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martedì 7 agosto 2018

PER NON DIMENTICARE L'IMPORTANZA DELLA MEDAGLIA MIRACOLOSA


L'HO VISTA, L'HO VISTA

20 gennaioo 1842: Apparizione della Madonna ad Alfonso Ratisbonne 

Giovedì 20 gennaio 1842 verso le 12.45, il giovane Alfonso Ratisbonne accompagna, per pura cortesia, l’amico Teodoro de Bussière nella Chiesa di S. Andrea delle Fratte in Roma. Mentre l’amico è in colloquio con il Parroco, Alfonso visita curioso, con sguardo freddo ed indifferente la Chiesa, dove si stanno facendo i preparativi per il funerale del conte di Laferronnays. Passati non più di 10 minuti, rientrato in Chiesa, l’amico Teodoro trova Alfonso inginocchiato davanti alla cappella di S. Michele, profondamente assorto, quasi in estasi. «Ho dovuto toccarlo tre o quattro volte – scrive due giorni dopo al fratello di Alfonso – e poi finalmente volse verso di me la faccia bagnata di lacrime, con le mani giunte e con un’espressione impossibile a rendersi... Poi estrasse dal petto la Medaglia Miracolosa, la coprì di baci e di lacrime e proferì queste parole: “Ah! Come sono felice, quanto è buono Dio, che pienezza di grazia e di felicità!”».1
Passata la commozione del momento, Alfonso viene accompagnato prima in albergo e poi nella Chiesa del Gesù, dal Padre Filippo Villefort che gli ordina di raccontare quanto ha visto e sperimentato. Alfonso, stringendo in mano la Medaglia Miracolosa, con commozione la bacia ed esclama: “L’ho vista, l’ho vista, l’ho vista!”. A stento poi, dominando la forte emozione, continua il suo racconto: «Stavo da poco in Chiesa, quando all’improvviso l’intero edificio è scomparso dai miei occhi, e non ho visto che una sola cappella sfolgorante di luce. In quello splendore è apparsa, in piedi, sull’altare, grande, fulgida, piena di maestà e di dolcezza, la Vergine Maria, così come è nella Medaglia Miracolosa. Una forza irresistibile mi ha spinto verso di Lei. La Vergine mi ha fatto segno con la mano di inginocchiarmi e sembrava volesse dirmi: “Così va bene!”. Lei non ha parlato, ma io ho compreso tutto!».1
Nella deposizione del Processo canonico del 18/19 Febbraio 1842, Alfonso completerà: «Alla presenza della SS. Vergine, quantunque non mi dicesse una parola, compresi l’orrore dello stato in cui mi trovavo, la deformità del peccato, la bellezza della Religione Cattolica: in una parola capii tutto!».1
Il 31 gennaio, nella Chiesa del Gesù, Alfonso Ratisbonne fa la sua abiura pubblica tra le mani del Cardinale Patrizi e riceve il Battesimo, prendendo anche il nome Maria. Diventerà Gesuita, Sacerdote e lavorerà con il fratello P. Teodoro, anche lui convertito, fondatore della Congregazione di Nostra Signora di Sion in Gerusalemme.
Alfonso Ratisbonne, penultimo di dieci figli, appartiene ad una famiglia ebrea di banchieri molto facoltosa, ma il cui senso religioso della tradizione ebraica e la fede nell’unico Dio si erano assai affievoliti, cedendo il posto all’interesse per il denaro. Orfano della mamma a quattro anni e del papà a quattordici, Alfonso è seguito dallo zio Luigi, ricchissimo banchiere senza figli, che provvede ai suoi studi. Frequenta il Collegio reale di Strasburgo, poi un Istituto protestante; consegue il Baccellierato in Lettere e quindi, a Parigi, la Laurea in Diritto.
Nella lettera autobiografica del 12 aprile 1842 al Padre Dufriche-Desgenettes, così descrive se stesso: «Amavo solo i piaceri; gli affari mi impazientivano e l’aria degli uffici mi soffocava: pensavo che nel mondo si vivesse solo per godere... Non sognavo che feste e piaceri e ad essi mi abbandonavo con passione... Ero un ebreo solo di nome, poiché non credevo nemmeno in Dio! Non aprii mai un libro di religione, e, nella casa di mio zio, come presso i miei fratelli e sorelle, non si praticava la minima Prescrizione del giudaismo».1
In mezzo a questa povertà spirituale, Alfonso ha due richiami a valori più nobili e degni di essere vissuti. Il primo è la conversione al cattolicesimo (1827) del fratello maggiore Teodoro, più anziano di lui di 12 anni, che diventerà Sacerdote e fondatore della Congregazione di Nostra Signora di Sion in Gerusalemme; il secondo è il fidanzamento (1841) con la nipote Flora, di appena sedici anni, figlia del fratello Adolfo.
La conversione del fratello Teodoro ha suscitato la reazione ostile di tutta la famiglia, come se avesse tradito il suo popolo. Alfonso dal canto suo rompe ogni relazione con lui e, quando Teodoro partendo saluta i familiari, assicurandoli che avrebbe pregato per tutti loro, Alfonso ride sarcasticamente.
Flora Ratisbonne, bella ed intelligente, minore di 11 anni rispetto ad Alfonso, è troppo giovane ed ancora in età minorile. Gli anziani della famiglia decidono di prendere tempo e di allontanare Alfonso da Strasburgo, con un lungo viaggio turistico, dovunque gli sia gradito. Egli decide per l’Oriente, attraverso la Costa Azzurra, l’Italia, Malta e l’Egeo, e Costantinopoli come meta finale. Flora, preoccupata per la sua salute e più per la sua fede ebraica, gli fa giurare di non visitare Roma perché vi perversa la malaria, e perché il centro della cattolicità è un pericolo di perversione.
Invece, per un insieme di contrattempi imprevisti e coincidenze non volute, Alfonso da Napoli giunge a Roma dove, per un semplice atto di cortesia verso il Barone Teodoro de Bussière, amico del fratello, accetta di portare al collo la Medaglia Miracolosa e di recitare la preghiera di S. Bernardo Ricordati piissima Vergine.
La Madonna lo attende nella Chiesa di S. Andrea delle Fratte il giovedì 20 gennaio, lo abbaglia e lo converte come S. Paolo sulla via di Damasco.
                                                                     
  Don Mario Morra SDB


lunedì 9 ottobre 2017

Alfonso Ratisbonne


220px-Alphonse RatisbonneAlfonso Ratisbonne, laureato in giurisprudenza, ebreo, fidanzato, gaudente ventisettenne, cui tutti assicuravano l’amore, le promesse e le risorse di ricchi banchieri suoi parenti, l’irrisore dei dogmi e delle pratiche cattoliche, il beffeggiatore della Medaglia Miracolosa, decise un giorno, per distrarsi di mettersi in viaggio e visitare alcune città dell'Occidente e dell’Oriente, escludendo Roma, che odiava, essendo la sede del Papa e l’aria malsana. 

A Napoli avvenne qualcosa di misterioso. Una forza irresistibile lo portò a prenotare il posto per il nuovo viaggio, anziché per Palermo, prenotò per Roma. Arrivato nella città eterna, fece visita a tanti suoi amici tra cui a Teodoro De Bussière, fervente cattolico

Questi, sapendolo miscredente, riuscì, nelle varie conversazioni a fargli prendere la medaglia e a promettere di dire la preghiera alla Madonna di S. Bernardo, a cui, però, con sorriso beffardo e sdegno disse: «vuol dire che sarà per me un’occasione, nelle mie conversazioni con gli amici, di mettere in ridicolo le vostre credenze». «Fai come vuoi», gli rispose il De Bussière e si mise a pregare con tutta la sua famiglia per la sua conversione. 

Il 20 gennaio uscirono tutti e due. Si fermarono davanti alla Chiesa di S. Andrea delle Fratte. Il cattolico andò in sacrestia per segnare la Messa di un funerale, mentre l’ebreo preferì visitare il tempio, curioso di trovarvi dell’arte, ma nulla lo attrasse, nonostante i lavori del Bernini, del Borromini, del Vanvitelli, del Maini ed di altri illustri artisti ivi raccolti. Si era intorno a mezzogiorno. La Chiesa deserta dava l’immagine di un luogo abbandonato; un cane nero passò saltellante accanto a lui e disparve. 

«D’un tratto - lascio la parola al veggente, secondo come ebbe a deporre con giuramento, durante il processo che ne seguì - mentre camminavo per la chiesa ed ero giunto incontro ai preparativi del funerale, all’improvviso mi sentii preso da un certo turbamento, e vidi come un velo innanzi a me, mi sembrava la chiesa tutta oscura, eccetto una cappella, quasi tutta la luce della medesima Chiesa si fosse concentrata in quella. Levai gli occhi verso la cappella raggiante di tanta luce, e vidi sull’Altare della medesima, in piedi, viva, grande, maestosa, bellissima, misericordiosa la SS.ma Vergine Maria simile all’atto e nella struttura all’immagine che si vede nella Medaglia Miracolosa dell’Immacolata. 

A tal vista io caddi in ginocchio nel luogo dove mi trovavo; procurai, quindi, varie volte di levar gli occhi verso la SS.ma Vergine, ma la riverenza e lo splendore me li feci abbassare, ciò che però non impediva l’evidenza di quell’apparizione. Fissai le di Lei mani, e vidi in esse l’espressione del perdono e della misericordia. Quantunque ella non mi dicesse nulla compresi l’orrore dello stato in cui mi trovavo, la deformità del peccato, la bellezza della religione cattolica, in una parola capii tutto. Sono caduto ebreo e mi sono alzato cristiano». 

In seguito, il convertito fece un bellissimo cammino che lo portò al sacerdozio e a partire missionario nella sua terra di Palestina, dove morì da santo. Quest’ultimo fatto ha inciso profondamente nella storia di questa centrale chiesa romana, che fu insignita del titolo di “Santuario mariano”. 

Nel 1848, il 18 gennaio, l’altare sul quale apparve la Vergine, già dedicato a S. Michele, venne consacrato alla Beata Vergine Maria con il titolo della Medaglia, a ricordo della Medaglia Miracolosa che aveva il Ratisbonne al momento della sua conversione. Il popolo però chiamava la Vergine apparsa in S. Andrea la "MADONNA Del MIRACOLO", poiché la conversione ebbe risonanza in tutto il mondo. 

Nello spazio di pochi anni è divenuto uno dei più celebri e rinomati Santuari mariani internazionali. Tutti di ogni nazione si sono creduti troppo fortunati di aver visitato questo luogo. La devota gara di sacerdoti accorsi e la edificante devozione di non pochi tra prelati e vescovi nel voler offrire il S. Sacrificio della Messa a quell’Altare sono state uno spettacolo così commovente ed insieme grato per il cuore dei devoti romani. 

Le parole di un testimone, quale P. D’Aversa trovano conferma nel lungo elenco di santi e beati che hanno pregato dinanzi alla Vergine del Miracolo. Così S. Maria Crocifissa di Rosa, fondatrice delle Ancelle della Carità (1850), S. Giovani Bosco il sabato santo del 1880 per impetrare l’approvazione della costituzione della sua famiglia, S. Teresa del Bambino Gesù (1887), S. Vincenzo Pallotti, S. Luigi Guanella, S. Luigi Orione, Maria Teresa Lodocowska, il Ven. Bernardo Clausi, il Papa Beato Giovanni Paolo II, ecc. 

Ma un nome che non può essere dimenticato è quello di S. Massimiliano Maria Kolbe, che ancora chierico al collegio di S. Teodoro (20 gennaio 1917), sentendo il suo maestro P. Stefano Ignudi descrivere l’apparizione al Ratisbonne, ebbe la sua prima ispirazione della Milizia dell’Immacolata. Non solo, venne a S. Andrea il 29 aprile 1918 a celebrare la prima Messa all’Altare della “sua Madonna”. 

Per tale devozione e per le molte conversioni che si registravano, il Papa Benedetto XV additò questo Santuario come la "LOURDES ROMANA ". Il Papa Pio XII, nel 1942, elevò la Chiesa a BASILICA. Giovanni XIII, nel 1959, la insignì del titolo cardinalizio, consegnato a S.Em.za card. Ennio Antonelli, Arcivescovo emerito di Firenze.

Fonti: 
http://www.latheotokos.it/modules.php?name=News&file=print&sid=430

http://www.terrasantalibera.org/conversione_ratisbonne.htm

http://it.arautos.org/view/showEspecial/10230-nostra-signora-delle-grazie-e-la-medaglia-miracolosa

Fonte: http://vaticanocattolico.com/lo-ebreo-alfonso-ratisbonne/

***http://www.preghiereagesuemaria.it/santiebeati/padre%20alfonso%20maria%20ratisbonne%20biografia.htm





AMDG et BVM

martedì 11 settembre 2012

'Sulla mia tomba - aveva detto il Ratisbonne -, metterete soltan­to queste due parole: Padre Maria'

Verso il cielo dalla terra di Gesù

Gli ultimi anni del buon Padre Maria furono segnati dalla sofferenza, ma egli non perdette mai il brio del suo temperamento e della sua conversazione.
La Croce e Maria erano i suoi due grandi amori.
'Dal Calvario al cielo - soleva ripetere -, non vi è che un passo!". Era divenuto quasi cieco e pareva consumato più dalle fatiche che dagli anni. Sapendolo così sfinito e in uno stato di debolezza generale, i suoi religiosi di Parigi facevano pressione, perché lascias­se la Palestina e raggiungesse la Francia. Ed egli rispondeva: 'Lasciate il povero Alfonso Maria nel suo cantuccio... E' divenuto qua­si cieco e domanda una cosa sola: morire in pace sulla Via Dolorosa!': Non avrebbe lasciato Gerusalemme se non per salire al cielo. Intanto, il 10 gennaio 1884, moriva a Parigi il fratello Teodoro, a 84 anni di età. Alfonso ne ebbe notizia il 20 gennaio e pianse il fratello con molte lacrime. Era lui che gli aveva aperto la strada alla conversione col suo esempio.
Il l ° maggio anche il P. Maria si ammalò di polmonite, nella sua povera residenza di Ain Karem. La sua cella a pian terreno non misurava che m. 4 per 5. L'arredamento si limitava ad uno scrit­toio, un pagliericcio, un guanciale di crine ed una catinella.
Il 6 maggio le sue condizioni si aggravarono. La Vergine Santa era sempre presente al suo spirito ed egli sembrava impaziente di raggiungerla.

Al P. Estrade aveva confidato: 'Io non sono che un peccatore, eppure non ho paura della morte, anzi la desidero!... Vorrei morire recitando il 'Ricordati, o Maria':

A quanti lo assistevano raccomandava: "Quando sarò alla fine, non suggeritemi le invocazioni per i moribondi; ditemi solo: Maria! Questa parola scenderà nel mio cuore!".

Poco prima di morire supplicò: 'Perché mi torturate con le vostre cure? La Santissima Vergine mi chiama e io ho bisogno di Lei. Deside­ro solo Maria; per me è tutto!".

Prima di spirare, parve rapito in estasi per qualche minuto. Ai presenti sembrò che contemplasse la SS. Vergine, come quando gli era apparsa a Roma il 20 gennaio del 1842.
Aveva 70 anni.

Gerusalemme pianse sinceramente il Padre di tanti orfani.
Alla Messa funebre nella basilica dell' "Ecce Homo", presenzia­rono più di 200 sacerdoti e il corteo che accompagnò la salma ad Ain Karem, era composto da una folla di persone di ogni religione e di ogni ceto sociale.
Forse con un po' di esagerazione retorica del momento, il Card. Simeoni, Prefetto di Propaganda, dichiarò: 'In pochi anni P. Maria ha fatto per il bene di Gerusalemme piu di tutti gli altri in due secoli!':
'Sulla mia tomba - aveva detto il Ratisbonne -, metterete soltan­to queste due parole: Padre Maria':
I suoi protetti vollero però aggiungere, sotto la statua di marmo dell'Immacolata della Medaglia Miracolosa con le braccia aperte, quest'altra invocazione: "0 Maria, ricordati del figlio tuo, che è la dolce e gloriosa conquista del tuo amore!".

Per il P. Alfonso Maria Ratisbonne non si può parlare di nume­rose conquiste, come delle centinaia di conversioni operate dalla Grazia Divina, per mezzo del fratello Teodoro. Tuttavia il suo esempio e, ancor più la sua carità, ebbero un'efficacia vasta e profonda. Alla sua morte si poterono contare ben 28 membri della famiglia Ratisbonne, che si erano convertiti al cattolicesimo.

Chi era il P. Maria come uomo e come sacerdote

Come uomo aveva sortito da natura un carattere gioviale, aper­to, ottimista. Gli piaceva scherzare e ridere. 'Il mio temperamento allegro - soleva dire -, è una vera grazia di stato':
A una suora che gli chiedeva: - Come fate a cambiare la sofe­renzà in gioia? - rispondeva: - Dico tutto alla Vergine Santa, le confi­dò tutto ciò che mi può tormentare, addolorare e inquietare e poi la lascio fare. Come posso allora essere triste?".
Benché avesse conservato la sua vivacità anche da anziano come a vent'anni e fosse capace di adirarsi, era pronto a riconoscere il suo torto e a chiederne scusa.
Del resto questa allegria e vivacità si accompagnava ad una squisita bontà. Circondava di affetto e sollecitudine chi gli stava vicino, specialmente i più umili e indifesi. Fraternizzava con i domestici di Ain Karem, fino a farli mangiare alla sua stessa tavola, quando sapeva che non avevano il necessario. Vegliava i bambini gravemente malati durante la notte e invitava per turno i più pic­coli a fare colazione con lui, in onore di Gesù-Bambino.
Con grande spirito ecumenico ripeteva fin d'allora: 'Bisogna allargare il cuore; non bisogna fare alcuna distinzione tra il latino, il greco, il maomettano e l'ebreo, ma occorre abbracciar tutti con amo­re.!"

Come sacerdote si distinse per una fiducia illimitata in Maria, e non poteva essere diversamente. Con umiltà semplice e sincera riconosceva i suoi limiti, ma più si umiliava, più grande si faceva la sua fiducia in Maria. 'La mia confidenza in Maria - confessò -, rasenta la temerità!".

Eccezionalmente un 20 gennaio, anniversario della apparizione di Roma, il P. Maria accettò di parlare alla sua Comunità della Madonna: "Voi desiderate che io vi parli della Vergine... Era bella, tanto bella, una luce nella luce.!..."
Dette queste parole, scoppiò in lacrime e si alzò scongiurando: 'Non chiedetemi più di parlarne!':


*

Benedetto sempre sia il santo Nome di Maria.
Lodato, onorato e invocato sempre sia, l'amabile e potente Nome di Maria.
O santo, soave e potente Nome di Maria, possa sempre invocarti durante la vita e nell'agonia.


venerdì 20 gennaio 2012

In quello splendore è apparsa, in piedi, sull’altare, grande, fulgida, piena di maestà e di dolcezza, la Vergine Maria, così come è nella Medaglia Miracolosa.



Ein Kerem, Nostra Signora di Sion,
tomba di 
Alphonse Marie Ratisbonne


a Roma per mezzo della Medaglia Miracolosa

Ratisbonne, un giovane intelligente e ricco ebreo di Strasburgo, era stato educato lontano dalla religione. “Non credevo neppure in Dio”, scrive di se stesso. “Non avevo mai aperto un libro di argomento religioso.
Con evidente riluttanza accetta dal barone Bussières la Medaglia Miracolosa.
Poco tempo dopo, il 20 gennaio 1842, il signor de Bussières entra insieme con lui nella chiesa di S. Andrea delle Fratte, per sbrigare in sacrestia alcuni particolari relativi ad una funzione in suffragio del defunto signor Laferronays: anzi è già stato preparato il catafalco al centro della chiesa. Qui gli appare l’Immacolata e lo converte all’istante.
Lo stesso signor de Bussières racconta così il fatto: “Ritornando in chiesa, non scorgo subito Ratisbonne. Poco dopo lo trovo inginocchiato davanti alla cappella di S. Michele Arcangelo. Mi avvicino a lui, lo tocco tre o quattro volte, prima che egli si renda conto della mia presenza. Finalmente si volge verso di me con il volto bagnato di lacrime, abbassa le mani e mi dice , con un’espressione che mi è impossibile descrivere: Oh, quanto ha pregato per me quel signore!”.
“Io stesso ero rimasto stupefatto; sentivo di trovarmi di fronte ad un miracolo. Rialzo Ratisbonne, lo accompagno, lo trascino quasi, per così dire, fuori dalla chiesa, gli chiedo di raccontarmi quel che gli è capitato, di dirmi dove vuole andare. Mi conduca dove vuole – esclamò – dopo quello che ho visto, farò quel che vuole lei”.
“Insisto perché mi spieghi; non riesce; la sua commozione è troppo forte. Estrae dal petto la medaglia miracolosa, la copre di baci e la bagna di lacrime. Lo accompagno a casa e, malgrado le mie insistenze, non riesco ad ottenere nulla da lui, ad eccezione di esclamazioni frammiste a singhiozzi. “ Ah, come sono contento! Quanto è buono Iddio! Quale pienezza di grazia e di bontà! Quanto son degni di compassione coloro che non lo sanno…”.
“Lo accompagnai subito alla chiesa del Gesù, da Padre de Villefort, che gli raccomandò di raccontare ogni cosa. Allora Ratisbonne trae fuori la medaglietta, la bacia, la mostra a noi ed esclama: “Io l’ho vista, io L’ho vista!” e la sua commozione si accresce ancor di più. Ma poco dopo, più calmo riesce a spiegarsi; ecco le sue precise parole: “Ero in chiesa da un po’ di tempo, quando improvvisamente provai un’emozione indicibile. Sollevai gli occhi: l’intero edificio era svanito al mio sguardo. Una sola cappella, per così dire, concentrava il mondo intero. E in mezzo a quella luce che si irradiava ovunque, è apparsa la Vergine Santissima, ritta sopra l’altare, grande, risplendente, piena di maestà e di amorevolezza, quale è rappresentata nella mia medaglia; una forza irresistibile mi spingeva verso di Lei. La Santissima Vergine mi fece segno con la mano di inginocchiarmi. Mi sembrò che dicesse: va bene! Ella non mi parlò affatto, ma io compresi tutto”.
“Durante il breve racconto Ratisbonne si interruppe più volte, come per frenare la commozione che si impadroniva di lui. Lo ascoltammo con gioia e riconoscenza, e contemporaneamente ammiravamo l’ ampiezza e la profondità delle vie di Dio e dei tesori ineffabili della Sua misericordia. In particolare ci colpì una sua espressione, per la sua misteriosa profondità: “Ella non mi parlò affatto; ma io compresi tutto”. In effetti, da quel momento è sufficiente ascoltare Ratisbonne: la fede cattolica sgorga dal suo cuore, come un profumo prezioso dal vaso che lo racchiude, ma non lo può mantenere inerte dentro di sé. Parla della presenza reale, come un uomo che crede in essa con tutte le forze della propria anima (ma dire questo è ancora poco), come un uomo che ne ha l’esperienza.
“Lasciato il Padre de Villefort, siamo andati a rendere gloria a Dio, innanzi tutto nella basilica della SS. Vergine Maria, quindi a S. Pietro.
“È impossibile descrivere il rapimento estatico di Ratisbonne mentre si trovava in queste chiese. “ Ah! - mi diceva stringendomi le mani – ora comprendo l’amore dei cattolici per le loro chiese e la devozione che impone loro di addobbarle e di abbellire!…Come si sta bene qui! Non si vorrebbe mai uscire da qui!… Questa non è più terra, è quasi il paradiso!”.
“Davanti all’altare del Santissimo Sacramento, la presenza reale della divinità lo soggiogava fin al punto tale che veniva meno, se non se ne allontanava subito: tanto gli sembrava tremendo rimanere alla presenza del Dio vivo, con la macchia del peccato originale! E andava a rifugiarsi in una cappella della Santissima Vergine.
“Qui – diceva rivolgendosi a me – non posso, non posso aver paura, sento di essere protetto da una misericordia sconfinata”. Pregava con il più grande fervore sulla tomba dei santi Apostoli. La storia della conversione di San Paolo, che gli avevo narrata, era causa di lacrime ancor più abbondanti.
“Gli chiesi nuovi particolari sulla visione che aveva avuto. Non riusciva a spiegarsi in qual modo fosse passato dal lato destro della chiesa alla cappella situata sul lato sinistro, pur essendo separato dal catafalco.Tutt’a un tratto si era trovato umilmente inginocchiato davanti alla cappella.In un primo momento era riuscito a scorgere la Regina del cielo in tutto lo splendore di una bellezza immacolata, ma i suoi occhi non erano in grado di sopportare quello splendore divino. Tentò per altre tre volte di volgere lo sguardo verso la Madre della misericordia e per tre volte i suoi tentativi furono inutili, perché qualcosa gli impediva di sollevare gli occhi più in alto delle mani benedette, dalle quali uscivano, sotto forma di raggi luminosi, torrenti di grazia.
“ “Oh, mio Dio! – esclamava – io che solo mezza settimana fa bestemmiavo ancora, io che provavo un odio violento verso la religione cattolica!…Tutti, però, mi conoscono, sanno bene che, umanamente parlando, avevo tutti i motivi per rimanere ebreo. La mia famiglia è ebrea, la mia fidanzata è ebrea, mio zio materno è ebreo”“.
Ma ascoltiamo la dichiarazione dello stesso convertito, contenuta in una lettera scritta al parroco della chiesa della Santissima Vergine Maria della Vittoria, a Parigi. Ecco alcuni brani di tale lettera:
“Mio fratello Teodoro, nel quale ponevo una grande speranza, era diventato cristiano e poco tempo dopo – malgrado le insistenti suppliche e lo sconforto che aveva provocato – era andato oltre, era divenuto sacerdote e svolgeva il proprio ministero sacerdotale nella stessa città e sotto gli occhi delle mia famiglia sconsolata. Questi gesti del mio fratello minire mi avevano disgustato enormemente e avevano provocato in me sentimenti di disprezzo nei confronti del suo abito e del suo stato.Educato tra giovani cristiani indifferenti come me, non provavo né simpatia né antipatia verso il cristianesimo. Tuttavia la conversione di mio fratello, che consideravo una pazzia inesplicabile, mi indusse a credere nel fanatismo dei cattolici e sentivo un’avversione nei loro riguardi…
“Terminai gli studi di diritto a Parigi, ottenni il diploma e indossai la toga di avvocato. In seguito,però, fui richiamato a Strasburgo da uno zio materno,che faceva di tutto per avermi accanto a sé. Non sono in grado di calcolare la sua generosità. Egli mi regalava cavalli, carrozze, viaggi, migliaia di gesti di munificenza, senza rifiutare di accontentare ogni mio capriccio…Lo zio mi rinfacciava unicamente i miei frequenti viaggi a Parigi. “Tu ami troppo i Campi Elisi”, mi diceva con amorevolezza. Aveva ragione. Io amavo soltanto i piaceri. Gli affari mi facevano perdere la pazienza, l’atmosfera di ufficio mi soffocava. E benché una specie di pudore innato mi tenesse lontano dai piaceri e dalle compagnie cattive, sognavo solamente divertirmi e piaceri e mi dedicavo ad essi con passione e frenesia…
“Ero ebreo solo di nome, poiché non credevo neppure in Dio. Non avevo mai aperto un libro di argomento religioso. Anzi, in casa di mio zio, come pure quando stavo con i miei fratelli e sorelle, non praticavo neppure le più piccole norme del giudaismo.
“Nel mio cuore vi era il vuoto e non ero per nulla felice in mezzo a tutta quell’abbondanza. Mi mancava qualcosa, tuttavia questo oggetto mi era già stato dato: così almeno io penso.
“[Infatti], avevo una nipote, figlia del maggiore dei miei fratelli,che mi era stata destinata fin dal tempo in cui eravamo ambedue fanciulli. Era cresciuta con il suo fascino davanti ai miei occhi e io vedevo in lei tutto il mio avvenire e tutta la speranza di felicità riservata a me…
“Debbo qui rilevare un certo cambiamento verificatosi nelle mie idee religiose all’epoca del mio fidanzamento. Come ho detto, io non credevo in niente; e in tutto questo nulla, in questa negazione di qualsiasi fede mi trovavo in piena armonia con i miei amici cattolici e protestanti. Tuttavia, la vista della mia fidanzata suscitava in me un sentimento della dignità umana. Incominciai a credere nell’immortalità dell’anima; più ancora incominciai istintivamente a pregare Dio, a ringraziarlo per la felicità; tuttavia non ero felice…Non sapevo rendermi conto dei miei sentimenti, guardavo alla mia fidanzata come al mio angelo buono; le parlavo spesso e, in realtà, il pensare a lei elevava il mio cuore verso Dio, che non conoscevo, che non avevo mai pregato e che non avevo mai implorato.
“Considerammo opportuno differire il matrimonio, a causa della troppo giovane età della mia fidanzata: aveva sedici anni. Dovetti, perciò, compiere un viaggio di piacere, in attesa dell’ora della nostra unione.
“Decisi di recarmi a Napoli, di trascorrere l’inverno a Malta, per rinforzare la mia debole salute, e far ritorno in seguito passando attraverso l’Oriente. Avevo con me delle lettere di raccomandazione perfino per Costantinopoli e mi misi in viaggio alla fine di novembre del 1841. Dovevo essere di ritorno all’inizio dell’anno seguente…
“Soggiornai un mese a Napoli, per vedere tutto e annotare tutto. In particolare scrissi contro la religione e contro i sacerdoti che in quelle fortunate località mi sembravano del tutto fuori posto. Oh, quante bestemmie nel mio diario!…”.
Contrariamente alle sue intenzioni, egli [Ratisbonne] capitò tuttavia a Roma, dove si incontrò con il barone Teodoro de Bussières, che dal protestantesimo era passato al cattolicesimo. Il suo odio verso il cattolicesimo si accrebbe maggiormente dopo la visita al ghetto degli ebrei di Roma. Così descrive più oltre le sue impressioni alla notizia che due ebrei si stavano preparando a ricevere il battesimo: “Non sono in grado di esprimere l’indignazione che mi ha afferrato nel sentire una simile cosa; e allorché la mia guida mi chiese se desideravo assistere al rito : “Io? – esclamai – io? Assistere ad una simile viltà? No, no! Non sarei capace di trattenermi dall’avventarmi contro i battezzandi e i battezzati!”.
“Debbo dire, senza paura di esagerare, che non sono sta mai così pieno di veleno contro il cristianesimo come durante la visita al ghetto. Non mi trattenevo dalle derisioni e dalle bestemmie”.
medaille_miraculeuse.jpgCon manifesta riluttanza accettò la medaglia miracolosa dal barone de Bussières; tuttavia poco dopo, il giovedì 20 gennaio, l’Immacolata si mosse a compassione di lui. Egli stesso continua a scrivere nella lettera: “Mi recai in un caffè di Piazza di Spagna, per dare un’occhiata ai quotidiani; mi trovavo lì da poco tempo, quando giunse il signor Edmondo Humann, figlio del ministro delle finanze, e si sedette accanto a me. Ci trattenemmo in conversazione parlando di Parigi, di arte e di politica. Poco dopo mi raggiunse un altro amico, un protestante, il signor Alfredo de Lotzbeck, con il quale ebbi una conversazione ancor più futile. Parlammo di caccia, di svaghi, di divertimenti carnevaleschi, di una splendida serata che il principe di Torlonia aveva organizzato. Non si potè lasciare da parte la cerimonia del mio matrimonio. Rivolsi l’invito al signor de Lotzbeck, il quale mi promise che vi avrebbe senz’altro partecipato. Se in quel momento (era mezzogiorno) un terzo interlocutore mi si fosse avvicinato e mi avesse detto: “Alfonso, tra un quarto d’ora tu adorerai Gesù Cristo quale tuo Dio, tuo Salvatore e ti umilierai in una povera chiesa e ti batterai il petto davanti ad un sacerdote in un convento di Gesuiti, dove passerai il carnevale preparandoti al battesimo , disposto a sacrificarti per la fede cattolica, e rinunzierai al mondo, alla superbia, ai suoi piaceri, alle tue ricchezze, alle tue speranze, al tuo avvenire e, se sarà necessario, rinunzierai alla tua fidanzata, all’affetto della famiglia, alla stima dei tuoi amici, ai legami con gli ebrei… e non desidererai altro che seguire Cristo e portare la sua croce fino alla morte…”, dico che se un simile profeta mi avesse predetto una cosa del genere, avrei pensato che una persona sola sarebbe stata più impazzita di quello, vale a dire colui che sarebbe stato capace di credere nella possibilità di una simile pazzia! E tuttavia, questa pazzia costituisce oggi la mia saggezza e la mia felicità.
“Uscendo dal caffè, mi imbattei nella vettura del signor Teodoro de Bussières, il quale mi chiese se potevo trattenermi alcuni minuti davanti alla chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, che si trovava proprio in quei paraggi, in attesa che egli potesse fare una certa commissione. Mi propose di attendere in vettura; io preferii scendere per dare un’occhiatina alla chiesa.Si stavano facendo dei preparativi per una cerimonia funebre. Chiesi il nome del defunto per il quale erano destinate quelle estreme onoranze. Il signor de Bussières mi rispose: “Si tratta di un mio buon amico, il conte de Laferronays’; non l’avevo mai visto e non provai alcun sentimento all’infuori di un lieve dispiacere, quale si prova alla notizia di una morte improvvisa. Il signor de Bussières mi lasciò perché doveva andare a far preparare una tribuna riservata per la famiglia del defunto. “La prego di non perder la pazienza – mi disse mentre entrava in convento – sarà questione di due minuti”.
“La chiesa di S. Andrea è piccola, povera e deserta… Mi sembrava di essere solo… nessun oggetto d’arte richiamava l’attenzione. Dirigevo meccanicamente lo sguardo attorno senza fermare il pensiero su nessuna cosa. Ricordo che un cane nero si aggirava davanti a me e salterellava qua e là…Poco dopo il cane scomparve. Tutta la chiesa scomparve, non vedevo più nulla, o piuttosto – o mio Dio – vedevo una cosa sola!!!
“Come si fa a parlarne? Oh, no! la parola umana non deve neppure tentare di esprimere ciò che non è possibile esprimere! Qualunque descrizione, per quanto mirabile possa essere, sarebbe soltanto una profanazione di una verità ineffabile.
“Ero lì umiliato, inondato di lacrime, con il cuore che mi scoppiava, allorché il signor de Bussières mi richiamò alla realtà.
“Non fui capace di rispondere alle sue pressanti domande, ma alla fine afferrai la medaglietta che tenevo al petto, baciai con effusione l’effigie della SS. Vergine che spargeva le Grazie. Ah, era proprio LEI!
“Non sapevo dove mi trovavo, non sapevo se ero Alfonso o un altro, mi accorgevo di essere totalmente trasformato, mi sentivo interiormente un altro…Volevo ritornare in me stesso e non riuscivo a farlo…una gioia intensissima esplodeva nel mondo della mia anima; non riuscivo a parlare, non volevo rivelare nulla, sentivo in me qualcosa di grandioso e di santo che mi indusse a chiedere di un sacerdote… Mi condussero da lui e solo dopo aver ricevuto un ordine categorico feci la mia narrazione, per quanto mi fu possibile, in ginocchio con il cuore tremante.
“Le mie prime parole furono espressioni di riconoscenza verso il signor de Laferronays e per la confraternita della Santissima Vergine Maria della Vittoria. Sapevo con sicurezza che il signor de Laferronays aveva pregato per me, ma non sarei stato in grado di dire in qual modo l’avevo saputo e in qual modo dovevo rendermi conto della verità che avevo acquisito: con la fede e la conoscenza. Tutto ciò che posso dire è che in quel momento il velo che mi copriva cadde dai miei occhi. Non uno solo, ma tutti i veli che mi avvolgevano scomparvero l’uno dopo l’altro e rapidamente, come la neve, il fango e il ghiaccio sotto l’azione del sole cocente. Uscivo da una tomba, da un abisso di tenebre ed ero vivo, perfettamente vivo…ma piangevo! Vedevo nel fondo dell’abisso le miserie estreme dalle quali ero stato estratto da una misericordia sconfinata; un brivido mi pervadeva alla vista di tutte le mie scelleratezze ed ero stupito, commosso, tutto preso dall’estasi e dalla riconoscenza. Pensavo a mio fratello con una gioia indicibile, ma alle mie lacrime d’amore si mescolavano lacrime di commiserazione. Purtroppo, tante persone scendono tranquillamente, senza preoccuparsene, verso questo abisso con gli occhi velati dalla superbia…scendono, inghiottiti vivi, in tenebre spaventose…e la mia famiglia, la mia fidanzata, le mie povere sorelle!!! Ah, quale inquietudine straziante! Io pensavo a voi, a voi che amo, per voi ho offerto le mie prime preghiere… Non eleverete voi gli occhi verso il Salvatore del mondo, il cui sangue ha lavato il peccato originale? Ah, quanto è detestabile il marchio di questa sozzura! quale trasformazione radicale esso provoca nella creatura, fatta ad immagine e somiglianza divina! “Mi chiedono come abbia fatto a conoscere queste verità, dato che è accertato che non ho mai aperto un libro di contenuto religioso, non ho mai letto una sola pagina della Bibbia e che il dogma del peccato originale, completamente dimenticato o negato dagli ebrei dei nostri tempi, non ha mai occupato la mia mente neppure per un istante; dubito perfino di averne conosciuto la denominazione. Come ero giunto, quindi, alla conoscenza di esso? Non lo saprei dire. Tutto quel che so è che entrando in chiesa non sapevo nulla, mentre uscendo vedevo con chiarezza. Non so spiegare tale cambiamento in altro modo che paragonarmi ad una persona che viene bruscamente svegliata da un sonno profondo, oppure servendosi dell’analogia di colui che, cieco fin dalla nascita, all’improvviso scorge la luce del giorno: egli vede, ma non è capace di definire la luce che lo illumina e chi gli offre la possibilità di vedere gli oggetti della sua meraviglia.
“Se non si riesce a dare una spiegazione della luce fisica, come si potrebbe spiegare quella luce che, in ultima analisi, è la verità stessa? È vero quando dico che non conoscevo la Scrittura, tuttavia io penetravo con lo sguardo il significato e lo spirito dei dogmi. Io sentivo queste cose molto di più che se le avessi viste, e provavo anche le conseguenze ineffabili che esse producevano in me. Tutto ciò avveniva all’interno di me stesso e queste impressioni, mille volte più rapide del pensiero, mille volte più profonde delle riflessioni, non solo toccavano la mia anima, ma in certo modo le facevano cambiar senso di marcia e la indirizzavano in un’altra direzione, verso un altro scopo e lungo un’altra via…
“Il mondo non era più nulla ormai per me. Le mie prevenzioni contro il cristianesimo non esistevano più; dei pregiudizi acquisiti fin dall’età infantile non vi era più nemmeno la traccia; l’amore verso il mio Dio prese talmente il posto di qualsiasi altro amore che perfino la mia fidanzata mi appariva sotto un altro angolo di visuale: l’amavo come si ama un oggetto che Dio tiene tra le proprie mani, come un dono prezioso che impone di amare ancor di più il donatore…
“Mi sentivo disposto a tutto e bramavo ardentemente il battesimo. Si voleva tramandarlo. “Ma – esclamai – quegli ebrei che avevano ascoltato la predicazione degli apostoli furono battezzati immediatamente, mentre voi vorreste procrastinare il mio battesimo? Dopo che ho ascoltato la Regina degli Apostoli?. La mia commozione, i miei ardenti desideri, le mie implorazioni hanno toccato quelle persone compassionevoli, le quali mi hanno accolto tra di loro e mi hanno fatto la promessa – sorgente di benedizioni in eterno ! – del battesimo.
“Non riuscivo a trattenere l’impazienza dell’attesa del giorno stabilito per l’attuazione di quella promessa. Riconoscevo di essere tanto abominevole davanti a Dio, tuttavia quanta bontà, quanta misericordia mi si manifestava durante tutti i giorni della mia preparazione…D’ora in poi la riconoscenza sarà la mia legge e la mia vita. Non son capace di esprimerla a parole, ma farò il possibile per dimostrarla con le opere…”.


 

AMDG