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giovedì 27 giugno 2019

Gamaliele... e Saulo... e STEFANO

VOLUME X CAPITOLO 645



DCXLV. Il processo a Stefano e la sua lapidazione. Le opposte vie di Saulo e di Gamaliele alla santità. 

    7 agosto 1944.
 
 1 L'aula del Sinedrio, uguale, e per disposizione e per persone, a come era nella notte tra il giovedì e il venerdì, durante il processo di Gesù. Il Sommo Sacerdote e gli altri sono sui loro scanni. Al centro, davanti al Sommo Sacerdote, nello spazio vuoto dove, durante il processo, era Gesù, è ora Stefano.
   Egli deve aver già parlato, confessando la sua fede e testimoniando sulla vera Natura del Cristo e sulla sua Chiesa, perché il tumulto è al colmo e nella sua violenza è in tutto simile a quello che si agitava contro il Cristo nella notte fatale del tradimento e deicidio. Pugni, maledizioni, bestemmie orrende sono lanciati contro il diacono Stefano che, sotto le percosse brutali, traballa e vacilla mentre con ferocia lo stiracchiano qua e là. Ma egli conserva la sua calma e dignità. Anzi più ancora. È non solo calmo e dignitoso, ma persino beato, quasi esta­tico.

   Senza curarsi degli sputi che gli rigano il volto, né del sangue che gli scende dal naso violentemente colpito, alza, ad un certo momento, il suo volto ispirato e il suo sguardo luminoso e sorridente per affissarsi su una visione nota a lui solo. Apre poi le braccia in croce, le alza e le tende verso l'alto, come per abbracciare ciò che vede, poscia cade in ginocchio esclamando: «Ecco, io vedo aperti i Cieli, ed il Figlio dell'Uomo, Gesù, il Cristo di Dio, che voi avete ucciso, stare alla destra di Dio».
   Allora il tumulto perde quel minimo che ancora conservava di umanità e di legalità e, con la furia di una muta di lupi, di sciacalli, di belve idrofobe, tutti si slanciano sul diacono, lo mordono, lo calpestano, lo afferrano, lo rialzano sollevandolo per i capelli, lo trascinano, facendolo cadere di nuovo, facendo ostacolo con la furia alla furia, perché, nella ressa, chi cerca di strascinare fuori il martire è ostacolato da chi lo tira in altra direzione per colpirlo, per calpestarlo di nuovo.



 2 Tra i furenti più furenti vi è un giovane basso e brutto, che chiamano Saulo. La ferocia del suo volto è indescrivibile.
   In un angolo della sala sta Gamaliele. Egli non ha mai preso parte alla zuffa, né mai ha rivolto parola a Stefano né ad alcun potente. Il suo disgusto per la scena ingiusta e feroce è palese. In un altro angolo, anche lui disgustato e non partecipante al processo e alla mischia, sta Nicodemo, che guarda Gamaliele, il cui volto è di una espressione più chiara di ogni parola. Ma, ad un tratto, e precisamente quando vede per la terza volta sollevare Stefano per i capelli, Gamaliele si ammanta nel suo amplissimo mantello e si dirige verso un'uscita opposta a quella verso cui è strascinato il diacono.

   L'atto non sfugge a Saulo, che grida: «Rabbi, te ne vai?».
   Gamaliele non risponde.
   Saulo, temendo che Gamaliele non abbia capito che la domanda era diretta a lui, ripete e specifica: «Rabbi Gamaliele, ti astrai da questo giudizio?».
   Gamaliele si volge tutto d'un pezzo e, con uno sguardo terribile tanto è disgustato, altero e glaciale, risponde soltanto: «Sì». Ma è un "sì" che vale più d'un lungo discorso.
   Saulo capisce tutto quanto c'è in quel "sì" e, abbandonando la muta feroce, corre verso Gamaliele. Lo raggiunge, lo ferma e gli dice: «Non vorrai dirmi, o rabbi, che tu disapprovi la nostra condanna».
   Gamaliele non lo guarda e non gli risponde.
   Saulo incalza: «Quell'uomo è doppiamente colpevole, per aver rinnegato la Legge, seguendo un samaritano posseduto da Belzebù, e per averlo fatto dopo esser stato tuo discepolo».

   
Gamaliele continua a non guardarlo e a tacere.
   Saulo allora chiede: «Ma sei tu forse, anche tu, seguace di quel malfattore detto Gesù?».
   Gamaliele ora parla e dice: «Non lo sono ancora. Ma, se Egli era Colui che diceva, e in verità molte cose stanno a dimostrare che lo era, io prego Dio che io lo divenga».
   «Orrore!», grida Saulo.
   «Nessun orrore. Ognuno ha un'intelligenza per adoperarla e una libertà per applicarla. Ognuno dunque l'usi secondo quella libertà che Dio ha dato ad ogni uomo e quella luce che ha messo nel cuore di ognuno. I giusti, prima o poi, li useranno, questi due doni di Dio, nel bene, ed i malvagi nel male».

   E se ne va, dirigendosi verso il cortile dove è il gazofilacio, e va ad appoggiarsi contro la stessa colonna contro la quale Gesù parlò alla povera vedovache dà al Tesoro del Tempio tutto quanto ha: due piccioli.


 3 È lì da poco quando lo raggiunge nuovamente Saulo e gli si pianta davanti. Il contrasto tra i due è fortissimo.
   Gamaliele alto, di nobile portamento, bello nei tratti fortemente semitici, dalla fronte alta, dai nerissimi occhi intelligenti, penetranti, lunghi e molto incassati sotto le sopracciglia folte e diritte, ai lati del naso pure diritto, lungo e sottile, che ricorda un poco quello di Gesù. Anche il colore della pelle, la bocca dalle labbra sottili, ricordano quelle di Cristo. Solo che Gamaliele ha la barba e i baffi, un tempo nerissimi, ora molto brizzolati e più lunghi.
   Saulo invece è basso, tarchiato, quasi rachitico, con gambe corte e grosse, un poco divaricate ai ginocchi, che si vedono bene perché si è levato il manto ed ha solo una veste a tunica corta e bigiognola. Ha le braccia corte e nerborute come le gambe, collo corto e tozzo, sorreggente una testa grossa, bruna, con capelli corti e ruvidi, orecchie piuttosto sporgenti, naso camuso, labbra tumide, zigomi alti e grossi, fronte convessa, occhi scuri, piuttosto bovini, per nulla dolci e miti, ma molto intelligenti sotto le ciglia molto arcuate, folte e arruffate. Le guance sono coperte da una barba ispida come i capelli e foltissima, però tenuta corta. Forse, per causa del collo così corto, pare lievemente gobbo o con spalle molto tonde.


  4 Per un poco tace, fissando Gamaliele. Poi gli dice qualcosa sottovoce.
   Gamaliele gli risponde, con voce ben netta e forte: «Non approvo la violenza. Per nessun motivo. Da me non avrai mai approvazione ad alcun disegno violento. L'ho detto anche pubblicamente, a tutto il Sinedrio, quando furono presi, per la seconda volta, Pietro e gli altri apostoli e furono portati davanti al Sinedrio perché li giudicasse. E ripeto le stesse cose: "Se è disegno e opera degli uomini, perirà da sé; se è da Dio, non potrà essere distrutta dagli uomini, ma anzi questi potranno esser colpiti da Dio". Ricordalo».
   «Sei protettore di questi bestemmiatori seguaci del Nazareno, tu, il più grande rabbi d'Israele?».
   «Sono protettore della giustizia. E questa insegna ad essere cauti e giusti nel giudicare. Te lo ripeto. Se è cosa che viene da Dio resisterà, se no cadrà da sé. Ma io non voglio macchiarmi le mani di un sangue che non so se meriti la morte».
   «Tu, tu, fariseo e dottore, parli così? Non temi l'Altissimo?».
   «Più di te. Ma penso. 
 5 E ricordo… Tu non eri che un piccolo, non ancora figlio della Legge, ed io insegnavo già in questo Tempio con il rabbi più saggio di questo tempo… e con altri, saggi ma non giusti. La nostra saggezza ebbe, tra queste mura, una lezione che ci fece pensare per tutto il resto della vita. Gli occhi del più saggio e giusto del tempo nostro si chiusero sul ricordo di quell'ora e la sua mente sullo studio di quelle verità, udite dalle labbra di un fanciullo che si rivelava agli uomini, specie se giusti. I miei occhi hanno continuato a vigilare e la mia mente a pensare, coordinando eventi e cose… Io ho avuto il privilegio di udire l'Altissimo parlare per mezzo della bocca di un fanciullo, che fu poi uomo giusto, sapiente, potente, santo, e che fu messo a morte proprio per queste sue qualità. Le sue parole di allora hanno poi avuto conferma dai fatti accaduti molti anni dopo, all'epoca detta da Daniele… Misero me che non compresi avanti! che attesi l'ultimo terribile segno per credere, per capire! Misero popolo d'Israele che non comprese allora e non comprende neppur ora! La profezia di Daniele, e quella d'altri profeti e della Parola di Dio, continuano e si compiranno per Israele cocciuto, cieco, sordo, ingiusto, che continua a perseguitare il Messia nei suoi servi!».
   «Maledizione! Tu bestemmi! Veramente non vi sarà più salvezza per il popolo di Dio se i rabbi d'Israele bestemmiano, rinnegano Javé, il Dio vero, per esaltare e credere in un falso Messia!».
   «Non io bestemmio. Ma tutti coloro che insultarono il Nazareno e continuano a fargli spregio, spregiando i suoi seguaci. Tu sì che lo bestemmi, poiché lo odi, in Lui e nei suoi. Ma hai detto giusto dicendo che non c'è più salvezza per Israele. Ma non perché vi sono israeliti che passano nel suo gregge, ma perché Israele ha colpito Lui, a morte».
   «Mi fai orrore! Tradisci la Legge, il Tempio!».
   «Denunciami allora al Sinedrio, perché io abbia la stessa sorte di colui che sta per essere lapidato. Sarà l'inizio e il compendio felice della tua missione. E io sarò perdonato, per questo mio sacrificio, di non aver riconosciuto e compreso il Dio che passava, Salvatore e Maestro, tra noi, suoi figli e suo popolo».


 6 Saulo, con un atto d'ira, va via sgarbatamente, tornando nel cortile prospiciente all'aula del Sinedrio, cortile nel quale dura il gridio della folla esasperata contro Stefano. Saulo raggiunge gli aguzzini in questo cortile, si unisce a loro, che lo attendevano, ed esce insieme agli altri dal Tempio e poi dalle mura della città. Insulti, dileggi, percosse continuano ad esser lanciati contro il diacono, che procede già spossato, ferito, barcollante, verso il luogo del supplizio.
   Fuori delle mura vi è uno spazio incolto e sassoso, assolutamente deserto. Là giunti, i carnefici si allargano in cerchio, lasciando solo, al centro, il condannato, con le vesti lacere e sanguinante in molte parti del corpo per le ferite già ricevute. Gliele strappano prima di allontanarsi. Stefano resta con una tunichetta cortissima. Tutti si levano le vesti lunghe, rimanendo con le sole tuniche, corte come quella di Saulo, al quale affidano le vesti, dato che egli non prende parte alla lapidazione, o perché scosso dalle parole di Gamaliele, o perché si sa incapace di colpire bene.


 7 I carnefici raccolgono i grossi ciottoli e le aguzze selci, che abbondano in quel luogo, e cominciano la lapidazione.
   Stefano riceve i primi colpi rimanendo in piedi e con un sorriso di perdono sulla bocca ferita, che, un istante prima dell'inizio della lapidazione, ha gridato a Saulo, intento a raccogliere le vesti dei lapidatori: «Amico mio, ti attendo sulla via di Cristo». Al che Saulo gli aveva risposto: «Porco! Ossesso!», unendo alle ingiurie un calcio vigoroso sugli stinchi del diacono, che solo per poco non cade, e per l'urto e per il dolore.
   Dopo diversi colpi di pietra, che lo colpiscono da ogni parte, Stefano cade in ginocchio puntellandosi sulle mani ferite e, certo ricordando un episodio lontano, mormora, toccandosi le tempie e la fronte ferita: «Come Egli m'aveva predetto! La corona… I rubini… O Signore mio, Maestro, Gesù, ricevi lo spirito mio!».
   Un'altra grandine di colpi sul capo già ferito lo fanno stramazzare del tutto al suolo, che si impregna del suo sangue. Mentre si abbandona tra i sassi, sempre sotto una grandine di altre pietre, mormora spirando: «Signore… Padre… perdonali… non tener loro rancore per questo loro peccato… Non sanno quello che…». La morte gli spezza la frase tra le labbra, un estremo sussulto lo fa come raggomitolare su sé stesso, e così resta. Morto.
   I carnefici gli si avvicinano, gli lanciano addosso un'altra scarica di sassate, lo seppelliscono quasi sotto di esse. Poi si rivestono e se ne vanno, tornando al Tempio per riferire, ebbri di zelo satanico, ciò che hanno fatto.

 8 Mentre parlano col Sommo Sacerdote e altri potenti, Saulo va in cerca di Gamaliele. Non lo trova subito. Torna, acceso d'odio verso i cristiani, dai sacerdoti, parla con loro, si fa dare una pergamena col sigillo del Tempio che lo autorizza a perseguitare i cristiani. Il sangue di Stefano deve averlo reso furente come un toro che veda il rosso, o un vino generoso dato ad un alcoolizzato.
   Sta per uscire dal Tempio quando vede, sotto il portico dei Pagani, Gamaliele. Va da lui. Forse vuole iniziare una disputa o una giustificazione. Ma Gamaliele traversa il cortile, entra in una sala, chiude la porta in faccia a Saulo che, offeso e furente, esce di corsa dal Tempio per perseguitare i cristiani.
           


 9 [Dice Gesù:]
   «Mi sono manifestato molte volte e a molti, anche nelle straordinarie manifestazioni. Ma non in tutti in ugual modo la mia manifestazione operò. Possiamo vedere come ad ogni mia manifestazione corrisponda una santificazione di coloro che possedevano la buona volontà richiesta agli uomini per avere Pace, Vita, Giustizia.
   Così, nei pastori la Grazia lavorò per i trent'anni del mio nascondimento e poi fiorì con spiga santa quando fu il tempo in cui i buoni si separarono dai malvagi per seguire il Figlio di Dio, che passava per le vie del mondo gettando il suo grido d'amore per chiamare a raccolta le pecore del Gregge eterno, sparpagliate e sperdute da Satana. Presenti tra le turbe che mi seguivano, messi miei, perché, coi loro semplici e convinti racconti, bandivano il Cristo dicendo: "È Lui. Noi lo riconosciamo. Sul suo primo vagito scesero le ninna-nanne degli angeli. E a noi, dagli angeli, fu detto che avranno pace gli uomini di buona volontà. Buona volontà è il desiderio del Bene e della Verità. Seguiamolo! Seguitelo! Avremo tutti la Pace promessa dal Signore".

   Umili, ignoranti, poveri, i miei primi messi tra gli uomini si scaglionarono come scolte lungo le vie del Re d'Israele, del Re del mondo. Occhi fedeli, bocche oneste, cuori amorosi, incensieri esalanti il profumo delle loro virtù per fare meno corrotta l'aria della Terra intorno alla mia divina Persona, che s'era incarnata per loro e per tutti gli uomini, e persino ai piedi della Croce li ho trovati, dopo averli benedetti col mio sguardo lungo la via sanguinosa del Golgota, unici, con pochissimi altri, che non maledicessero fra la plebe scatenata ma che amassero, credessero, sperassero ancora, e che mi guardassero con occhi di compassione, pensando alla notte lontana del mio Natale e piangendo sull'Innocente, il cui primo sonno fu su un legno penoso e l'ultimo su un legno ancor più doloroso. Questo perché la mia manifestazione a loro, anime rette, li aveva santificati.

   E così pure avvenne ai tre Savi d'Oriente, a Simeone ed Anna nel Tempio, ad Andrea e Giovanni al Giordano, e a Pietro, Giacomo e Giovanni al Tabor, a Maria di Magdala nell'alba pasquale, agli undici perdonati sull'Uliveto, e ancor prima a Betania, del loro smarrimento… No. Giovanni, il puro, non ebbe bisogno di perdono. Fu il fedele, l'eroe, l'amante sempre. L'amore purissimo che era in lui e la sua purezza di mente, di cuore, di carne, lo preservò da ogni debolezza.


 10Gamaliele, e con lui Hillele, non erano semplici come i pastori, santi come Simeone, sapienti come i tre Savi. In lui, e nel suo maestro e parente, era il viluppo delle liane farisaiche a soffocare la luce e la libera espansione della pianta della Fede. Ma nel loro essere farisei era purità d'intenzione. Credevano di essere nel giusto e desideravano di esserlo. Lo desideravano per istinto, perché erano dei giusti, e per intelletto, perché il loro spirito gridava malcontento: "Questo pane è mescolato a troppa cenere. Dateci il pane della vera Verità".

   Gamaliele però non era forte al punto di avere il coraggio di spezzare queste liane farisaiche. L'umanità sua lo teneva ancor troppo schiavo e, con essa, le considerazioni della stima umana, del pericolo personale, del benessere famigliare. Per tutte queste cose Gamaliele non aveva saputo comprendere "il Dio che passava tra il suo popolo", né usare "quell'intelligenza e quella libertà" che Dio ha dato ad ogni uomo perché le usi per il suo bene. Solo il segno atteso per tanti anni, il segno che lo aveva atterrato e torturato con rimorsi che non cessavano più, avrebbe suscitato in lui il riconoscimento del Cristo e la mutazione del suo antico pensiero, per cui, da rabbi dell'errore — avendo gli scribi, i farisei ed i dottori corrotta l'essenza e lo spirito della Legge, soffocandone la semplice e luminosa verità, venuta da Dio, sotto cumuli di precetti umani, sovente errati, ma sempre di utilità per loro — sarebbe divenuto, dopo lunga lotta tra il suo io antico e il suo io attuale, discepolo della Verità divina.

 11Non era, del resto, stato il solo nell'essere incerto nel decidere e forte nell'agire. Anche Giuseppe d'Arimatea, e più ancora Nicodemo, non seppero mettere subito sotto i piedi le consuetudini e le liane giudaiche e abbracciare palesemente la nuova Dottrina, tanto che usavano venire dal Cristo "in occulto" per timore dei giudei, oppure costumavano incontrarlo come per caso, e per lo più nelle loro case di campagna o in quella di Betania, da Lazzaro, perché la sapevano più sicura e più temuta dai nemici del Cristo, ai quali era ben nota la protezione di Roma per il figlio di Teofilo.
   Certamente, però, sempre molto più avanti nel Bene e più coraggiosi questi rispetto a Gamaliele, al punto da osare i gesti pietosi del Venerdì Santo. Meno avanti rabbi Gamaliele.


 12Ma osservate, voi che leggete, la potenza della sua retta intenzione. Per essa la sua giustizia, umanissima, si intinge di sovrumano. Quella di Saulo, invece, si sporca di demoniaco nell'ora che lo scatenarsi del male pone lui e il suo maestro Gamaliele davanti al bivio della scelta tra il Bene e il Male, tra il giusto e l'ingiusto.
   L'albero del Bene e del Male si drizza davanti ad ogni uomo per presentargli, col più invitante e appetitoso aspetto, i suoi frutti del Male, mentre tra le fronde, con ingannevole voce di usignolo, sibila il Serpente tentatore. Sta all'uomo, creatura dotata di ragione e di un'anima datagli da Dio, saper discernere e volere il frutto buono tra i molti che buoni non sono e che dànno lesione e morte allo spirito, e quello cogliere, anche se pungente e faticoso a cogliersi, amaro a gustarsi e meschino d'aspetto. La sua metamorfosi, per cui diviene tanto più liscio e morbido al tatto, dolce al gusto, bello all'occhio, avviene solo quando, per giustizia di spirito e ragione, si sa scegliere il frutto buono e ci si è nutriti del suo succo, amaro ma santo.

   Saulo tende le mani avide al frutto del Male, dell'odio, del­l'in­giu­stizia, del delitto, e le tenderà sinché non verrà folgorato, abbattuto, fatto cieco della vista umana perché acquisti la vista sovrumana e divenga non solo giusto, ma apostolo e confessore di Colui che prima odiava e perseguitava nei suoi servi.

   Gamaliele, spezzando le liane tenaci della sua umanità e dell'ebraismo, per il nascere e fiorire del lontano seme di luce e giustizia, non solo umana ma anche sovrumana, che la mia quarta epifania — o manifestazione, che forse vi è parola più chiara e comprensibile — gli aveva posto in cuore, nel suo cuore dalle rette intenzioni, seme che egli aveva custodito e difeso con onesta affezione ed eletta sete di vederlo nascere e fiorire, tende le mani al frutto del Bene. Il suo volere ed il mio Sangue ruppero la dura scorza di quel lontano seme, che egli aveva conservato nel cuore per decenni, in quel cuore di roccia che si fendette insieme al velo del Tempio e alla terra di Gerusalemme — e che gridò il suo supremo desiderio a Me, che più non potevo udirlo con udito umano ma che ben l'udivo col mio spirito divino — là, gettato a terra ai piedi della croce. E sotto il fuoco solare delle parole apostoliche e dei discepoli migliori e la pioggia del sangue di Stefano, primo martire, quel seme mette radici, fa pianta, fiorisce e fruttifica.

   La pianta novella del suo cristianesimo, nata là dove la tragedia del Venerdì Santo aveva abbattuto, sradicato, distrutto tutte le piante ed erbe antiche. La pianta del suo nuovo cristianesimo e della sua santità nuova è nata e s'erge davanti agli occhi miei.
   Perdonato da Me, benché colpevole per non avermi compreso avanti, per la sua giustizia che non volle partecipare alla mia condanna né a quella di Stefano, il suo desiderio di divenire mio seguace, figlio della Verità, della Luce, viene benedetto anche dal Padre e dallo Spirito Santificatore, e da desiderio diviene realtà, senza bisogno di una potente e violenta folgorazione quale fu necessaria per Saulo sulla via di Damasco, per il protervo che con nessun altro mezzo avrebbe potuto esser conquistato e condotto alla Giustizia, alla Carità, alla Luce, alla Verità, alla Vita eterna e gloriosa dei Cieli».  http://www.valtortamaria.com/operamaggiore/volume/10/dcxlv-il-processo-a-stefano-e-la-sua-lapidazione-le-opposte-vie-di-saulo-e-di-gamaliele-alla-santita
AMDG et DVM

giovedì 3 agosto 2017

Quando aprirono il feretro di santo Stefano

...racconta il sac. Luciano, la terra tremò e tutt’intorno si diffuse un profumo dolce, soave, paradisiaco.

3 agosto 415: il miracoloso ritrovamento delle spoglie di santo Stefano protomartire


Nel 1960, sotto il pontificato di Giovanni XXIII, venne soppressa una festività molto importante per la Chiesa: il 3 agosto era ricordato il ritrovamento miracoloso delle spoglie di santo Stefano, un fatto storico e soprannaturale tanto grande da meritare doppia festività liturgica per il protomartire, che fu il primo a testimoniare con il sangue la sua Fede e il suo amore per Cristo, doppia come per san Giovanni Battista, che preparò la strada alla predicazione pubblica di Gesù.
Dimenticare significa non più testimoniare e la testimonianza dei fatti accaduti il 3 agosto del 415 non può non essere tramandata di padre in figlio. Quel giorno, meglio, in quella notte, il sacerdote Luciano del villaggio di Caphargamala, ebbe una visione che registrerà in una lettera poco tempo dopo gli avvenimenti e destinata «alla santa Chiesa ed a tutti i santi che sono in Gesù Cristo, nel mondo intero».
In essa si può leggere la prima delle quattro visioni che precedettero la scoperta. Luciano,su richiesta del prete spagnolo Avito, redasse in greco l’epistola. Avito la tradusse subito in latino per consegnarla ad un suo compatriota, Paolo Orosio, che stava per imbarcarsi per l’Occidente. Tale traduzione è stata per molto tempo pubblicata fra le opere di sant’Agostino. Le numerose versioni greche, una traduzione in lingua siriaca ed altre ancora in armeno, in georgiano… testimoniano l’enorme diffusione del testo originario.
Riportiamo qui lo scritto dello straordinario documento, riguardante la prima visione: «Io mi ero addormentato, al calar della notte, nel mio giaciglio, nel santo luogo del battistero, dove avevo l’abitudine di andare a dormire per custodire gli oggetti utili al ministero. Alla terza ora della notte, caddi in una sorta di estasi, un mezzo sonno, e vidi un vecchio di grandi proporzioni fisiche, prete di grande dignità, coi capelli bianchi, la barba lunga, rivestito di una grande stola bianca ornata da bottoni d’oro con una croce in mezzo. In mano teneva un bastone d’oro. Mi si avvicinò e, ponendosi alla mia destra, mi toccò col suo bastone d’oro: poi, dopo avermi chiamato per nome tre volte: “Luciano, Luciano, Luciano”, mi disse in greco: “Andate nella città di Aelia, che è Gerusalemme, e dite al santo Vescovo Giovanni queste parole: “Per quanto tempo dovremo rimanere rinchiusi e tarderete ad aprirci le porte? Sotto il vostro episcopato noi dobbiamo essere rivelati. Non tardate ad aprire il sepolcro in cui i nostri resti sono stati deposti senza onori, in modo che, per tramite nostro, Dio, il suo Cristo e lo Spirito Santo aprano la porta della clemenza sul mondo, perché le numerose cadute di cui il mondo è testimone lo mettono ogni giorno in pericolo. D’altronde, più che di me stesso, io mi preoccupo di quei santi davvero degni di tutti gli onori”. Io gli risposi così: “Chi siete, voi, signore, e chi sono quelli che stanno con voi?”. Così egli mi rispose: “Io sono Gamaliele [Cfr. Atti 5, 34-39 ndr], son colui che ha educato Paolo e gli ha insegnato la Legge di Gerusalemme. Accanto a me, verso Oriente, è sepolto Stefano, che i principi e sacerdoti giudei hanno lapidato a Gerusalemme per la fede di Cristo, fuori della città, presso la porta Nord, sulla strada verso Cedar. In quel luogo, il corpo di Stefano rimase un giorno ed una notte, steso a terra, senza sepoltura, esposto alle bestie feroci, di cui, secondo l’ordine empio dei capi dei sacerdoti, sarebbe dovuto divenire preda. Ma Dio non volle che Stefano subisse quella sorte […]. Ed io, Gamaliele, pieno di pietà per la sorte del ministro di Cristo, […] ho inviato durante la notte gli uomini pii, che abitavano in Gerusalemme, di cui io conoscevo la fede in Cristo, e feci loro tutte le mie raccomandazioni. Diedi loro tutto ciò che serviva e li convinsi a recarsi in segreto sul luogo del supplizio per portare via il corpo e condurlo, con uno dei miei carri, alla mia casa di campagna chiamata Caphargamala, cioè ‘Casa di campagna di Gamaliele’, a venti miglia dalla città. Là io feci celebrare i funerali che durarono quaranta giorni e feci deporre il corpo nel sepolcro che mi ero fatto costruire da queste parti, nella capanna situata ad Oriente, e ho fatto dare a questa gente il denaro necessario per sostenere le spese dei funerali”. Ed io, l’umile prete Luciano, rivolsi a Gamaliele questa domanda: “Dove dobbiamo cercare?”. Gamaliele mi rispose: “Nel mezzo del sobborgo”, il che poteva esser detto di un campo molto vicino alla casa di campagna, chiamato Delagabria, cioè campo degli uomini di Dio» (Luciano, Lettera, 3 dicembre 415, cap. XXII).
Il sacerdote Luciano si recò, insieme ad alcuni uomini, quella stessa notte alla tomba indicata dal maestro di san Paolo. Dopo aver scavato trovarono una pietra tombale su cui si leggeva a grandi lettere KEAYEA, CELIELossia servi di Dio, e APAAN, DARDANche significa Nicodemo e Gamaliele.
Inoltre, era sepolto Abibon. Fu il Vescovo Giovanni di Gerusalemme a tradurre tali parole al prete Luciano, che lo raggiunse a Diospolis, per riferire gli accadimenti, città dove in quel momento il Vescovo stava presiedendo un Sinodo (20 dicembre 415).Giovanni si recò personalmente, insieme ad altri due vescovi, Eustonio di Sebaste ed Eleuterio di Gerico, nel campo degli uomini di Dio. Quando aprirono il feretro di santo Stefano, racconta Luciano, la terra tremò e tutt’intorno si diffuse un profumo dolce, soave, paradisiaco.
All’evento era presente una moltitudine di persone, molte delle quali malate, che all’istante guarirono. Come già in vita («Stefano intanto, pieno di grazia e di fortezza, faceva grandi prodigi e miracoli tra il popolo», Atti6, 8), anche dopo il ritrovamento dei resti mortali e a seguire ci fu, in tutta la cattolicità, un immenso numero di miracoli. Narra Luciano: «Nello stesso istante in cui sentirono questo dolce profumo, settantatré di loro ricuperarono la salute. Quanto ad altri, i demoni che si erano impadroniti di loro furono cacciati […]. Accaddero molte altre guarigioni che sarebbe per me troppo lungo ricordare dettagliatamente qui. Dopo aver baciato le sante reliquie, richiudemmo il feretro e portammo le reliquie di santo Stefano, cantando salmi ed inni, nella santa chiesa di Sion, dove egli era stato ordinato arcidiacono» (Luciano, Lettera, cap. XXVII).
I Padri della Chiesa hanno profuso insegnamenti eccelsi sulla figura di Stefano, soprattutto perché egli rappresenta il modello per eccellenza di amore per i nemici. L’amicizia di Dio, la filiazione adottiva del Padre hanno questo prezzo, ricorda san Massimo di Torino (Hom. 64 in S. Steph.). Ma tutti gli apologeti di santo Stefano si trovano concordi sull’affermazione di Massimo: Gregorio di Nissa, Giovanni Crisostomo, Cesario di Arles, Anselmo… «Gesù», predica sant’Agostino, «troneggiava sulla cattedra della sua croce ed insegnava a Stefano la regola della pietà. O buon maestro, tu hai ben parlato, ben insegnato. Guarda: il tuo discepolo prega per i suoi nemici, prega per i suoi carnefici» (Sermone, 315, 8), infatti gridò Stefano poco prima di morire: «Signore, non imputar loro questo peccato» (Atti 7, 60).
Quale sarà la fortuna di questo tema attraverso gli Atti dei Martiri, in cui si vedono i condannati manifestare rispetto e carità per i loro torturatori e assassini! San Tommaso Moro fa riferimento all’esempiodi Stefano allorquando si augura di ritrovare in Paradiso i giudici che lo hanno condannato a morte, così come Paolo, presente sia alla condanna che alla lapidazione, lo ha raggiunto nell’eternità di Dio.
Ciò che accadde la notte del 3 agosto del 415, alla Chiesa, quella che nasconde con vergogna le realtà soprannaturali nell’affannosa ricerca di accondiscendere al mondo, non interessa più. Con l’obiettivo di dialogare con i neopositivisti – denigratori di visioni, apparizioni, fenomeni celesti–con i liberali, con i comunisti, con i radicali… ovvero con i «lontani»,come li definiva Paolo VI (che prima di Giovanni XXIII e del Concilio Vaticano II la Chiesa aveva sempre chiamato «nemici»), la Chiesa si è allontanata da se stessa, dimentica ormai del suo immenso e potente Patrimonio, un patrimonio di bene, di bellezza, di verità destinato universalmente a ciascuno.
Il lungo discorso che tenne Stefano (Atti 7, 1-53) di fronte al Sinedrio che lo condannò, come aveva condannato Gesù, rivela il suo magistrale eloquio e la sua granitica Fede, i cui contenuti fanno tremare i polsi per la loro attualità: «O gente testarda e pagana nel cuore e nelle orecchie, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori; voi che avete ricevuto la legge per mano degli angeli non l’avete osservata» (Atti 7, 51-53).
Il 3 agosto ricordiamo di nuovo ciò che accadde al campo degli uomini di Dio e nel farlo preghiamo santo Stefano per i nemici esterni ed interni alla Chiesa. 
AMDG et BVM

mercoledì 18 gennaio 2017

Gamaliele, Saulo e Stefano


7 agosto.
Ieri sera ho avuto una singolarissima visione 1 che sul principio mi ha lasciata
proprio sbalordita. Poi ho capito che si riferiva alle prime persecuzioni verso
i cristiani, avvenute proprio in Gerusalemme. Ma questo l’ho capito poi, quando
la visione si è animata, perché sul principio non vedevo che l’interno del
Tempio, e precisamente quel portico in quel cortile presso al quale è la bocca
del Tesoro, quel punto, insomma, presso il quale, appoggiato a una colonna, Gesù
osservava la folla nella visione della vedova che dà i due piccioli 2.
Alla stessa colonna, proprio alla stessa - la riconosco per la sua posizione
presso le bocche del Tesoro e la scala che immette all’altro cortile - è un
autorevole personaggio. Un fariseo certo, tale me lo denunciano 3 la veste e il
mio interno ammonitore.
È un uomo sui sessant’anni, a giudicare dall’aspetto 4. Dai 55 ai 60. Alto, di
nobile portamento e anche bello nei tratti fortemente semitici. La fronte deve
essere alta, ma non è scoperta per un bizzarro copricapo che la copre sino a
quasi le sopracciglia molto folte e dritte, che ombreggiano due occhi
intelligentissimi, penetranti, neri, molto lunghi di taglio e incassati ai lati
di un naso che scende diritto dalla fronte, lungo, sottile, dalle narici
palpitanti, lievemente curvo in basso, alla punta. Guance di un avorio carico
piuttosto incavate, non per emaciazione ma per conformazione del viso. Bocca
piuttosto larga, dalle labbra sottili, ma bella, ombreggiata da baffi che non ne
superano gli angoli e che si mescono ad una barba tagliata quadrata, che scende
non più di tre dita dal mento; i baffi e la barba, molto ben curati, sono di una
brizzolatura tanto accentuata da esser più bianca che nera, come doveva essere
inizialmente e come denunciano dei rari fili di un nero fin quasi azzurrognolo
tanto è morato.
Ma quello che mi colpisce è l’abito. Sulla testa ha un copricapo fatto di un
telo di lino piuttosto rigido, che cinge la fronte e si chiude sulla nuca come
la cuffia delle infermiere di Croce Rossa. Il lembo libero ricade, al disopra
della fermatura, sul collo e giunge alle spalle. È una specie di cappuccio,
insomma, ma da adattarsi di volta in volta. L’abito invece è fatto così. Sotto,
una lunga (fino a terra, a coprire i piedi, che infatti non vedo) veste di lino
candidissimo, molto ampia, con maniche lunghe e larghe, tenuta a posto alla vita
da una ricca cintura che è tutto un gallone di ricamo e di cordoni. La veste ha
degli orli ricamati come a bordura, molto ampi.
1 La visione, che qui viene narrata con qualche incertezza e discontinuità, si
ritroverà trascritta con maggior sicurezza e più ordine narrativo sul quaderno
n. 100, e formerà l’episodio del “Martirio di Stefano” del ciclo della
“Glorificazione” della grande opera sul Vangelo.
2 Da noi indicata a pag. 319.
3 riconosco, immette e denunciano sono nostre correzioni da riconocosco, ammette
e denuncia
4 dall’aspetto è nostra correzione da all’aspetto
Sopra questa vi è una specie di sopraveste curiosissima. Dietro pare una pianeta
da Messa: un pezzo di stoffa tutta ricamata che pende dalle spalle sin verso il
ginocchio, aperta ai lati, e che sul davanti scende a V fino all’altezza di dove
finisce lo sterno facendo pieghe: 3 per parte, e sullo sterno è tenuta raccolta
da una targa lavorata di metallo prezioso, che pare la borchia o chiusura di una
cintura preziosa, che va ad allacciarsi ai lati posteriori della pianeta (la
chiamerò così) ma non strettamente: appena quel tanto da tenere tutto a posto.
Oltre questa fibbia, la pianeta scende senza più pieghe fino al ginocchio.
Questo scarabocchio [grafico] vorrebbe essere la parte davanti di questa parte
dell’abito del fariseo. Non rida di me. Tutto intorno ai suoi bordi, questa
singolare casacca ha dei nastrini messi così [grafico] azzurri, fitti fitti.
Questi nastri messi a frangia si ritrovano anche sui bordi di un amplissimo
mantello di stoffa morbidissima, pare quasi una seta tanto è pieghevole e lieve,
deve essere lino o lana del filato più fino, ma per la candidezza direi lino. Il
mantello è tanto ampio che potrebbe bastare a coprire tre persone. Ora è aperto
e pende dalle spalle sino a terra, dove si ammucchia con pieghe fastose.
Il fariseo ha le mani conserte sul petto, le braccia conserte, e guarda con
severità e direi con disgusto qualche cosa. Non è sprezzante però. Direi
addolorato.
Fin qui la prima parte della visione che ho descritto al presente per maggior
vivezza, anche perché è tuttora presente alla mia vista come ieri sera. Se
sapesse quanto ho studiato la veste del fariseo! Potrei dire e disegnare, se
fossi capace, i ghirigori 5 della fibbia preziosa e le greche dei bordi
ricamati.
In un secondo tempo ho visto venire davanti al fariseo un giovinotto 6, un ebreo
certo, dalle caratteristiche nette, e anzi un brutto ebreo. Bassotto, tarchiato,
direi quasi un poco rachitico, con gambe molto corte e grosse, un poco
divaricate ai ginocchi: le vedo bene perché ha veste corta come chi si appresta
a viaggiare, me lo dice il mio ammonitore... Una veste grigiognola. Braccia pure
corte e nerborute, collo corto e grosso che sostiene una testa piuttosto grossa,
bruna, con capelli corti e ruvidi, dalle orecchie piuttosto sporgenti, labbra
tumide, naso fortemente camuso, zigomi alti e grossi, fronte convessa e alta,
occhi... tutt’altro che dolci. Piuttosto bovini ma dallo sguardo duro, iracondo.
Eppure questi occhi, nerissimi sotto i cespugli di sopracciglia arruffate, sono
occhi bellissimi. Fanno pensare. Non ha barba lunga, ma le guance paiono
affumicate dall’ombra di una barba foltissima e che deve esser ispida come i
capelli. È un uomo decisamente brutto nel corpo e nel volto. Pare persino un
poco gobbo nella spalla destra. Ma pure colpisce e attira nonostante abbia
aspetto brutto e cattivo.
Va di fronte al fariseo e gli dice qualcosa, con le sue grosse labbra, che io
non capisco.
Il fariseo risponde: “Non approvo la violenza. Per nessun motivo. Da me non
avrai mai adesione a un disegno violento. L’ho detto anche pubblicamente”.
5 ghirigori è nostra correzione da girigori
6 giovinotto potrebbe leggersi anche giovinetto
“Sei forse protettore di questi bestemmiatori, seguaci del Nazareno?”
“Sono protettore della giustizia. E questa insegna ad esser cauti nel giudicare.
L’ho detto: ‘Se è cosa che viene da Dio resisterà, se no cadrà da sé’. Ma io non
voglio macchiarmi le mani di un sangue che non so se meriti morte”.
“Tu, fariseo e dottore, parli così? Non temi l’Altissimo?”
“Più di te. Ma penso e ricordo... Tu non eri che un piccolo, non ancora figlio
della Legge, ed io insegnavo in questo Tempio con il rabbino più saggio di
questo tempo... E la nostra saggezza ebbe una lezione che ci fece pensare per
tutto il resto della vita. Gli occhi del saggio si chiusero sul ricordo di
quell’ora e la sua mente sullo studio di quella verità che si rivelava agli
onesti. I miei hanno continuato a vigilare, e la mente a pensare, coordinando le
cose... Io ho udito l’Altissìmo parlare dalla bocca di un fanciullo 7 che poi fu
uomo e giusto e che fu messo a morte per esser giusto. E quelle parole hanno
avuto conferma nei fatti... Misero me che non compresi avanti! Misero popolo
d’Israele!”.
“Maledizione! Tu bestemmi! Non vi è più salvezza se i maestri d’Israele
bestemmiano il Dio vero”.
“Non io l’ho bestemmiato. Tutti! E lo continuavamo a bestemmiare. Giusto hai
detto: non vi è più salvezza!”.
“Mi fai orrore”.
“Denunciami al Sinedrio come colui che fu lapidato. Sarà l’inizio felice della
tua missione e io sarò perdonato, per il mio sacrificio, di non aver compreso il
Dio che passava”.
Il brutto giovane va via sgarbatamente e la visione cessa lì. Stamane si
ripresenta nettissima alla memoria, ma con un anticipo 8 che me la fa capire.
Vedo l’aula del Sinedrio, la stessa e messa nello stesso modo di quando accolse
il mio Gesù nella notte fra il Giovedì e Venerdì 9. Il Sommo Sacerdote e gli
altri sono sui loro scanni; al centro dell’aula, nello spazio vuoto dove era
Gesù, è ora un giovane, direi sui 25 anni, alto e bello. Intorno a lui, sgherri
e allievi del Sinedrio, non so se si chiamino così, ma mi paiono studenti alle
dipendenze dei rabbini, perciò allievi.
Stefano deve avere già parlato 10, perché il tumulto è al colmo e ha riscontro
solo nella gazzarra assassina che accompagnò 1’uscita di Gesù dall’aula. Pugni,
maledizioni e bestemmie sono tesi e lanciati contro il diacono Stefano e anche
percosse brutali, per cui egli traballa, stiracchiato qua e là con ferocia.
7 Gesù dodicenne fra i dottori nel Tempio: Luca 2, 41-50. Nell’analogo episodio
scritto da Maria Valtorta per l’opera sul Vangelo, si incontrano i personaggi di
Gamaliele (che è il fariseo che qui parla) e di Hillel (che è il saggio rabbino
qui ricordato).
8 anticipo è nel senso di antefatto
9 Nella visione dell’11 febbraio, pag. 95.
10 Atti 7.
Ma egli conserva calma e dignità. Più che calma, gioia. Con viso ispirato e
luminoso, senza curarsi degli sputi che vengono a rigargli il viso né di un filo
di sangue che scende dal naso violentemente colpito, egli alza gli occhi e
sorride ad una vista nota a lui solo. Apre le braccia in croce e le tende come
per un abbraccio e cade in ginocchio così, adorando ed esclamando: “Ecco, io
vedo i Cieli aperti ed il Figlio dell’Uomo, Gesù Nazareno, il Cristo di Dio che
voi avete ucciso, è alla destra di Dio!”
Allora la canea cessa di avere l’ultima parvenza di umanità e di legalità e, con
la furia di una muta di mastini idrofobi, si scaglia sul diacono, lo morde, lo
afferra, lo mette in piedi a suon di calci, lo spinge fuori a suon di pugni,
tirandolo per i capelli, facendolo cadere e trascinandolo ancora, facendo
ostacolo alla sua furia con la sua stessa furia, perché nella rissa chi cerca
tirare il martire è ostacolato da chi lo calpesta.
Fra i più veementi e crudeli è il giovane brutto che ho visto parlare al rabbino
e fariseo e che chiamano Saulo. Mi spiace per l’apostolo... ma pareva un
teppista prima di esser di Cristo...
Vedo anche il fariseo e dottore il quale, uno dei pochi che non è partecipante
alla zuffa, come è stato sempre silenzioso durante l’accusa e mentre è data
condanna (e con lui mi pare vedere anche Nicodemo, in un angolo semi-scuro), il
quale fariseo e dottore, disgustato della scena illegale e feroce, si ammanta
nel suo amplissimo mantello e si dirige verso un’uscita opposta a quella verso
la quale è diretta la turba dei carnefici.
La mossa non sfugge a Saulo che grida: “Rabbi, te ne vai?” e dato che l’altro
mostra di non prendere per sé la domanda, Saulo specifica: “Rabbi Gamaliel, ti
astrai da questo giudizio?”.
Gamaliele si volge tutto d’un pezzo e con sguardo altero e freddo risponde
semplicemente: “Sì”. Ma è un “sì” che vale un intero discorso.
Saulo comprende e, lasciando la muta, corre a lui. “Non vorrai dirmi, maestro,
che disapprovi la nostra condanna”.
Silenzio.
“Quell’uomo è doppiamente colpevole per aver rinnegato la Legge seguendo un
samaritano posseduto da Belzebù e per averlo fatto dopo essere stato tuo
allievo”.
Silenzio.
“Sei tu forse seguace del malfattore detto Gesù?”.
“Non lo sono. Ma se egli era colui che si diceva, io prego l’Altissimo che io lo
divenga”.
“Orrore!”.
“Nessun orrore. Ognuno ha una intelligenza per adoperarla e una libertà per
applicarla. Ognuno l’usi secondo quella libertà che Dio ha dato e quella luce
che ci ha messo in cuore. I giusti l’useranno nel bene, i malvagi nel male.
Addio”. E se ne va senza curarsi d’altro.
Saulo raggiunge gli aguzzini nel cortile ed esce con loro dal Tempio e dalle
porte della città, sempre fra percosse e dileggi.
Fuori le mura, in uno spazio incolto e sassoso, i carnefici si allargano a
cerchio. Al centro è il condannato con le vesti lacere e già pieno di ferite
sanguinose. Tutti si levano le sopravvesti rimanendo in corte tuniche come
quella di Saulo nella visione di ieri sera. Le vesti vengono date a Saulo che
non prende parte alla lapidazione. Non so se perché troppo piccolo o conscio
della sua incapacità di tiratore o se perché scosso dalle parole di Gamaliele.
Fatto è che Saulo resta con la veste lunga e il mantello a custodire le vesti
degli altri, i quali, a colpi di pietra (le pietre abbondano nel luogo, ciottoli
tondi e selci aguzze), finiscono il martire.
Stefano prende i primi colpi in piedi con un sorriso di perdono sulla bocca
ferita. Prima, con quella bocca, ha salutato Saulo. Gli ha detto, mentre la muta
si apriva a cerchio e Saulo era intento a ritirare le vesti: “Amico, io ti
attendo sulla via di Cristo”. Al che Saulo aveva risposto, accompagnando gli
epiteti con un calcio vigoroso: “Porco! Ossesso!”.
Poi Stefano vacilla, e sotto la grandine dei colpi cade in ginocchio dicendo:
“Signore Gesù, ricevi lo spirito mio!”. Altri colpi sul capo ferito lo fanno
stramazzare, e mentre cade e si adagia col capo nel suo sangue, fra i sassi,
mormora spirando: “Signore, Padre,... perdonali... non tener loro rancore per il
loro peccato. Non sanno quello che...”. La morte ferma la frase qui.
I carnefici lanciano un’ultima valanga 11 di sassi sul morto, lo seppelliscono
quasi sotto questa grandinata di pietre. Si rivestono e vanno. Tornano al Tempio
e i più accesi si presentano, ebbri di zelo satanico, al Sommo Sacerdote per
aver carta libera a perseguitare.
Fra questi, il più acceso è Saulo. Avuta la lettera di autorizzazione - una
pergamena col sigillo del Tempio in rosso - esce. Non perde tempo. Si appresta
subito al viaggio e alla persecuzione. Il sangue di Stefano gli ha fatto
l’effetto del rosso a un toro e di un vino ad un demente per alcoolismo. Lo ha
portato alla furia. È più brutto che mai. Mi scusi l’apostolo. Ma devo dire ciò
che vedo.
Mentre attende non so chi, vede Gamaliele appoggiato alla colonna e va a lui. Ho
l’impressione che Saulo fosse di quelli che non lasciavano cadere una disputa,
ma con una insistenza da mosca tornasse sempre all’assalto. Nel male prima, nel
bene poi.
Rivedo esattamente la scena di ieri sera, che perciò non ripeto. E null’altro.
Io non avevo riconosciuto Gamaliele, molto più vecchio del momento della disputa
di Gesù fanciullo 12, e ora con quel copricapo che allora non aveva. Ma dico il
vero. Fin da allora mi era piaciuto. Ora mi piace più ancora. Mi impone
11 lanciano e valanga sono correzioni della scrittrice su copia dattiloscritta
da scaricano e scarica
12 Vedi la precedente nota 7.
rispetto. Non so se sia morto cristiano 13. Ma vorrei lo fosse perché mi pare lo
meritasse. Era giusto.
Come lei vede, una visione proprio impensabile ad aversi, specie per quello che
riguarda Gamaliele. Ma è così netta! Una delle più nette e insistenti. Potrei
numerare persone, pietre e colpi, tanto sono esatti i particolari.
Per ora nessun commento da parte di Gesù.
13 Nel 1951 Maria Valtorta scriverà l’episodio della conversione di Gamaliele al
cristianesimo, che sarà uno degli ultimi capitoli della grande opera sul
Vangelo.

mercoledì 14 settembre 2016

VANGELO DI GAMALIELE - ma davvero molto molto interessante!

...ma poi non son così truce come Ferri m'ha fatto

Vangelo di Gamaliele 

(Recensione etiopica *) 

[1, 56] Tristezza di Maria. Ma quando la vergine ebbe posto fine alla sua lamentazione per il rinnegamento di Pietro, fece venire Giovanni. Giunse piangendo; e piangendo le andò incontro, ed entrambi, la vergine e Giovanni, si sedettero, piangendo insieme Gesù. 

[57] Dopo, disse Giovanni alla Vergine: "O madre mia, non piangere perché Pietro ha rinnegato il nostro Signore. Su di lui non grava l'accusa che grava su Giuda, che l'ha tradito. Durante la Cena con il mio Maestro ho udito Pietro che gli diceva: "Lungi da te, mio Signore e Dio! Non ti rinnegherò in eterno, per me sarebbe meglio morire piuttosto! Non ti accada mai niente di simile! Da parte mia, sacrificherò a te la mia vita". 

[58] Allora, per la prima volta, udii per tre volte il mio Signore esprimere il suo biasimo a Pietro. Gli disse: "Indietro, Satana! Tu hai destato il mio risentimento non avendo tenuto conto di ciò che è di Dio ma solo di ciò che è degli uomini". 

[59] Ora però, mia signora e madre, non piangere sul padre Pietro, poiché il suo rinnegamento sarà il pentimento dei peccatori. Egli stesso ha smentito la sua parola, e ha dovuto credere alla parola del Signore". 


[2, 27] Ma c'erano là delle donne: Giovanna, moglie di Chusa, Maria Maddalena e Salome. Esse abbracciarono la Vergine nostra signora e la sostennero. Un lamento interiore serpeggiava nella cerchia di tutte queste sante donne, che piangevano con commoventi parole. 

[28] Altre donne ebree, che ne udivano il pianto, la ingiuriavano dicendo: "E' giunta per noi oggi la vendetta contro di te e contro tuo figlio. Per colpa tua il nostro grembo rimase senza figlio, due anni dopo che tu lo generasti". 

[29] Congiura contro Gesù e Pilato. E i capi degli Ebrei là presenti, come pure i soldati di Erode indurivano il loro cuore e lo volevano uccidere. Avevano infatti informato Erode che Pilato e molti tra il popolo erano ben disposti verso Gesù. Essi avevano detto: "Quando noi ci faremo avanti per metterlo sulla croce, la folla si ribellerà contro di noi e, su incitamento di Pilato, lo libererà dalle nostre mani. Mandaci perciò subito il tuo ordine e il tuo esercito, per crocifiggerlo". 

[30] Gli Ebrei gli avevano fatto molti regali, affinché egli mandasse loro la sua forza e i suoi soldati. Per questo in quei giorni Pilato non era uscito con loro affinché non si giungesse a uno scontro tra lui e gli Ebrei. 

[31] Pilato e sua moglie amavano infatti Gesù come se stessi. Egli lo aveva fatto flagellare, per compiacere i cattivi Ebrei, e perché il loro cuore si disponesse più favorevolmente e lo lasciassero andare senza condannarlo a morte. 

[32] Anche se Pilato avesse saputo che avrebbero appeso alla croce lui con la moglie e i figli qualora non lo avesse consegnato a loro e non lo avesse dato a morte, mai avrebbe teso la mano contro di lui. 

[33] Con l'inganno avevano fatto credere a Pilato: "Se tu punirai quest'uomo ostinato, sicché non guarisca più alcuno nel giorno di sabato, noi, dopo, non ci occuperemo più di lui e lo ripudieremo". 

[34] In séguito a questa ingannevole messinscena Pilato lo fece flagellare: credeva che le loro affermazioni fossero veritiere. 

 [39] Morte di Gesù. Quando la voce (di Gesù) tacque, quando egli, appeso al legno della croce, rese la sua anima, tutta la città fu sconvolta da scosse della terra, da segni e da miracoli che avvenivano lassù, in cielo. 

[40] Quando la vergine vide che la terra tremava e l'oscurità si diffondeva su tutta la città, esclamò ad alta voce, dicendo: "Questi miracoli che stanno accadendo annunciano la morte di mio figlio!". 

[41] E mentre così parlava, ritornò Giovanni, si fermò vicino a lei e pianse. La vergine gli domandò: "Giovanni, mio figlio è proprio morto sulla croce?". Egli piegò la testa e le disse: "Sì, madre mia, è morto!". 

[52] Tutto ciò avveniva mentre Cristo era appeso alla croce. Il capitano credette e disse: "Quest'uomo, in verità, era figlio di Dio!". Fece questa confessione in séguito a quei segni miracolosi. 

[53] Tutto il popolo dei fedeli lo pianse all'unanimità mentre era ancora sulla croce. 

[54] Dolore di Pilato. Pilato fece chiamare il capitano, che era andato da Erode per la crocifissione, lo condusse a casa sua e gli disse: "Tu hai ben visto, fratello, ciò che Erode e gli Ebrei hanno commesso contro quest'uomo giusto. Lo hanno posto ingiustamente sulla croce, così che sulla terra è accaduto tutto ciò. 

[55] Ti dico in verità, fratello, che tutte queste cose inique io non le ho volute, ma furono istigate da Erode. Io lo volevo liberare affinché non fosse ucciso. Quando però mi accorsi che ciò dispiaceva ad Erode, lo consegnai agli altri Ebrei perché lo crocifiggessero. Ed ora rifletti: cosa possiamo offrire a Dio in cambio di suo figlio, che abbiamo fatto uccidere?". 

[3, 1] Il capitano, il lanciere e Pilato piansero amaramente, dicendo: "Il suo sangue sia su Erode e sul sommo sacerdote". 

[2] I capi degli Ebrei convocati da Pilato. Allora Pilato convocò i capi dei sacerdoti, Anna e Caifa, e li fece condurre alla sinagoga. Pilato disse loro: "Voi lupi e volpi, avete bevuto il suo sangue nella iniquità! Guardate ora la morte del Nazareno sull'albero della croce! Il suo sangue ricada su voi e sui vostri figli!". 

[3] Quelli però si impettirono e dissero arroganti: "Per mille generazioni il sangue di questo rinnegato ricada su noi e sui nostri figli!". 

[4] Pilato disse: "Or dunque, dopo tutti questi segni miracolosi, che si sono manifestati in cielo e sulla terra, non avete timore e non tremate come tutto il popolo?". 

[5] Ma essi gli risposero: "Perché dovremmo temere? Come vedi ci siamo attenuti alla legge". E Pilato disse: "Avete osservato la legge dell'inganno fino alla fine, ma questa non è legge! 

[6] Tu ti fai chiamare sommo sacerdote, ma ecco che i tuoi abiti sono stracciati! La legge però dice: Quando il sommo sacerdote ha l'abito stracciato, è decaduto dalla sua funzione sacerdotale". Ma il sommo sacerdote rispose: "Ho l'abito stracciato perché quello ha preso a bestemmiare ed ha bestemmiato contro Dio e contro la legge". 

[7] Pilato gli disse: "Per questo motivo io ti proibisco di entrare d'ora in poi nel tempio come sommo sacerdote; solo come laico (entrerai). E se qualcuno mi riferirà che tu sei entrato, io ti farò decapitare". 

 [8] Ma egli gli rispose dicendo: "Quale tra i governatori che ti hanno preceduto fin dai primissimi tempi ha mai proibito al sommo sacerdote l'ingresso nel tempio?". Egli disse ciò confidando sulla potenza di Erode. 

[9] Pilato gli rispose: "Ma ora, dopo aver visto tutti questi segni miracolosi il tuo cuore è ancora incredulo come tutto il popolo?". 

[10] E Caifa, che era stato nominato capo dei sacerdoti, disse a Pilato: "Non è molto tempo che sei stato insediato in questa città e non comprendi da dove hanno origine questi segni miracolosi, e come vengono compiuti. 

[11] Questa è infatti la stagione dell'erba, il Magabit, in cui il sole e la luna si girano. In questo periodo i maghi rendono la luna come il sangue e con la potenza della loro arte magica rubano lo splendore del sole, indagano sugli avvenimenti di coloro che hanno il libero arbitrio e sulla produzione del raccolto del grano, del vino e dell'olio". 

[12] Caifa, dunque, parlò in modo subdolo. Ma Pilato si alzò dalla sua sedia, colpì la sua pelle rugosa, strappò la barba dalle sue guance, e lo frustò, dicendo: "Con il tuo odio vuoi portare l'ira sulla terra!". 

[13] Anche il capitano e i soldati bastonavano questo sommo sacerdote dicendo: "Tu sei più degno della morte che della vita". E, dopo averlo concordemente punito, Pilato e il capitano lo fecero gettare in prigione e si accordarono per consegnarlo all'imperatore. 

[14] Sepoltura di Gesù. Dopo, Pilato si rivolse al capitano e gli domandò: "Come si concilia con il decoro il lasciare questo cadavere appeso all'albero della croce?". Il capitano rispose a Pilato: "Governatore, tu hai il pieno potere di agire a tuo piacimento". 

[15] Pilato replicò: "E' nostra volontà toglierlo dalla croce e affidarlo in custodia a un fedele fino al terzo giorno. Egli ha risvegliato molti morti tra il popolo e con ogni probabilità risusciterà". 

[16] Ma quando Pilato parlò in questo senso, tutti i capi degli Ebrei cominciarono a gridare dicendo: "Non è legale che un morto venga ricoverato presso un vivente; il soggiorno dei morti è la tomba!". 

[17] Questo dissero i capi degli Ebrei a Pilato. Nel frattempo venne da Pilato Giuseppe da Arimatea, e chiese di potere tirare giù dalla croce il cadavere di Gesù. Pilato ne fu contento e diede ordine di consegnarglielo. 

[18] Gli Ebrei però lo seguirono con le guardie. Giuseppe allora lo tirò giù dalla croce ed egli stesso, insieme a Nicodemo, lo avvolse. 

[19] Gli Ebrei furono assai scontenti di ciò e cominciarono a questionare con loro; essi infatti non volevano che fosse tolto dall'albero della croce, ma che lo si lasciasse sul legno insieme ai ladroni. Prima infatti egli aveva parlato della sua risurrezione. 

[20] Custodia al sepolcro. Quelli intanto lo avvolgevano con cura, insieme a spezie e mirra, in un panno di lino nuovo, che non era mai stato usato per nessuno. Anche la tomba era nuova; nessun cadavere umano vi era mai stato seppellito, poiché era stata scavata in una grotta appositamente per Giuseppe, il proprietario del giardino. Lo posero dunque là dentro e presero tutte le precauzioni, dicendo: "Staremo a vedere fino al terzo giorno". 

 [21] E dopo che Gesù fu posto nella tomba, gli Ebrei si radunarono da Pilato dicendo: "Anche tu sai che è sabato. Non si sarebbe dovuto togliere questo cadavere dalla croce fin quando non avessimo potuto accertarci della sua potenza". Ma Pilato disse loro: "Popolo maledetto, non avete visto finora la sua potenza, tutti i suoi miracoli in cielo e il terremoto alla sua morte?". 

[22] Quelli sviarono il discorso e pretesero quattro soldati come testimoni: due di Erode e due del capitano. Diedero loro ciò che richiedevano e li mandarono presso la tomba, a far la guardia fino al terzo giorno. 

[23] Anche il capitano rimase a Gerusalemme fino al terzo giorno, per vedere il miracolo, dicendo: "Se Gesù risorgerà dai morti, come è stato annunziato, allora non dovrò più preoccuparmi della potenza di Erode". 

[24] Dopo tutto ciò, Giovanni ritornò di corsa dalla Vergine e le disse: "Guarda, hanno posto tuo figlio, il mio Signore, in una tomba nuova, su di lui è stato steso un sudario nuovo, e lo hanno sepolto con molte spezie e abbondante mirra". 

[25] La Vergine gli domandò: "Chi ha dimostrato tanta benevolenza verso mio figlio?". Egli le riferì che erano state due persone autorevoli: Giuseppe e Nicodemo

[40] Giovanni le parlò affettuosamente, dicendole: "Cessa ora il tuo pianto, poiché quelli l'hanno preparato per la sepoltura, come si conviene, con aromi e fumo d'incenso e con nuovi panni di lino. Anche la tomba, in cui lo hanno seppellito, è nuova e là vicino vi è un giardino". 

[41] Ma la Vergine gli rispose piangendo: "Anche se la tomba di mio figlio fosse l'Arca di Noè, io non ne riceverei consolazione alcuna, se non vedo la sua tomba per versarvi sopra le mie lacrime". Giovanni le rispose, dicendo: "Come possiamo andarci? Davanti alla tomba stanno quattro soldati dell'esercito del governatore". 

[42] La Vergine dovette pazientare per quella notte e per il giorno successivo lamentandosi e piangendo la morte del Figlio, e non si mise in cammino fino alla domenica mattina. 

[43] Accordo tra le guardie e le autorità ebraiche. Ma i soldati ai quali il governatore aveva affidato la custodia si erano segretamente accordati con i capi degli Ebrei, senza che né il governatore, né il capitano lo sapessero. Avevano detto loro: "Attenti dunque! Se questo falso maestro dovesse risorgere - (cosa da non escludere) dati i miracoli che si sono verificati alla sua morte in croce - se egli dunque risorgesse dai morti - se si avverasse proprio questo - voi verrete immediatamente da noi, senza che il governatore ne sappia nulla, e vi daremo una grossa mancia e un mucchio di argento, affinché questa cosa venga tenuta segreta al governatore". In questo senso gli Ebrei si erano accordati con i soldati, prima che si recassero alla tomba. [!]

[44] Quando Egli risorse, nel momento stesso della risurrezione, avvenne un terremoto; e prima dell'alba i soldati spaventati e tremanti scapparono in città. Essi però si ricordarono dell'inganno concordato con gli Ebrei e, nella notte, si recarono subito da loro, senza farlo sapere al governatore. Portarono loro la notizia che il Nazareno era risorto dai morti, come egli stesso aveva detto. 

[45] Gli Ebrei si affrettarono a riferire ai capi dei sacerdoti quello che i soldati avevano loro comunicato: Gesù era risorto dai morti! 

[4, 1] Le autorità ebraiche al sepolcro. Allora essi gridarono dicendo: "Oggi, o Ebrei, guai alla nostra vita! Poiché questo è un giorno infausto, peggiore del giorno nel quale fu crocifisso. Cosa faremo quando il governatore e il capitano sapranno che egli è risorto dai morti? Ma prima di tutto però dobbiamo renderci conto di che cosa è avvenuto". 

[2] Si recarono di corsa al sepolcro, ma non vi trovarono il corpo di Gesù. Si spaventarono molto e si strapparono le vesti. Ai quattro soldati diedero molto denaro, dicendo: "Non raccontate a nessuno che è risorto!". Ma in cuor loro pensavano: si mostrerà egli ora a tutto il popolo? E di questo discussero fra di loro dividendosi in piccoli gruppi. 

[3] Maria al sepolcro. La Vergine non si lasciò trattenere e la domenica, di buon mattino, si recò alla tomba. Giunta di corsa alla tomba, si guardò intorno e fissò lo sguardo sulla pietra: era stata rotolata dalla tomba. Allora esclamò: "Questo miracolo è avvenuto in favore di mio Figlio. Ora mi domando con apprensione chi mai ha rotolato questa pietra dall'ingresso della tomba". 

[4] Si sporse in avanti nell'ingresso della tomba, ma non vide il corpo del Figlio. 

[5, 2] Quando spuntò il giorno, mentre il suo cuore era abbattuto e triste, dalla destra dell'ingresso penetrò nella tomba un profumo aromatico: pareva il diffondersi del profumo dell'albero della vita. 

[3] La Vergine si voltò e in piedi, presso un cespuglio di incenso, vide Dio vestito con uno splendido abito di porpora celeste. 

[4] Egli le disse: "Donna, perché piangi e ti lamenti così triste su di una tomba che non ha alcun cadavere?". 

[5] Gli rispose: "E' proprio questo, Signore, che mi rende triste! Non trovo nella tomba il cadavere del mio figlio diletto per piangerlo e consolare così la mia tristezza". 

[6] Gesù le rispose: "Non sei ancora stanca di piangere e lamentarti dall'inizio fino ad ora? Tu hai pianto a lungo su di una tomba vuota. Qualora tu avessi trovato il cadavere di tuo figlio, i lamenti e le lacrime non avrebbero avuto fine". 

[7] Lei rispose: "Se l'avessi trovato, o mio signore, ne avrei tratto almeno un po' di conforto". 

[8] Gesù le disse: "Non è affatto vero! Se tu l'avessi trovato morto non avresti avuto alcuna consolazione dalla visione del suo fianco trafitto da una lancia, delle sue mani ferite, dei segni dei chiodi e del suo corpo macchiato di sangue". 

[6, 1] Gesù consola la madre. "Consolati, donna. Per te infatti è stato meglio non averlo visto morto e non esserti rattristata Quale conforto avresti avuto nel vederlo ancora vivo appeso alla croce, e quale dolore avresti provato mentre il tuo cuore ardeva come fuoco! 

[2] Ora che egli è morto e avvolto e convenientemente sepolto, tu, o donna, hai avuto il coraggio di venire fin qua nonostante questa paurosa oscurità e mentre la città è, a causa sua, pervasa da una paurosa agitazione. Le sentinelle sono appena fuggite e gli Ebrei hanno concordato con esse un inganno contro tuo figlio. 

[3] Pensi tu forse che questa tomba appartenga agli Ebrei che vi hanno posto il cadavere di tuo figlio? No, donna! Il proprietario della tomba io lo conosco: è Giuseppe, ed anche questo giardino è suo". 

[4] La Vergine gli rispose: "Signore, vedo che sai con precisione quanto avvenne a mio Figlio e ciò che gli è stato fatto allorché fu sepolto in questa tomba. Il mio cuore non mi permise di restare in casa di Giovanni; per questo mi alzai e venni qui a cercarlo. 

 [5] Ed ora, mio signore, se sei il custode del giardino ti scongiuro per lo splendore del tuo abito e per le benevoli parole che mi hai detto di essere così buono da informarmi su questi avvenimenti. Io, infatti, sono inconsolabile. Spiegami che cosa gli è stato fatto giacché io non ho trovato il cadavere nella tomba. 

[6] Lo hanno forse preso gli Ebrei che odiavano sia lui sia il governatore, o è forse nascosto nel giardino; tu conosci chi l'ha preso? Abbi pietà di me! Mostrami il luogo ove si trova affinché lo possa vedere: ciò mi basterà. 

[7] Per la vita della tua anima, ti confesso, o fratello, di non avere mai visto questo luogo prima d'oggi". 

[8] Gesù allora disse a Maria: "Hai versato abbastanza lacrime. Colui che fu crocifisso è vivo e parla con te ed il tuo consolatore è proprio colui che tu cerchi, è colui che indossa la porpora celeste. Colui del quale tu cerchi la sepoltura è quegli che ha spezzato le porte bronzee e liberato i prigionieri dell'Inferno. 

[9] Comprendi la mia grazia e la mia misericordia, Maria! Vedi, ti ho consolato con una parola di vita. Non temere, non smarrirti, osserva bene il mio volto, o madre mia, e convinciti ch'io sono tuo figlio. 

[10] Io sono il Gesù che a Betania ha risuscitato Lazzaro, io sono il Gesù che è la risurrezione e la vita, io sono il Gesù il cui sangue fu sparso sulla roccia del patibolo. 

[11] Io sono il Gesù che consola la tua tristezza, io sono il Gesù per la cui morte hai pianto; egli ora è vivo! Io sono il Gesù per il cui amore hai versato lacrime. Ora egli ti consola con la sua risurrezione prima di tutti gli altri. 

[12] Nessuno ha portato via il mio cadavere, bensì sono risorto per volere di mio Padre, o madre mia. Oggi sei venuta alla mia tomba, o madre mia, mentre io ho tratto dagli Inferi quelli che erano in catene e ho salvato quelli che erano caduti in peccato". 

[13] Udite queste parole, il cuore della Vergine si colmò di forza e consolazione: cessò di piangere e di essere smarrita. Ai suoi occhi fu concesso di guardare e di contemplare la sua divinità. 

[14] Allora lei gli disse: "Sei tu dunque risorto, mio Signore e mio Figlio? Felice risurrezione!". E si inginocchiò a baciarlo. 

[15] Ma egli le disse: "Ti basti, o madre mia, la gioia della mia risurrezione. Guarda i prigionieri dell'Infero che si rallegrano e giubilano ch'io li porto in dono al Padre mio prima di condurli nel giardino dell'Eden". 

[16] La Vergine pura guardò e vide intorno a lui i prigionieri che aveva tratto fuori dall'Infero: indossavano abiti di bianca porpora, ed a quella vista rimase stupita. 

[17] Gesù le disse: "Corri dai miei fratelli a portare la notizia e il felice annunzio della mia risurrezione dai morti. Affrettati, torna indietro, madre mia! Non restare alla destra della mia tomba; la folla degli Ebrei e Pilato verranno infatti alla tomba per vedere quanto è avvenuto". 

[18] Annunzio della risurrezione...poiché farà risorgere i morti, darà la luce ai ciechi e gli storpi cammineranno. 

[19] Dopo aver parlato così a sua madre, Gesù si sottrasse ai suoi occhi. Lei lasciò di corsa la tomba, andò dagli apostoli e dalle donne portando la buona notizia che il nostro Signore era risorto dai morti; raccontò e disse: "Egli ha detto: Vi precedo a Gerusalemme. Là mi vedrete ed io vi darò la mia benedizione". 

[20] Quelli si alzarono e andarono alla tomba a vedere quanto era avvenuto. 

[21] La notizia della risurrezione del Nazareno si sparse in tutta la città 

[22] Ma i capi dei sacerdoti e gli Ebrei si recarono da Pilato, come se non sapessero nulla, e gli dissero: "Vedi, governatore, come oggi in una tomba siano stati ingigantiti l'inganno e l'errore! Ordina dunque di introdurti i soldati per interrogarli separatamente; essi così ci ragguaglieranno in modo sicuro senza che alcuno di noi abbia da scomodarsi fino alla tomba". 

[7,1] Apparizione di Gesù a Pilato. Pilato rispose: "Io ho udito che è risorto dai morti e, dopo che l'ho visto in sogno, anch'io credo che sia risorto. 

[2] Per la vita dell'imperatore e per la legge di Mosè, giuro di non mentire e di averlo visto questa notte mentre riposavo nel mio letto. 

[3] Mi rammaricavo, infatti, per lui avendo alzato la mano contro di lui: fondandomi sui segni verificatisi in cielo e in terra sull'albero della croce, quand'egli morì, pensavo: è forse egli il figlio di Dio? 

[4] Lo vidi affianco a me! Il suo splendore superava quello del sole e tutta la città ne era illuminata, ad eccezione della sinagoga degli Ebrei. 

[5] Mi disse: "Pilato, piangi tu forse perché hai flagellato Gesù? Non avere paura! Si è infatti avverato ciò che di lui è stato scritto. Convertiti a me ed io ti perdonerò. 

[6] Io sono il Gesù che morì sull'albero della croce e io sono il Gesù che oggi è risorto dai morti. Questa luce che tu ora vedi è la gloria della mia risurrezione che irradia di gioia il mondo tutto. 

[7] Contempla questo miracolo: lo splendore che irradia sulla terra supera quello del sole, affinché tu comprenda che sono risorto dai morti. 

[8] Corri dunque alla mia tomba: troverai le fasce mortuarie rimaste e gli angeli che le custodiscono; gettati davanti ad esse e baciale, diventa assertore della mia risurrezione e vedrai nella mia tomba grandi miracoli: i paralitici camminare, i ciechi vedere e i morti risorgere. 

[9] Sii forte, Pilato, per essere illuminato dallo splendore della mia risurrezione che gli Ebrei negheranno"". 

[10] Dopo che Pilato parlò così nel cortile della sua dimora, gli Ebrei gridarono: "Questo, governatore, non lo devi dire al popolo! Tutti i sogni, infatti, sono illusioni. La legge afferma: ogni cosa deve essere confermata da due testimoni. 

[11] Falsa testimonianza delle guardie. Ora, invece di tre testimoni ci sono i quattro soldati che hanno custodito la tomba; se essi testimonieranno che egli è risorto dai morti, la loro parola sarà veritiera, ma se non lo testimonieranno non avremo nulla da fare con i sogni". 

[12] Pilato chiamò allora i quattro soldati e domandò loro: "Che successe oggi nella tomba?". Essendosi essi accordati che ognuno avrebbe preso la propria responsabilità della fuga, resero una falsa testimonianza: (Gesù) non era risorto, ma era stato rapito. 

[13] Pilato ordinò di separarli e di introdurre ognuno in un posto diverso. 

 [14] Fece poi comparire il primo e gli disse: "Dimmi la verità. Chi ha rubato il corpo di Gesù?". Quello gli rispose: "Pietro e Giovanni hanno rapito il suo corpo". 

[15] Ordinò poi di condurlo via, e chiamato il secondo gli disse: "Sono convinto che tu solo sai dirmi la verità. Spiegami bene: quale apostolo ha rapito il corpo di Gesù dalla tomba?". 

[16] Gli rispose: "Sono venuti tutti i dodici assieme ai discepoli e l'hanno rapito furtivamente". 

[17] Ordinò poi di condurlo via, e chiamato il terzo gli disse: "Per conto mio la tua testimonianza vale più di quella degli altri due. Chi ha rapito dalla tomba il corpo di Gesù?". 

[18] Gli rispose: "Sono stati Giuseppe e Nicodemo. Vennero di notte con tutta la loro servitù e, senza molta fatica, l'hanno rapito; ed hanno anche spostato la pietra". 

[19] Chiamò il quarto e gli disse: "Tu sei di un grado superiore a quelli. Essi, infatti, obbedivano ai tuoi ordini e obbedivano al tuo comando. Informami dunque: come avvenne che il corpo di Gesù è stato rapito mentre voi eravate di guardia?". 

[20] Gli rispose: "Non sappiamo, Signore, chi l'ha portato via giacché ci eravamo addormentati, e quando ci svegliammo lo trovammo nel pozzo del giardino ‚ pensammo che l'avessero fatto quelli per paura degli Ebrei". 

[21] Pilato e le autorità ebraiche al sepolcro. Pilato disse agli Ebrei e al capitano: "E' meglio ora che i loro resoconti non concordano e la loro testimonianza è falsa?". E, irritato, ordinò di mettere i soldati in prigione fino a che egli non fosse andato alla tomba. 

[22] E, senza indugio, s'alzò con i capi degli Ebrei, il capitano, il lanciere e i capi dei sacerdoti. Si recarono alla tomba e trovarono le bende mortuarie rimaste, ma non il cadavere. 

[23] Disse loro Pilato: "Voi odiate la vostra vita! Se il cadavere fosse stato rapito sarebbero state portate via anche le bende mortuarie". 

[24] Risposero: "Per certo, queste bende non sono sue, ma di un altro". 

[25] Pilato si ricordò della parola che gli aveva detto nostro Signore e cioè che nella sua tomba si sarebbero verificati grandi miracoli. 

[26] Entrato subito nella tomba, Pilato prese le bende mortuarie, le abbracciò e, per la grande gioia, scoppiò in lacrime quasi che avvolgessero Gesù. 

[27] Si volse poi al capitano, rimasto all'ingresso della tomba; questi era monocolo essendo stato ferito in guerra da molto tempo. 

[28] Pilato rifletté: sono sicuro che queste bende restituiranno la luce al suo occhio. 

[29] Avvicinò a lui le bende mortuarie dicendogli: "Non senti, fratello, il profumo delle bende? Non è un odore di cadavere, ma di porpora regale impregnata di soavi profumi". 

[30] Ma gli Ebrei gli dissero: "Tu sai bene, Pilato, che Giuseppe Si è servito di spezie e incenso, e l'ha cosparso di mirra e aloe. Questa è la ragione del profumo". 

[31] Pilato rispose: "Anche se con le bende si fossero usate sostanze aromatiche, per qual motivo questa tomba manda un profumo così soave come se vi fosse stato sparso muschio e aromi?". 

[32] Gli risposero: "Questo profumo, Pilato, è quello del giardino soffiato dentro dal vento". 

 [33] Pilato rispose: "Fate attenzione che da soli vi preparate la via della rovina sulla quale errerete in eterno senza alcuna remissione". 

[34] Gli risposero: "Non è giusto e non ti è lecito varcare questa tomba! Tu sei il governatore, la città ha bisogno di te, ma la tua giurisdizione non si estende fino a questa tomba. I capi dei sacerdoti e i capi del popolo comprendono questo più di te. 

[35] Non ti è lecito e non ti si addice litigare con gli Ebrei per un uomo morto". 

[36] Pilato disse allora al capitano: "Vedi, fratello, quanto è grande l'odio degli Ebrei contro Gesù! Abbiamo seguito la loro volontà mettendolo in croce, tuttavia guarda come tutto il mondo va in rovina, a motivo della loro malvagità e empietà. Essi vorrebbero mandarci in rovina per mezzo della stessa pietra dello scandalo, dicendo come loro "egli non è risorto dai morti", e scatenando così in breve la sua ira andando poi tutti insieme in rovina". 

[8,1] Miracoli al sepolcro. Mentre Pilato parlava così con il capitano, teneva in mano le bende mortuarie e le baciava dicendo: 

[2] "Io sono convinto che il corpo che era avvolto da voi è risorto dai morti". 

[3] Anche il capitano aderì alla stessa fede di Pilato; prese le bende mortuarie e cominciò a baciarle. Nell'istante in cui il suo volto le toccò, il suo occhio guarì e vide la gioiosa luce come prima. Fu come se Gesù avesse posto su di lui la sua mano, come era avvenuto per il cieco nato. 

[4] Oh quale meraviglioso spettacolo per tutta la gente convenuta alla tomba da tutte le città! Venuta a Gerusalemme per la festa di pasqua aveva visto (Gesù) il giorno della crocifissione sul legno della croce; e quando seppe che Pilato si recava alla tomba per vedere Gesù risorto, si era messa dietro di lui, pensando: risorgerà e apparirà pubblicamente come Lazzaro. 

[5] Per questo alla tomba di Gesù era convenuta una grande folla: vide grandi miracoli, anche il capitano il cui occhio era guarito, e rimase stupita. 

[6] Pilato disse allora al capitano: "Tu hai visto i miracoli di Gesù presso la sua tomba oltre i prodigi avvenuti quando morì sull'albero della croce". 

[7] E con grande gioia il capitano si strappò gli abiti per manifestare a tutti la grazia grande che gli era stata concessa. 

[8] E disse: "Vedete! Si è proprio dimostrata la potenza di Gesù Cristo poiché è veramente Dio. E' figlio di Dio! Io avevo creduto, ma la mia fede nella sua risurrezione dai morti si è accresciuta. 

[9] Ed ora, mai più servirò un re terreno, ma solo il mio Dio Gesù Cristo". Gettata la sua spada e l'uniforme, baciava il sudario che teneva in mano arrotolato, voltandosi di qua e di là. 

[10] Pilato, stupito, lodava Dio; ma gli Ebrei dissero al capitano: "Tu sei uno straniero e non hai nessuna idea delle opere che Gesù ha compiuto con l'aiuto di Beelzebub, sia durante la sua vita sia alla sua morte". 

[11] Altri dissero: "Quando muore uno stregone, gli spiriti cattivi operano nuovi miracoli nella sua tomba per trascinare molti in errore. Si tratta di opere di maghi e stregoni". 

 [12] Ma Pilato replicò loro: "Non ho mai udito che stregoni e maghi operino tali miracoli. Voi comunque vi siete ingannati nei confronti della vita del nostro Signore, ma la sua ira e il suo castigo vi raggiungeranno". 

[13] Essi stessi, infatti, avevano dato le loro anime alla condanna, dicendo: "Il suo sangue e la sua morte sia su di noi in eterno!". 

[14] Pilato disse al capitano: "Ciò che tu hai trovato, fratello, è la vera vita, non rinunciarvi con leggerezza per l'inganno e l'odio degli Ebrei". 

[15] Il cadavere nel pozzo e Gesù. E rivolto agli Ebrei, Pilato disse: "Dove si trova il morto che a vostro dire è Gesù?". 

[16] Gli Ebrei precedettero Pilato e il capitano al pozzo del giardino, che era molto profondo, ed io, Gamaliele, li seguii con la gente. 

[17] Guardarono in fondo al pozzo e videro un corpo avvolto in un lenzuolo mortuario, 

[18] e gli Ebrei gridarono: "Vedi, Pilato, lo stregone di Nazaret sul quale ti rattristi e del quale affermi che è risorto? Eccolo nel pozzo!". 

[19] Pilato ordinò di trarlo fuori. Chiamò Giuseppe e Nicodemo, e domandò: "Sono queste le bende di lino con le quali avete avvolto il morto? Sono proprio queste?". 

[20] Essi risposero: "Le bende di lino che tu hai in mano sono quelle del nostro Signore Gesù, mentre il corpo è quello del ladrone che fu crocifisso con Gesù". 

[21] La folla degli Ebrei si serrava contro Giuseppe e Nicodemo, allorché dissero la verità; e Pilato con i suoi soldati si scontrò con loro. 

[22] Quando Pilato si accorse di come gridavano e strepitavano, con la mano fece segno di smettere: 

[23] egli, infatti, faceva affidamento su di una espressione dettagli da Gesù, e cioè che i morti sarebbero risorti dalla tomba. 

[24] Chiamò dunque i capi degli Ebrei e disse loro: "Noi non crediamo affatto che questo sia il Nazareno". Essi risposero: "Lo crediamo noi!". 

[25] Egli rispose: "Lasciamo il corpo nella sua tomba come si usa per tutti i morti". 

[9,1] Il ladrone nella tomba di Gesù. Chiamò poi Giuseppe e Nicodemo e disse loro: "Avvolgetelo con queste bende di lino come prima". 

[2] Gli Ebrei strepitavano, dicendo: "Non abbiamo fiducia né in Giuseppe né in Nicodemo, poiché essi hanno aderito a Gesù". Pilato rispose: "Possa anch'io essere considerato degno di ciò!". 

[3] Essi presero allora le bende di lino di Gesù e con esse avvolsero il morto. Pilato e i suoi soldati intonarono il canto funebre e lo deposero nella tomba di Gesù; 

[4] poi diede ordine di porre la pietra all'ingresso della tomba come era stato fatto per Gesù. 

[5] Rivolto verso l'ingresso della tomba, Pilato pregò con le mani tese: "Signore Gesù, risurrezione e vita e dispensatore di vita a tutti i morti, credo che tu sei risorto e mi sei apparso. Non mi condannare, Signore, poiché io non ho fatto questo per timore degli Ebrei. Non sarà mai ch'io neghi la tua risurrezione. 

[6] Io invece credo alla tua risurrezione conforme alla tua parola e ai miracoli operati in vita tua risuscitando molti morti. 

[7] Ed ora, Signore, non ti adirare con me che ho posto un altro corpo nel luogo ove era stato sepolto il tuo. 

[8] Ho agito così per umiliare e svergognare quegli ingannatori che non credono nella tua risurrezione: a loro, biasimo e vergogna in eterno; a te, invece, per bocca del tuo servo Pilato, onore, gloria e potenza nell'eternità e per sempre. Amen". 

[10,1] Risurrezione del ladrone. Terminata che ebbe Pilato questa preghiera con le mani tese, dall'interno della tomba s'udì una voce che diceva: "Signore, aprimi la porta affinché io esca, rotola la pietra, mio signore Pilato, affinché io venga fuori in virtù di nostro Signore Gesù Cristo risorto dai morti". 

[2] Con grande gioia e nel giubilo del suo cuore, Pilato innalzò un grido e le pietre gridarono con lui. 

[3] Alla folla dei presenti, Pilato ordinò di fare rotolare la pietra dall'ingresso della tomba; senza indugio il morto venne fuori e si gettò ai piedi del governatore. 

[4] Tutti gli Ebrei presenti furono atterriti e pieni di vergogna fuggirono gridando e si nascosero dal governatore. 

[5] Pilato allora ordinò ai suoi soldati di inseguire gli Ebrei, abbatterli con la spada e infierire sui loro corpi. 

[6] Poi si rivolse al morto, dicendo: "Figlio mio, chi ti ha fatto risorgere in così breve tempo? Gesù era forse con te nella tomba? E' stato forse lui che ti ha fatto risorgere così presto?". 

[11, 1] E il morto gli rispose: "Non hai visto, mio signore, il grande splendore? Esso irradiava perché, mentre tu pregavi, il Signore Gesù era con me. 

[2] Mi parlò e disse: "Dì al mio amico Pilato che difenda la mia risurrezione. Io ho deciso di renderlo partecipe dell'albero della vita, come feci con te quando ti giudicarono: prima che tu fossi decapitato, essi condannarono anche me"". 

[3] Pilato gli domandò: "A quale popolo appartieni e chi ti ha gettato nel pozzo?". 

[4] Egli rispose: "Io sono il ladro che fu appeso alla destra del mio Signore Gesù; mi rallegro di tutte le grazie e dei doni, e di quella parola che pronunciai quand'egli era appeso in croce. 

[5] Oggi, quando mi sono alzato dalla tomba di Gesù, tu Pilato - mio signore - mi hai aperto la porta della sua tomba come egli mi aveva aperto la porta del paradiso. Aspira questo amabile profumo che viene dall'albero del paradiso ove la mia anima si è ristorata". 

[6] Attestazione di Gamaliele. Io, Gamaliele, in questa occasione ho seguito il popolo con il padre Giuseppe e Nicodemo. 

[7] Gli apostoli temevano di avvicinarsi alla tomba e non sapevano quanto era accaduto. Per paura degli Ebrei, infatti, si erano dispersi nei luoghi più diversi. 

[8] Ma io, Gamaliele, andai con tutto il popolo per vedere quanto era accaduto nella tomba del nostro Signore Gesù. 

[9] Pilato e tutto il popolo ritornarono assieme in città... a causa della sua risurrezione dai morti, mentre Pilato portava in mano le bende di lino. 

[10] Tutto il popolo, quelli della regione di Samaria e i pagani volevano vederle. 

[11] Recatosi al palazzo del sommo pontefice, Pilato devastò la sinagoga e il popolo saccheggiò tutto quanto essi possedevano. 

VARIANTE AL CAP. 7 

[1, 1] Chiamò il secondo e gli disse: "So che tu sei veritiero più di tutti costoro. Dimmi, quanti erano gli apostoli che hanno preso il corpo di Gesù dalla tomba?". Rispose: "Vennero tutti undici, e con essi anche i loro discepoli. Lo presero furtivamente, dopo essersi separati da quell'altro". 

[2] Chiamò il terzo e gli disse: "Io considero la tua testimonianza superiore a quella di molti altri. Chi è che ha preso il corpo di Gesù dalla tomba?". Rispose: "Giuseppe, Nicodemo e i loro parenti". Chiamò il quarto e gli disse: "Tu sei più importante degli altri ch'io ho congedato. Indicami quello che avvenne quando hanno preso dalle vostre mani il corpo di Gesù che era nella tomba". Rispose: "Governatore, signor nostro, noi dormivamo. Siamo stati disattenti e non abbiamo potuto sapere chi l'ha preso. Dopo l'abbiamo cercato, ma non l'abbiamo trovato... Abbiamo avvertito...". 

[3] Pilato disse agli Ebrei e ai centurioni: "Queste persone mentono. Le loro parole si contraddicono perché menzognere". Ordinò di tenere i soldati fino a quando egli andasse alla tomba. 

[4] Poi si alzò con gli Ebrei notabili, con il sinedrio e i sommi sacerdoti. Trovarono i panni per terra, ma non c'era nessuno. Pilato disse: "O uomini che detestate la vostra vita, se avessero preso il corpo, avrebbero portato via anche le fasce". Risposero: "Non vedi che non sono le sue, ma estranee a lui?". Pilato si ricordò della parola di Gesù: "Bisogna che alla mia tomba avvengano grandi miracoli", e si affrettò a entrare nella tomba. Prese i panni di Gesù, li premette contro il petto e pianse su di essi; con gioia li baciò come se ancora avvolgessero Gesù. 

[5] Fissò la sua attenzione sul centurione che se ne stava diritto alla porta della tomba; sapeva che aveva un solo occhio (poiché in battaglia gli avevano leso l'altro) e lo nascondeva continuamente con la mano per non vedere la luce. Pilato... "(Pensate voi che Dio) non vi domanderà conto della vita del Signore? Su di voi è venuta la fiamma della sua collera. Essi, testardi, acconsentirono alla condanna dicendo: "Il suo sangue e la sua morte sia su di noi per sempre!"". Pilato disse al centurione: "Fratello mio, la vera vita che tu hai ricevuto non darla invano per la menzogna e per il riposo degli Ebrei". 

[6] Ecco quanto ha detto (Pilato) in presenza degli Ebrei. Pilato e il centurione (andarono) al pozzo del giardino, pozzo molto profondo. Io, Gamaliele, li seguivo anche in mezzo alla gente. Essi guardarono in fondo al pozzo. Gli Ebrei gridarono: "Ecco Pilato,... non è forse questo il corpo morto di Gesù;" I discepoli dissero: "Signore nostro, i panni che hai con te sono quelli di Gesù. Questo corpo è quello del ladro che fu crocifisso con Gesù... Le fasce che tu hai in mano furono messe da Giuseppe e Nicodemo...". 

[7]...Pilato si ricordò che Gesù aveva detto: "Nella mia tomba i morti risusciteranno". Chiamò dunque gli Ebrei notabili e disse loro: "Credete che sia il Nazareno?". Risposero: "Lo crediamo". Egli disse: "E' bene mettere questo corpo nella sua tomba come si fa per tutti i morti...".

AMDG et BVM