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sabato 31 agosto 2019

Dieci lebbrosi: il 90% ingrati!

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CDLXXXIII. Gli apostoli discutono sull’odio dei giudei. I dieci lebbrosi guariti in Samaria. 
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   29 agosto 1946
 1 Sono sempre fra i monti, e monti ben rudi, su certe stradette dove non passano certo dei carri, ma soltanto viandanti a piedi o persone cavalcanti i forti somari della montagna, più alti e robusti dei soliti somarelli delle zone meno accidentate. Un’osservazione che a molti potrà parere inutile, ma che io faccio lo stesso. 
   In Samaria vi sono delle diversità dagli usi degli altri luoghi. Sia  nel  vestire come in tante altre cose. E una è l’abbondanza di cani, insolita altrove, che mi colpisce, come mi ha colpito la presenza di porci nella Decapoli. Molti cani, forse, perché la Samaria ha molti pastori e avrà molti lupi in quei monti così selvaggi. Molti anche perché i pastori in Samaria li vedo per lo più soli, al massimo con un fanciullo, pascolanti il gregge proprio, mentre altrove sono per lo più in molti a tutelare greggi numerose di capi di proprietà di qualche ricco. Fatto è che qui ogni pastore ha il suo cane, o più cani, a seconda del numero di pecore del suo gregge. 
   Un’altra caratteristica sono proprio questi asini quasi alti quanto un cavallo, robusti, atti a scalare questi monti con dei carichi pesanti sul basto, sovente carichi delle legna forti che si trovano su questi magnifici monti coperti di boschi secolari. 
   Altra particolarità: la scioltezza nel modo di fare degli abitanti che, senza essere dei «peccatori», come li giudicavano giudei e galilei, sono aperti, franchi, senza bigotterie, senza tutte quelle storie che hanno gli altri. E ospitali. Questa constatazione mi fa pensare che nella parabola del buon samaritano non ci sia stata soltanto l’intenzione voluta di far risaltare che il buono e il cattivo è da per tutto, in tutti i luoghi e razze, e anche fra eretici ci possono essere dei retti di cuore, ma proprio anche la reale descrizione delle abitudini samaritane verso chi è bisognoso di aiuto. Si saranno fermati al Pentateuco, sento che parlano di questo e non d’altro, ma lo praticano, almeno verso il prossimo, con più dirittura degli altri con i loro seicentotredici codicilli di precetti ecc. ecc.


 2 Gli apostoli parlano col Maestro e, nonostante siano incorreggibilmente israeliti, devono riconoscere e lodare lo spirito che hanno trovato negli abitanti di Sichem i quali, lo comprendo dai discorsi che sento, hanno invitato Gesù a sostare fra di loro. 
   «Hai sentito, eh?», dice Pietro, «come hanno detto chiaramente che sanno l’odio giudeo? Hanno detto: "Per Te e su Te c’è più odio che su noi samaritani per quanti siamo e quanti fummo. Ti odiano senza limite"»
   «E quel vecchio? Come ha detto bene: "È in fondo giusto che sia così, perché Tu non sei un uomo ma sei il Cristo, il Salvatore del mondo, e perciò sei il Figlio di Dio, perché solo un Dio può salvare il mondo corrotto. Perciò, essendo Tu senza limite come Dio, senza limitazioni nel tuo potere, nella tua santità e nel tuo amore, come sarà senza limite la tua vittoria sul Male, così è naturale che il Male e l’Odio, tutt’una cosa col Male, siano senza limiti contro Te". Ha proprio detto bene! E questa ragione spiega tante cose!», dice lo Zelote.
   «Che spiega secondo te? Io... io dico che spiega soltanto che sono degli stolti», dice Tommaso spicciativo. 
   «No. La stoltezza sarebbe ancora una scusante. Ma stolti non sono». 
   «Ebbri allora, ebbri di odio», replica Tommaso. 
   «Neppure. L’ebbrezza cede dopo essersi scatenata. Questo livore non cede». 
   «E sì che più scatenato di così! È tanto che lo è... che ormai avrebbe dovuto cadere». 
   «Amici, esso non ha ancora toccato la mèta», dice Gesù calmo, come se la mèta dell’odio non fosse il suo supplizio. 
   «No?! Ma se non ci lasciano in pace mai?!». 
   «Maestro, essi ancora non si persuadono che ho detto il vero. Ma l’ho detto. Oh! se l’ho detto! E dico anche che, se era per voi, sareste caduti tutti nella trappola come ci cadde il Battista. Ma non riusciranno perché io veglio...», dice l’Iscariota. 
   E Gesù lo guarda. E lo guardo anche io domandandomi, e me lo chiedo da qualche giorno, se la condotta dell’Iscariota è causata da un buono e reale ritorno sulla via del bene e dell’amore per il suo Maestro, una liberazione dalle forze umane e extraumane che lo tenevano, o se sia un più raffinato lavoro di preparazione al colpo finale, un asservimento maggiore ai nemici di Cristo e a Satana. Ma Giuda è un essere talmente speciale che non è decifrabile. Solo Dio può capirlo. E Dio, Gesù, cala un velo di misericordia e di prudenza su tutte le azioni e sulla personalità del suo apostolo... un velo che si lacererà, completamente illuminando tanti perché, ora misteriosi, soltanto quando saranno aperti i libri dei Cieli. 

 3 Gli apostoli sono talmente preoccupati dall’idea che l’odio dei nemici non ha ancora raggiunto il suo termine, che non parlano più per qualche tempo. Poi Tommaso si rivolge ancora allo Zelote dicendo: «E allora, se non sono ebbri né stolti, se il loro odio spiega tante cose e non questa, che spiega allora? Che sono? Non lo hai detto...». 
   «Che sono? Dei posseduti. Ciò che dicono di Lui essi sono. Questo spiega il loro accanimento che non
conosce sosta, che anzi sempre più cresce più si appalesa la sua potenza. Ha detto bene quel samaritano. In Lui, Figlio del Padre e di Maria, Uomo e Dio, è l’Infinità di Dio, e infinito è l’Odio che a questa Infinità perfetta si oppone, anche se nel suo essere senza limite l’Odio non è perfetto, perché solo Dio è perfetto nelle sue azioni. Ma se l’Odio potesse toccare l’abisso della perfezione, esso scenderebbe a toccarlo, si precipiterebbe a toccarlo anzi, per rimbalzare poi, per la veemenza stessa della sua caduta nell’abisso d’inferno, contro il Cristo, a ferirlo con tutte le armi strappate all’abisso infernale. Il firmamento, regolato da Dio, ha un solo sole. Esso si alza e raggia e scompare lasciando il posto al sole più piccolo che è la luna, e questa, dopo aver raggiato a sua volta, tramonta per cedere il posto al sole. Gli astri molto insegnano agli uomini, perché essi si assoggettano ai voleri del Creatore. Ma gli uomini no. E un esempio è questo, di questo voler opporsi al Maestro. Che accadrebbe se la luna in un’aurora dicesse: "Non voglio scomparire e torno per la via già fatta"? Certo che cozzerebbe contro al sole con orrore e danno di tutto il creato. Essi questo vogliono fare, credendo di poter frantumare il Sole...». 
   «È la lotta delle Tenebre contro la Luce. La vediamo ogni giorno nelle albe e nelle sere. Le due forze che si contrastano, che prendono a vicenda il dominio sulla Terra. Ma le tenebre sono sempre vinte, perché assolute non sono mai. Un poco di luce emana sempre, anche nella notte più priva d’astri. Pare che l’aria da se stessa la crei negli infiniti spazi del firmamento e l’effonda, anche se limitatissima, a far persuasi gli uomini che gli astri non sono spenti. E io dico che ugualmente, in queste particolari tenebre del Male contro la Luce che è Gesù, sempre, nonostante ogni sforzo delle Tenebre, la Luce sarà a confortare chi crede in Essa», dice Giovanni sorridendo al suo pensiero, raccolto in se stesso come se monologasse. 
   Il suo pensiero viene raccolto da Giacomo d’Alfeo. «Nei Libri il Cristo è detto "Stella del mattino". Una notte dunque Egli pure conoscerà, e - spavento mio! - noi pure la conosceremo, una notte, un tempo in cui non parrà forte la Luce, ma vittoriose le Tenebre. Ma, posto che Egli è detto Stella del mattino in modo che esclude un limite nel tempo, io dico che dopo la momentanea notte Egli sarà Luce mattutina, pura, fresca, verginale, rinnovante il mondo, simile a quella che successe al Caos nel primo giorno. Oh! sì. Il mondo sarà ricreato nella sua Luce». 
   «E maledizione sarà sui reprobi che avranno voluto alzare le mani a colpire la Luce ripetendo gli errori già fatti, da Lucifero ai profanatori del popolo santo. Jeovè lascia libero l’uomo nelle sue azioni. Ma, per amore dell’uomo stesso, non permetterà che l’Inferno prevalga», termina Giuda d’Alfeo. 

 4 «Oh! meno male che, dopo tanto sopore di spiriti, per cui tutti sembravamo come ottusi e tardi per vecchiezza precoce, la sapienza rifiorisce sulle nostre labbra! Non sembravamo più noi! Ora ritrovo lo Zelote, e Giovanni, e i due fratelli di un tempo!», dice l’Iscariota felicitandosi. 
   «Non mi pare che fossimo cambiati tanto da non parere più noi», dice Pietro. 
   «Se lo eravamo! Tutti. Tu per il primo. E poi Simone e gli altri, me compreso. Se uno c’era che era su per giù quello di sempre, era Giovanni». 
   «Uhm! Non so proprio in che...». 
   «In che? Taciturni, come stanchi, indifferenti, pensierosi... Mai più si sentiva una delle conversazioni, simili a tante di un tempo, simili a quella di ora, che servono tanto...». 
   «A disputare», dice il Taddeo ricordando come infatti sovente degenerassero in battibecchi. 
   «No. A formarsi. Perché non tutti si è come Natanaele, né come Simone, né come voi di Alfeo, per nascita e sapienza. E chi lo è meno impara sempre da chi lo è più», ribatte l’Iscariota. 

 5 «Veramente... io direi che più che tutto è necessario formarsi in giustizia. E di questa ce ne ha date magnifiche lezioni Simone», dice Tommaso. 
   «Io? Ma tu vedi male. Io sono il più stolto di tutti», dice Pietro. 
   «No. Tu sei quello che più sei cambiato. In questo ha ragione Giuda di Keriot. Non c’è più che ben poco in te del Simone che ho conosciuto io quando venni con voi, e che, perdona, rimase qual era per tanto tempo. Da quando ti ho ritrovato dopo la separazione per le Encenie, tu non hai fatto che trasformarti. Ora sei... sì, lo dico: sei più paterno e nello stesso tempo più austero. Compatisci tutti i tuoi poveri fratelli, mentre prima... E si vede, io almeno vedo, che ciò ti costa. Ma vinci te stesso. E mai come ora, che poco parli e poco rimproveri, ci incuti rispetto...». 
   «Ma amico mio! Tu sei molto buono a vedermi così... Io, meno che l’amore per il Maestro, che mi cresce sempre, non ho proprio cambiato in nulla». 
   «No. Toma ha ragione. Tu sei molto cambiato», confermano in molti. 
   «Mah! voi lo dite...», dice Pietro stringendosi nelle spalle. E aggiunge: «Soltanto il giudizio del Maestro sarebbe sicuro. Ma mi guardo bene dal chiederglielo. Egli sa la mia debolezza e sa che anche una lode mal data potrebbe nuocere al mio spirito. Perciò non mi loderebbe, e farebbe bene. Capisco sempre meglio il suo cuore e il suo sistema, e ne vedo tutta la giustizia». 
   «Perché hai animo retto e perché ami sempre più. Chi ti fa vedere e capire è il tuo amore per Me. Maestro tuo, il vero e più grande Maestro che ti fa capire il tuo Maestro, è l’Amore», dice Gesù che fino a quel momento ha ascoltato e taciuto. 
   «Io credo che... sia anche il dolore che ho dentro...». 

   «Dolore? Perché?», chiedono alcuni. 
   «Eh! per tante cose, che poi, in fondo, sono una sola cosa: tutto quello che soffre il Maestro... e il pensiero di quello che soffrirà. 
 6 Non si può essere più svagati come i primi tempi, svagati come dei fanciulli che non sanno, adesso che si conosce di cosa sono capaci gli uomini e come si deve soffrire per salvarli. Ohilà! Credevamo tutto facile nei primi tempi! Credevamo che bastasse presentarsi perché gli altri venissero dalla nostra parte! Credevamo che conquistare Israele e il mondo fosse come... gettare una rete su un fondo pescoso. Poveri noi! Io penso che, se non ci riesce Lui a far buona preda, noi non ne faremo nessuna. Ma questo è niente ancora! Io penso che essi sono cattivi e lo fanno soffrire. E credo che questo sia il motivo del nostro cambiamento in generale...». 
   «È vero. Per la mia parte, è vero», conferma lo Zelote. 
   «Anche per me. Anche per me», dicono gli altri. 
   «Io è tanto che ero inquieto per questo e ho cercato di... avere buoni aiuti. Ma mi hanno tradito... e voi non mi avete capito... E io non ho capito voi. Credevo che foste così come siete per stanchezza dello spirito, per sfiducia, per delusione...», confessa l’Iscariota. 
   «Io non ho mai sperato umane gioie e perciò non sono deluso» , dice lo Zelote. 
   «Io e mio fratello lo vorremmo vittorioso, ma per sua gioia. Lo abbiamo seguito per amor di parenti prima che di discepoli. Lo abbiamo sempre seguito sino da fanciulli, Egli il più piccolo per età di noi fratelli, ma tanto più grande sempre di noi...», dice Giacomo con la sua ammirazione sconfinata per il suo Gesù. 
   «Se un dolore abbiamo è che non tutti noi della parentela lo amiamo nello spirito e col solo spirito. Ma non siamo i soli in Israele ad amarlo male», dice il Taddeo. 


 7 Giuda Iscariota lo guarda e forse parlerebbe, ma è distratto da un grido che li raggiunge da un poggetto che sovrasta il paesino che stanno costeggiando cercando la via per entrarvi. 
   «Gesù! Rabbi Gesù! Figlio di Davide e Signore nostro, abbi pietà di noi». 
   «Dei lebbrosi! Andiamo, Maestro, altrimenti il paese accorrerà e ci tratterrà fra le sue case», dicono gli apostoli. 
   Ma i lebbrosi hanno il vantaggio di essere più avanti di loro, alti sulla via, ma almeno a un cinquecento metri dal paese, e scendono zoppicando sulla via e corrono verso Gesù ripetendo il loro grido. 
   «Entriamo nel paese, Maestro. Essi non vi possono entrare», dicono alcuni apostoli, ma altri ribattono: «Già delle donne si affacciano a guardare. Se entriamo sfuggiremo i lebbrosi, ma non di esser conosciuti e trattenuti». 
   E mentre sono incerti sul da farsi, i lebbrosi si fanno sempre più vicini a Gesù che, incurante dei ma e dei se dei suoi apostoli, ha proseguito per la sua strada. E gli apostoli si rassegnano a seguirlo, mentre donne coi bambini alle gonnelle e qualche uomo vecchio rimasto in paese vengono a vedere, stando a prudente distanza dai lebbrosi, che però si fermano a qualche metro da Gesù e ancora supplicano: «Gesù, abbi pietà di noi!».
   Gesù li contempla un istante; poi, senza accostarsi a questo gruppo di dolore, chiede: «Siete di questo paese?». 
   «No, Maestro. Di luoghi diversi. Ma quel monte, dove stiamo, dall’altra parte guarda sulla via per Gerico, ed è buono per noi quel luogo...».
   «Andate allora al paese vicino al vostro monte e mostratevi ai sacerdoti». 
   E Gesù riprende a camminare spostandosi sul ciglio della via per non sfiorare i lebbrosi, che lo guardano avvicinare senza avere altro che uno sguardo di speranza nei poveri occhi malati. E Gesù, giunto alla loro altezza, alza la mano a benedire. 
   La gente del paese, delusa, ritorna nelle case... I lebbrosi si inerpicano di nuovo sul monte per andare verso la loro grotta o verso la via di Gerico. 
   «Hai fatto bene a non guarirli. Non ci avrebbero più lasciati andare quelli del paese...». 
   «Sì, e bisognerebbe giungere ad Efraim prima di notte». 


 8 Gesù cammina e tace. Il paese ormai è nascosto alla vista dalle curve della via molto sinuosa, perché segue i capricci del monte ai piedi del quale è tagliata. 

   
Ma una voce li raggiunge: «Lode al Dio altissimo e al suo vero Messia. In Lui è ogni potenza, sapienza e pietà! Lode al Dio altissimo che in Lui ci ha concesso la pace. Lodatelo, uomini tutti dei paesi di Giudea e di Samaria, della Galilea e dell’Oltre Giordano. Sino alle nevi dell’altissimo Hermon, sino alle arse petraie dell’Idumea, sino alle arene bagnate dalle onde del Mar Grande risuoni la lode all’Altissimo ed al suo Cristo. Ecco compita la profezia di Balaam. (Numeri 24, 15-19. Le citazioni che seguono sono da: 1 Re 13, 1-5; 2 Re 1, 15-16). La Stella di Giacobbe splende sul cielo ricomposto della patria riunita dal vero Pastore. Ecco anche compiute le promesse fatte ai patriarchi! Ecco, ecco la parola di Elia che ci amò. Uditela, o popoli di Palestina, e comprendetela. 
     Più non si deve zoppicare da due parti, ma scegliere si deve per luce di spirito, e se lo spirito sarà retto bene sceglierà. Questo è il Signore, seguitelo! Ah! che finora fummo puniti perché non ci siamo sforzati a comprendere! L’uomo di Dio maledisse il falso altare profetando: "Ecco, nascerà dalla casa di Davide un figlio chiamato Jeosciuè, il quale immolerà sopra l’altare e consumerà ossa di Adamo. E l’altare allora si squarcerà fin nelle viscere della Terra e le ceneri dell’immolazione si spargeranno a settentrione e mezzogiorno, a oriente e là dove tramonta il sole". Non vogliate fare come lo stolto Ocozia, che mandava a consultare il dio di Acaron mentre l’Altissimo era in Israele. Non vogliate essere inferiori all’asina di Balaam (Numeri 22, 20-35), la quale per il suo ossequio allo spirito di luce avrebbe meritato la vita, mentre sarebbe caduto percosso il profeta che non vedeva. Ecco la Luce che passa fra noi. Aprite gli occhi, o ciechi di spirito, e vedete», e uno dei lebbrosi li segue sempre più da vicino, anche sulla via maestra ormai raggiunta, indicando Gesù ai pellegrini. 
   Gli apostoli, seccati, si volgono due o tre volte intimando al lebbroso, perfettamente guarito, di tacere.    E lo minacciano quasi l’ultima volta. 
   Ma egli, cessando per un momento di alzare così la voce per parlare a tutti, risponde: «E che volete, che io non glorifichi le grandi cose che Dio mi ha fatto? Volete che io non lo benedica?». 
   «Benedicilo in cuor tuo e taci», gli rispondono inquieti. 
   «No, che non posso tacere. Dio mette le parole sulla mia bocca», e riprende forte: «Gente dei due luoghi di confine, gente che passate per caso, fermatevi ad adorare Colui che regnerà nel nome del Signore. Io deridevo tante parole (Isaia 11-12). Ma ora le ripeto perché le vedo compiute. Ecco muoversi tutte le genti e venire giubilando al Signore per le vie del mare e dei deserti, per i colli e i monti. E anche noi, popolo che abbiamo camminato nelle tenebre, andremo alla gran Luce che è sorta, alla Vita, uscendo dalla regione di morte. Lupi, leopardi e leoni quali eravamo, rinasceremo nello Spirito del Signore e ci ameremo in Lui, all’ombra del Germoglio di Jesse divenuto cedro, sotto il quale si accampano le nazioni raccolte da Lui ai quattro punti della Terra. Ecco, viene il giorno in cui la gelosia di Efraim avrà fine, perché non c’è più Israele e Giuda, ma un solo Regno: quello del Cristo del Signore. Ecco, io canto le lodi del Signore che mi ha salvato e consolato. Ecco, io dico: lodatelo e venite a bere la salvezza alla fonte del Salvatore. Osanna! Osanna alle grandi cose che Egli fa! Osanna all’Altissimo che ha messo in mezzo agli uomini il suo Spirito rivestendolo di carne, perché divenisse il Redentore!». 
   
È inesauribile. 


 9 La gente aumenta, si affolla, ingombra la via. Chi era indietro accorre, chi era avanti torna indietro. Quelli di un piccolo paese, presso il quale sono ormai, si uniscono ai passanti. 
   «Ma fallo tacere, Signore. Egli è il samaritano. Lo dice così la gente. Non deve parlare di Te, se Tu non permetti neppure che noi ti si preceda più predicandoti!», dicono inquieti gli apostoli. 
   «Amici miei, ripeto le parole di Mosè a Giosuè figlio di Num (Numeri 11, 26-30), che si lamentava perché Eldad e Medad profetavano negli accampamenti: "Sei tu geloso per me, in mia vece? Oh! profetasse così tutto il popolo, e il Signore desse a tutti il suo spirito!". Ma pure mi fermerò e lo congederò per farvi contenti». 
   E si ferma voltandosi e chiamando a sé il lebbroso guarito, che accorre e si prostra dinanzi a Gesù baciando la polvere. 

   
«Alzati. E gli altri dove sono? Non eravate in dieci? Gli altri nove non hanno sentito bisogno di ringraziare il Signore. E che? Su dieci lebbrosi, dei quali uno solo era samaritano, non si è trovato altro che questo straniero che sentisse il dovere di tornare indietro a rendere gloria a Dio, prima di rendere se stesso alla vita e alla famiglia? Ed egli è detto "samaritano". Non più ubbriachi sono allora i samaritani, posto che vedono senza traveggole e accorrono sulla via di Salute senza barcollare? Parla dunque la Parola un linguaggio straniero se lo intendono gli stranieri e non quelli del suo popolo?». 
   Gira gli splendidi occhi sulla folla di ogni luogo della Palestina che si trova presente. E sono insostenibili nei loro balenii quegli occhi... Molti chinano il capo e spronano le cavalcature o si danno a camminare allontanandosi... 
10 Gesù china gli occhi sul samaritano inginocchiato ai suoi piedi, e lo sguardo si fa dolcissimo. Alza la mano, che teneva abbandonata lungo il fianco, in un gesto di benedizione e dice: «Alzati e vattene. La tua fede ha salvato in te più ancora della tua carne. Procedi nella luce di Dio. Va’»
   L’uomo bacia nuovamente la polvere e prima di alzarsi chiede: «Un nome, Signore. Un nome nuovo, perché tutto è nuovo in me, e per sempre». 
   «In che terra ci troviamo?». 
   «In quella d’Efraim». 
   «Ed Efrem chiamati da ora in poi, perché due volte la Vita ti ha dato vita. Va’».
   E l’uomo si alza e va. 
   La gente del luogo e qualche pellegrino vorrebbero trattenere Gesù. Ma Egli li soggioga con il suo sguardo che non è severo, anzi è molto dolce nel guardarli, ma che deve sprigionare una potenza, perché nessuno fa un gesto per trattenerlo. 

   E Gesù lascia la via senza entrare nel paesino, traversa un campo, poi un piccolo rio e un sentiero, e sale sul poggio orientale, tutto boscoso, e si inselva con i suoi dicendo: «Per non smarrirci seguiremo la via, ma stando nel bosco. Dopo quella curva, la strada si appoggia a questo monte. Vi troveremo qualche grotta per dormire, superando all’alba Efraim...».
AVE MARIA

lunedì 7 aprile 2014

La gratitudine

Il colombo riconoscente (India)

All'estremità del villaggio abitava in una misera capanna un buon contadino di nome Kizavan. Non aveva né amici né parenti, ma in compenso era benvoluto da tutti gli animali della foresta perché conosceva la loro lingua.
Un giorno, mentre stava raccogliendo dei fuscelli, udì un gemito.
Subito scorse, non lontano, un colombo con un'ala spezzata. Lo raccolse delicatamente e se lo portò a casa.
- Starai con me finché non sarai guarito - gli disse - mi spiace soltanto che oggi dovremo digiunare insieme: non ho nulla da darti da mangiare.
- Non ti preoccupare - rispose il colombo - nella foresta c'è un grosso mango: nella sua cavità troverai del riso. lo l'ho raccolto e conservato, pensando al vicino inverno.

Kizavan andò nella foresta, individuò il mango e in effetti trovò nel cavo dell'albero un bel pugno di riso e insieme notò, con stupore, dei brillanti. Ma non li toccò.
"Gradisco il riso - disse fra sé e sé - ma non ho bisogno dei brillanti. Là dove si possiedono o si scambiano queste pietre preziose c'è sempre invidia e c'è cattiveria".
Portò il riso al colombo e rimase a guardarlo mentre mangiava.
- Perché non ne mangi pure tu? - chiese il colombo.
- E' sufficiente appena per te. Non ti preoccupare per me, sono abituato a saltare i pasti.

Il colombo mangiò di gusto un po' per giorno il suo riso finché guarì, e allora, tubando un saluto, volò via. Ma ritornò dopo qualche ora, recando nel becco un anello.
- Mettilo al dito - disse a Kizavan - ed esprimi un desiderio. Qualunque sia verrà soddisfatto.
- Oh, come vorrei avere un po' di pane e una buona tazza di latte! - sospirò il buon uomo.
Non aveva finito di parlare che sulla tavola comparve una fumante tazza colma di latte e un bel pane appena sfornato. Kizavan mangiò con evidente piacere e lasciò le briciole al colombo.
E fu felice per lunghissimi anni: non soltanto perché, grazie al dono del colombo, ebbe sempre cibo, ma soprattutto perché aveva trovato un amico.

mercoledì 13 novembre 2013

Et Verbum caro factum est



"...Un cert'uomo assistendo alla Messa senza divozione, come fanno tanti, a quelle parole che in fine si dicono, Et Verbum caro factum est, non fé alcun segno di riverenza; allora un demonio gli diede un forte schiaffo, dicendo: 'Ingrato, senti che un Dio s'è fatt'uomo per te, e tu neppure ti degni d'inchinarti? Ah che se Iddio, disse, avesse fatto ciò per me, io in eterno starei per sempre ringraziandolo' (*).

Dimmi, cristiano, che avea da fare più Gesù Cristo per farsi amare da te? Se il Figlio di Dio avesse avuto a salvar dalla morte il suo medesimo Padre, che più poteva fare che abbassarsi sino a prender carne umana, e sacrificarsi alla morte per la di lui salvezza?

Dico più: se Gesù Cristo fosse stato un semplice uomo, e non già una persona divina, e avesse voluto con qualche segno d'affetto acquistarsi l'amore del suo Dio, che avrebbe potuto fare più di quello che ha fatto per te? Se un servo tuo per tuo amore avesse dato tutto il sangue e la vita, non ti avrebbe già incatenato il cuore, ed obbligato almeno per gratitudine ad amarlo? E perché Gesù Cristo poi, giungendo a dare sino la vita per te, non ha potuto sinora giungere ad acquistarsi il tuo amore?"

(S. Alfonso M. de' Liguori)




(*) MAGNUM SPECULUM EXEMPLORUM, Distinctio 9, Exemplum 75. Venetiis, 1618, pag. 608.

sabato 12 ottobre 2013

DOMINGO XXVIII, Tiempo Ord. C : San Lucas 17, 11-19: LOS DIEZ LEPROSOS DE EFRAÍN


LOS DIEZ LEPROSOS DE EFRAÍN






Van siempre entre montes, y montes bastante abruptos, por ciertos senderos por donde no pueden pasar carruajes, sino sólo hombres a pie o sobre cabalgaduras que son unos asnos robustos de montaña, más altos y más fuertes que los de las zonas menos escabrosas. Voy a hacer notar algo, que tal vez pueda parecer inútil, pero no importa, quiero hacerlo. Tanto en el vestir como en otras muchas cosas Samaría se diferencia de otros lugares. Una de ellas es la abundancia de perros, que no se ve en otras partes, y que me llama la atención, como se la llamó la presencia de cerdos en la Decápolis. Tal vez haya muchos perros, porque en Samaría hay muchos pastores y habrá muchos lobos en estos montes intransitables. Otra de las causas es que en Samaría generalmente los pastores están solos, al máximo con un muchacho, apacentando su propio rebaño, mientras que en otras partes hay más pastores que cuidan de grandes rebaños, propiedad de algún rico, el hecho es que cada pastor tiene su perro o más según el número de ovejas. Otra característica la forman estos asnos, que son tan altos como un caballo, robustos, hechos para escalar estos montes con una carga sobre los lomos, y aun cuando sea de leña, bajan lo mismo por estos maravillosos bosques cubiertos de árboles centenarios. Otra particularidad: la conducta de los habitantes que, sin ser "pecadores" como los tenían los judíos y galileos, son abiertos, francos, sin gazmoñería, sin todas esas cosas que tienen los demás. Además son hospitalarios. Esto que compruebo me hace pensarque la intención de la parábola del buen samaritano fue no solo hacer resaltar que el bueno y el malo existen por todas partes, en todos los lugares y en todas las razas, y que aun puede haber rectos de corazón entre los herejes, sino sobre todo para hacer resaltar las buenas costumbres de los samaritanos para con los necesitados. Se han quedado con el Pentateuco, pues oigo que hablan sólo de él y de ningún otro libro sagrado, pero la práctica, por lo menos para con el prójimo, mucho mejor que los otros con sus seiscientos trece preceptos, etc..
Los apóstoles hablan con el Maestro, y pese a que sean incorregiblemente israelitas, deben reconocer y alabar el espíritu que han encontrado en los habitantes de Siquén, los cuales, lo colijo por las conversaciones que oigo, invitaron a Jesús a que se quedase con ellos.

"A NOSOTROS LOS SAMARITANOS POR LO QUE SOMOS 
Y POR LO QUE FUIMOS NOS ODIAN, PERO A TI MUCHO MÁS. 
SU ODIO NO TIENE LÍMITES"

"¿Oíste" dice Pedro, cómo aseguraron que conocen el odio de los judíos? Dijeron: "A nosotros los samaritanos por lo que somos y por lo que fuimos nos odian, pero a Ti mucho más. Su odio no tiene límites"."
"Y qué bien dijo ese viejo: "En el fondo es justo que así sea, porque Tú no eres un hombre, sino el Mesías, el Salvador del mundo y por lo tanto el Hijo de Dios, porque solo un Dios puede salvar el mundo corrompido. Pues como no conoces límites ya que eres Dios, ni hay limitación en tu poder, en tu santidad y en tu amor, como también no tendrá límites tu victoria sobre el Mal, así también es natural que el Mal y el Odio, que son iguales entre sí, no conozcan límites contra Ti". Realmente dijo la verdad. ¡Y esto explica muchas cosas!" dice Zelote.
"¿Qué cosa explica según tú? Yo... yo afirmo que sólo dice que son unos tontos" interviene Tomás con tono decidido.
"No. La necedad sería una razón que excusase. Pero necios no lo son."
"Entonces, unos ebrios, ebrios de odio" replica Tomás.
"Ni siquiera eso. La embriaguez termina después de que pasó. Esta rabia no cede."
"¡Y que si se ha dejado echar encima! Tan grandes es, que... ya debería haberse acabado."
"Amigos, todavía no ha llegado ni a su mitad" dice Jesús calmadamente como si la mitad del odio no fuese su tormento.
"¿Aun no? ¡Pero si jamás nos dejan en paz!"
"Maestro, todavía no se convencen de que dije la verdad. La dije. ¡Que si la dije! Y vuelvo a afirmar que si hubierais sido vosotros, habríais caído todos en la trampa como cayó el Bautista. pero no lo lograrán porque yo vigilo..." dice Iscariote.
Jesús lo mira. Y también yo lo miro preguntándome, y hace algunos días que lo hago, si la conducta de Iscariote se debe a que realmente ha vuelto al camino del bien y del amor por su Maestro, a verse libre de fuerzas humanas y extra humanas que lo tenían maniatado, o se trate de un ardid refinado con que prepara el golpe final, una entrega mayor a los enemigos de Jesús y a Satanás. Judas es en verdad un ser completamente especial que no puede descifrarse. Sólo Dios puede entenderlo. Y Dios que es Jesús, corre un velo de misericordia y prudencia en todas sus acciones y en la personalidad de su apóstol... un velo que se romperá, iluminando completamente tantos "por qué", ahora misteriosos, cuando se abran los libros del cielo.

LOS APÓSTOLES ESTÁN TAN ENSIMISMADOS CON LA IDEA DE QUE EL
 ODIO DE LOS ENEMIGOS NO HA LLEGADO TODAVÍA A SU TÉRMINO, 
QUE NO HABLAN MÁS POR ALGÚN TIEMPO.

Los apóstoles están tan ensimismados con la idea de que el odio de los enemigos no ha llegado todavía a su término, que no hablan más por algún tiempo. Después, Tomás se dirige nuevamente a Zelote preguntándole: "Y entonces, si no son ebrios, ni necios; si su odio explica muchas cosas y no esta, ¿cuál es la explicación? ¿Qué son? No lo has dicho..."
"¿Qué son? Endemoniados. Lo que dicen de El lo son ellos. Esto explica su rabia que no conoce descanso, que cuanto más crece, tanto más se ve su fuerza. Dijo bien aquel samaritano. En El, Hijo del Padre y de María, Hombre y Dios, existe la infinitud de Dios y infinito es el Odio que se opone a esta perfecta Infinitud, aun cuando el Odio por su mismo ser no es perfecto, pues tan sólo lo es Dios en sus acciones. Pero si el Odio pudiese llegar al  abismo infernal contra el Mesías para abatirlo con todas las armas que arrancase a los Infiernos. El firmamento, que Dios gobierna, tiene un sol. Se levanta, irradia, desaparece dejando su lugar a un sol más pequeño que es la luna, y ésta, después de haber brillado, se oculta para dejar paso al sol. Los astros enseñan bien a los hombres. Y un ejemplo de ello es querer oponerse al Maestro. ¿Qué sucedería si la luna, cuando va a salir el sol, dijese: "No quiero ocultarme sino que regreso por el camino que vine"? Claro que chocaría contra él con gran horror y daño de todo lo creado. Esto pretenden hacer ellos, creyendo poder hacer añicos al Sol..."
"Es la lucha de las Tinieblas contra la Luz. La vemos cada día cuando amanece y oscurece. Las dos fuerzas que se disputan, que se apoderan a su vez de la tierra. Pero siempre son vencidas las tinieblas porque no son absolutas. Siempre emana un poco de luz, aun en las noches en que no se ve ningún astro.Parece como si el aire de por sí la crease en los infinitos espacios del firmamento y la derramase, aunque de un modo limitadísimo, para convencer a los hombres que los astros no han sido apagados. Yo afirmo que igualmente en estas tinieblas características del mal contra la Luz que es Jesús, siempre, pese a cualquier esfuerzo de las tinieblas, la Luz consolará a quien crea en Ella" dice Juan sonriendo en sus ideas; recogido en sí como si monologase.
Santiago de Alfeo tomo a su vez el pensamiento de Juan. "En los Libros el Mesías es llamado "Estrella de la mañana". Así pues El conocerá también una noche y -¡horror!- también nosotros la conoceremos. Conoceremos una noche, unas horas en que la Luz no se verá fuerte, sino que se verán triunfadoras las Tinieblas. Pero como El ha sido llamado Estrella de la mañana, y por esto excluye límite en el tiempo, yo afirmo que después de la noche transitoria El será una luz matinal, una luz fresca, virginal, que renovará el mundo, igual a la que vino, a la que sucedió al Caos en el primer día. Sí. ¡El mundo volverá a ser creado en su luz!"
"Vendrán maldición sobre los réprobos que han querido levantar sus manos para atacar a la Luz, repitiendo los errores antes cometidos, a partir de Lucifer hasta los profanadores del pueblo santo. Yeové deja libre al hombre en sus acciones, pero por amor del hombre mismo no permitirá que el Infierno salga vencedor."
"¡Qué consuelo! después de que los corazones han estado adormecidos, y parecíamos como tontos y tardos por vejez precoz. La sabiduría vuelve a florecer en nuestros labios. ¡No parecemos más nosotros! ahora torno a encontrar a Zelote y a Juan, los dos hermanos de otros tiempo" dice Iscariote congratulándose.
"No me parece que hayamos cambiado tanto que no parezcamos más nosotros mismos" afirma Pedro.
"Así ha sido. Todos. y tú el primero. Luego Simón y los otros, aun yo mismo. Si ha habido uno que fuese siempre idéntico a sí mismo, ha sido Juan."
"¡Umh! No sé en qué..."
"¿En qué? Taciturnos, como cansados, indiferentes, pensativos... Jamás habían vuelto a escucharse diálogos iguales, semejantes a los de otros tiempos y que tanto ayudan..."
"Para liarnos en disputas" dice Tadeo recordando cómo en realidad se convirtieron en altercados.
"No. Para formarnos. Porque no todos éramos como Natanael, ni como Simón, ni como vosotros los Alfeos, por nacimiento y sabiduría. y quien lo es menos aprende siempre de quien es más" replica Iscariote.
"Tienes razón... yo diría que lo más necesario es formarse rectamente, en justicia. Y de esto nos ha dado muy buenas lecciones Simón" contesta Tomás.
"¿Yo" Pero tú no ves bien. Soy el más necio de todos" replica Pedro.
"No, es verdad. Eres el que más has cambiado. En esto tiene razón Judas de Keriot. No existe casi en ti aquel Simón que conocí cuando vine a vosotros y que -perdóname- lo fuiste por mucho tiempo. A partir de las Encenias en que volví a encontrarte, no has hecho más que ir transformándote. Ahora eres... y voy a decirlo: más paternal y al mismo tiempo más austero. Compadeces a todos tus pobres hermanos, mientras que antes... Y se nota, por lo menos yo lo veo, lo que te cuesta. Y nunca como ahora, en que hablas y reprendes menos, nos infundes más respeto..."
"¡Pero, amigo mío, eres muy bueno al considerarme así!... Yo, fuera del amor que tengo por el Maestro y que cada día aumenta, no he cambiado en nada."
"Sí. Tomás tiene razón. Has cambiado mucho" aseguran varios.
"¡Bueno! vosotros lo aseguráis..." contesta Pedro levantando los hombros. Luego añade: "Tan sólo el juicio del Maestro puede ser atinado. Pero no quiero preguntárselo. Conoce mi debilidad y sabe que una alabanza mal proferida podría dañar mi corazón. Por esto no me alabaría, y lo hace bien. Comprendo cada vez mejor su corazón y su sistema, y veo que está en lo recto."

"PORQUE TIENES CORAZÓN RECTO Y PORQUE SIEMPRE AMAS MÁS.
 QUIEN TE HACE VER Y COMPRENDER ES TU AMOR POR MÍ. 
TU MAESTRO, EL VERDADERO Y MÁS GRANDE MAESTRO 
QUE TE HACE COMPRENDER A TU MAESTRO, ES EL AMOR" DICE JESÚS

"Porque tienes corazón recto y porque siempre amas más. Quien te hace ver y comprender es tu amor por Mí. Tu Maestro, el verdadero y más grande Maestro que te hace comprender a tu Maestro, es el amor" dice Jesús que hasta estos momentos había escuchado y callado.
"Creo que... puede contribuir también el dolor que llevo dentro..."
"¿Dolor? ¿De qué?" preguntan algunos.
"¡Eh! Por muchas cosas, que vienen a resumirse en una sola: lo que sufre el  Maestro... y el pensamiento de lo que sufrirá. No se puede ser tan distraído como los primeros días, tan distraído como niños que no entienden, ahora que se sabe lo que los hombres pueden ser capaces y de cómo se debe sufrir para salvarlo. ¡Ay! Todo lo creíamos fácil en los primeros días. Creíamos que bastaba con presentarnos para que todos acudiesen a nuestro lado. Creíamosque conquistar Israel y el mundo era como... arrojar la red en lugar abundante de peces.¡Pobres de nosotros! Me imagino que si no logra El hacer una buena presa, nosotros no haremos ninguna. Pienso que ellos son malos y que lo hacen sufrir. Y creo que esto sea el motivo del que hayamos cambiado en general..."
"Tienes razón. Por mi parte, así es" interviene Zelote.
"Por la mía también" van diciendo otros.
"Yo estaba muy tranquilo y por esto traté de... tener ayudas buenas. Pero me traicionaron... y vosotros me habéis comprendido... Yo no os comprendí. Creía que fueseis así por cansancio del espíritu, por desconfianza, desilusión..."
"Nunca he esperado glorias humanas, y por esto no he sufrido ninguna desilusión" replica Zelote.
"Mi hermano y yo lo querríamos ver victorioso, pero para su gloria. Lo hemos seguido al principio más bien por amor de familia, que por el de discípulos. Desde pequeños lo hemos seguido El era el menor de nosotros en edad, de nosotros los hermanos, pero siempre superior a nosotros..." dice Santiago con su admiración ilimitada por su Jesús.
"Si tenemos un dolor es que no todos los de la familia lo amamos en el espíritu y con el espíritu. Pero no somos los únicos en Israel en amarlo mal" dice Tadeo.
Judas Iscariote lo mira y tal vez hubiera hablado, pero lo distrae un grito que llega de un montecillo que domina el poblado que van costeando, tratando de encontrar el camino.

"¡JESÚS! ¡RABÍ! ¡JESÚS! ¡HIJO DE DAVID Y SEÑOR NUESTRO, 
TEN PIEDAD DE NOSOTROS!" GRITAN VARIOS LEPROSOS

"¡Jesús! ¡Rabí! ¡Jesús! ¡Hijo de David y Señor nuestro, ten piedad de nosotros!" 
"¡Leprosos! Vámonos, Maestro, sino la gente acudirá y hará que nos quedemos en sus casas" protestan los apóstoles.
Pero los leprosos que tiene la ventaja de estar arriba del sendero y por lo menos unos quinientos metros distantes de la población bajan cojeando veloces hacia Jesús, repitiendo su súplica.
"Entremos en la población, Maestro. Ellos no pueden" proponen algunos discípulos, pero otros replican. "Algunas mujeres se están ya asomando. Si entramos, evitaremos los leprosos, pero no que nos conozcan y nos detengan."
Y mientras están inciertos en lo que harán, los leprosos se acercan cada vez más a Jesús, que sin preocuparse de las advertencias de sus apóstoles, ha continuado caminando. Los apóstoles se resignan a seguirlo, mientras algunas mujeres con sus niños a los pechos, y alguno que otro anciano que ha quedado en el poblado, se acercan a ver, siempre guardando su distancia de los leprosos, que se detienen a algunos metros de Jesús y tornan a suplicar: "¡Jesús, ten piedad de nosotros!"
Los mira por un momento; luego, sin acercarse a este grupo de dolor, pregunta: "¿Sois de esta población?"
"No, Maestro. De diversos lugares. Sino que el monte donde estamos, que da a la parte del camino de Jericó, nos favorece..."

JESÚS CURA A LOS LEPROSOS

"Id, pues, al poblado cercano a vuestro monte y mostraos a los sacerdotes."
Jesús vuelve a caminar, haciéndose al lado de la vera del sendero para no tocar a los leprosos que lo miran acercarse sin tener otra cosa que una mirada de esperanza en sus pobres ojos enfermos. Jesús al llegar a ellos, levanta la mano y los bendice.
La gente del poblado, desilusionada, vuelve a sus casas... Los leprosos se entran de nuevo por el monte para ir a sus grutas o hacia el camino de Jericó.
"Hiciste bien en no curarlos. No nos hubiera dejado partir la gente..."
"Y es necesario llegar a Efraín antes de que anochezca."
Jesús camina y calla. Las curvas del camino que siguen la configuración del monte han ocultado ya el poblado.

UNO DE LOS LEPROSOS CANTA LAS ALABANZAS AL SEÑOR

Pero un grito llega: "¡Sea alabado el Dios Altísimo y su verdadero Mesías! ¡En El está todo el poder, sabiduría y piedad! ¡Alabado sea el Dios Altísimo que en El nos ha concedido la paz!. ¡Alabadlo, hombres todos de la Judea y Samaría, de la Galilea y de la Transjordania!. En las nieves del gran Hermón, sobre las quemadas rocas de la Idumea, en las arenas que bañan las ondas del Mar grande resuenen la alabanza al Altísimo y a su MesíasLa profecía de Balaam se ha cumplido. La Estrella de Jacob brilla en el cielo de una patria que ha reunido el verdadero Pastor. Ved que las promesas hechas a los patriarcas se han realizado. Oíd, oíd la palabra de Elías que nos amó. Escuchadla, pueblos de Palestina y comprendedlaNo se debe mas cojear por las dos partes, sino escoger a la luz del espíritu, y si el espíritu es recto, sabrá escoger bien. Este es el Señor. ¡Seguidlo! ¡Ah, hasta ahora hemos sido castigados porque no nos hemos esforzado en comprender! El hombre de Dios maldijo el falso altar cuando proféticamente dijo: "He aquí que nacerá de la casa de David un hijo llamado Yeosciué (Josías), que inmolará sobre el altar y quemará huesos humanos. Entonces el altar se hendirá hasta las profundidades de la tierra y las cenizas de la inmolación se esparcirán al norte y al sur, a oriente y hacia donde se oculta el sol". No queráis hacer como el necio de Ocozíasque mandó a consultar al dios de Acarón, estando el Altísimo en Israel. No queráis ser inferiores a la burra de Balaam que por su respeto al espíritu de luz, hubiera merecido vivir, mientras hubiera caído muerto el profeta que no veía. Ved la Luz que pasa entre nosotros. Abrid los ojos, vosotros ciegos del espíritu y mirad" y uno de los leprosos le sigue siempre más cerca aun por el camino principal al que ha llegado mostrando Jesús a los peregrinos.
Los apóstoles aturdidos, se vuelven dos o tres ordenando al leproso, que está completamente curado, que se calle. Y la última casi hasta lo amenazan.
Por un momento deja de levantar la voz y contesta a todos: "¡Y qué! ¿No queréis que glorifique las cosas que Dios ha obrado en mí? ¿Queréis que no lo bendiga?"
"Bendícelo en tu corazón, y cállate" le responden impacientes
"No. No puedo callar. Dios pone en mi boca las palabras" y con voz fuerte continúa: "Gente de los lugares vecinos, gente que por causalidad estáis pasando, deteneos a adorar al que reinará en el nombre del Señor. Me burlaba yo de muchas palabras, pero ahora las repito, porque veo que se realizan.Ved que todas las gentes se ponen en marcha y vienen cantando alabanzas al Señor por las estelas del mar, por los desiertos, por collados y montes. También nosotros, pueblo que ha caminado en las tinieblas, caminaremos hacia la gran Luz que ha nacido, a la vida, saliendo de la región de la muerte. Lobos,leopardos y leones como éramos, volveremos a nacer en el Espíritu del Señor y nos amaremos en El, a la sombra del Retoño de Yesé que se ha convertido en cedro, bajo el que se cobijen las naciones que El ha reunido de los cuatros puntos de la Tierra. Ved que llega el día en que los celos de Efraín terminarán porque no existen más Israel ni Judá, sino un solo reino: el del Mesías del SeñorVed que canto las alabanzas del Señor que me ha salvado y consolado.Ved que os digo que lo alabéis y vengáis a beber la salvación de la fuente del Salvador. ¡Hosanna! ¡Hosanna a las grandes maravillas que El hace! ¡Hosanna al Altísimo que ha puesto en medio de los hombres su Espíritu revistiéndolo de carne, para que fuese el Redentor!"
No se agota. La gente aumenta, se apiña, llena el camino. El que venía detrás corre; el que iba delante, regresa. La gente de un pequeño poblado, donde se han detenido, se une a los viajeros.
"Hazlo callar, Señor. Es samaritano. Así lo dice la gente. No debe hablar de Ti, si no permites que ni siquiera nosotros te precedamos predicándote" dicen inquietos los apóstoles.

"AMIGOS MÍOS, REPITO LAS PALABRAS QUE MOISÉS DIJO A JOSUÉ, 
HIJO DE NUM QUE SE LAMENTABA PORQUE ELDAD Y MEDAD
 PROFETIZABAN EN LOS CAMPAMENTOS: "¿ESTÁIS CELOSO DE MÍ?
 ¡OH, SI PROFETIZASE TODO EL PUEBLO, Y EL SEÑOR DIESE A TODOS 
SU ESPÍRITU!"

"Amigos míos, repito las palabras que Moisés dijo a Josué, hijo de Num que se lamentaba porque Eldad y Medad profetizaban en los campamentos: "¿Estáis celoso de mí? ¡Oh, si profetizase todo el pueblo, y el Señor diese a todos su espíritu!". Voy a detenerme y le diré que se vaya para daros contento."
Se detiene. Se vuelve. Llama a Sí al leproso curado, que corre y se postra delante besando el suelo.

LEVÁNTATE. ¿DÓNDE ESTÁN LOS DEMÁS? ¿NO ERAIS DIEZ? 
¿NO SINTIERON LOS OTROS NUEVE NECESIDAD DE DAR GRACIAS 
AL SEÑOR? 

"Levántate. ¿Dónde están los demás? ¿No erais diez? ¿No sintieron los otros nueve necesidad de dar gracias al Señor? De diez leprosos de los cuales uno es samaritano, ¿no hubo otro, fuera de este extranjero que sintiese el deber de regresar para dar gloria a Dios, antes de volverse a integrar a la vida y a la familia? Se le ha llamado "samaritano". No están más ebrios los samaritanos, pues que ven sin equívocos y corren por el camino de la Salvación sin tropezar. ¿Habla acaso la Palabra un lenguaje extraño, si lo entienden los extranjeros y no los de su pueblo?"
Paseo sus brillantes ojos sobre la multitud de todos los lugares de la Palestina que se encuentra presente. Nadie puede resistir esa mirada... Muchos inclinan la cabeza y suben sobre sus cabalgaduras, o continúan su camino alejándose...
Jesús inclina sus ojos sobre el samaritano arrodillado a sus pies. ¡Qué mirada tan dulce! Levanta la mano que tenía caída, y a manera de bendición dice: "Levántate y vete. Tu fe ha hecho más prodigios en tu corazón que en tu cuerpo. Continúa en la luz de Dios. Vete."
El hombre besa de nuevo el suelo y antes de levantarse suplica: "Dame un nombre, Señor. Un nombre nuevo porque todo es nuevo en mí y para siempre."
"¿En qué región nos encontramos?"
"En la de Efraín."

"LLÁMATE, PUES, EFRÉN DE HOY EN ADELANTE, PORQUE DOS VECES
 LA VIDA TE HA DADO LA VIDA. VETE."

"Llámate, pues, Efrén de hoy en adelante, porque dos veces la Vida te ha dado la vida. Vete."
El hombre se levanta y se va. la gente del lugar y algunos peregrinos quisieran que Jesús se detuviese, pero El los somete con su mirada que no es severa, antes bien muy dulce, pero que de ella deberá brotar una gran fuerza, porque nadie insiste en detenerle.
Jesús deja el camino sin entrar en el pobladucho, atraviesa un campo, luego un riachuelo, un sendero, y sube por el collado oriental, lleno de árboles y se interna con los suyos diciendo: "Para no perdernos, seguiremos el camino, pero sin salir del bosque. Después de aquella curva el camino sigue este monte. Encontraremos alguna cueva para dormir y al amanecer habremos pasado ya Efraín..."
VIII. 336-344

A. M. D. G. et B.V.M.