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lunedì 6 aprile 2015

6. Sarà il Regno di Dio. Il Regno dei Cieli.

625. Apparizione ai discepoli di Emmaus. 
Mc 16, 12-13; Lc 24, 13-35



Per una strada montuosa due uomini, di media età, vanno lesti volgendo le spalle a Gerusalemme, le cui alture scompaiono sempre più dietro le altre che si susseguono con ondulazioni di cime e di valli continue.

Parlano fra di loro. E il più anziano dice all'altro, che avrà un trentacinque anni al massimo: «Credi che è stato meglio fare così. Io ho famiglia e tu ce l'hai. Il Tempio non scherza. Vuole proprio farla finita. Avrà ragione? Avrà torto? Non lo so. So che in esso è chiaro il pensiero di finirla per sempre con tutto questo».

«Con questo delitto, Simone. Dàgli il nome giusto. Perché almeno delitto lo è».
«Secondo. In noi l'amore fa lievito contro il Sinedrio. Ma forse... chissà!».
«Niente. L'amore illumina. Non porta all'errore».
«Anche il Sinedrio, anche i sacerdoti e i capi amano. Loro amano Jeovè, Colui che tutto Israele ha amato da quando il patto fu stretto fra Dio e i Patriarchi. Allora pure ad essi l'amore è luce e non porta errore!».
«Non è amore per il Signore il loro. Sì. Israele da secoli è in quella Fede. Ma dimmi. Puoi dire che è ancora una fede quella che ci dànno i capi del Tempio, i farisei, gli scribi, i sacerdoti? Tu lo vedi. Con l'oro sacro al Signore - già si sapeva, o almeno si sospettava che ciò avvenisse - con l'oro sacro al  Signore essi hanno pagato il Traditore e ora pagano le guardie. Il primo perché tradisse il Cristo, le seconde perché mentano.
Oh! Io non so come la Potenza eterna si sia limitata a scardinare le muraglie e a lacerare il Velo! Ti dico che io avrei voluto che sotto le macerie seppellisse i nuovi filistei. Tutti! ». (Come in: Giudici 16, 23-30).
«Cleofa! Tu saresti tutto vendetta».
«Vendetta sarei. Perché, ammettiamo che Egli fosse solo un profeta, è egli lecito uccidere un innocente? Perché innocente era! Lo hai mai visto fare uno dei delitti di cui fu accusato per ucciderlo?». 

(Egli, pronome pleonastico in una frase interrogativa, è un arcaismo, già incontrato per esempio al Vol 3 Cap 201, più inconsueto di altri che non riteniamo necessario segnalare. Molto frequenti nell’opera sono le forme arcaiche meco, seco, seco lui, seco noi e simili, che non occorre spiegare. Di altri arcaismi, invece, è meno facile afferrare il significato: come esempi segnaliamo gorga al Vol 5 Cap 329 che è la strozza; e fazione al capitolo 609 nell’accezione di azione di guerra).

«No. Nessuno. Però un errore lo ha fatto».
«Quale, Simone?».
«Quello di non sprigionare potenza dall'alto della sua Croce. Per confermare la nostra fede e per punire gli increduli sacrileghi. Egli doveva raccogliere la sfida e scendere di Croce».
«Ha fatto di più. È risorto».
«Sarà poi vero? Risorto come? Con lo Spirito solo o con lo spirito e la Carne?».
«Ma lo spirito è eterno! Non ha bisogno di risorgere!», esclama Cleofa.
«Lo so anche io. Volevo dire: se è risorto con la sua unica natura di Dio, superiore ad ogni insidia dell'uomo.(Deve intendersi: unicamente con la sua natura di Dio). Perché ora il suo spirito fu insidiato col terrore dall'uomo. Hai sentito, eh? Marco ha detto che nel Getsemani, dove Egli andava a pregare contro un masso, è tutto sangue. E Giovanni, che ha parlato con Marco, gli ha detto: "Non far calpestare quel luogo, perché è sangue sudato dall'Uomo Dio". Se ha sudato sangue prima della tortura, deve ben avere avuto terrore di essa!».
«Nostro povero Maestro!...». Tacciono afflitti.


Li raggiunge Gesù e chiede: «Di chi parlavate? Sentivo nel silenzio le vostre parole a intervalli. Chi fu ucciso?». È un Gesù velato sotto una apparenza modesta di povero viandante frettoloso.
I due non lo ravvisano.
«Sei d'altri luoghi, uomo? Non sostasti in Gerusalemme? La tua veste polverosa ed i sandali così ridotti ci paiono di instancabile pellegrino».
«Lo sono. Vengo da molto lontano...».
«Stanco sarai, allora. E vai lontano?»
«Molto, ancora più di quanto Io ne venga».
«Hai commerci da fare? Mercati?».
«Ho da acquistare un numero sterminato di greggi per il più grande Signore. Tutto il mondo devo girare per scegliere pecore e agnelli, e scendere anche fra greggi selvatiche che pure, quando saranno rese domestiche, saranno migliori di quelle che selvatiche ora non sono».
«Difficile lavoro. E hai proseguito senza sostare in Gerusalemme?».
«Perché lo chiedete?».
«Perché tu solo sembri ignorare quanto in essa è accaduto in questi giorni».
«Che vi è accaduto?».
«Tu vieni da lontano e perciò forse non sai. Ma la tua parlata è pure galilea. Perciò, anche se servo di un re straniero o figlio di galilei espatriati, saprai, se sei circonciso, che da tre anni nella patria nostra era sorto un grande profeta di nome Gesù di Nazaret, potente in opere e in parole davanti a Dio e agli uomini, che andava predicando per tutto il Paese. E si diceva il Messia. Le sue parole e le sue opere erano realmente da Figlio di Dio, come Egli si diceva. Ma solo da Figlio di Dio. Tutto Cielo... Ora tu sai perché... Ma sei circonciso?».
«Primogenito sono e sacro al Signore».
«Allora sai la nostra Religione?».
«Non ne ignoro una sillaba. Conosco i precetti e gli usi. L'halascia, il midrascia e l'aggada mi sono note come gli elementi dell'aria, dell'acqua, del fuoco e della luce, che sono i primi a cui tende l'intelligenza, l'istinto, il bisogno dell'uomo che da poco è nato da seno».


«Orbene, allora tu sai che Israele ebbe promesso il Messia, ma come re potente che avrebbe riunito Israele. Questo invece così non era...».
«Come, dunque?»
«Egli non mirava a terreno potere. Ma di un regno eterno e spirituale si diceva re. Egli non ha riunito, ma anzi ha scisso Israele, perché ora esso è diviso fra coloro che in Lui credono e coloro che malfattore lo dicono. In verità, di re non aveva stoffa, perché voleva solo mitezza e perdono. E come soggiogare e vincere con queste armi?...».
«E allora?».
«E allora i capi dei Sacerdoti e gli Anziani d'Israele lo presero e lo hanno giudicato reo di morte...
accusandolo, per verità, di colpe non vere. Sua colpa era essere troppo buono e troppo severo...».
«Come poteva, se era l'uno, essere l'altro?».
«Poteva, perché era troppo severo nel dire le verità ai Capi d'Israele e troppo buono nel non fare su essi miracolo di morte, fulminando i suoi ingiusti nemici».
«Severo come il Battista era?».
«Ecco... non saprei. Duramente rimproverava, specie negli ultimi tempi, scribi e farisei, e minacciava quelli del Tempio come segnati dall'ira di Dio. Ma poi, se uno era peccatore e si pentiva, ed Egli vedeva nel suo cuore vero pentimento, perché il Nazareno leggeva nei cuori meglio che uno scriba nel testo, allora era più dolce di una madre».
«E Roma ha permesso fosse ucciso un innocente?».
«Lo ha condannato Pilato... Ma non voleva e lo diceva "Giusto". Ma di accusarlo a Cesare lo minacciarono ed ebbe paura. Si insomma fu condannato alla croce e vi morì. E questo, insieme al timore dei sinedristi, ci ha molto avviliti. Perché io sono Clofé figlio di Clofé e questo è Simone, ambedue di Emmaus, e parenti, perché io sono lo sposo della sua prima figlia, e discepoli del Profeta eravamo».
«E ora più non lo siete?».
«Noi speravamo che sarebbe Lui che libererebbe Israele e anche che, con un prodigio, confermasse le sue parole. Invece!...»
«Che parole aveva dette?».
«Te lo abbiamo detto: "Io sono venuto al Regno di Davide. Io sono il Re pacifico" e così via. E diceva: "Venite al Regno", ma poi non ci ha dato il regno. E diceva: "Il terzo giorno risorgerò". Ora è il terzo giorno che è morto. Anzi è già compiuto, perché l'ora di nona è già trascorsa, e Lui non è risorto. 
Delle donne e delle guardie dicono che si, è risorto. Ma noi non lo abbiamo visto. Dicono le guardie, ora, che così hanno detto per giustificare il furto del cadavere fatto dai discepoli del Nazareno. Ma i discepoli!... Noi lo abbiamo tutti lasciato per paura mentre era vivo... e non certo lo abbiamo rapito ora che è morto. E le donne... chi ci crede ad esse? Noi ragionavamo di questo. E volevamo sapere se Egli si è inteso di risorgere solo con lo Spirito tornato divino, o se anche con la Carne. Le donne dicono che gli angeli - perché dicono di avere visto anche gli angeli dopo il terremoto, e può essere, perché già il venerdì sono apparsi i giusti fuori dai sepolcri - dicono che gli angeli hanno detto che Egli è come uno che non è mai morto. E tale infatti alle donne parve di vederlo. Ma però due di noi, due capi, sono andati al Sepolcro. E, se lo hanno visto vuoto, come le donne hanno detto, non hanno visto Lui, né li, né altrove. Ed è una grande desolazione, perché non sappiamo più che pensare!».


«Oh! come siete stolti e duri nel comprendere! e come lenti nel credere alle parole dei profeti! E non era ciò stato detto? L'errore di Israele è questo: dell'avere male interpretato la regalità del Cristo. Per questo Egli non fu creduto. Per questo Egli fu temuto. Per questo ora voi dubitate. In alto, in basso, nel Tempio e nei villaggi, ovunque si pensava ad un re secondo l'umana natura. La ricostruzione del regno d'Israele non era limitata, nel pensiero di Dio, nel tempo, nello spazio e nel mezzo, come fu in voi.

Non nel tempo: ogni regalità, anche la più potente, non è eterna. Ricordate i potenti Faraoni che oppressero gli ebrei ai tempi di Mosè. (A cominciare da colui di cui si narra in: Esodo 1, 8-22). Quante dinastie non sono finite, e di esse restano mummie senz’anima in fondo ad ipogei secreti! E resta un ricordo, se pur resta quello, del loro potere di un'ora, e anche meno, se misuriamo i loro secoli sul Tempo eterno. Questo Regno è eterno.

Nello spazio. Era detto: regno di Israele. Perché da Israele è venuto il ceppo della razza umana; perché in Israele è, dirò così, il seme di Dio, e perciò, dicendo Israele, volevasi dire: il regno dei creati da Dio. Ma la regalità del Re Messia non è limitata al piccolo spazio della Palestina, ma si estende da settentrione a meridione, da oriente a occidente, dovunque è un essere che nella carne abbia uno spirito, ossia dovunque è un uomo. Come avrebbe potuto uno solo accentrare in sé tutti i popoli fra loro nemici e farne un unico regno senza spargere a fiumi il sangue e tenere tutti soggetti con crudeli oppressioni d'armati? E come allora avrebbe potuto essere il re pacifico di cui parlano i profeti?

Nel mezzo: il mezzo umano, ho detto, è l'oppressione. Il mezzo sovrumano è l'amore. Il primo è sempre limitato, perché i popoli ben si rivoltano all'oppressore. Il secondo è illimitato, perché l'amore è amato o, se amato non è, è deriso. Ma, essendo cosa spirituale, non può mai essere direttamente aggredito. E Dio, l'Infinito, vuole mezzi che come Lui siano. Vuole ciò che finito non è perché eterno è: lo spirito; ciò che è dello spirito; ciò che porta allo Spirito. Questo è stato l'errore: di avere concepito nella mente un'idea messianica sbagliata nei mezzi e nella forma.

Quale è la regalità più alta? Quella di Dio. Non è vero? Or dunque, questo Ammirabile, questo Emmanuele, questo Santo, questo Germe sublime, questo Forte, questo Padre del secolo futuro, questo Principe della pace, questo Dio come Colui dal quale Egli viene, perché tale è detto e tale è il Messia, non avrà una regalità simile a quella di Colui che lo ha generato? Si, che l'avrà. Una regalità tutta spirituale ed eterna, pura da rapine e sangue, ignara di tradimenti e soprusi. La sua Regalità! Quella che la Bontà eterna concede anche ai poveri uomini, per dare onore e gioia al suo Verbo.

Ma non è detto da Davide che questo Re potente ha avuto messa sotto i suoi piedi ogni cosa a fargli da sgabello? (Salmo 110). Non è detta da Isaia tutta la sua Passione e da Davide numerate, potrebbesi dire, anche le torture? E non è detto che Egli è il Salvatore e Redentore, che col suo olocausto salverà l'uomo peccatore? E non è precisato, e Giona ne è segno, che per tre giorni sarebbe ingoiato dal ventre insaziabile della Terra e poi ne sarebbe espulso come il profeta dalla balena? E non è stato detto da Lui: "Il Tempio mio, ossia il mio Corpo, il terzo dì dopo essere stato distrutto, sarà da Me (ossia da Dio) ricostruito"? E che pensavate? Che per magia Egli rialzasse le mura del Tempio? No. Non le mura. Ma Se stesso. E solo Dio poteva far sorgere Se stesso. Egli ha rialzato il Tempio vero: il suo Corpo di Agnello. Immolato, così come ne ebbe l'ordine e la profezia Mosè, per preparare il "passaggio" da morte a Vita, da schiavitù a libertà, degli uomini figli di Dio e schiavi di Satana.

"Come è risorto?", vi chiedete. Io rispondo: È risorto con la sua vera Carne e col suo divino Spirito che l'abita, come in ogni carne mortale è l'anima abitante regina nel cuore. Così è risorto dopo avere tutto patito per tutto espiare, e riparare all'Offesa primigenia e alle infinite che ogni giorno dall'Umanità vengono  compite. È risorto come era detto sotto il velo delle profezie. Venuto al suo tempo, vi ricordo Daniele, al suo tempo fu immolato. E, udite e ricordate, al tempo predetto dopo la sua morte la città deicida sarà distrutta.

Io ve ne consiglio: leggete con l'anima, non con la mente superba, i profeti, dal principio del Libro alle parole del Verbo immolato; ricordate il Precursore che lo indicava Agnello; risovvenitevi quale era il destino del simbolico agnello mosaico. Per quel sangue furono salvati i primogeniti d'Israele. Per questo Sangue saranno salvati i primogeniti di Dio, ossia quelli che con la buona volontà si saranno fatti sacri al Signore. Ricordate e comprendete il messianico salmo di Davide e il messianico profeta Isaia. Ricordate Daniele, riportatevi alla memoria, ma alzando questa dal fango all'azzurro celeste, ogni parola sulla regalità del Santo di Dio, e comprenderete che altro segno più giusto non vi poteva essere dato più forte di questa vittoria sulla Morte, di questa Risurrezione da Se stesso compiuta. Ricordatevi che disforme alla sua misericordia e alla sua missione sarebbe stato il punire dall'alto della Croce coloro che su essa lo avevano messo. Ancora Egli era il Salvatore, anche se era il Crocifisso schernito e inchiodato ad un patibolo! Crocifisse le membra, ma libero lo spirito e il volere. E con questi volle ancora attendere, per dare tempo ai peccatori di credere e di invocare,
non con urlo blasfemo, ma con gemito di contrizione, il suo Sangue su loro.

Ora è risorto. Tutto ha compiuto. Glorioso era avanti la sua incarnazione. Tre volte glorioso lo è ora che, dopo essersi annichilito per tanti anni in una carne, ha immolato Se stesso, portando l'Ubbidienza alla perfezione del saper morire sulla croce per compiere la Volontà di Dio. Gloriosissimo, in un con la Carne glorificata, adesso che Egli ascende al Cielo ed entra nella Gloria eterna, iniziando il Regno che Israele non ha compreso. Ad esso Regno Egli, più che mai pressantemente, con l'amore e l'autorità di cui è pieno, chiama le tribù del mondo. Tutti, come videro e previdero i giusti di Israele ed i profeti, tutti i popoli verranno al Salvatore. E non vi saranno più Giudei o Romani, Sciti o Africani, Iberi o Celti, Egizi o Frigi. L'oltre Eufrate si unirà alle sorgenti del Fiume perenne. Gli iperborei a fianco dei numidi verranno al suo Regno, e cadranno razze e idiomi. Costumi e colori di pelle e capelli non avranno più luogo. Ma sarà uno sterminato popolo fulgido e candido, un unico linguaggio, un solo amore. Sarà il Regno di Dio. Il Regno dei Cieli. Monarca eterno: l'Immolato Risorto. Sudditi eterni: i credenti nella sua Fede. Vogliate credere per essere di esso.
Ecco Emmaus, amici. Io vado oltre. Non è concessa sosta al Viandante che tanta strada ha da fare».

«Signore, tu sei istruito più di un rabbi. Se Egli non fosse morto, diremmo che Egli ci ha parlato. Ancora vorremmo udire da te altre e più estese verità. Perché ora, noi pecore senza pastore, turbate dalla bufera dell'odio d'Israele, più non sappiamo comprendere le parole del Libro. Vuoi che veniamo con te? Vedi, ci istruiresti ancora, compiendo l'opera del Maestro che ci fu tolto».

«L'avete avuto per tanto e non vi poté fare completi? Non è questa una sinagoga?».
«Sì. Io sono Cleofa, figlio di Cleofa il sinagogo, morto nella sua gioia di avere conosciuto il Messia».( Vedi Vol 2 Capp 126 e 140).
«E ancora non sei giunto a credere senza nube? Ma non è colpa vostra. Ancora dopo il Sangue manca il Fuoco. E poi crederete, perché comprenderete. Addio».
«O Signore, già la sera si appressa e il sole si curva al suo declino. Stanco sei, e assetato. Entra. Resta con noi. Ci parlerai di Dio mentre divideremo il pane e il sale».

Gesù entra e viene servito, con la solita ospitalità ebraica, di bevande e acque per i piedi stanchi.
Poi si mettono a tavola e i due lo pregano di offrire per loro il cibo.

Gesù si alza tenendo sulle palme il pane e, alzati gli occhi al cielo rosso della sera, rende grazie del cibo e si siede. Spezza il pane e ne dà ai suoi due ospiti. E nel farlo si disvela per quello che Egli è: il Risorto. Non è il fulgido Risorto apparso agli altri a Lui più cari. Ma è un Gesù pieno di maestà, dalle piaghe ben nette nelle lunghe Mani: rose rosse sull'avorio della pelle. Un Gesù ben vivo nella sua Carne ricomposta. Ma anche ben Dio nella imponenza degli sguardi e di tutto l'aspetto.

I due lo riconoscono e cadono in ginocchio... Ma, quando osano alzare il viso, di Lui non resta che il pane spezzato. Lo prendono e lo baciano. Ognuno prende il proprio pezzo e se lo mette, come reliquia, avvolto in un lino sul petto.
Piangono dicendo: «Egli era! E non lo conoscemmo. Eppure non sentivi tu arderti il cuore nel petto mentre ci parlava e ci accennava le Scritture?».
«Sì. E ora mi pare di vederle di nuovo. E nella luce che dal Cielo viene. La luce di Dio. E vedo che Egli è il Salvatore».
«Andiamo. Io non sento più stanchezza e fame. Andiamo a dirlo a quelli di Gesù, in Gerusalemme».
«Andiamo. Oh! se il vecchio padre mio avesse potuto godere quest'ora!».
«Ma non lo dire! Egli più di noi ne ha goduto. Senza il velo usato per pietà della nostra debolezza carnale, egli, il giusto Clofé, ha visto col suo spirito il Figlio di Dio rientrare nel Cielo. Andiamo! Andiamo!
Giungeremo a notte alta. Ma, se Egli lo vuole, ci darà maniera di passare. Se ha aperto le porte di morte, ben potrà aprire le porte delle mura! Andiamo».
E nel tramonto tutto porpureo vanno solleciti verso Gerusalemme. 


giovedì 2 ottobre 2014

"Vi chiamo"


Dalle rivelazioni di Gesù a Maria Valtorta: “Pentitevi dei vostri peccati per essere perdonati e pronti al Regno. Levate da voi l’anatema del peccato. Ognuno ha il suo. Ognuno ha quello che è contrario ai dieci comandamenti di salute eterna. Vogliate pentirvi. Non a parole. Dio non si irride e non si inganna. Ma pentitevi con la volontà ferma, che vi porti a mutare vita, a rientrare nella Legge del Signore. Il Regno dei Cieli vi aspetta. Domani!”

Dalle rivelazioni di Gesù alla mistica Maria Valtorta

capitolo 59. Visione.

 L’indemoniato guarito nella sinagoga di Cafarnao

Maria Valtorta:
Vedo la sinagoga di Cafarnao. E’ già piena di folla in attesa. Gente sulla porta occhieggia sulla piazza ancora assolata, benché sia verso sera. Finalmente un grido: “Ecco il Rabbi che viene ! La gente si volta tutta verso l’uscio, i più bassi si alzano sulle punte dei piedi o cercano di spingersi avanti. Qualche disputa, qualche spintone, nonostante i rimproveri degli addetti alla sinagoga e dei maggiorenti della città.“La pace sia su tutti coloro che cercano la Verità.” Gesù sulla soglia e saluta benedicendo a braccia tese in avanti. La luce vivissima che nella piazza assolata ne staglia l’alta figura, inondandola di luce. Egli ha deposto il candido abito ed nel suo solito azzurro cupo. Si avanza fra la folla che si apre e si rinserra intorno a Lui, come onda intorno ad una nave.
“Sono malato, guariscimi! geme un giovane che mi pare tisico nell’aspetto, e prende Gesù per la veste. Gesù gli pone la mano sul capo e dice: “Confida. Dio ti ascolterà. Lascia ora che Io parli al popolo, poi verrò a te” Il giovane lo lascia andare e si mette quieto. “Che ti ha detto? “ gli chiede una donna con un bambino in braccio. “Mi ha detto che dopo aver parlato al popolo verrà a me.” “Ti guarisce, allora?” “Non so. Mi ha detto: “Confida Io spero.”
“Che ha detto? Che ha detto? La folla vuole sapere. La risposta di Gesù ripetuta fra il popolo.
“Allora io vado a prendere il mio bambino.” “Ed io porto qui il mio vecchio padre.” “Oh! se Aggeo volesse venire! Io provo… ma non verrà.
Gesù ha raggiunto il suo posto. Saluta il capo della sinagoga ed è salutato da questi. E’ un ometto
basso, grasso e vecchiotto. Per parlare a lui, Gesù si china. Pare una palma che si curvi su un arbusto più largo che alto.
“Che vuoi che ti dia? chiede l’archisinagogo.
“Quello che credi, oppure a caso. Lo Spirito guiderà”
“Ma… e sarai preparato?”
“Lo sono. Dai a caso. Ripeto: lo Spirito del Signore guiderà la scelta per il bene di questo popolo.”
L’archisinagogo stende una mano sul mucchio dei rotoli, ne prende uno, apre e si ferma a un dato

Gesù prende il rotolo e legge il punto segnato:
“su alzati e santifica il popolo e di’ loro: Santificatevi per domani, perché dice il Signore Dio di Israele, l’anatema è in mezzo a voi, o Israele; tu non potrai stare a fronte dei tuoi nemici fino a tanto che sia tolto di mezzo a te chi sia contaminato con tal delitto”.
Si ferma, arrotola il rotolo e lo riconsegna.
La folla attentissima. Solo bisbiglia alcuno: “Ne udremo delle belle contro i nemici! E’ il Re d’Israele, il Promesso, che raccoglie il suo popolo!” Gesù tende le braccia nella solita posa oratoria. Il silenzio si fa completo.
Gesù parla:
“Chi è venuto per santificarvi, si è alzato. E’ uscito dal segreto della casa dove si è preparato a questa missione. Si è purificato per darvi esempio di purificazione. Ha preso la sua posizione di fronte ai potenti del Tempio e al popolo di Dio, e ora è fra voi. Io sono. Non come, con mente annebbiata e fermento nel cuore, alcuni fra voi pensano e sperano. Più alto e più grande è il Regno di cui sono il Re futuro e a cui vi chiamo. Vi chiamo, o voi di Israele, prima d’ogni altro popolo, perché voi siete quelli che nei padri dei padri ebbero promessa di quest’ora e alleanza col Signore Altissimo. Ma non con turbe di armati, non con ferocie di sangue sarà formato questo Regno, e ad esso non i violenti, non i prepotenti, non i superbi, gli iracondi, gli invidiosi, i lussuriosi, gli avari, ma i buoni, i miti, i continenti, i misericordiosi, gli umili, gli amorosi del prossimo e di Dio, i pazienti, avranno entrata. Israele! Non contro i nemici di fuori sei chiamato a combattere. Ma contro i nemici di dentro. Contro quelli che sono in ogni tuo cuore. Nel cuore dei dieci e dieci e dieci mila tuoi figli. Levate l’anatema del peccato da tutti i vostri singoli cuori, se volete che domani Dio vi raduni e vi dica: o popolo, a te il Regno che non sarà più sconfitto, né invaso, né insediato da nemici Domani. Quale, questo domani? Fra un anno o fra un mese? Oh! non cercate! Non cercate con sete malsana di sapere ciò che futuro con mezzo che ha sapore di colpevole stregoneria. Lasciate ai pagani lo spirito pitone. Lasciate a Dio Eterno il segreto del suo tempo. Voi da domani, il domani che sorgerà dopo quest’ora di sera, e quella che verrà di notte, che sorgerà col canto del gallo, venite a purificarvi nella vera penitenza.
Pentitevi dei vostri peccati per essere perdonati e pronti al Regno. Levate da voi l’anatema del peccato. Ognuno ha il suo. Ognuno ha quello che è contrario ai dieci comandamenti di salute eterna. Esaminatevi ognuno con sincerità e troverete il punto in cui avevate sbagliato. Umilmente abbiatene pentimento sincero. Vogliate pentirvi. Non a parole. Dio non si irride e non si inganna. Ma pentitevi con la volontà ferma, che vi porti a mutare vita, a rientrare nella Legge del Signore. Il Regno dei Cieli vi aspetta. Domani.
Domani? vi chiedete? Oh! sempre un domani sollecito l’ora di Dio, anche se viene al termine di una vita longeva come quella dei Patriarchi. L’eternità non ha per misura di tempo lo scorrere lento della clessidra. E quelle misure di tempo che voi chiamate giorni, mesi anni, secoli, sono palpiti dello Spirito Eterno che vi mantiene in vita. Ma voi eterni siete nello spirito vostro, e dovete, per lo spirito, tenere lo stesso metodo di misurazione del tempo che ha il Creatore vostro. Dire, dunque:
“Domani sarà il giorno della mia morte Anzi non morte per il fedele. Ma riposo di attesa, in attesa del Messia che apra le porte dei Cieli. E in verità vi dico che fra i presenti solo ventisette morranno dovendo attendere. Gli altri saranno già giudicati prima della morte, e la morte sarà il passaggio a Dio o a Mammona senza indugio, perché il Messia è venuto, fra voi e vi chiama per darvi la Buona Novella, per istruirvi alla Verità per salvarvi al Cielo. Fate penitenza! Il domani del Regno dei Cieli imminente. Vi trovi mondi per divenire possessori dell’eterno giorno. La pace sia con voi.”
Si alza a contraddirlo un barbuto e impaludato israelita. Dice:
“Maestro, quanto Tu dici mi pare in contrasto con quanto detto nel libro secondo dei Maccabei, gloria d’Israele; Lì è detto: ‘ infatti è segno di grande benevolenza il non permettere ai peccatori di andare dietro per lungo tempo ai loro capricci, ma di dare subito mano al castigo. Il Signore non fa come le altre nazioni, che le aspetta con pazienza per punirle, venuto il giorno del giudizio, quando colma è la misura dei peccati. ‘ Tu invece parli come se l’Altissimo potesse essere molto lento nel punirci, attendendoci come gli altri popoli, fino al tempo del giudizio, quando sarcà colma la misura dei peccati. Veramente i fatti ti smentiscono. Israele punito come dice lo storico dei Maccabei. Ma se fosse come Tu dici, non vi è dissapore fra la tua dottrina e quella chiusa nella frase che ti ho detto?”
“Chi sei, Io non so. Ma chiunque tu sia, Io ti rispondo. Non c’è dissapore nella dottrina, ma nel modo di interpretare le parole. Tu le interpreti secondo il modo umano. Io secondo quello dello spirito. Tu, rappresentante della maggioranza, vedi tutto con riferimenti al presente e al caduco. Io, rappresentante di Dio, tutto spiego e applico all’eterno e al soprannaturale. Vi ha colpito, si Geoav nel presente, nella superbia e nella giustizia d’esser un popolo secondo la terra. Ma come vi ha amati e come vi usa pazienza, più che con ogni altro, concedendo a voi il Salvatore, il suo Messia, perché lo ascoltiate e vi salviate prima dell’ora dell’ora divina! Non vuole più che voi siate peccatori. Ma se nel caduco vi ha colpiti, vedendo che la vostra ferita non sana, ma anzi ottunde sempre più il vostro spirito ecco che vi manda non punizione ma salvezza. Vi manda Colui che vi sana e vi salva. Io che vi parlo.”
“Non trovi essere audace nel professarti rappresentante di Dio? Nessuno dei Profeti osa tanto e Tu… Chi sei, Tu che parli? E per ordine di chi parli?”
Gesù: “Non potevano i Profeti dire di loro stessi ciò che Io di me stesso dico. Chi sono? L’atteso, il Promesso, il Redentore. Già avete udito colui che lo precorre dire: ‘ Preparate la via del Signore…Ecco il Signore Iddio che viene… Come un pastore pascerà il suo gregge, pure essendo l’agnello della Pasqua vera. E fra voi sono quelli che hanno udito dal Precursore (Giovanni il Battista) queste parole, e hanno visto balenare il cielo per una luce che scendeva in forma di colomba, e udito una voce che parlava dicendo chi ero. Per ordine di chi parlo? Di Colui che e che mi manda.”
“Tu lo puoi dire, ma puoi essere anche un mentitor e o un illuso. Le tue parole sono sante, ma talora Satana ha parole di inganno tinte di santitper trarre in errore. Noi non ti conosciamo.”
“Io sono Gesù di Giuseppe della stirpe di Davide, nato a Bethem Efrata, secondo le promesse, detto nazareno perché a Nazaret ho casa. Questo secondo il mondo. Secondo Dio sono il suo Messo. I miei discepoli lo sanno.”
“Oh! loro! Possono dire ciò che vogliono e ciò che Tu fai loro dire.”
Gesù: “Un altro parlerà che non mi ama, e dirà chi sono. Attendi che Io chiami uno di questi presenti.”
Gesù guarda la folla che stupita dalla disputa, urtata e divisa tra opposte correnti. La guarda, cercando qualcuno coi suoi occhi di zaffiro, poi chiama forte: “Aggeo! Vieni avanti. Te lo comando.”
Grande brusio tra la folla, che si apre per lasciar passare un uomo tutto scosso da un tremito e sorretto da una donna.
“Conosci tu quest’uomo?”
“Si. E’ Aggeo di Malachia, qui di Cafarnao. Posseduto da uno spirito malvagio che lo dissenna in furie repentine.”
“Tutti lo conoscono?”
La folla grida: “Si ”
“Può dire alcuno che fu meco in parole, anche per pochi minuti?”
La folla grida: “No, no, è quasi ebete e non esce mai dalla sua casa e nessuno ti ha visto in essa.”
“Donna: portalo a Me davanti.”
La donna lo spinge e trascina, mentre il poveretto trema più forte. L’archisinagogo avverte Gesù:
“Sta attento! Il demonio sta per tormentarlo… e allora si avventa, graffia, morde.” La folla fa largo, pigiandosi contro le pareti.
I due sono ormai di fronte. Un attimo di lotta. Pare che l’uomo, uso al mutismo, stenti a palare e mugola, poi la voce si forma in parola: “Che c’è fra noi e Te, Gesù di Nazaret? Perché sei venuto a tormentarci? Perché a sterminarci, Tu, padrone del Cielo e della Terra? So chi sei: il Santo di Dio. Nessuno, nella carne, fu più grande di Te, perché nella tua carne d’uomo è chiuso lo Spirito del Vincitore Eterno. Già mi hai vinto in… ”
Gesù: “Taci! Esci da costui!. Lo comando.”
L’uomo è preso come da un parossismo strano. Si dimena a strattoni, come se ci fosse chi lo maltratta con urti e strapponate, urla con voce disumana, spuma e poi viene gettato al suolo da cui poi si rialza, stupito e guarito.
“Hai udito? Che rispondi ora?” chiede Gesù al suo oppositore.
L’uomo barbuto e impaludato fa una alzata di spalle e, vinto, se ne va senza rispondere. La folla lo sbeffeggia e applaude Gesù.
“Silenzio. Il luogo è sacro!” dice Gesù e poi ordina: “A Me il giovine al quale ho promesso aiuto da Dio.”
Viene il malato. Gesù lo carezza: “Hai avuto fede! Sii sanato. Va’ in pace e sii giusto.”
Il giovane ha un grido. Chissà che sente? Si prostra ai piedi di Gesù e li bacia ringraziando: “Grazie per me e per la madre mia!”
Vengono altri malati: un bimbo dalle gambine paralizzate. Gesù lo prende tra le braccia, lo carezza e lo pone i terra… e lo lascia. E il bambino non cade, ma corre dalla mamma che lo riceve sul
cuore piangendo, e che benedice a gran voce ‘il Santo d’Israele’. Viene un vecchietto cieco, guidato dalla figlia. Anche lui viene sanato con una carezza sulle orbite malate. La folla un tumulto di benedizioni.
Gesù si fa largo sorridendo e per quanto sia alto, non arriverebbe a fendere la folla se Pietro, Giacomo, Andrea e Giovanni non lavorassero di gomito generosamente, e si aprissero un varco dal loro angolo sino a Gesù e poi lo proteggessero sino all’uscita nella piazza dove ora non c’è più sole.
La visione termina così…

martedì 30 luglio 2013

Domingo XVIII, T.O. - C - San Lucas, 12, 13-21: PARÁBOLA DEL RICO NECIO



LA AVARICIA Y EL RICO NECIO








Jesús está en una de las colinas de la ribera occidental del lago. A sus ojos aparecen las ciudades y poblados esparcidos en las playas de este y aquel lado. Exactamente bajo la colina están Mágdala y Tiberíades, la primera con su barrio de lujo, lleno de jardines, separado netamente de las casas de los pescadores, ciudadanos y gente del pueblo común por un arroyuelo que ahora está completamente seco. Tiberíades resplandece por todas sus partes, una ciudad que ignora lo que es miseria y decadencia. Bella y nueva ríe bajo el sol enfrente del lago. Entre una y otra ciudad están las huertas, más o menos cultivadas, de la estrecha llanura y luego los plantíos de olivos que en terrazas llegan hasta la cima de las colinas. Detrás de las espaldas de Jesús, de esta parte se ve la silla del monte de las Bienaventuranzas, a cuyos pies está el camino principal que va del Mediterráneo a Tiberíades. Probablemente debido a la cercanía de un camino concurridísimo, Jesús escogió esta localidad a la que se puede llegar de varias ciudades del lago o de la Galilea interior, y donde, al atardecer, es fácil volver a casa, o encontrar hospitalidad en varios lugares. El calor debido a las alturas es templado y más suavizado por los árboles que en la cima ocupan el lugar de los olivos.
Hay mucha gente además de los apóstoles y discípulos, gente que tiene necesidad de Jesús para que la cure, o para que le aconseje; gente que viene también movida por la curiosidad, por amigos o por espíritu de imitación. Mucha gente, en una palabra. La estación no ya canicular sino templada gracias al otoño invita más que nunca a caminar en busca del Maestro.
Jesús curó ya enfermos y habló a la gente, y seguro que fue sobre el tema de las riquezas injustas y de su despego de ellas, tema necesario a todos para que se ganen el cielo, pero indispensable para quien quiera ser su discípulo. Ahorita está respondiendo a las preguntas de estos y aquellos discípulos ricos que no saben cómo arreglárselas.

EL USO Y EL AMOR  DE LAS RIQUEZAS

Juan el escriba dice: "¿Debo entonces destruir lo que tengo, despojando a los míos de lo que les pertenece?"
"No. Dios te dio los bienes. Hazlos servir a la justicia y úsalos rectamente. Esto es, con ellos ayuda a tu familia: es un deber. Trata humanamente a tus siervos: es caridad. Haz bien a los pobres, acude a las necesidades de los discípulos pobres. De este modo tus riquezas no te serán tropiezo sino ayuda."
Y luego dirigiéndose a todos les dice: "En verdad os digo: el discípulo más pobre puede correr el mismo peligro de perder el cielo por amor a las riquezas, si hecho sacerdote mío, falta a la justicia pactando con el rico. El rico o el malo, muchas veces tratará de seduciros con regalos para que asintáis a su modo de vivir y a su pecado. Y habrá algunos de mis servidores que cederán a la tentación de los regalos. Mal hecho. El Bautista os lo enseña. En él existía verdaderamente la perfección del juez y magistrado, sin serlo, como loseñala el Deuteronomio: "No tendrás respetos personales, ni aceptarás donativos, porque cierran los ojos del sabio y alteran las palabras del justo". Muchas veces el hombre deja a que la espada de la justicia pierda su filo ante el oro que un pecador le pasa por encima. No debe ser así. Sabed ser pobres, sabed morir, pero no pactéis jamás con la culpa, ni siquiera con la excusa de que usaréis ese oro en beneficio de los pobres. Es oro maldito y no produciría ningún fruto. Es oro de compromiso infame. Se os ha hecho discípulos para que seáis maestros, médicos y redentores. ¿Qué seréis si fueseis participantes del mal por interés? Maestros engañadores, médicos que matan el enfermo, no redentores sino cooperadores de la ruina de los corazones."

¿ES LÍCITO RETENER EL DINERO DE OTROS?

Uno de entre la multitud se abre paso y dice. "No soy discípulo, pero te admiro. Responde, pues, a esta pregunta mía: "¿Es lícito retener el dinero de otro?". 
"No. Es robo como lo es el quitar el dinero al que pasa."
"¿Aunque sea dinero de la familia?"
"Aunque así sea. No es justo que alguien se apropie del dinero de los demás."
"Entonces, Maestro, ve a Abelmain, que está sobre el camino de Damasco y ordena a mi hermano que reparta conmigo la herencia de nuestro padre que murió sin haber dejado testamento. El se ha quedado con toda. Y ten en cuenta que somos gemelos, que nacimos del primero y único parto. Tengo, pues, los mismos derechos que él."
Jesús lo mira y dice: "Es una situación difícil, y tu hermano ciertamente no obra bien pero todo lo que puedo hacer es orar por ti y por él, para que se convierta e ir a tu tierra a evangelizar, para tocarle el corazón. No me pesa el camino si puedo poner paz entre vosotros."
El hombre lleno de rabia grita: "¿Y para qué quiero tus palabras? Más que palabras otra cosa se requiere en este caso."
"Pero no dijiste que ordenase a tu hermano que..."
"Ordenar no es evangelizar. El mandar va unido a la amenaza. Amenázalo de que lo herirás en su persona, si no me da lo mío. Tú lo puedes hacer. Como restituyes la salud, puedes provocar enfermedades.
"Oye, vine a convertir, no a herir. Pero si tienes fe en mis palabras, encontrarás la paz."
"¿Qué palabras?"
"Te dije que rogaré por ti y por tu hermano, para que él se consuele y se convierta."
"¡Cuentos, cuentos! No soy un estúpido para creerlo. Ven y ordena."
Jesús que ha sido paciente y manso, cambia su aspecto en severidad. Se endereza -antes estaba un poco inclinado hacia el hombrecillo fuerte e iracundo- y dice: "Hombre: ¿quién me hizo juez y árbitro de vosotros? Nadie. Para quitar una división entre dos hermanos acepté ir para ejercer mi misión de pacificador y redentor, y si hubieses creído en mis palabras, regresando a Abelmain, habrías encontrado a tu hermano ya convertido. No supiste creer. No tendrás el milagro. Tú, si hubieses sido el primero en apoderarte del tesoro, te habrías quedado con él, privando de él a tu hermano porque en verdad, como sois gemelos, así tenéis iguales pasiones, y tú como tu hermano tenéis un solo amor: el oro; una sola fe: el oro. Quédate, pues con tu fe. Adiós."
El hombre se va maldiciendo con escándalo de todos que quisieran pegarle, pero Jesús se opone. Dice: "Dejadlo que se vaya. ¿Por qué queréis ensuciaros las manos pegando a un animal? Lo perdono porque es un hombre poseído del demonio del oro que lo extravía. Perdonad también vosotros. Roguemos por este infeliz para que recobre la bella libertad."
"Es verdad. Aun su cara era horrible por la avaricia. ¿La viste?" se preguntan los presentes mutuamente.
"¡Es verdad! ¡Es la verdad! No tenía la cara de antes."
"Sí. Después cuando el Maestro se lo negó, por poco le pega mientras lo maldecía, y su cara se hizo como cara de demonio."
"Un demonio que tentaba. Tentaba al Maestro para hacer el mal..."

EN REALIDAD LOS CAMBIOS DEL ESPÍRITU 
SE REFLEJAN EN LA CARA

"Escuchad" dice Jesús. "En realidad los cambios del espíritu se reflejan en la cara. Ha sucedido como si el demonio se hubiese asomado a la superficie de su poseído. Pocos son los que siendo demonios, con acciones o con aspecto, no traicionen lo que son. Y estos pocos son los perfectos en el mal y completamente poseídos.
Por el contrario, la cara del justo es siempre bella, aunque si físicamente sea fea, con una hermosura sobrenatural que aflora del interior al exterior. Y no sólo por decir, sino que los hechos lo comprueban, vemos que él que no tiene vicios, aun en su carne respira frescura. El alma está en nosotros y nos envuelve todos. El hedor de un alma corrompida, corrompe también la carne. El perfume de un alma pura, preserva. El alma corrompida empuja la carne a pecados obscenos, y estos envejecen y deforman. El alma pura excita la carne a una vida pura, lo cual da frescura y comunica majestad.
Haced que en vosotros exista la juventud pura del espíritu, o resurja si se perdió, y alejaos de toda codicia, bien se trate de los sentidos, bien del poder. Ni esta vida ni la eterna dependen de la abundancia de bienes que se posean sino de la manera de vivir, y con la vida la felicidad de esta tierra y del cielo, porque el vicioso jamás es feliz, realmente feliz. El virtuoso lo es siempre con una alegría celestial, aun cuando sea pobre y solo. Ni siquiera la muerte lo hace prisionero, porque no tiene culpas ni remordimientos que lo hagan temer el encuentro con Dios, y no tiene ningún sentimiento por lo que deja sobre la tierra. Sabe que en el cielo está su tesoro, y a la manera de alguien que va a recibir la herencia que le corresponde, una herencia santa, va alegre, presto, al encuentro de la muerte que le abre las puertas del reino donde está su tesoro.
Haceos pronto vuestro tesoro, empezad ya desde la juventud, vosotros que sois jóvenes; trabajad incansablemente, vosotros ancianos que, por la edad, tenéis más próxima la muerte. Y ya que muerte significa un plazo desconocido, y frecuentemente cae el niño antes que el anciano, no dejéis de trabajar por haceros con un tesoro de virtudes y de buenas obras para la otra vida, de modo que no os sorprenda la muerte sin que hayáis colocado un tesoro de méritos en el cielo. Muchos son los que dicen: "¡Oh, soy joven y fuerte! Por ahora gozaré de la tierra, después me convertiré". ¡Gran error!

PARÁBOLA DEL RICO NECIO

Escuchad esta parábola. Los campos de un cierto hombre le habían producido muchos frutos, una cosecha, digamos, milagrosa. Contempla toda esa abundancia que se acumula en sus campos y eras, y que no encuentra lugar en sus graneros y que debe colocar en trojes provisionales y hasta en habitaciones de la casa. Dice: "He trabajado como un esclavo y la tierra no me engañó. Trabajé durante diez cosechas, y ahora quiero descansar otras tantas. ¿Cómo haré para arreglar toda esta cosecha? No quiero venderla porque me obligaría a trabajar para que el año siguiente tuviese otra cosecha. Haré así: destruiré mis graneros, los haré más extensos, de modo que quepa toda mi cosecha junto a mis bienes. Y luego diré a mi corazón: 'Corazón mío, tienes ahora muchos bienes para muchos años. Descansa, pues. Come, bebe y goza' ". Este, como otros muchos, confundía el cuerpo con el alma, y mezclaba lo sagrado con lo profano, porque realmente en las glotonerías y en el ocio el alma no goza sino languidece, y también él, como otros muchos, después de la primera cosecha en los campos del bien, se para, pareciéndole que hizo mucho.
¿Pero no sabéis que una vez puesta la mano en el arado es menester perseverar uno, diez y cien años, cuanto dure la vida, porque detenerse es un crimen contra sí mismo, a quien se niega una gloria mayor; es retroceder porque quien se detiene generalmente no sólo no adelanta más, sino vuelve atrás? Para que sea bueno el tesoro del cielo debe aumentar año por año. Pues si habrá misericordia para quien tuvo pocos años para forjar el tesoro, no la habrá para los flojos que después de una vida larga, han hecho poco. El tesoro del cielo es un tesoro en continuo aumento, de otro modo no será un tesoro fructífero, sino un tesoro muerto, lo que redunda en detrimento de la paz del cielo. Dios dijo al necio: "Hombre necio que confundes el cuerpo y los bienes de la tierra con lo que es espíritu, y te haces un mal de una gracia de Dios, ten en cuenta esta noche misma se te pedirá el alma y se te quitará, y el cuerpo yacerá sin vida. Cuanto has preparado ¿de quién será? ¿Te lo llevarás contigo? No. Te verás desnudo de cosas terrenas y de obras espirituales ante mi presencia y será pobre en la otra vida. Mejor te hubiera sido haber hecho con tus cosechas obras de misericordia al prójimo y a ti mismo. Porque siendo misericordioso con los demás, lo eres para con tu alma. Y en vez de haber nutrido pensamientos de ociosidad, hubieras tratado de cultivar una actividad de la que pudieses sacar utilidad para tu cuerpo y grande mérito para tu alma, hasta que Yo te hubiese llamado". Aquel hombre murió esa noche y fue severamente juzgado.
En verdad os digo que así sucede a quien atesora para sí y no se enriquece a los ojos de Dios. Ahora podéis iros y haceos un tesoro de la doctrina que os he dado. La paz sea con vosotros."
Jesús bendice y se retira a un lugar tupido del bosque con los apóstoles y discípulos para tomar sus alimentos y descansar. Pero mientras están comiendo, El continúa hablando de la lección que acaba de dar, repitiendo un tema que ya ha dicho a los apóstoles muchas veces y creo que no será suficiente el repetirlo, porque el hombre frecuentemente es presa de temores sin fundamento.

ES MENESTER PREOCUPARSE DE ENRIQUECERSE 
SÓLO DE VIRTUDES

"Creedme" dice, "que es menester preocuparse de enriquecerse sólo de virtudes. Y ved bien: que vuestra preocupación no tenga ni angustia ni intranquilidad. El bien es enemigo de las inquietudes, miedos, prisas que tienen todavía el sabor de avaricia, celos, desconfianza humana.
Que vuestro trabajo sea constante, lleno de confianza, de paz, sin empiezos bruscos y bruscas paradas.Así se comportan los burros salvajes, pero nadie los emplea a no ser que sea un necio, para hacer un viaje seguro. Tened paz en las victorias, paz en las derrotas. Aun el llanto por algún error cometido, y que os duele porque con él habéis desagradado a Dios, debe tener paz, confrontado con humildad y confianza. El abatimiento, la ira hacia sí mismo es siempre síntoma de soberbia y de desconfianza. Si uno es humilde sabe que es un hombre sujeto a las miserias de la carne que algunas veces triunfa. Si no es humilde tiene confianza no tanto en sí cuanto en Dios, y guarda la calma aun en las derrotas diciendo: "Perdóname, Padre. Conoces mi debilidad que ahora ha vencido. Creo que me compadeces. Tengo confianza que me ayudarás en lo futuro mucho más que antes, no obstante que en bien poco te pueda satisfacer".
No seáis ni apáticos, ni avaros de los bienes de Dios. Dad cuanto tenéis de sabiduría y virtud. Sed laboriosos en el espíritu como los hombres lo son por las cosas de la carne. Y respecto a esta no imitéis a los del mundo que tiemblan siempre por el mañana, por miedo de que les falte lo superfluo, por miedo de que se enfermen, de que les sobrevenga la muerte, de que los enemigos puedan hacerles daño y así en lo demás.
Dios sabe de lo que tenéis necesidad. No tengáis miedo por el mañana. Libertaos de ese miedo que es tan pesado, como pesadas son las cadenas para el galeote. No os preocupéis por vuestra vida, ni por la comida, ni por la bebida, ni por el vestir. La vida del espíritu vale más que la del cuerpo y el cuerpo vale más que el vestido, porque vivís no con el vestido sino con el cuerpo y con mortificar el cuerpo ayudáis al espíritu a conseguir la vida eterna. Dios sabe hasta cuándo dejará que el alma esté en el cuerpo, y hasta cuándo os dará lo necesario. Lo da a los cuervos, animales impuros que se alimentan de cadáveres y que tiene su razón de ser porque tienen ese trabajo de librar de putrefacciones ¿y no os lo dará a vosotros? Ellos no tienen alacenas, ni graneros y con todo Dios los alimenta. Vosotros sois hombres y no cuervos, y por ahora sois la flor de los hombres porque sois discípulos del Maestro, los evangelizadores del mundo, y siervos de Dios. ¿Y podéis imaginar que Dios que tiene cuidado de los lirios de los valles y que los hace crecer y los viste con tales vestiduras que ni siquiera Salomón tuvo, sin que ellos tengan otro trabajo que perfumar, puede dejaros sin el vestido?
Vosotros sí que no podéis poneros un diente en la boca, ni alargar un geme a la pierna tullida, ni dar fuerza a la pupila nublada. Y si no podéis hacer estas cosas ¿podéis pensar que sois capaces de apartar de vosotros las miserias y enfermedades y sacar comida del polvo? No podéis. No seáis gente de poca fe. Tendréis siempre lo que es necesario. No os aflijáis como la gente del mundo que se atarea por proveerse de objetos que no puede gozar. Tenéis a vuestro Padre que sabe de lo que tenéis necesidad. Debéis sólo buscar, y que sea vuestra primera preocupación, el reino de Dios y su justicia, y todo lo demás se os dará.
No temáis, vosotros, pequeña grey mía. El Padre se ha complacido en llamaros al reino para que lo poseáis. Podéis, pues, aspirar a él y ayudar al Padre con vuestra buena voluntad y santa laboriosidad. Vended vuestros bienes, haced con ellos limosna, si sois solos. Dad a los vuestros lo que os pertenece por seguirme, porque no es justo quitar el pan a los hijos y a la esposa. Y si no podéis sacrificar las riquezas, sacrificad la riqueza del afecto. También esta es moneda que Dios valúa en lo que es: oro más puro que cualquier otro; perla más preciosa que la que se arrebata a los mares, y rubí más raro del que se extrae de las entrañas de la tierra. Porque renunciar a la familia por Mí es caridad más perfecta que oro sin impureza alguna, es perla hecha de llanto, y rubí hecho de sangre que llora por la herida del corazón, que está desgarrado por la separación del padre, y madre, esposa e hijos.
Estas bolsas de dinero no se gastan, este tesoro nunca disminuye. Los ladrones no penetran en el cielo, el comején no corroe lo que allí se deposita. Tened el cielo en el corazón y el corazón en él cerca de vuestro tesoro, porque el corazón, tanto en el bueno como en el malvado, está donde está el tesoro que más se quiere. Por esto, como el corazón está allí donde está el tesoro (en el cielo), así el tesoro está allí donde está el corazón (esto es, en vosotros), mejor dicho, el tesoro está en el corazón y con el tesoro de los santos está en el corazón el cielo de los santos.
Estad siempre prontos, como quien está a punto de emprender un viaje o en espera del patrón. Sois siervos de Dios-Patrón. A cualquier hora os puede llamar a donde está, o venir a donde estáis. Por eso estad siempre prontos a ir o a presentarle los honores estando siempre con los cinturones puestos para el viaje o trabajo, y con las linternas encendidas en las manos. Al salir de una fiesta de nupcias con uno que os haya precedido en los cielos y en la consagración a Dios sobre la tierra, Dios puede acordarse de vosotros que estáis esperando y puede decir. "Vamos a donde están Esteban o Juan, o bien donde está Santiago, Pedro, etc.". Dios es veloz en venir y decir: "Ven". Por eso estad siempre prontos para partir si os llamare.

BIENAVENTURADOS LOS SIERVOS 
QUE EL PATRÓN ENCONTRARE VIGILANDO

Bienaventurados los siervos que el Patrón, al llegar, encontrare vigilando. En verdad, para premiarlos por la fiel espera, El se ceñirá el vestido y haciéndolos sentar a la mesa, se pondrá a servirles. Puede llegar a la primera vigilia, como a la segunda y tercera. No lo sabéis. Por eso estad siempre vigilantes. Bienaventurados si lo fuereis y así os encontrare el Patrón. No os hagáis ilusiones diciendo: "Hay tiempo. Esta noche no viene". Sería un mal para vosotros. No lo sabéis. Si uno supiese cuándo viene el ladrón no dejaría sin vigilar la casa para que el bandido no forzase la puerta y cerrojos. También vosotros estad preparados, porque cuando menos lo penséis vendrá el Hijo del hombre diciendo: "Es la hora". "
Pedro, que hasta se olvidó de terminar su comida por escuchar al Señor, al verlo se calla, pregunta: ¿Dices esto por nosotros o por todos?"
"Es por vosotros y por todos. Más bien, es por vosotros, porque sois como mayordomos del Patrón puestos a la cabeza de siervos y tenéis doble trabajo: de estar prontos, como mayordomos y como simples fieles. ¿Qué debe ser el mayordomo colocado a la cabeza de los familiares del Patrón para darles a cada uno a su tiempo su justa parte? Debe ser sagaz y fiel: para cumplir con su deber propio, para hacer que los que le están sujetos, cumplan con su deber. De otro modo padecerían menoscabo los intereses del patrón que paga al mayordomo para que haga sus veces y guarde sus intereses durante su ausencia. Bienaventurado el siervo que el patrón, al volver a su casa, encontrase que trabaja fielmente, con diligencia y justicia. En verdad os digo que lo hará mayordomo aun de otras propiedades suyas, de todos sus bienes, y descansará y se alegrará en su corazón porque está seguro del siervo.
Pero si el siervo dice: "¡Oh, qué bien! El patrón está lejos y me escribió que tardará en regresar, por eso puedo hacer lo que me parece y cuando previere que está por llegar, proveeré". Y empieza a beber hasta embriagarse, a dar órdenes de ebrio, y como los siervos buenos, que le está sujetos, rehúsan cumplir sus órdenes para no causar daño al patrón, se pone a golpearlos, y hasta hacerlos caer enfermos o débiles. Piensa en ser feliz y dice: "Finalmente llego a saborear lo que es ser patrón y que le teman a uno". Pero ¿qué sucederá? Sucederá que cuando menos se lo espere, llegará el patrón, y puede ser que hasta lo sorprenda cuando se echa dinero en la bolsa o corrompe a uno de los siervos más débiles. Entonces, os lo digo, el patrón lo arrojará del lugar de mayordomo y hasta del número de sus siervos, porque no es lícito tener infieles y traidores en medio de gente honrada. Y tanto más será castigado cuanto más el patrón lo amaba antes y le había instruido.
Porque quien conoce mejor la voluntad y el pensar del patrón, tanto más está obligado a realizarlos con exactitud. Si no hace como el patrón le explicó, con toda amplitud, más que a ningún otro, será castigado fuertemente; entre tanto que el siervo inferior, que poco sabe, y se equivoca creyendo hacer bien, tendrá un castigo menor. A quien mucho se dio, mucho se pedirá, y él que tuvo mucho bajo su cuidado, mucho deberá devolver, porque a mis mayordomos se les pedirá cuenta aun del alma de un niño que acaba de nacer.

MI ELECCIÓN NO ES UN FRESCO DESCANSO 
EN UN BOSQUE FLORIDO.

Mi elección no es un fresco descanso en un bosque florido. Vine a traer fuego sobre la tierra; y ¿qué puedo desear sino que arda? Por esta razón me fatigo y quiero que os fatiguéis hasta la muerte y hasta que la tierra sea una hoguera de fuego celestial.
Debo ser bautizado con un bautismo. ¡Y cuánto sufriré hasta que no se realice! ¿No preguntáis el por qué? Porque con él os haré portadores del Fuego, agitadores que muevan en todas las capas sociales y contra todas, para lograr una sola cosa: la grey de Cristo.
¿Creéis que vine a traer paz sobre la tierra? ¿y según el modo de ver de la tierra? No. Sino más bien discordia y separación. Porque de ahora en adelante, y hasta que la tierra no sea una sola grey, de cinco que haya en una casa dos serán contra tres, y el padre estará contra el hijo, y este en contra su padre, y la madre contra las hijas, y estas contra ella, y las suegras y nueras tendrán un motivo de más para no entenderse, porque habrá un lenguaje nuevo en sus labios, y será igual que una Babel, porque una agitación profunda sacudirá el reino de los afectos humanos y sobrehumanos. Pero luego llegará la hora en que todo se unifique en una sola lengua nueva, que hablarán todos los salvados del Nazareno, y se purificarán las aguas de sentimientos, yendo al fondo las escorias, y brillando en la superficie las límpidas ondas de lagos celestiales.
En verdad que no es reposo el servirme, según el hombre entiende esta palabra. Es necesario heroísmo y no cansarse jamás. Yo os digo: al fin estará Jesús, el mismo Jesús que se ceñirá su vestido para serviros, y luego se sentará con vosotros en el banquete eterno, y se olvidarán la fatiga y el dolor.
Ahora, como nadie nos buscó, vayamos al lago. Descansaremos en Mágdala. En los jardines de María de Lázaro hay lugar para todos, y ella puso su casa a disposición del Peregrino y de sus amigos. No es necesario que os diga que María Magdalena ha muerto con su pecado y ha renacido por su arrepentimiento María de Lázaro, discípula de Jesús de Nazaret. Lo sabéis, porque la noticia se extendió cual fuego en una floresta. Pero os diré lo que no sabéis: que todos los bienes personales de María de Lázaro son para los siervos de Dios y para los pobres de Cristo. Vamos..."
V.890-900

A. M. D. G. et B.V.M.