella lettera apostolica Cum praeexcelsa,(26) in cui accenna con favore alla dottrina dell'immacolata concezione della beata Vergine, comincia proprio con le parole che dicono Maria «regina, che sempre vigile intercede presso il Re, che ha generato». Parimenti Benedetto XIV, nella lettera apostolica Gloriosae Dominae, chiama Maria «regina del cielo e della terra», affermando che il sommo Re ha, in qualche modo, affidato a lei il suo proprio impero.(27)
Onde sant'Alfonso, tenendo presente tutta la tradizione dei secoli che lo hanno preceduto, poté scrivere con somma devozione: «Poiché la vergine Maria fu esaltata ad essere la Madre del Re dei re, con giusta ragione la chiesa l'onora col titolo di Regina».(28)
 
II 
La sacra liturgia, che è lo specchio fedele dell'insegnamento tramandato dai Padri e affidato al popolo cristiano, ha cantato nel corso dei secoli e canta continuamente sia in Oriente che in Occidente le glorie della celeste Regina.
Fervidi accenti risuonano dall'Oriente: «O Madre di Dio, oggi sei trasferita al cielo sui carri dei cherubini, i serafini si onorano di essere ai tuoi ordini, mentre le schiere dei celesti eserciti si prostrano dinanzi a te».(29)
E ancora: «O giusto, beatissimo (Giuseppe), per la tua origine regale sei stato fra tutti prescelto a essere lo sposo della Regina immacolata, la quale darà alla luce in modo ineffabile il re Gesù».(30) E inoltre: «Scioglierò un inno alla Madre regina, alla quale mi rivolgo con gioia, per cantare lietamente le sue glorie. ... O Signora, la nostra lingua non ti può celebrare degnamente, perché tu, che hai dato alla luce Cristo, nostro Re, sei stata esaltata al di sopra dei serafini. ... Salve, o regina del mondo, salve, o Maria, signora di tutti noi».(31)
Nel «Messale» etiopico si legge: « O Maria, centro di tutto il mondo ... tu sei più grande dei cherubini pluriveggenti e dei serafini dalle molte ali. ... Il cielo e la terra sono ricolmi della santità della tua gloria».(32)
Fa eco la liturgia della chiesa latina con l'antica e dolcissima preghiera «Salve, regina», le gioconde antifone «Ave, o regina dei cieli», «Regina del cielo, rallégrati, alleluia» e altri testi, che si recitano in varie feste della beata vergine Maria: «Come regina stette alla tua destra con un abito dorato, rivestita di vari ornamenti»;(33) «La terra e il popolo cantano la tua potenza, o regina»;(34) «Oggi la vergine Maria sale al cielo: godete, perché regna con Cristo in eterno».(35)
A tali canti si devono aggiungere le Litanie lauretane, che richiamano i devoti a invocare ripetutamente Maria regina; e nel quinto mistero glorioso del santo rosario, la mistica corona della celeste regina, i fedeli contemplano in pia meditazione già da molti secoli, il regno di Maria, che abbraccia il cielo e la terra.
Infine l'arte ispirata ai principi della fede cristiana e perciò fedele interprete della spontanea e schietta devozione popolare, fin dal Concilio di Efeso, è solita rappresentare Maria come regina e imperatrice, seduta in trono e ornata delle insegne regali, cinta il capo di corona e circondata dalle schiere degli angeli e dei santi, come colei che domina non soltanto sulle forze della natura, ma anche sui malvagi assalti di satana. L'iconografia, anche per quel che riguarda la dignità regale della beata vergine Maria, si è arricchita in ogni secolo di opere di grandissimo valore artistico, arrivando fino a raffigurare il divin Redentore nell'atto di cingere il capo della Madre sua con fulgida corona.
I pontefici romani non hanno mancato di favorire questa devozione del popolo, decorando spesso di diadema, con le proprie mani o per mezzo di legati pontifici, le immagini della vergine Madre di Dio, già distinte per singolare venerazione.
 
III
Come abbiamo sopra accennato, venerabili fratelli, l'argomento principale, su cui si fonda la dignità regale di Maria, già evidente nei testi della tradizione antica e nella sacra liturgia, è senza alcun dubbio la sua divina maternità. Nelle sacre Scritture infatti, del Figlio, che sarà partorito dalla Vergine, si afferma: «Sarà chiamato Figlio dell'Altissimo e il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre; e regnerà nella casa di Giacobbe eternamente e il suo regno non avrà fine» (Lc 1, 32-33); e inoltre Maria è proclamata «Madre del Signore» (Lc 1, 43). Ne segue logicamente che ella stessa è Regina, avendo dato la vita a un Figlio; che nel medesimo istante del concepimento, anche come uomo, era re e signore di tutte le cose, per l'unione ipostatica della natura umana col Verbo. San Giovanni Damasceno scrive dunque a buon diritto: «È veramente diventata la Signora di tutta la creazione, nel momento in cui divenne Madre del Creatore»(36) e lo stesso arcangelo Gabriele può dirsi il primo araldo della dignità regale di Maria.
Tuttavia la beatissima Vergine si deve proclamare regina non soltanto per la maternità divina, ma anche per la parte singolare che, per volontà di Dio, ebbe nell'opera della nostra salvezza eterna. «Quale pensiero - scrive il Nostro predecessore di felice memoria Pio XI - potremmo avere più dolce e soave di questo, che Cristo è nostro re non solo per diritto nativo, ma anche per diritto acquisito e cioè per la redenzione? Ripensino tutti gli uomini dimentichi quanto costammo al nostro Salvatore: "Non siete stati redenti con oro o argento, beni corruttibili, ... ma col sangue prezioso di Cristo, agnello immacolato e incontaminato" (1 Pt 1;18-19). Non apparteniamo dunque a noi stessi, perché "Cristo a caro prezzo" (1 Cor 6, 20) ci ha comprati».(37)
Ora nel compimento dell'opera di redenzione Maria santissima fu certo strettamente associata a Cristo, onde giustamente si canta nella sacra liturgia: «Santa Maria, regina del cielo e signora del mondo, affranta dal dolore, se ne stava in piedi presso la croce del Signore nostro Gesù Cristo».(38) E un piissimo discepolo di sant'Anselmo poteva scrivere nel medioevo: «Come ... Dio, creando tutte le cose nella sua potenza, è padre e signore di tutto, così Maria, riparando tutte le cose con i suoi meriti, è la madre e la signora di tutto: Dio è signore di tutte le cose, perché le ha costituite nella loro propria natura con il suo comando, e Maria è signora di tutte le cose, riportandole alla loro originale dignità con la grazia che ella meritò».(39) Infatti: «Come Cristo per il titolo particolare della redenzione è nostro signore e nostro re, così anche la Vergine beata (è nostra signora) per il singolare concorso prestato alla nostra redenzione, somministrando la sua sostanza e offrendola volontariamente per noi, desiderando, chiedendo e procurando in modo singolare la nostra salvezza».(40)
Da queste premesse si può così argomentare: se Maria, nell'opera della salute spirituale, per volontà di Dio, fu associata a Cristo Gesù, principio di salvezza, e in maniera simile a quella con cui Eva fu associata ad Adamo, principio di morte, sicché si può affermare che la nostra redenzione si compì se­condo una certa «ricapitolazione»,(41) per cui il genere umano, assoggettato alla morte, per causa di una vergine, si salva anche per mezzo di una Vergine; se inoltre si può dire che questa gloriosissima Signora venne scelta a Madre di Cristo proprio «per essere a lui associata nella redenzione del genere umano»(42) e se realmente «fu lei, che esente da ogni colpa personale o ereditaria, strettissimamente sempre unita al suo Figlio, lo ha offerto sul Golgota all'eterno Padre sacrificando insieme l'amore e i diritti materni, quale nuova Eva, per tutta la posterità di Adamo, macchiata dalla sua caduta miseranda»;(43) se ne potrà legittimamente concludere che, come Cristo, il nuovo Adamo, è nostro re non solo perché Figlio di Dio, ma anche perché nostro redentore, così, secondo una certa analogia, si può affermare parimenti che la beatissima Vergine è regina, non solo perché Madre di Dio, ma anche perché quale nuova Eva è stata associata al nuovo Adamo.
È certo che in senso pieno, proprio e assoluto, soltanto Gesù Cristo, Dio e uomo, è re; tuttavia, anche Maria, sia come madre di Cristo Dio, sia come socia nell'opera del divin Redentore, e nella lotta con i nemici e nel trionfo ottenuto su tutti, ne partecipa la dignità regale, sia pure in maniera limitata e analogica. Infatti da questa unione con Cristo re deriva a lei tale splendida sublimità, da superare l'eccellenza di tutte le cose create: da questa stessa unione con Cristo nasce quella regale potenza, per cui ella può dispensare i tesori del regno del divin redentore; infine dalla stessa unione con Cristo ha origine l'inesauribile efficacia della sua materna intercessione presso il Figlio e presso il Padre.
Nessun dubbio pertanto che Maria santissima sopravanzi in dignità tutta la creazione e abbia su tutti il primato, dopo il suo Figliuolo. «Tu infine - canta san Sofronio - hai di gran lunga sopravanzato ogni creatura. ... Che cosa può esistere di più sublime di tale gioia, o Vergine Madre? Che cosa può esistere di più elevato di tale grazia, che per volontà divina tu sola hai avuto in sorte?».(44) E va ancora più oltre nella lode san Germano: «La tua onorifica dignità ti pone al di sopra di tutta la creazione: la tua sublimità ti fa superiore agli angeli».(45) San Giovanni Damasceno poi giunge a scrivere la seguente espressione: «È infinita la differenza tra i servi di Dio e la sua Madre».(46)
Per aiutarci a comprendere la sublime dignità che la Madre di Dio ha raggiunto al di sopra di tutte le creature, possiamo ripensare che la santissima Vergine, fin dal primo istante del suo concepimento, fu ricolma di tale abbondanza di grazie da superare la grazia di tutti i santi. Onde - come scrisse il Nostro predecessore Pio XI di fel. mem. nella lettera apostolica Ineffabilis Deus - «ha con tanta munificenza arricchito Maria con l'abbondanza di doni celesti, tratti dal tesoro della divinità, di gran lunga al di sopra degli angeli e di tutti i santi, che ella, del tutto immune da ogni macchia di peccato, in tutta la sua bellezza e perfezione, avesse tale pienezza d'innocenza e di santità che non se ne può pensare una più grande al di sotto di Dio e che all'infuori di Dio nessuno riuscirà mai a comprendere».(47)
Inoltre la beata Vergine non ha avuto soltanto il supremo grado, dopo Cristo, dell'eccellenza e della perfezione, ma anche una partecipazione di quell'influsso, con cui il suo Figlio e Redentore nostro giustamente si dice che regna sulla mente e sulla volontà degli uomini. Se infatti il Verbo opera i miracoli e infonde la grazia per mezzo dell'umanità che ha assunto, se si serve dei sacramenti dei suoi santi come di strumenti per la salvezza delle anime, perché non può servirsi dell'ufficio e dell'opera della Madre sua santissima per distribuire a noi i frutti della redenzione? «Con animo veramente materno - così dice lo stesso predecessore Nostro Pio IX di imm. mem. - trattando l'affare della nostra salute ella è sollecita di tutto il genere umano, essendo costituita dal Signore regina del cielo e della terra ed esaltata sopra tutti i cori degli angeli e sopra tutti i gradi dei santi in cielo, stando alla destra del suo unigenito Figlio; Gesù Cristo, Signore nostro, con le sue materne suppliche impetra efficacissimamente, ottiene quanto chiede, né può rimanere inesaudita».(48) A questo proposito l'altro predecessore Nostro di fel. mem., Leone XIII, dichiarò che alla beata vergine Maria è stato concesso un potere «quasi immenso» nell'elargizione delle grazie;(49) e san Pio X aggiunge che Maria compie questo suo ufficio «come per diritto materno».(50)
Godano dunque tutti i fedeli cristiani di sottomettersi all'impero della vergine Madre di Dio, la quale, mentre dispone di un potere regale, arde di materno amore.
Però in queste e altre questioni, che riguardano la beata Vergine, i teologi e i predicatori della divina parola abbiano cura di evitare certe deviazioni per non cadere in un doppio errore; si guardino cioè da opinioni prive di fondamento e che con espressioni esagerate oltrepassano i limiti del vero; e dall'altra parte si guardino pure da un'eccessiva ristrettezza di mente nel considerare quella singolare, sublime, anzi quasi divina dignità della Madre di Dio, che il dottore angelico ci insegna ad attribuirle «per ragione del bene infinito, che è Dio».(51)
Del resto, in questo, come in altri campi della dottrina cristiana, «la norma prossima e universale» è per tutti il magistero vivo della chiesa, che Cristo ha costituito «anche per illustrare e spiegare quelle cose, che nel deposito della fede sono contenute solo oscuramente e quasi implicitamente».(52)
 
IV
Dai monumenti dell'antichità cristiana, dalle preghiere della liturgia, dall'innata devozione del popolo cristiano, dalle opere d'arte, da ogni parte abbiamo raccolto espressioni e accenti; secondo i quali la vergine Madre di Dio primeggia per la sua dignità regale; e abbiamo anche mostrato che le ragioni, che la sacra teologia ha dedotto dal tesoro della fede divina, confermano pienamente questa verità. Di tante testimonianze riportate si forma un concerto, la cui eco risuona larghissimamente, per celebrare il sommo fastigio della dignità regale della Madre di Dio e degli uomini, la quale è stata «esaltata ai regni celesti, al di sopra dei cori angelici ».(53)
EssendoCi poi fatta la convinzione dopo mature ponderate riflessioni, che ne verranno grandi vantaggi alla chiesa se questa verità solidamente dimostrata risplenda più evidente davanti a tutti, quasi lucerna più luminosa sul suo candelabro, con la Nostra autorità apostolica, decretiamo e istituiamo la festa di Maria regina, da celebrarsi ogni anno in tutto il mondo il giorno 31 maggio. Ordiniamo ugualmente che indetto giorno sia rinnovata la consacrazione del genere umano al cuore immacolato della beata vergine Maria. In questo gesto infatti è riposta grande speranza che possa sorgere una nuova era, allietata dalla pace cristiana e dal trionfo della religione.
Procurino dunque tutti di avvicinarsi ora con maggior fiducia di prima, quanti ricorrono al trono di grazia e di misericordia della Regina e Madre nostra, per chiedere soccorso nelle avversità, luce nelle tenebre, conforto nel dolore e nel pianto, e, ciò che conta più di tutto, si sforzino di liberarsi dalla schiavitù del peccato, per poter presentare un ossequio immutabile, penetrato dalla fragrante devozione di figli, allo scettro regale di sì grande Madre. I suoi templi siano frequentati dalle folle dei fedeli, per celebrarne le feste; la pia corona del Rosario sia nelle mani di tutti per riunire insieme, nelle chiese, nelle case, negli ospedali, nelle carceri, sia i piccoli gruppi, sia le grandi adunanze di fedeli, a cantare le sue glorie. Sia in sommo onore il nome di Maria, più dolce del nettare, più prezioso di qualunque gemma; e nessuno osi pronunciare empie bestemmie, indice di animo corrotto, contro questo nome ornato di tanta maestà e venerando per la grazia materna; e neppure si osi mancare in qualche modo di rispetto ad esso.
Tutti si sforzino di imitare, con vigile e diligente cura, nei propri costumi e nella propria anima, le grandi virtù della Regina celeste e nostra Madre amantissima. Ne deriverà di conseguenza che i cristiani, venerando e imitando sì grande Regina e Madre, si sentano infine veramente fratelli, e, sprezzanti dell'invidia e degli smodati desideri delle ricchezze, promuovano l'amore sociale, rispettino i diritti dei poveri e amino la pace, Nessuno dunque si reputi figlio di Maria, degno di essere accolto sotto la sua potentissima tutela, se sull'esempio di lei non si dimostrerà mite, giusto e casto, contribuendo con amore alla vera fraternità, non ledendo e nuocendo, ma aiutando e confortando.
In molti paesi della terra vi sono persone ingiustamente perseguitate per la loro professione cristiana e private dei diritti umani e divini della libertà: per allontanare questi mali nulla valgono finora le giustificate richieste e le ripetute proteste. A questi figli innocenti e tormentati rivolga i suoi occhi di misericordia, che con la loro luce portano il sereno allontanando i nembi e le tempeste, la potente Signora delle cose e dei tempi, che sa placare le violenze con il suo piede verginale; e conceda anche a loro di poter presto godere della dovuta libertà per la pratica aperta dei doveri religiosi, sicché servendo la causa dell'evangelo, con opera concorde e con egregie virtù, che nelle asprezze rifulgono ad esempio, giovino anche alla solidità e al progresso della città terrena.
Pensiamo anche che la festa istituita con questa lettera enciclica, affinché tutti più chiaramente riconoscano e con più cura onorino il clemente e materno impero della Madre di Dio, possa contribuire assai a che si conservi, si consolidi e si renda perenne la pace dei popoli, minacciata quasi ogni giorno da avvenimenti pieni di ansietà. Non è ella l'arcobaleno posto sulle nubi verso Dio, come segno di pacifica alleanza? (cf. Gn 9, 13). «Mira l'arcobaleno e benedici colui che l'ha fatto; esso è molto bello nel suo splendore, abbraccia il cielo nel suo cerchio radioso e le mani dell'Altissimo lo hanno teso» (Eccli 43, 12-13). Chiunque pertanto onora la Signora dei celesti e dei mortali - e nessuno si creda esente da questo tributo di riconoscenza e di amore - la invochi come regina potentissima, mediatrice di pace; rispetti e difenda la pace, che non è ingiustizia impunita né sfrenata licenza, ma è invece concordia bene ordinata sotto il segno e il comando della volontà di Dio: a fomentare e accrescere tale concordia spingono le materne esortazioni e gli ordini di Maria vergine.
Desiderando moltissimo che la Regina e Madre del popolo cristiano accolga questi Nostri voti e rallegri della sua pace le terre scosse dall'odio, e a noi tutti mostri, dopo questo esilio, Gesù, che sarà la nostra pace e la nostra gioia in eterno, a voi, venerabili fratelli, e ai vostri fedeli, impartiamo di cuore l'apostolica benedizione, come auspicio dell'aiuto di Dio onnipotente e in testimonianza del Nostro amore.
Roma, presso San Pietro, nella festività della maternità di Maria vergine, l'11 ottobre 1954, XVI del Nostro pontificato.

PIO PP. XII



(1) PIUS PP. XII, Litt. enc. Ad caeli Reginam de regali Beatae Mariae Virginis dignitate eiusque festo instituendo, [Ad venerabiles Fratres Patriarchas, Archiepiscopos, Episcopos aliosque locorum Ordinarios pacem et communionem cum Apostolica Sede habentes], 11 octobris 1954: AAS 46(1954), pp. 625-640.
Istituzione della festa della regalità di Maria s.ma. La devozione costante dei popoli per Maria s.ma, culminata con la proclamazione del dogma della sua assunzione. Coronare l'opera istituendo la festa di Maria Regina, in realtà non nuova, ma già espressa in ogni età: dalla sacra Scrittura, dai padri e scrittori ecclesiastici con dottrina profonda e poetici accenti, dai sommi pontefici, dalla liturgia romana e orientale e infine dall'arte d'ogni tempo. Principali argomenti dogmatici e di convenienza. È giusto perciò che tutti riconoscano questo potere regale: la festa al 31 maggio; ricorrere alla Madre di Dio, imitandone le virtù, impetrando la forza nelle tribolazioni, la pace fra i popoli e la visione eterna del suo divin Figlio.
(2) Cf. Const. apost. Munificentissimus Deus: AAS 42(1950), p. 753ss; EE 6/1931ss.
(3) Cf. Litt. enc. Fulgens corona: AAS 45(1953), p. 577ss; EE 6/944ss. 
(4) Cf. AAS 38(1946), p. 264ss.
(5) Cf. L'Osservatore Romano, 19.5.1946.
(6) S. EPHRAEM, Hymni de B. Maria, ed. Th. J. Lamy, t. II, Mechliniae 1886, Hymn. XIX, p. 624.
(7) S. EPHRAEM, Oratio ad Ss.mam Dei Matrem: Opera omnia, ed. Assemani, t. III (graece), Romae 1747, p. 546.
(8) S. GREGORIUS NAZ., Poemata dogmatica, XVIII, v. 58: PG 37, 485. 
(9) PRUDENTIUS, Dittochaeum, XXVII: PL 60, 102A; Obras completas de Aurelio Prudencio (edicion bilingüe), BAC, Madrid 1981, p. 758.
(10) Hom. in S. Lucam, hom. VII: ed. Rauer, Origenes Werke, t. IX, p. 48 (ex catena Macarii Crysocephali). Cf. PG 13, 1902D.
(11) S. HIERONYMUS, Liber de nominibus hebraeis: PL 23, 886.
(12) S. PETRUS CHRYSOLOGUS, Sermo 142, De Annuntiatione B.M.V.: PL 52, 579C; cf, etiam 582B, 584A: «Regina totius exstitit castitatis».
(13) Relatio Epiphanii Ep. Constantin.: PL 63, 498D.
(14) Encomium in Dormitionem Ss.mae Deiparae (inter opera S. Modesti): PG 86, 3306B.
(15) S. ANDREAS CRETENSIS, Homilia II in Dormitionem Ss.mae Deiparae: PG 97, 1079B.
(16) S. ANDREAS CRETENSIS, Homilia III in Dormitionem Ss.mae Deiparae, I: PG 98, 303A.
(17) S. GERMANUS, In Praesentationem Ss.mae Deiparae, I: PG 98, 303A.
(18) S. GERMANUS, In Praesentationem Ss.mae Deiparae, II: PG 98, 315C.
(19) S. IOANNES DAMASCENUS, Homilia I in Dormitionem B.M.V.: PG 96, 719A.
(20) S. IOANNES DAMASCENUS, De fide orthodoxa,1. IV, c.14: PG 44,1158B. 
(21) De laudibus Mariae (inter opera Venantii Fortunati): PL 88, 282B et 283A.
(22) ILDEFONSUS TOLETANUS; De virginitate perpetua B.M.V.: PL 96, 58AD. 
(23) S. MARTINUS I, Epist. XIV: PL 87, 199-200A.
(24) S. AGATHO: PL 87; 1221A; Dz 547.
(25) HARDOUIN, Acta Conciliorum, IV, 234 et 238: PL 89, 508B. 
(26) XYSTUS IV, Bulla Cum praeexcelsa, 28 febr. 1476.
(27) BENEDICTUS XIV, Bulla Gloriosae Dominae, 07 sept. 1748.
(28) S. ALFONSO, Le glorie di Maria, p. I. c. I, § 1.
(29) Ex liturgia Armenorum: in festo Assumptionis, hymnus ad Matutinum. 
(30) Ex Menaeo (byzantino): Dominica post Natalem, in Canone, ad Matutinum.
(31) Officium hymni Akátistos (in ritu byzantino).
(32) Missale Aethiopicum, Anaphora Dominae nostrae Mariae, Matris Dei. 
(33) Breviarium Romanum, Versiculus sexti Respons.
(34) Festum Assumptionis, Hymnus Laudum.
(35) Festum Assumptionis, ad Magnificat II Vesp.
(36) S. IOANNES DAMASCENUS, De fide orthodoxa, 1. IV, c. 14: PG 94, 1158s.B.
(37) PIUS XI, Litt. enc. Quas primas: AAS 17(1925), p. 599; EE 5/147. 
(38) Festum septem dolorum B. Mariae Virg., Tractus.
(39) EADMERUS, De excellentia Virginis Mariae, c. 11: PL 159, 508AB.
(40) F. SUAREZ, De mysteriis vitae Christi, disp. XXII, sect. II: éd. Vivès, XIX, 327.
(41) S. IRENAEUS, Adv. haer., V, 19, 1: PG 7, 1175B.
(42) PIUS XI, Epist. Auspicatus profecto: AAS 25(1933), p. 80.
(43) PIUS XII, Litt, enc. Mystici corporis: AAS 35(1943), p. 247; EE 6/258. 
(44) S. SOPHRONIUS, In Annuntiationem Beatae Mariae Virginis: PG 87, 3238D et 3242A.
(45) S. GERMANUS, Hom. II in Dormitionem Beatae Mariae Virginis: PG 98, 354B.
(46) S. IOANNES DAMASCENUS, Hom. I in Dormitionem Beatae Mariae Virginis: PG 96, 715A.
(47) PIUS IX, Bulla Ineffabilis Deus: Acta Pii IX, I, pp. 597-598; EE 2/app.
(48) Ibidem, p. 618; EE 2/app.
(49) LEO XIII, Litt. enc. Adiutricem populi: AAS 28(1895-96), p.130; EE 3.
(50) PIUS X, Litt. enc. Ad diem illum: AAS 36(1903-04), p. 455; EE 4/27.

(51) S. THOMAS, Summa theol., I, q. 25, a. 6, ad 4.
(52) PIUS XII, Litt. enc. Humani generis: AAS 42(1950), p. 569; EE 6/721.
(53) Ex Brev. Rom.: Festum Assumptionis Beatae Mariae Virginis.
      
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