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sabato 22 luglio 2017

ATTENZIONE AI FALSI PERCORSI

Perdonerò tutti coloro che si confessano

Io non posso interferire con il vostro libero arbitrio, perché questo è uno dei Doni che vi sono stati dati quando siete nati nella Luce di Dio. 


Io arriverò molto presto, come hanno predetto le Scritture, prima di quanto voi possiate immaginare. 


Il mondo sprofonderà nelle tenebre e nella disperazione. 


Eppure, Io perdonerò immediatamente ognuno dei Miei figli durante la confessione, quando i loro peccati gli saranno rivelati, indipendentemente da quanto questi siano stati offensivi.


Essi entreranno con il corpo e l’anima nel Paradiso, quando il Cielo e la Terra diventeranno una cosa sola e dove vivrete tutti per l’eternità, in compagnia della vostra famiglia.



Le promesse che il Paradiso offre

Nessuna malattia e corruzione del corpo, nessun peccato, ma soltanto l’amore. 
Questa è la promessa del Mio Paradiso. 
Nessuno avrà bisogno di niente. 
Tutti vivranno in armonia, nella gioia e nell’amore.
La realtà dell’Inferno

Non rifiutate questa vita per quella che vi è stata promessa da Satana. Vi ha mentito! 
Se seguite questo percorso dove non ci siamo né Dio né Io, Gesù Cristo il vostro Salvatore, allora siete sulla strada della dannazione eterna. 
Urlerete dal terrore quando vi renderete conto dell’errore. 
A quel punto supplicherete Pietà. 
Vi graffierete la faccia e vi strapperete i capelli, ma dato che avete il libero arbitrio, un Dono del Padre Mio, esso non può esservi tolto. 
Se voi scegliete questo falso percorso, subirete la dannazione e brucerete per sempre nell’Inferno. 
Questa è la vera realtà.

giovedì 30 ottobre 2014

PER LA SUA BONTA'



CAPITOLO XI. - DELL'ANIMA DEL FRATELLO S. CONVERSO, CHE DOPO LA MORTE FU PREMIATO PER LA SUA BONTA'



Durante l'agonia del fratello Seg, Geltrude, occupata in altro, dimenticò di pregare per lui. Quando gliene annunciarono la morte, ricordò con rimpianto che egli aveva ampiamente meritato le preghiere della Comunità, perché, nel suo ufficio, si era dimostrato più fedele e premuroso degli altri conversi. Perciò incominciò a supplicare il Signore perché, secondo la moltitudine delle sue misericordie, degnasse ricompensare quell'anima per i buoni servigi resi al convento.

Le rispose Gesù: « A motivo delle preghiere delle tue consorelle, ho già premiato in tre maniere la fedeltà di questo fratello. 

La sua bontà naturale gli procurava tanta gioia quando poteva far piacere a qualcuno; adesso tutte quelle gioie si sono riunite nell'anima sua e gode di tutte insieme. 

Possiede anche tutta la felicità dei cuori ai quali ha prodigato i suoi benefici, cioè la felicità del povero al quale dava l'elemosina, del bimbo a cui faceva un regaluccio, del malato che sollevava e rallegrava con un frutto, o con un dolce. 

Infatti ha il gaudio immenso di sapere che le sue azioni mi erano care; se ci fosse qualche cosa ancora per rendere completa la sua beatitudine, sarei pronto ad accordargliela tosto ».

martedì 11 giugno 2013

Il giardino dell'Eden (554.10)


Le parabole di Gesù
(050)
Parabola ai fanciulli: il giardino dell'Eden (554.10)

Un giorno il Signore Iddio disse: "Farò l'uomo e l'uomo vivrà nel Terrestre Paradiso dove è il gran fiume che poi si divide in quattro capi, che sono il Fison, il Geon, L'Eufrate e il Tigri, che scorrono la terra. E l'uomo sarà felice avendo tutte le bellezze e bontà del Creato e il mio amore per gaudio del suo spirito".


 E così fece. Era come se l'uomo fosse su una grande isola, ma ancor più fiorita di questa e con piante di ogni specie e con tutti gli animali. E sopra lui fosse l'amore di Dio a far da sole per l'anima, e la voce di Dio era nei venti, più melodiosa di canto d'uccello.


Ma ecco che in questa bell'isola fiorita, fra tutte le bestie e le piante, entrò strisciando un serpente diverso da quelli che erano stati creati da Dio e che erano buoni, senza veleno nei denti, senza ferocia nelle spire del corpo flessuoso.


Anche questo serpente si era vestito della pelle dai colori di gemme che avevano gli altri, anzi si era fatto ancor più bello di questi, tanto che pareva un grande monile di re che andasse guizzando fra gli splendidi alberi del Giardino.


Andò ad attorcigliarsi intorno ad un albero che sorgeva in mezzo al giardino, un albero bello, solitario, alto molto più di questo, coperto di foglie e frutti meravigliosi. E il serpente pareva un gioiello intorno al bell'albero, e scintillava al sole, e tutti gli animali lo guardavano perchè nessuno si ricordava di averlo visto creare e, nè di averlo visto prima di allora.
Ma nessuno gli si avvicinava, anzi tutti si allontanavano dall'albero, ora che aveva intorno al fusto il serpente.


Soltanto l'uomo e la donna si avvicinarono là. La donna prima dell'uomo perchè le piaceva quella cosa lucente che brillava al sole e muoveva il capo simile ad un fiore ancor semichiuso, e ascoltò quello che diceva il serpente, e disubbidì al Signore e fece disubbidire Adamo. Soltanto dopo aver disubbidito videro il serpente per ciò che era e compresero il peccato, perchè ormai avevano perduto l'innocenza del cuore. E si nascosero a Dio che li cercava e poi mentirono a Dio che li interrogava.


Allora Dio mise degli angeli al confine del Giardino e cacciò gli uomini da esso. Fu come se gli uomini fossero, dalla riva sicura dell'Eden, gettati nei fiumi terrestri colmi d'acque come quando vengono le piene di primavera. E Dio lasciò però nel cuore degli scacciati il ricordo del loro destino eterno, ossia del passaggio dal bel Giardino, dove sentivano la voce e l'amore di Dio, al Paradiso dove avrebbero goduto di Dio completamente. E col ricordo lasciò lo stimolo santo a risalire verso il luogo perduto con una vita di giustizia.

lunedì 10 dicembre 2012

Il gran giardino





Le parabole di Gesù
(058)
Parabola del giardino (Quaderni '43 -5/7/43)

La mia Chiesa è simile ad un grande giardino che circonda il palazzo di un grande re. Il re per motivi suoi, non esce dal palazzo e perciò dopo avere seminato i fiori e le piante più belle, ha delegato un giardiniere a tutelare la sua Chiesa. Il giardiniere, a sua volta, ha molti aiutanti che lo coadiuvano.
Nel giardino vi sono fiori e piante di tutte le specie. Dal re furono sparpagliate sulle aiuole, per renderle fertili, tutte le sostanze fertilizzanti e una volta fiorivano solo fiori e piante utili e belle. Nel centro del giardino è una fontana dalle sette bocche che manda i suoi canali per ogni dove e alimenta e ristora piante e fiori.

Ma il Maligno, nell'assenza del re, è entrato ed ha sparso a sua volta semi nocivi. Di modo che ora il giardino presenta un aspetto disordinato, per non dire desolante. Erbacce malsane, spinose, venefiche, si sono distese dove prima erano bordure, aiuole, cespugli bellissimi e li hanno soffocati e resi grami perchè hanno succhiato gli umori della terra e impedito al sole di scendere sulle pianticelle.

Il giardiniere e i suoi aiutanti si affannano a rimondare, ad estirpare, a raddrizzare pianticelle piegate sotto il peso di altre malsane. Ma se lavorano di quà, il Maligno lavora di là e così il giardino presenta sempre il suo aspetto desolato. Serpi, rospi, lumache approfittano del disordine per annidarsi. per rodere, per sbavare. Qua e là qualche pianta robusta resiste a tutto e fiorisce alta nel cielo, qualche aiuola anche, specie se di gigli e rose. Ma le belle bordure delle margheritine e delle violette sono quasi completamente cancellate.

Quando il re verrà, non conoscerà più il suo bel giardino divenuto selvaggio e con ira strapperà le erbacce, schiaccerà gli animali lubrici, coglierà i fiori rimasti e li porterà nel suo palazzo, cancellando per sempre il giardino.

Spiegazione delle parabole di Gesù
(058)
Parabola del giardino (Quaderni '43 -5/7/43)

Il re è Gesù Cristo. Il giardino è la sua Chiesa militante. Il giardiniere è il mio Pietro e i suoi aiutanti sono i sacerdoti. I fiori e le piante, i consacrati fedeli, i sacramenti. I semi nocivi sono i vizi, le passioni, i peccati seminati da Satana in odio a Me.

Il disordine è dato dal fatto che le piante buone non hanno reagito e si sono lasciate soffocare da quelle malvagie che annullano il beneficio del mio Sangue, dei miei Sacramenti, del Sole della Grazia.



Il Sommo Giardiniere e i suoi pochi, veri aiutanti, non riescono a mettere ordine per la mala volontà delle piante buone, per la loro pigrizia spirituale e per la mala volontà e pigrizia di molti falsi giardinieri che non si affaticano nel santo lavoro di coltivare, aiutare, raddrizzare le anime.
I serpi, i rospi e le lumache sono le tentazioni. Se tutti i giardinieri fossero solerti e se tutte le piante fossero vigilanti, essi verrebbero schiacciati. Invece le anime non chiamano in soccorso la Chiesa quando comprendono che la tentazione è più forte di loro e gli ecclesiastici non accorrono, non tutti, quando una delle povere anime, che Io ha pagate col mio Dolore e affrancate in anticipo col mio Sangue, chiede soccorso.



Le piante buone che resistono sono i veri sacerdoti : dal mio Vicario, Giardiniere Sommo e sommo albero che alza fino al cielo la sua cima intrepida e retta, ai semplici sacerdoti che sono rimasti sale della terra.


Le aiuole, specie di rose e gigli, sono le anime verginali e le anime amanti. Ma le bordure delle margheritine: l’innocenza; e quelle delle violette: la penitenza, mostrano un aspetto desolante. L’innocenza nasce e fiorisce, ma presto non è più, perché la malizia, la lussuria, il vizio, l’imprudenza, la distruggono. La penitenza è letteralmente prosciugata dalla gramigna della tiepidezza. Solo qualche esemplare resiste. Ed è quell’esemplare che profuma, con odore di purificazione, un largo raggio di giardino dai miasmi del Male.


Quando Io verrò, nell’ora mia terribile, strapperò, calpesterò, distruggerò erbe maledette e parassiti maledetti, cancellerò il giardino dell’universo, portando con Me, nell’interno della mia reggia, le piante benedette, i benedetti fiori che hanno saputo resistere e fiorire per la mia gioia.

E guai a coloro che saranno divelti da Me e lanciati nel regno di Mammona, il malvagio seminatore che hanno preferito al seminatore divino; e guai a coloro che hanno preferito ascoltare la voce delle serpi e dei rospi e il bacio delle lumache alla voce dei miei angeli e al bacio della mia grazia. Meglio per loro sarebbe stato se mai non fossero nati!

Ma gioia, gioia eterna a coloro che mi sono rimasti servi buoni, fedeli, casti, innamorati. E gioia, ancora più grande, a quelli che hanno voluto essere doppiamente miei seguaci prendendo le vie del Calvario per loro via, per compiere nel loro corpo quanto manca ancora all’eterna passione del Cristo. I loro corpi glorificati splenderanno come soli nella vita eterna perché si saranno nutriti del mio duplice pane: Eucaristia e Dolore, e avranno aumentato del loro sangue il gran lavacro iniziato da Gesù, il capo, e proseguito da essi, le membra, per mondare i fratelli e dare gloria a Dio.

Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis



mercoledì 7 novembre 2012

Guardiamo al Paradiso

Casanova Achille XX.jpg


Descrizione del Paradiso della Mistica Maria Valtorta del 25-5-1944

25‑5. Tenterò descrivere la inesprimibile, ineffabile, beatifica visione della tarda sera di ieri, quella che dalsogno dell’anima mi condusse al sogno del corpo per apparirmi ancor più nitida e bella al mio ritorno ai sensi. E prima di accingermi a questa descrizione, che sarà sempre lontana dal vero più che non noi dal sole, mi sono chiesta: “Devo prima scrivere, o prima fare le mie penitenze?”. Mi ardeva di descrivere ciò che fa la mia gioia, e so che dopo la penitenza sono più tarda alla fatica materiale dello scrivere.
Ma la voce di luce dello Spirito Santo ‑ la chiamo così perché è immateriale come la luce eppure è chiara come la più sfolgorante luce, e scrive per lo spirito mio le sue parole che son suono e fulgore e gioia, gioia, gioia ‑ mi dice avvolgendomi l’anima nel suo baleno d’amore: “Prima la penitenza e poi la scrittura di ciò che è la tua gioia. La penitenza deve sempre precedere tutto, in te, poiché è quella che ti merita la gioia. Ogni visione nasce da una precedente penitenza e ogni penitenza ti apre il cammino ad ogni più alta contemplazione. Vivi per questo. Sei amata per questo. Sarai beata per questo. Sacrificio, sacrificio. La tua via, la tua missione, la tua forza, la tua gloria. Solo quando ti addormenterai in Noi cesserai di esser ostia per divenire gloria”.
Allora ho fatto prima tutte le mie giornaliere penitenze. Ma non le sentivo neppure. Gli occhi dello spirito “vedevano” la sublime visione ed essa annullava la sensibilità corporale. Comprendo, perciò, il perché i martiri potessero sopportare quei supplizi orrendi sorridendo. Se a me, tanto inferiore a loro in virtù, una contemplazione può, effondendosi dallo spirito ai sensi corporali, annullare in essi la sensibilità dolorifica, a loro, perfetti nell’amore come creatura umana può esserlo e vedenti, per la loro perfezione, la Perfezione di Dio senza velami, doveva accadere un vero annullamento delle debolezze materiali. La gioia della visione annullava la miseria della carne sensibile ad ogni sofferenza.

Ed ora cerco descrivere.
Ho rivisto il Paradiso. E ho compreso di cosa è fatta la sua Bellezza, la sua Natura, la sua Luce, il suo Canto. Tutto, insomma. Anche le sue Opere, che sono quelle che, da tant’alto, informano, regolano, provvedono a tutto l’universo creato. Come già l’altra volta, nei primi del corrente anno, credo, ho visto la Ss. Trinità. Ma andiamo per ordine.
Anche gli occhi dello spirito, per quanto molto più atti a sostenere la Luce che non i poveri occhi del corpo che non possono fissare il sole, astro simile a fiammella di fumigante lucignolo rispetto alla Luce che è Dio, hanno bisogno di abituarsi per gradi alla contemplazione di questa alta Bellezza.
Dio è così buono che, pur volendosi svelare nei suoi fulgori, non dimentica che siamo poveri spiriti ancor prigionieri in una carne, e perciò indeboliti da questa prigionia. Oh! come belli, lucidi, danzanti, gli spiriti che Dio crea ad ogni attimo per esser anima alle nuove creature! Li ho visti e so. Ma noi... finché non torneremo a Lui non possiamo sostenere lo Splendore tutto d’un colpo. Ed Egli nella sua bontà ce ne avvicina per gradi.
Per prima cosa, dunque, ieri sera ho visto come una immensa rosa. Dico “rosa” per dare il concetto di questi cerchi di luce festante che sempre più si accentravano intorno ad un punto di un insostenibile fulgore.
Una rosa senza confini! La sua luce era quella che riceveva dallo Spirito Santo. La luce splendidissima dell’Amore eterno. Topazio e oro liquido resi fiamma... oh! non so come spiegare! Egli raggiava, alto, alto e solo, fisso nello zaffiro immacolato e splendidissimo dell’Empireo, e da Lui scendeva a fiotti inesausti la Luce. La Luce che penetrava la rosa dei beati e dei cori angelici e la faceva luminosa di quella sua luce che non è che il prodotto della luce dell’Amore che la penetra. Ma io non distinguevo santi o angeli. Vedevo solo gli immisurabili festoni dei cerchi del paradisiaco fiore.
Ne ero già tutta beata e avrei benedetto Dio per la sua bontà, quando, in luogo di cristallizzarsi così, la visione si aprì a più ampi fulgori, come se si fosse avvicinata sempre più a me permettendomi di osservarla con l’occhio spirituale abituato ormai al primo fulgore e capace di sostenerne uno più forte.
Beato Angelico, Incoronazione della Vergine, Firenze, Galleria degli Uffizi


E vidi Dio Padre: Splendore nello splendore del Paradiso. Linee di luce splendidissima, candidissima, incandescente. Pensi lei: se io lo potevo distinguere in quella marea di luce, quale doveva esser la sua Luce che, pur circondata da tant’altra, la annullava facendola come un’ombra di riflesso rispetto al suo splendere? Spirito... Oh! come si vede che è spirito! È Tutto. Tutto tanto è perfetto. È nulla perché anche il tocco di qualsiasi altro spirito del Paradiso non potrebbe toccare Dio, Spirito perfettissimo, anche con la sua immaterialità: Luce, Luce, niente altro che Luce.
Di fronte al Padre Iddio era Dio Figlio. Nella veste del suo Corpo glorificato su cui splendeva l’abito regale che ne copriva le Membra Ss. senza celarne la bellezza superindescrivibile. Maestà e Bontà si fondevano a questa sua Bellezza. I carbonchi delle sue cinque Piaghe saettavano cinque spade di luce su tutto il Paradiso e aumentavano lo splendore di questo e della sua Persona glorificata.
Non aveva aureola o corona di sorta. Ma tutto il suo Corpo emanava luce, quella luce speciale dei corpi spiritualizzatí che in Lui e nella Madre è intensissima e si sprigiona dalla Carne che è carne, ma non è opaca come la nostra. Carne che è luce. Questa luce si condensa ancor di più intorno al suo Capo. Non ad aureola, ripeto, ma da tutto il suo Capo. Il sorriso era luce e luce lo sguardo, luce trapanava dalla sua bellissima Fronte, senza ferite. Ma pareva che, là dove le spine un tempo avevano tratto sangue e dato dolore, ora trasudasse più viva luminosità.
Gesù era in piedi col suo stendardo regale in mano come nella visione che ebbi in gennaio, credo.
Un poco più in basso di Lui, ma di ben poco, quanto può esserlo un comune gradino di scala, era la Ss. Vergine. Bella come lo è in Cielo, ossia con la sua perfetta bellezza umana glorificata a bellezza celeste.
Stava fra il Padre e il Figlio che erano lontani tra loro qualche metro. (Tanto per applicare paragoni sensibili). Elia era nel mezzo e, con le mani incrociate sul petto ‑ le sue dolci, candidissime, piccole, bellissime mani ‑ e col volto lievemente alzato - il suo soave, perfetto, amoroso, soavissimo volto ‑ guardava, adorando, il Padre a il Figlio.
Piena di venerazione guardava il Padre. Non diceva parola. Ma tutto il suo sguardo era voce di adorazione e preghiera e canto. Non era in ginocchio. Ma il suo sguardo la faceva più prostrata che nella più profonda genuflessione, tanto era adorante. Ella diceva: “Sanctus!”, diceva: “Adoro Te!” unicamente col suo sguardo.
Guardava il suo Gesù piena di amore. Non diceva parola. Ma tutto il suo sguardo era carezza. Ma ogni carezza di quel suo occhio soave diceva: “Ti amo!”. Non era seduta. Non toccava il Figlio. Ma il suo sguardo lo riceveva come se Egli le fosse in grembo circondato da quelle sue materne braccia come e più che nell’Infanzia e nella Morte. Ella diceva: “Figlio mio!”, “Gioia mia!”, “Mio amore!” unicamente col suo sguardo.

Si beava di guardare il Padre e il Figlio. E ogni tanto alzava più ancora il volto e lo sguardo a cercare l’Amore che splendeva alto, a perpendicolo su Lei. E allora la sua luce abbagliante, di perla fatta luce, si accendeva come se una fiamma la investisse per arderla e farla più bella. Ella riceveva il bacio dell’Amore e si tendeva con tutta la sua umiltà e purezza, con la sua carità, per rendere carezza a Carezza e dire: “Ecco. Son la tua Sposa e ti amo e son tua. Tua per l’eternità”. E lo Spirito fiammeggiava più forte quando lo sguardo di Maria si allacciava ai suoi fulgori.
E Maria riportava il suo occhio sul Padre e sul Figlio. Pareva che, fatta deposito dall’Amore, distribuisse questo. Povera immagine mia! Dirò meglio. Pareva che lo Spirito eleggesse Lei ad essere quella che, raccogliendo in sé tutto l’Amore, lo portasse poi al Padre e al Figlio perché i Tre si unissero e si baciassero divenendo Uno. Oh! gioia comprendere questo poema di amore! E vedere la missione di Maria, Sede dell’Amore!
Ma lo Spirito non concentrava i suoi fulgori unicamente su Maria. Grande la Madre nostra. Seconda solo a Dio. Ma può un bacino, anche se grandissimo, contenere l’oceano? No. Se ne empie e ne trabocca. Ma l’oceano ha acque per tutta la terra. Così la Luce dell’Amore. Ed Essa scendeva in perpetua carezza sul Padre e sul Figlio, li stringeva in un anello di splendore. E si allargava ancora, dopo essersi beatificata col contatto del Padre e del Figlio che rispondevano con amore all’Amore, e si stendeva su tutto il Paradiso.
Ecco che questo si svelava nei suoi particolari... Ecco gli angeli. Più in alto dei beati, cerchi intorno al Fulcro del Cielo che è Dio Uno e Trino con la Gemma verginale di Maria per cuore. Essi hanno somiglianza più viva con Dio Padre. Spiriti perfetti ed eterni, essi sono tratti di luce, inferiore unicamente a quella di Dio Padre, di una forma di bellezza indescrivibile. Adorano... sprigionano armonie. Con che? Non so. Forse col palpito del loro amore. Poiché non son parole; e le linee delle bocche non smuovono la loro luminosità. Splendono come acque immobili percosse da vivo sole. Ma il loro amore è canto. Ed è armonia così sublime che solo una grazia di Dio può concedere di udirla senza morirne di gioia.
Più sotto, i beati. Questi, nei loro aspetti spiritualizzati, hanno più somiglianza col Figlio e con Maria. Sono più compatti, direi sensibili all’occhio e ‑ fa impressione ‑ al tatto, degli angeli. Ma sono sempre immateriali. Però in essi sono più marcati i tratti fisici, che differiscono in uno dall’altro. Per cui capisco se uno è adulto o bambino, uomo o donna. Vecchi, nel senso di decrepitezza, non ne vedo. Sembra che anche quando i corpi spiritualizzati appartengono ad uno morto in tarda età, lassù cessino i segni dello sfacimento della nostra carne. Vi è maggior imponenza in un anziano che in un giovane. Ma non quello squallore di rughe, di calvizie, di bocche sdentate e schiene curvate proprie negli umani. Sembra che il massimo dell’età sia di 40, 45 anni. Ossia virilità fiorente anche se lo sguardo e l’aspetto sono di dignità patriarcale.
Fra i molti... oh! quanto popolo di santi!... e quanto popolo di angeli! I cerchi si perdono, divenendo scia di luce per i turchini splendori di una vastità senza confini! E da lungi, da lungi, da questo orizzonte celeste viene ancora il suono del sublime alleluia e tremola la luce che è l’amore di questo esercito di angeli e beati...
Fra i molti vedo, questa volta, un imponente spirito. Alto, severo, e pur buono. Con una lunga barba che scende sino a metà del petto e con delle tavole in mano. Le tavole sembrano quelle cerate che usavano gli antichi per scrivere. Si appoggia con la mano sinistra ad esse che tiene, alla loro volta, appoggiate al ginocchio sinistro. Chi sia non so. Penso a Mosè o a Isaia. Non so perché. Penso così. Mi guarda e sorride con molta dignità. Null’altro. Ma che occhi! Proprio fatti per dominare le folle e penetrare i segreti di Dio.
Lo spirito mio si fa sempre più atto a vedere nella Luce. E vedo che ad ogni fusione delle tre Persone, fusione che si ripete con ritmo incalzante ed incessante come per pungolo di fame insaziabile d’amore, si producono gli incessanti miracoli che sono le opere di Dio.
Vedo che il Padre, per amore del Figlio, al quale vuole dare sempre più grande numero di seguaci, crea le anime. Oh! che bello! Esse escono come scintille, come petali di luce, come gemme globulari, come non sono capace di descrivere, dal Padre. È uno sprigionarsi incessante di nuove anime... Belle, gioiose di scendere ad investire un corpo per obbedienza al loro Autore. Come sono belle quando escono da Dio! Non vedo, non lo posso vedere essendo in Paradiso, quando le sporca la macchia originate.
Il Figlio, per zelo per il Padre suo, riceve e giudica, senza soste, coloro che, cessata la vita, tornano all’Origine per esser giudicati. Non vedo questi spiriti. Comprendo se essi sono giudicati con gioia, con misericordia, o con inesorabilità, dai mutamenti dell’espressione di Gesù. Che fulgore di sorriso quando a Lui si presenta un santo! Che luce di mesta misericordia quando deve separarsi da uno che deve mondarsi prima di entrare nel Regno! Che baleno di offeso e doloroso corruccio quando deve ripudiare in eterno un ribelle!
È qui che comprendo ciò che è il Paradiso. E ciò di che è fatta la sua Bellezza, Natura, Luce e Canto. È fatta dall’Amore. Il Paradiso è Amore. È l’Amore che in esso crea tutto. È l’Amore la base su cui tutto si posa. È l’Amore l’apice da cui tutto viene.
Il Padre opera per Amore. Il Figlio giudica per Amore. Maria vive per Amore. Gli angeli cantano per Amore. I beati osannano per Amore. Le anime si formano per Amore. La Luce è perché è l’Amore. Il Canto è perché è l’Amore. La Vita è perché è l’Amore. Oh! Amore! Amore! Amore!... Io mi annullo in Te. Io risorgo in Te. Io muoio, creatura umana, perché Tu mi consumi. Io nasco, creatura spirituale, perché Tu mi crei.
Sii benedetto, benedetto, benedetto, Amore, Terza Persona! Sii benedetto, benedetto, benedetto, Amore, che sei amore delle Due Prime! Sii benedetto, benedetto, benedetto, Amore, che ami i Due che ti precedono! Sii benedetto Tu che mi ami. Sii benedetto da me che ti amo perché mi permetti di amarti e conoscerti, o Luce mia...

Ho cercato nei fascicoli, dopo aver scritto tutto questo, la precedente contemplazione del Paradiso. Perché? Perché diffido sempre di me e volevo vedere se una delle due era in contraddizione con l’altra. Ciò mi avrebbe persuasa che sono vittima di un inganno.
No. Non vi è contraddizione. La presente è ancor più nitida ma ha le linee essenziali uguali. La precedente è alla data 10 gennaio 1944. E da allora io non l’avevo mai più guardata. Lo assicuro come per giuramento.

Tratto dai Quaderni di Maria Valtorta (Mistica) 
(Quaderno 22) Edizioni CEV

AVE MARIA PURISSIMA!
SENZA PECCATO ORIGINALE CONCEPITA!

giovedì 16 agosto 2012

Come guadagnarsi il paradiso


L'Assunzione di Maria in cielo: Il fondatore dei Francescani dell'Immacolata spiega come guadagnarsi il paradiso

di padre Stefano Pio M. Manelli F.I.



Contemplando l’Assunzione di Maria Santissima in anima e corpo al Cielo, noi contempliamo il nostro ultimo destino secondo il progetto di Dio: il Paradiso. 


Per meritare il Paradiso, però, dobbiamo sforzarci di vivere come visse la Madonna, praticando le virtù nel sacrificio quotidiano della nostra vita. «Non verrà premiato se non chi avrà legittimamente combattuto», dice l’Apostolo Paolo (2 Tm 2,5).

L’Assunzione della Madonna al Paradiso ci ricorda le sue sante virtù, brillanti come stelle nel firmamento della sua vita. Tutta la vita della Madonna è stata una celeste costellazione di virtù, un Eden di Grazia sulla terra, trasportato poi nell’Eden infinito ed eterno dei cieli. E noi, contemplando Lei, dobbiamo imparare a vivere come Lei per essere accolti un giorno in Paradiso.

Per questo la Chiesa dice che sulla terra gli uomini «innalzano gli occhi a Maria, la quale rifulge come il modello della virtù davanti a tutta la comunità degli eletti» (Lumen gentium) e il papa Paolo VI afferma che le virtù della Madonna sono il modello per tutti, e che «di queste virtù della Madre si orneranno i figli, che con tenace proposito guardano i suoi esempi per riprodurli nella propria vita» (Marialis cultus).

Ma quali virtù soprattutto dobbiamo imitare nella Madonna?
Il grande apostolo della Madonna, san Luigi Grignion di Montfort, c’insegna che «la vera devozione alla Santa Vergine porta un’anima ad evitare il peccato e ad imitare le virtù della Santissima Vergine, in particolare modo la sua profonda umiltà, la sua fede viva, la sua ubbidienza cieca, la sua orazione continua, la sua mortificazione universale, la sua purezza divina, la sua ardente carità, la sua pazienza eroica e la sua sapienza divina». Quale tesoro immenso di virtù sublimi è la Madonna!

Ebbene, se questa strada delle virtù è stata la via della Madonna al Paradiso, deve essere anche la nostra strada. Altra via non c’è per passare dalla terra al cielo, senza passare per il Purgatorio, che è luogo di purificazione dolorosa, al cui confronto impallidiscono anche le più atroci sofferenze di questa terra.

Tutti i Santi, infatti, sono tali perché hanno praticato le virtù in modo perfetto, brillando di più, alcuni, per qualche virtù particolare che li caratterizza: così, san Francesco d’Assisi per la povertà; santa Chiara d’Assisiper l’amore all’Eucaristia; san Luigi Gonzaga per la purezza; santa Teresa di Gesù per la preghiera; san Francesco Saverio per l’amore alle anime nelle Missioni; santa Gemma Galgani per l’amore al Crocifisso e all’Addolorata; san Massimiliano Maria Kolbe per l’amore all’Immacolata; san Pio da Pietrelcina per l’amore al Rosario.

Fatima, poi, ci parla anche del Purgatorio, e in termini per nulla confortanti. A Lucia che chiedeva dove si trovasse l’anima di una sua compagna morta da poco, la Madonna rispose: «È in Purgatorio, e vi resterà fino alla fine del mondo». È terribile. Ma perché non pensiamo che potrebbe essere così anche per noi?
In Paradiso si entra perfetti, con tutte le virtù. I tre pastorelli capirono bene ciò, e si applicarono con tutto l’ardore all’esercizio delle virtù. La piccola Giacinta, ad esempio, ci incanta per il candore e la sua mortificazione, la sua preghiera e la sua pazienza nelle terribili sofferenze dell’operazione chirurgica che dovette subire in carne viva, senza anestetico; soprattutto, ci incanta per la sua carità eroica verso i poveri peccatori che erano la passione del suo cuore innocente.

Il piccolo Francesco di Fatima ugualmente ci incanta per il suo raccoglimento, il suo riserbo e la sua capacità di contemplazione e di adorazione. Sono cose sbalorditive in un ragazzo di dieci anni, che dovrebbe sopratutto appassionarsi al gioco e a corse spensierate.
Quanta maturità, invece, e quale passione amorosa egli rivela nel voler sempre «consolare Gesù», magari trascorrendo ore intere vicino al Tabernacolo, dove c’è «Gesù nascosto»!

È così che si entra in Paradiso. Solo così. Contemplando la Madonna che viene assunta in cielo, quindi, possiamo riscoprire ogni volta il vero cammino della vita cristiana, sulla scia splendente e sublime della Celeste Madre: un cammino di virtù che portano lassù.

Virtù da praticare: Imitazione di Maria.

* Per ogni approfondimento: Padre Stefano Maria Manelli, “O Rosario
benedetto di Maria!” (Casa Mariana Editrice)

<<Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis>>