Visualizzazione post con etichetta Luce di Gesù. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Luce di Gesù. Mostra tutti i post

venerdì 11 ottobre 2013

BELLISSIMO: Luca 17,11-19 - Domenica 13 ottobre 2013, XXVIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno C: "Chi ti fa vedere e capire è il tuo amore per Me. Maestro tuo, il vero e più grande Maestro che ti fa capire il tuo Maestro, è l’Amore», dice Gesù che fino a quel momento ha ascoltato e taciuto.


"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’, 
ma leggetela e fatela leggere"
Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
"Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta

BELLISSIMO: Luca 17,11-19

Domenica 13 ottobre 2013, XXVIII Domenica  del Tempo Ordinario - Anno C

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 17,11-19.
Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, 
alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!». 
Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono sanati. 
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; 
e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano. 
Ma Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? 
Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse: 
«Alzati e và; la tua fede ti ha salvato!».
Traduzione liturgica della Bibbia 


Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" 
di Maria Valtorta : Volume 7 Capitolo 483 pagina 392.


1Sono sempre fra i monti, e monti ben rudi, su certe stradette dove non passano certo dei carri, ma soltanto viandanti a piedi o persone cavalcanti i forti somari della montagna, più alti e robusti dei soliti somarelli delle zone meno accidentate. Un’osservazione che a molti potrà parere inutile, ma che io faccio lo stesso.
In Samaria vi sono delle diversità dagli usi degli altri luoghi. Sia nel vestire come in tante altre cose. E una è l’abbondanza di cani, insolita altrove, che mi colpisce, come mi ha colpito la presenza di porci nella Decapoli. Molti cani, forse, perché la Samaria ha molti pastori e avrà molti lupi in quei monti così selvaggi. Molti anche perché i pastori in Samaria li vedo per lo più soli, al massimo con un fanciullo, pascolanti il gregge proprio, mentre altrove sono per lo più in molti a tutelare greggi numerose di capi di proprietà di qualche ricco. Fatto è che qui ogni pastore ha il suo cane, o più cani, a seconda del numero di pecore del suo gregge. 
Un’altra caratteristica sono proprio questi asini quasi alti quanto un cavallo, robusti, atti a scalare questi monti con dei carichi pesanti sul basto, sovente carichi delle legna forti che si trovano su questi magnifici monti coperti di boschi secolari. 
Altra particolarità: la scioltezza nel modo di fare degli abitanti che, senza essere dei «peccatori», come li giudicavano giudei e galilei, sono aperti, franchi, senza bigotterie, senza tutte quelle storie che hanno gli altri. E ospitali. Questa constatazione mi fa pensare che nella parabola del buon samaritano non ci sia stata soltanto l’intenzione voluta di far risaltare che il buono e il cattivo è da per tutto, in tutti i luoghi e razze, e anche fra eretici ci possono essere dei retti di cuore, ma proprio anche la reale descrizione delle abitudini samaritane verso chi è bisognoso di aiuto. Si saranno fermati al Pentateuco, sento che parlano di questo e non d’altro, ma lo praticano, almeno verso il prossimo, con più dirittura degli altri con i loro seicentotredici codicilli di precetti ecc. ecc. 


2Gli apostoli parlano col Maestro e, nonostante siano incorreggibilmente israeliti, devono riconoscere e lodare lo spirito che hanno trovato negli abitanti di Sichem i quali, lo comprendo dai discorsi che sento, hanno invitato Gesù a sostare fra di loro. 
«Hai sentito, eh?», dice Pietro, «come hanno detto chiaramente che sanno l’odio giudeo? Hanno detto: “Per Te e su Te c’è più odio che su noi samaritani per quanti siamo e quanti fummo. Ti odiano senza limite”». 
«E quel vecchio? Come ha detto bene: “È in fondo giusto che sia così, perché Tu non sei un uomo ma sei il Cristo, il Salvatore del mondo, e perciò sei il Figlio di Dio, perché solo un Dio può salvare il mondo corrotto. Perciò, essendo Tu senza limite come Dio, senza limitazioni nel tuo potere, nella tua santità e nel tuo amore, come sarà senza limite la tua vittoria sul Male, così è naturale che il Male e l’Odio, tutt’una cosa col Male, siano senza limiti contro Te”. Ha proprio detto bene! E questa ragione spiega tante cose!», dice lo Zelote. 
«Che spiega secondo te? Io... io dico che spiega soltanto che sono degli stolti», dice Tommaso spicciativo. 
«No. La stoltezza sarebbe ancora una scusante. Ma stolti non sono». 
«Ebbri allora, ebbri di odio», replica Tommaso. 
«Neppure. L’ebbrezza cede dopo essersi scatenata. Questo livore non cede». 
«E sì che più scatenato di così! È tanto che lo è... che ormai avrebbe dovuto cadere». 
«Amici, esso non ha ancora toccato la mèta», dice Gesù calmo, come se la mèta dell’odio non fosse il suo supplizio. 
«No?! Ma se non ci lasciano in pace mai?!». 
«Maestro, essi ancora non si persuadono che ho detto il vero. Ma l’ho detto. Oh! se l’ho detto! E dico anche che, se era per voi, sareste caduti tutti nella trappola come ci cadde il Battista. Ma non riusciranno perché io veglio...», dice l’Iscariota. 
E Gesù lo guarda. E lo guardo anche io domandandomi, e me lo chiedo da qualche giorno, se la condotta dell’Iscariota è causata da un buono e reale ritorno sulla via del bene e dell’amore per il suo Maestro, una liberazione dalle forze umane e extraumane che lo tenevano, o se sia un più raffinato lavoro di preparazione al colpo finale, un asservimento maggiore ai nemici di Cristo e a Satana. Ma Giuda è un essere talmente speciale che non è decifrabile. Solo Dio può capirlo. E Dio, Gesù, cala un velo di misericordia e di prudenza su tutte le azioni e sulla personalità del suo apostolo... un velo che si lacererà, completamente illuminando tanti perché, ora misteriosi, soltanto quando saranno aperti i libri dei Cieli. 


3Gli apostoli sono talmente preoccupati dall’idea che l’odio dei nemici non ha ancora raggiunto il suo termine, che non parlano più per qualche tempo. Poi Tommaso si rivolge ancora allo Zelote dicendo: «E allora, se non sono ebbri né stolti, se il loro odio spiega tante cose e non questa, che spiega allora? Che sono? Non lo hai detto...». 
«Che sono? Dei posseduti. Ciò che dicono di Lui essi sono. Questo spiega il loro accanimento che non conosce sosta, che anzi sempre più cresce più si appalesa la sua potenza. Ha detto bene quel samaritano. In Lui, Figlio del Padre e di Maria, Uomo e Dio, è l’Infinità di Dio, e infinito è l’Odio che a questa Infinità perfetta si oppone, anche se nel suo essere senza limite l’Odio non è perfetto, perché solo Dio è perfetto nelle sue azioni. Ma se l’Odio potesse toccare l’abisso della perfezione, esso scenderebbe a toccarlo, si precipiterebbe a toccarlo anzi, per rimbalzare poi, per la veemenza stessa della sua caduta nell’abisso d’inferno, contro il Cristo, a ferirlo con tutte le armi strappate all’abisso infernale. Il firmamento, regolato da Dio, ha un solo sole. Esso si alza e raggia e scompare lasciando il posto al sole più piccolo che è la luna, e questa, dopo aver raggiato a sua volta, tramonta per cedere il posto al sole. Gli astri molto insegnano agli uomini, perché essi si assoggettano ai voleri del Creatore. Ma gli uomini no. E un esempio è questo, di questo voler opporsi al Maestro. Che accadrebbe se la luna in un’aurora dicesse: “Non voglio scomparire e torno per la via già fatta”? Certo che cozzerebbe contro al sole con orrore e danno di tutto il creato. Essi questo vogliono fare, credendo di poter frantumare il Sole...». 
«È la lotta delle Tenebre contro la Luce. La vediamo ogni giorno nelle albe e nelle sere. Le due forze che si contrastano, che prendono a vicenda il dominio sulla Terra. Ma le tenebre sono sempre vinte, perché assolute non sono mai. Un poco di luce emana sempre, anche nella notte più priva d’astri. Pare che l’aria da se stessa la crei negli infiniti spazi del firmamento e l’effonda, anche se limitatissima, a far persuasi gli uomini che gli astri non sono spenti. E io dico che ugualmente, in queste particolari tenebre del Male contro la Luce che è Gesù, sempre, nonostante ogni sforzo delle Tenebre, la Luce sarà a confortare chi crede in Essa», dice Giovanni sorridendo al suo pensiero, raccolto in se stesso come se monologasse. 
Il suo pensiero viene raccolto da Giacomo d’Alfeo. «Nei Libri il Cristo è detto “Stella del mattino”. Una notte dunque Egli pure conoscerà, e - spavento mio! - noi pure la conosceremo, una notte, un tempo in cui non parrà forte la Luce, ma vittoriose le Tenebre. Ma, posto che Egli è detto Stella del mattino in modo che esclude un limite nel tempo, io dico che dopo la momentanea notte Egli sarà Luce mattutina, pura, fresca, verginale, rinnovante il mondo, simile a quella che successe al Caos nel primo giorno. Oh! sì. Il mondo sarà ricreato nella sua Luce». 
«E maledizione sarà sui reprobi che avranno voluto alzare le mani a colpire la Luce ripetendo gli errori già fatti, da Lucifero ai profanatori del popolo santo. Jeovè lascia libero l’uomo nelle sue azioni. Ma, per amore dell’uomo stesso, non permetterà che l’Inferno prevalga», termina Giuda d’Alfeo. 


4«Oh! meno male che, dopo tanto sopore di spiriti, per cui tutti sembravamo come ottusi e tardi per vecchiezza precoce, la sapienza rifiorisce sulle nostre labbra! Non sembravamo più noi! Ora ritrovo lo Zelote, e Giovanni, e i due fratelli di un tempo!», dice l’Iscariota felicitandosi. 
«Non mi pare che fossimo cambiati tanto da non parere più noi», dice Pietro. 
«Se lo eravamo! Tutti. Tu per il primo. E poi Simone e gli altri, me compreso. Se uno c’era che era su per giù quello di sempre, era Giovanni». 
«Uhm! Non so proprio in che...». 
«In che? Taciturni, come stanchi, indifferenti, pensierosi... Mai più si sentiva una delle conversazioni, simili a tante di un tempo, simili a quella di ora, che servono tanto...». 
«A disputare», dice il Taddeo ricordando come infatti sovente degenerassero in battibecchi. 
«No. A formarsi. Perché non tutti si è come Natanaele, né come Simone, né come voi di Alfeo, per nascita e sapienza. E chi lo è meno impara sempre da chi lo è più», ribatte l’Iscariota.


5«Veramente... io direi che più che tutto è necessario formarsi in giustizia. E di questa ce ne ha date magnifiche lezioni Simone», dice Tommaso. 
«Io? Ma tu vedi male. Io sono il più stolto di tutti», dice Pietro. 
«No. Tu sei quello che più sei cambiato. In questo ha ragione Giuda di Keriot. Non c’è più che ben poco in te del Simone che ho conosciuto io quando venni con voi, e che, perdona, rimase qual era per tanto tempo. Da quando ti ho ritrovato dopo la separazione per le Encenie, tu non hai fatto che trasformarti. Ora sei... sì, lo dico: sei più paterno e nello stesso tempo più austero. Compatisci tutti i tuoi poveri fratelli, mentre prima... E si vede, io almeno vedo, che ciò ti costa. Ma vinci te stesso. E mai come ora, che poco parli e poco rimproveri, ci incuti rispetto...». 
«Ma amico mio! Tu sei molto buono a vedermi così... Io, meno che l’amore per il Maestro, che mi cresce sempre, non ho proprio cambiato in nulla». 
«No. Toma ha ragione. Tu sei molto cambiato», confermano in molti. 
«Mah! voi lo dite...», dice Pietro stringendosi nelle spalle. E aggiunge: «Soltanto il giudizio del Maestro sarebbe sicuro. Ma mi guardo bene dal chiederglielo. Egli sa la mia debolezza e sa che anche una lode mal data potrebbe nuocere al mio spirito. Perciò non mi loderebbe, e farebbe bene. Capisco sempre meglio il suo cuore e il suo sistema, e ne vedo tutta la giustizia». 
«Perché hai animo retto e perché ami sempre più. Chi ti fa vedere e capire è il tuo amore per Me. Maestro tuo, il vero e più grande Maestro che ti fa capire il tuo Maestro, è l’Amore», dice Gesù che fino a quel momento ha ascoltato e taciuto. 
«Io credo che... sia anche il dolore che ho dentro...». 
«Dolore? Perché?», chiedono alcuni. 
«Eh! per tante cose, che poi, in fondo, sono una sola cosa: tutto quello che soffre il Maestro... e il pensiero di quello che soffrirà. 
6Non si può essere più svagati come i primi tempi, svagati come dei fanciulli che non sanno, adesso che si conosce di cosa sono capaci gli uomini e come si deve soffrire per salvarli. Ohilà! Credevamo tutto facile nei primi tempi! Credevamo che bastasse presentarsi perché gli altri venissero dalla nostra parte! Credevamo che conquistare Israele e il mondo fosse come... gettare una rete su un fondo pescoso. Poveri noi! Io penso che, se non ci riesce Lui a far buona preda, noi non ne faremo nessuna. Ma questo è niente ancora! Io penso che essi sono cattivi e lo fanno soffrire. E credo che questo sia il motivo del nostro cambiamento in generale...». 
«È vero. Per la mia parte, è vero», conferma lo Zelote. 
«Anche per me. Anche per me», dicono gli altri. 
«Io è tanto che ero inquieto per questo e ho cercato di... avere buoni aiuti. Ma mi hanno tradito... e voi non mi avete capito... E io non ho capito voi. Credevo che foste così come siete per stanchezza dello spirito, per sfiducia, per delusione...», confessa l’Iscariota. 
«Io non ho mai sperato umane gioie e perciò non sono deluso» , dice lo Zelote. 
«Io e mio fratello lo vorremmo vittorioso, ma per sua gioia. Lo abbiamo seguito per amor di parenti prima che di discepoli. Lo abbiamo sempre seguito sino da fanciulli, Egli il più piccolo per età di noi fratelli, ma tanto più grande sempre di noi...», dice Giacomo con la sua ammirazione sconfinata per il suo Gesù. 
«Se un dolore abbiamo è che non tutti noi della parentela lo amiamo nello spirito e col solo spirito. Ma non siamo i soli in Israele ad amarlo male», dice il Taddeo. 


7Giuda Iscariota lo guarda e forse parlerebbe, ma è distratto da un grido che li raggiunge da un poggetto che sovrasta il paesino che stanno costeggiando cercando la via per entrarvi. 
«Gesù! Rabbi Gesù! Figlio di Davide e Signore nostro, abbi pietà di noi». 
«Dei lebbrosi! Andiamo, Maestro, altrimenti il paese accorrerà e ci tratterrà fra le sue case», dicono gli apostoli. 
Ma i lebbrosi hanno il vantaggio di essere più avanti di loro, alti sulla via, ma almeno a un cinquecento metri dal paese, e scendono zoppicando sulla via e corrono verso Gesù ripetendo il loro grido. 
«Entriamo nel paese, Maestro. Essi non vi possono entrare», dicono alcuni apostoli, ma altri ribattono: «Già delle donne si affacciano a guardare. Se entriamo sfuggiremo i lebbrosi, ma non di esser conosciuti e trattenuti». 
E mentre sono incerti sul da farsi, i lebbrosi si fanno sempre più vicini a Gesù che, incurante dei ma e dei se dei suoi apostoli, ha proseguito per la sua strada. E gli apostoli si rassegnano a seguirlo, mentre donne coi bambini alle gonnelle e qualche uomo vecchio rimasto in paese vengono a vedere, stando a prudente distanza dai lebbrosi, che però si fermano a qualche metro da Gesù e ancora supplicano: «Gesù, abbi pietà di noi!». 
Gesù li contempla un istante; poi, senza accostarsi a questo gruppo di dolore, chiede: «Siete di questo paese?». 
«No, Maestro. Di luoghi diversi. Ma quel monte, dove stiamo, dall’altra parte guarda sulla via per Gerico, ed è buono per noi quel luogo...». 
«Andate allora al paese vicino al vostro monte e mostratevi ai sacerdoti». 
E Gesù riprende a camminare spostandosi sul ciglio della via per non sfiorare i lebbrosi, che lo guardano avvicinare senza avere altro che uno sguardo di speranza nei poveri occhi malati. E Gesù, giunto alla loro altezza, alza la mano a benedire. 
La gente del paese, delusa, ritorna nelle case... I lebbrosi si inerpicano di nuovo sul monte per andare verso la loro grotta o verso la via di Gerico. 
«Hai fatto bene a non guarirli. Non ci avrebbero più lasciati andare quelli del paese...». 
«Sì, e bisognerebbe giungere ad Efraim prima di notte». 


8Gesù cammina e tace. Il paese ormai è nascosto alla vista dalle curve della via molto sinuosa, perché segue i capricci del monte ai piedi del quale è tagliata. 
Ma una voce li raggiunge: «Lode al Dio altissimo e al suo vero Messia. In Lui è ogni potenza, sapienza e pietà! Lode al Dio altissimo che in Lui ci ha concesso la pace. Lodatelo, uomini tutti dei paesi di Giudea e di Samaria, della Galilea e dell’Oltre Giordano. Sino alle nevi dell’altissimo Hermon, sino alle arse petraie dell’Idumea, sino alle arene bagnate dalle onde del Mar Grande risuoni la lode all’Altissimo ed al suo Cristo. Ecco compita la profezia di Balaam. La Stella di Giacobbe splende sul cielo ricomposto della patria riunita dal vero Pastore. Ecco anche compiute le promesse fatte ai patriarchi! Ecco, ecco la parola di Elia che ci amò. Uditela, o popoli di Palestina, e comprendetela. Più non si deve zoppicare da due parti, ma scegliere si deve per luce di spirito, e se lo spirito sarà retto bene sceglierà. Questo è il Signore, seguitelo! Ah! che finora fummo puniti perché non ci siamo sforzati a comprendere! L’uomo di Dio maledisse il falso altare profetando: “Ecco, nascerà dalla casa di Davide un figlio chiamato Jeosciuè, il quale immolerà sopra l’altare e consumerà ossa di Adamo. E l’altare allora si squarcerà fin nelle viscere della Terra e le ceneri dell’immolazione si spargeranno a settentrione e mezzogiorno, a oriente e là dove tramonta il sole”. Non vogliate fare come lo stolto Ocozia, che mandava a consultare il dio di Acaron mentre l’Altissimo era in Israele. Non vogliate essere inferiori all’asina di Balaam, la quale per il suo ossequio allo spirito di luce avrebbe meritato la vita, mentre sarebbe caduto percosso il profeta che non vedeva. Ecco la Luce che passa fra noi. Aprite gli occhi, o ciechi di spirito, e vedete», e uno dei lebbrosi li segue sempre più da vicino, anche sulla via maestra ormai raggiunta, indicando Gesù ai pellegrini. 
Gli apostoli, seccati, si volgono due o tre volte intimando al lebbroso, perfettamente guarito, di tacere. E lo minacciano quasi l’ultima volta. 
Ma egli, cessando per un momento di alzare così la voce per parlare a tutti, risponde: «E che volete, che io non glorifichi le grandi cose che Dio mi ha fatto? Volete che io non lo benedica?». 
«Benedicilo in cuor tuo e taci», gli rispondono inquieti. 
«No, che non posso tacere. Dio mette le parole sulla mia bocca», e riprende forte: «Gente dei due luoghi di confine, gente che passate per caso, fermatevi ad adorare Colui che regnerà nel nome del Signore. Io deridevo tante parole. Ma ora le ripeto perché le vedo compiute. Ecco muoversi tutte le genti e venire giubilando al Signore per le vie del mare e dei deserti, per i colli e i monti. E anche noi, popolo che abbiamo camminato nelle tenebre, andremo alla gran Luce che è sorta, alla Vita, uscendo dalla regione di morte. Lupi, leopardi e leoni quali eravamo, rinasceremo nello Spirito del Signore e ci ameremo in Lui, all’ombra del Germoglio di Jesse divenuto cedro, sotto il quale si accampano le nazioni raccolte da Lui ai quattro punti della Terra. Ecco, viene il giorno in cui la gelosia di Efraim avrà fine, perché non c’è più Israele e Giuda, ma un solo Regno: quello del Cristo del Signore. Ecco, io canto le lodi del Signore che mi ha salvato e consolato. Ecco, io dico: lodatelo e venite a bere la salvezza alla fonte del Salvatore. Osanna! Osanna alle grandi cose che Egli fa! Osanna all’Altissimo che ha messo in mezzo agli uomini il suo Spirito rivestendolo di carne, perché divenisse il Redentore!». 
È inesauribile. 


9La gente aumenta, si affolla, ingombra la via. Chi era indietro accorre, chi era avanti torna indietro. Quelli di un piccolo paese, presso il quale sono ormai, si uniscono ai passanti. 
«Ma fallo tacere, Signore. Egli è il samaritano. Lo dice così la gente. Non deve parlare di Te, se Tu non permetti neppure che noi ti si preceda più predicandoti!», dicono inquieti gli apostoli. 
«Amici miei, ripeto le parole di Mosè a Giosuè figlio di Num, che si lamentava perché Eldad e Medad profetavano negli accampamenti: “Sei tu geloso per me, in mia vece? Oh! profetasse così tutto il popolo, e il Signore desse a tutti il suo spirito!”. Ma pure mi fermerò e lo congederò per farvi contenti». 
E si ferma voltandosi e chiamando a sé il lebbroso guarito, che accorre e si prostra dinanzi a Gesù baciando la polvere. 
«Alzati. E gli altri dove sono? Non eravate in dieci? Gli altri nove non hanno sentito bisogno di ringraziare il Signore. E che? Su dieci lebbrosi, dei quali uno solo era samaritano, non si è trovato altro che questo straniero che sentisse il dovere di tornare indietro a rendere gloria a Dio, prima di rendere se stesso alla vita e alla famiglia? Ed egli è detto “samaritano”. Non più ubbriachi sono allora i samaritani, posto che vedono senza traveggole e accorrono sulla via di Salute senza barcollare? Parla dunque la Parola un linguaggio straniero se lo intendono gli stranieri e non quelli del suo popolo?». 
Gira gli splendidi occhi sulla folla di ogni luogo della Palestina che si trova presente. E sono insostenibili nei loro balenii quegli occhi... Molti chinano il capo e spronano le cavalcature o si danno a camminare allontanandosi... 


10Gesù china gli occhi sul samaritano inginocchiato ai suoi piedi, e lo sguardo si fa dolcissimo. Alza la mano, che teneva abbandonata lungo il fianco, in un gesto di benedizione e dice: «Alzati e vattene. La tua fede ha salvato in te più ancora della tua carne. Procedi nella luce di Dio. Va’». 
L’uomo bacia nuovamente la polvere e prima di alzarsi chiede: «Un nome, Signore. Un nome nuovo, perché tutto è nuovo in me, e per sempre». 
«In che terra ci troviamo?». 
«In quella d’Efraim». 
«Ed Efrem chiamati da ora in poi, perché due volte la Vita ti ha dato vita. Va’». 
E l’uomo si alza e va. 
La gente del luogo e qualche pellegrino vorrebbero trattenere Gesù. Ma Egli li soggioga con il suo sguardo che non è severo, anzi è molto dolce nel guardarli, ma che deve sprigionare una potenza, perché nessuno fa un gesto per trattenerlo. 
E Gesù lascia la via senza entrare nel paesino, traversa un campo, poi un piccolo rio e un sentiero, e sale sul poggio orientale, tutto boscoso, e si inselva con i suoi dicendo: «Per non smarrirci seguiremo la via, ma stando nel bosco. Dopo quella curva, la strada si appoggia a questo monte. Vi troveremo qualche grotta per dormire, superando all’alba Efraim...».
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/

AVE MAMMA DOLCISSIMA

mercoledì 6 febbraio 2013

***...con gioia i sacrifici. OffriteMi tutto...



Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli eletti degli ultimi tempi

31.01.13


Eletti, amici cari, sopportate con gioia i sacrifici. OffriteMi tutto e Io, Io, Gesù, benedico la vostra vita, passo dopo passo.



Sposa cara, sia gioia anche nel sacrificio, sia gioia anche nella pena: ciò che permetto è per la salvezza delle anime. Accanto alla supplica ci sia sempre il sacrificio. Piccola sposa, così si salvano le anime: con la preghiera ed il sacrificio, sopportato ed offerto per amore.

Mi dici: “Adorato Gesù, i sacrifici l’uomo li sopporta sempre a fatica. Accogli, Dolce Amore, il poco che sappiamo offrire e concedi al mondo le Grazie di salvezza.”

Sposa amata, so quello che ognuno può dare ed accolgo anche i più piccoli doni; ma credi che siano molti coloro che Mi offrono? No. Ti dico: sono pochi, mentre sono in gran numero quelli che nulla Mi vogliono offrire. Pensa e rifletti sulle Mie Parole: chi molto Mi offre molto riceve in cambio; chi poco Mi offre non può aspettarsi che poco e chi poi non offre non riceve.

Mi dici: “Dolce Amore, l’uomo del terzo millennio ancora questo non l’ha compreso. Gli uomini che poco dànno si aspettano molto e s’illudono di avere sempre di più, dando sempre di meno. Capisco, Dolce Amore, che il nemico ha confuso le menti. Questa è una sua azione da Te permessa.”

Sposa cara, il nemico agisce sempre col Mio Permesso ed Io, Io, Dio, permetto ciò che serve alle anime per la loro salvezza. L’uomo nello smarrimento cerca Luce, chiede Luce, supplica Luce ed Io, Dio, la concedo. Sposa cara, quando tutto va bene, l’uomo Mi dimentica e, spesso, non Mi pensa proprio. Questa situazione può durare a lungo, anche un’intera vita può durare; ma quando entrano il dolore, il patimento, ecco che la mente corre a Me per supplicare. Il dolore, il patimento sono la medicina che porta a Me, Dio, ogni anima.

Mi dici: “Dolce Amore, capisco il significato del grande dolore del mondo. In questo tempo, Tu, Dio Santissimo, vuoi che ogni uomo venga a Te. Questo è il fine delle dure prove di questo tempo e chi le sopporta con pazienza si avvia sulla strada della salvezza. Tu, Santissimo, Tu, Dolce Amore, usi sempre strategie mirate. Sapiente sei Tu, Gesù, e grande nell’Amore: non vuoi la perdita delle anime, ma che tutte si salvino! Se ogni  uomo giungesse a capire la grandezza del Tuo Amore! Il dolore, il patimento, Tu li permetti per la salvezza delle anime. Crei l’uomo per la Gioia, per la grande Felicità con Te, ma egli non obbedisce ai Tuoi Comandamenti e, spesso, segue le sue passioni, rischiando la rovina; Tu allora, Padre amorevolissimo, usi la medicina che serve per lui: la prova, il dolore, il patimento. Dio d’Amore e d’Infinita Tenerezza, faTTi conoscere sempre più. Ogni malato cada ai Tuoi Piedi per supplicare il Perdono, prima della guarigione, e passi, poi, la sua vita a benedirTi.”

Sposa amata, bene hai parlato, perché il Mio Spirito è in te. L’uomo deve chiedere non solo la guarigione, come sempre fa, ma prima il perdono dei suoi peccati.

Mi dici: “Nel dolore l’uomo chiede solo di essere liberato; pochi capiscono che devono supplicare il perdono dei peccati. Concedi ad ogni peccatore di capire la condizione della sua anima per poterla salvare.”

Piccola Mia, nella preghiera parlo all’uomo e lo guido alla salvezza; ma sono molti coloro che non pregano col cuore, ripetono solo con le labbra Signore, Signore, ma il cuore è un gelo, è una pietra, che non si lascia scalfire. Sposa cara Io, Io, Gesù, sono il Signore di pochi cuori che a Me si sono donati. A questi dono in terra un anticipo di Paradiso. Resta, felice, nel Mio Cuore e godine le Delizie d’Amore.  Ti amo.
                                                                                  Vi amo.

                                                                                              Gesù


Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli eletti degli ultimi tempi


31.01.13


La Mamma parla agli eletti



Figli cari e tanto amati, percorrete la via di Luce, che vi indico. Non deviate, ma procedete, secondo la Mia Guida: vi conduco a Mio Figlio per essere felici! Insieme adoriamoLo. Vi amo.    
                                                                                 Ti amo, angelo Mio.

                                                                                              Maria Santissima



Maria Mater gratiæ,
Dulcis Parens clementiæ,
Tu nos ab hoste protege,
Et mortis hora suscipe.

domenica 5 febbraio 2012

"Figli amati, aiutate chi incontrate. Fatelo con l’esempio e con le parole."




Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli eletti degli ultimi tempi

27.01.12

La Mamma parla agli eletti

Figli amati, figli cari, siate fedeli a Gesù, siate arditi testimoni in un tempo nel quale la fede è debole. Il mondo ha bisogno di essere guidato verso la Luce di Gesù. 

Voi siate lampade, ben accese, che mai si spengono: fate luce al viandante che procede nel buio, fate luce perché non si perda. 

Figli amati, coloro che hanno scelto le tenebre ora procedono nel buio molto fitto e rischiano la più grande rovina. Il tempo è passato ed il mondo ha fatto la sua scelta, quella di una società senza Dio nel cuore e nella mente. 

Figli amati, aiutate chi incontrate. Fatelo con l’esempio e con le parole. Fate tutto con gioia, perché chi serve Dio lo deve fare con grande gioia. Grande sarà la ricompensa di chi è instancabile al servizio di Dio.

Mi dice la piccola Mia: “Madre cara, Dolce Tesoro, noi vogliamo essere gli umili servi di Gesù, sempre pronti a fare con gioia la Sua Volontà, sempre pronti col nostro “Eccomi”, come il profeta Samuele. Madre cara, aiutaci a fare bene ciò che Gesù vuole da noi; aiutaci a tenere lontano, con disgusto, il peccato, anche il minimo. Aiutaci, Dolce Tesoro, aiutaci a non peccare, a non peccare affatto e, col Tuo Soave Aiuto, daremo a Gesù, Che adoriamo, solo gioia, sempre gioia e mai il minimo dolore.”

Figli cari, questo fate ed Io vi aiuto: sono sempre con voi per sostenervi in questo bel cammino di Luce! Insieme, adoriamo, adoriamo, adoriamo! Vi amo tutti.
Ti amo, angelo Mio.
Maria Santissima

AVE MARIA!
AMDG

sabato 10 dicembre 2011

IIIa d'AVVENTO: DOMINICA "GAUDETE", ossia "della gioia", perché la liberazione è vicina.



Dal libro del profeta Isaìa
61, 1-2.10-11


<<Lo spirito del Signore Dio è su di me,
perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione;
mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri,
a promulgare l’anno di grazia del Signore.
Io gioisco pienamente nel Signore,
la mia anima esulta nel mio Dio,
perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza,
mi ha avvolto con il mantello della giustizia,
come uno sposo si mette il diadema
e come una sposa si adorna di gioielli.
Poiché, come la terra produce i suoi germogli
e come un giardino fa germogliare i suoi semi,
così il Signore Dio farà germogliare la giustizia
e la lode davanti a tutte le genti.>>

Parola di Dio. 




Commento di N.S.Gesù Cristo
a Isaia 61, 1ss. 

[Gesù è a Nazareth, nella sinagoga]


Mi trovo nella sinagoga di Nazareth, da capo. Ora il rabbino legge. Sento la cantilena della voce nasale, ma non capisco le parole dette in una lingua a me ignota.


Fra la gente vi è anche Gesù coi cugini apostoli e con altri che sono certo parenti essi pure, ma che non conosco.
Dopo la lettura, il rabbino volge lo sguardo sulla folla in muta domanda. Gesù si fa avanti e chiede di tenere Lui l’adunanza, oggi.

Odo la sua bella voce leggere il passo di Isaia citato dal Vangelo: “Lo spirito del Signore è sopra di Me…”. 
E odo il commento che Egli ne fa, dicendosi “il portatore della Buona Novella, della legge d’amore che sostituisce il rigore di prima con la misericordia, per cui tutti coloro che la colpa d’Adamo fa malati nello spirito, e nella carne per riflesso, perché il peccato sempre suscita vizio, e il vizio malattia anche fisica, otterranno la salute. 
Per cui tutti coloro che sono prigionieri dello Spirito del male avranno liberazione. Io sono venuto a rompere queste catene, a riaprire la via dei Cieli, a dar luce alle anime acciecate e udito alle anime sorde. 

È venuto il tempo della Grazia del Signore. Ella è fra voi, Ella è questa che vi parla. I Patriarchi hanno desiderato vedere questo giorno, di cui la voce dell’Altissimo ha proclamato l’esistenza ed i Profeti hanno predetto il tempo. 

E già, portata a loro da ministero soprannaturale, conoscono che l’alba di questo giorno s’è levata, e il loro ingresso nel Paradiso è ormai vicino e ne esultano coi loro spiriti, santi ai quali non manca che la mia benedizione per esser cittadini dei Cieli. Voi lo vedete. 
Venite alla Luce che è sorta. Spogliatevi delle vostre passioni per esser agili a seguire il Cristo. Abbiate la buona volontà di credere, di migliorare, di volere la salute, e la salute vi sarà data. Essa è in mia mano. Ma non la do che a chi ha buona volontà di averla. Perché sarebbe offesa alla Grazia darla a chi vuol continuare a servire Mammona”.

*

[da L’Evangelo come mi è stato rivelato, 455.13]
[dal discorso di Gesù ai forzati, presso la città di Gamala]
«[...] Lo Spirito del Signore è sopra di Me, perché il Signore mi ha mandato ad annunziare la Buona Novella ai mansueti, a curare quelli dal cuore infranto, a predicare la libertà agli schiavi, la liberazione ai prigionieri. 

Né mi si può dire sobillatore, perché Io non incito a rivolta, né consiglio evasioni agli schiavi e prigionieri, ma all’uomo in catene, all’uomo in schiavitù insegno la vera libertà, la vera liberazione, quella che non può essere tolta e neppure limitata, quella che tanto più cresce più l’uomo ad essa si abbandona: la libertà spirituale, la liberazione dal peccato, la mansuetudine nel dolore, il saper vedere Dio al di là degli uomini che incatenano, il saper credere che Dio ama chi lo ama e perdona là dove l’uomo non perdona, il saper sperare in un luogo eterno, di premio per chi sa essere buono nella sventura, pentito dei suoi peccati, fedele al Signore.


Non piangete, voi per cui Io particolarmente parlo. 

Io sono venuto a consolare, a raccogliere i reietti, a mettere luce nelle loro tenebre, pace nelle loro anime, a promettere una dimora di gioia a chi si pente come a chi è incolpevole. 
Né vi è passato che impedisca questo Presente, che attende in Cielo coloro che sanno servire il Signore nella sorte in cui si trovano. [...]»


AVE MARIA!

AMDG