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sabato 19 agosto 2017

Nuova evangelizzazione: solo slogan?


Come al tempo di San Giovanni Eudes, ancor oggi si sente la necessità che i presbiteri diano testimonianza della misericordia infinita di Dio con una vita interamente "conquistata" da Cristo.

Ricorre oggi la memoria liturgica di San Giovanni Eudes, apostolo infaticabile della devozione ai Sacri Cuori di Gesù e Maria, vissuto in Francia nel secolo XVII, un secolo segnato da contrapposti fenomeni religiosi e anche da gravi problemi politici. E' il tempo della guerra dei Trent'anni, che ha devastato non solo gran parte del Centro Europa ma anche le anime.

La crisi della riforma era stata condizionata da una insufficiente formazione dei sacerdoti

Mentre si andava diffondendo il disprezzo per la fede cristiana da parte di alcune correnti di pensiero allora dominanti, lo Spirito Santo suscitava un rinnovamento spirituale pieno di fervore, con personalità di alto rilievo
 Gustavo Kralj
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"San Giovanni Eudes" - Navata
principale della Basilica di
San Pietro
come il de Bérulle, San Vincenzo de Paoli, San Luigi M. Grignion da Montfort e San Giovanni Eudes. Questa grande "scuola francese" di santità ebbe tra i suoi frutti anche san Giovanni Maria Vianney. Per un misterioso disegno della Provvidenza, il mio venerato predecessore Pio XI proclamò santi insieme, il 31 maggio 1925, Giovanni Eudes e il Curato d'Ars, offrendo alla Chiesa e al mondo intero due straordinari esempi di santità sacerdotale.

Nel contesto dell'Anno Sacerdotale, mi è caro soffermarmi a sottolineare lo zelo apostolico di san Giovanni Eudes, particolarmente rivolto alla formazione del clero diocesano. I santi sono la vera interpretazione della Sacra Scrittura. I santi hanno verificato, nell'esperienza della vita, la verità del Vangelo; così ci introducono alla conoscenza e alla comprensione del Vangelo.

Il Concilio di Trento, nel 1563, aveva emanato norme per l'erezione dei seminari diocesani e per la formazione dei sacerdoti, in quanto il Concilio era ben consapevole che tutta la crisi della riforma era anche condizionata da un'insufficiente formazione dei sacerdoti, i quali non erano preparati al sacerdozio in modo giusto, intellettualmente e spiritualmente, nel cuore e nell'anima.

Questo nel 1563; ma poiché l'applicazione e la realizzazione delle norme tardavano sia in Germania, sia in Francia, san Giovanni Eudes vide le conseguenze di questa mancanza. Mosso dalla lucida consapevolezza del grave bisogno di aiuto spirituale in cui versavano le anime proprio, a causa anche dell'inadeguatezza di gran parte del clero, il santo, che era un parroco, istituì una Congregazione dedita in maniera specifica alla formazione dei sacerdoti.

Ogni presbitero deve esser apostolo del Cuore di Cristo e di Maria

Nella città universitaria di Caen fondò il suo primo seminario, esperienza quanto mai apprezzata, che ben presto si allargò ad altre diocesi. Il cammino di santità, da lui percorso e proposto ai suoi discepoli, aveva come fondamento una solida fiducia nell'amore che Dio ha rivelato all'umanità nel Cuore sacerdotale di Cristo e nel Cuore materno di Maria. In quel tempo di crudeltà, di perdita di interiorità, egli si rivolse al cuore, per proferire una parola dei Salmi molto ben interpretata da Sant'Agostino.

Voleva richiamare le persone, gli uomini e soprattutto i futuri sacerdoti al cuore, mostrando il cuore sacerdotale di Cristo e il cuore materno di Maria. Di questo amore del cuore di Cristo e di Maria ogni sacerdote deve essere testimone e apostolo.
E qui arriviamo al nostro tempo. Anche oggi si avverte la necessità che i sacerdoti testimonino l'infinita
 L'Osservatore Romano
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Udienza generale del 19 agosto scorso, a Castel Gandolfo, dove
il Papa Benedetto XVI ha commentato, nel contesto del Anno
Sacerdotale, la festa di San Giovanni Eudes.

misericordia di Dio con una vita tutta "conquistata" dal Cristo, ed apprendano ciò fin dagli anni della loro preparazione nei seminari.
Punto di partenza per un'autentica riforma della vita

Dopo il Sinodo del 1990, Papa Giovanni Paolo II ha emanato l'Esortazione apostolica Pastores dabo vobis nella quale riprende e aggiorna le norme del Concilio di Trento e sottolinea soprattutto la necessaria continuità tra il momento iniziale e quello permanente della formazione; ciò per noi è un vero punto di partenza per un'autentica riforma della vita e dell'apostolato dei sacerdoti, ed è anche il punto nodale affinché la "nuova evangelizzazione" non sia semplicemente solo uno slogan attraente, ma si traduca in realtà.

Le fondamenta poste nella formazione seminaristica, costituiscono quell'insostituibile "humus spirituale" nel quale "imparare Cristo", lasciandosi progressivamente configurare a Lui, unico Sommo Sacerdote e Buon Pastore. Il tempo del Seminario va visto pertanto come l'attualizzazione del momento in cui il Signore Gesù, dopo aver chiamato gli apostoli e prima di mandarli a predicare, chiede loro di stare con Lui (cfr. Mc 3,14).

Quando san Marco racconta la vocazione dei dodici apostoli, ci dice che Gesù aveva un duplice scopo: il primo era che stessero con Lui, il secondo che fossero mandati a predicare. Ma andando sempre con Lui, realmente annunciano Cristo e portano la realtà del Vangelo al mondo.

Durante questo Anno Sacerdotale vi invito a pregare, cari fratelli e sorelle, per i sacerdoti e per quanti si preparano a ricevere il dono straordinario del Sacerdozio ministeriale. 
A tutti rivolgo, e così concludo, l'esortazione di San Giovanni Eudes, che dice così ai sacerdoti: "Donatevi a Gesù, per entrare nell'immensità del suo grande Cuore, che contiene il Cuore della sua Santa Madre e di tutti i santi, per perdervi in questo abisso di amore, di carità, di misericordia, di umiltà, di purezza, di pazienza, di sottomissione e di santità" (Coeur admirable, III, 2).
In questo senso cantiamo adesso insieme il Padre Nostro in latino.
(Udienza Generale a Castel Gandolfo, 19/8/2009)

Fons Lucis et Gratiae
miserere nobis

domenica 30 luglio 2017

Pellegrino - a Loreto -per affidare alla Madre di Dio due importanti iniziative ecclesiali: ..

...l’Anno della fedee l’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, da me convocata nel mese di ottobre sul tema «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana»

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SANTA MESSA
OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Piazza della Madonna di Loreto
Giovedì, 4 ottobre 2012

Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’episcopato,
cari fratelli e sorelle!

Il 4 ottobre del 1962, il Beato Giovanni XXIII venne in pellegrinaggio a questo Santuario per affidare alla Vergine Maria il Concilio Ecumenico Vaticano II, che si sarebbe inaugurato una settimana dopo. In quella occasione, egli, che nutriva una filiale e profonda devozione alla Madonna, si rivolse a lei con queste parole: «Oggi, ancora una volta, ed in nome di tutto l’episcopato, a Voi, dolcissima Madre, che siete salutata Auxilium Episcoporum, chiediamo per Noi, Vescovo di Roma e per tutti i Vescovi dell’universo di ottenerci la grazia di entrare nell’aula conciliare della Basilica di San Pietro come entrarono nel Cenacolo gli Apostoli e i primi discepoli di Gesù: un cuor solo, un palpito solo di amore a Cristo e alle anime, un proposito solo di vivere e di immolarci per la salvezza dei singoli e dei popoli. Così, per la vostra materna intercessione, negli anni e nei secoli futuri, si possa dire che la grazia di Dio ha prevenuto, accompagnato e coronato il ventunesimo Concilio Ecumenico, infondendo nei figli tutti della Santa Chiesa nuovo fervore, slancio di generosità, fermezza di propositi» (AAS 54 [1962], 727).

A distanza di cinquant’anni, dopo essere stato chiamato dalla divina Provvidenza a succedere sulla cattedra di Pietro a quel Papa indimenticabile, anch’io sono venuto qui pellegrino per affidare alla Madre di Dio due importanti iniziative ecclesiali: l’Anno della fede, che avrà inizio tra una settimana, l’11 ottobre, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, e l’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, da me convocata nel mese di ottobre sul tema «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana». Cari amici! A voi tutti porgo il mio più cordiale saluto. Ringrazio l’Arcivescovo di Loreto, Mons. Giovanni Tonucci, per le calorose espressioni di benvenuto. Saluto gli altri Vescovi presenti, i Sacerdoti, i Padri Cappuccini, ai quali è affidata la cura pastorale del santuario, e le Religiose. Rivolgo un deferente pensiero al Sindaco, Dott. Paolo Niccoletti, che pure ringrazio per le sue cortesi parole, al Rappresentante del Governo ed alle Autorità civili e militari presenti. E la mia riconoscenza va a tutti coloro che hanno generosamente offerto la loro collaborazione per la realizzazione di questo mio Pellegrinaggio.

Come ricordavo nella Lettera Apostolica di indizione, attraverso l’Anno della fede «intendo invitare i Confratelli Vescovi di tutto l’orbe perché si uniscano al Successore di Pietro, nel tempo di grazia spirituale che il Signore ci offre, per fare memoria del dono prezioso della fede» (Porta fidei, 8). E proprio qui a Loreto abbiamo l’opportunità di metterci alla scuola di Maria, di lei che è stata proclamata «beata» perché «ha creduto» (Lc 1,45). 

Questo Santuario, costruito attorno alla sua casa terrena, custodisce la memoria del momento in cui l’Angelo del Signore venne da Maria con il grande annuncio dell’Incarnazione, ed ella diede la sua risposta. Questa umile abitazione è una testimonianza concreta e tangibile dell’avvenimento più grande della nostra storia: l’Incarnazione; il Verbo si è fatto carne, e Maria, la serva del Signore, è il canale privilegiato attraverso il quale Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi (cfr Gv 1,14). 

Maria ha offerto la propria carne, ha messo tutta se stessa a disposizione della volontà di Dio, diventando «luogo» della sua presenza, «luogo» in cui dimora il Figlio di Dio. Qui possiamo richiamare le parole del Salmo con le quali, secondo la Lettera agli Ebrei, Cristo ha iniziato la sua vita terrena dicendo al Padre: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato…Allora ho detto: “Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà”» (10,5.7). 

Maria dice parole simili di fronte all’Angelo che le rivela il piano di Dio su di lei: «Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). La volontà di Maria coincide con la volontà del Figlio nell’unico progetto di amore del Padre e in lei si uniscono cielo e terra, Dio creatore e la sua creatura. Dio diventa uomo, Maria si fa «casa vivente» del Signore, tempio dove abita l’Altissimo. 

Il Beato Giovanni XXIII cinquant’anni fa, qui a Loreto, invitava a contemplare questo mistero, a «riflettere su quel congiungimento del cielo con la terra, che è lo scopo dell’Incarnazione e della Redenzione», e continuava affermando che lo stesso Concilio aveva come scopo di estendere sempre più il raggio benefico dell’Incarnazione e Redenzione di Cristo in tutte le forme della vita sociale (cfr AAS 54 [1962], 724). E’ un invito che risuona oggi con particolare forza. 

Nella crisi attuale che interessa non solo l’economia, ma vari settori della società, l’Incarnazione del Figlio di Dio ci dice quanto l’uomo sia importante per Dio e Dio per l’uomo. Senza Dio l’uomo finisce per far prevalere il proprio egoismo sulla solidarietà e sull’amore, le cose materiali sui valori, l’avere sull’essere. 

Bisogna ritornare a Dio perché l’uomo ritorni ad essere uomo. 

Con Dio anche nei momenti difficili, di crisi, non viene meno l’orizzonte della speranza: l’Incarnazione ci dice che non siamo mai soli, Dio è entrato nella nostra umanità e ci accompagna.
Ma il dimorare del Figlio di Dio nella «casa vivente», nel tempio, che è Maria, ci porta ad un altro pensiero: dove abita Dio, dobbiamo riconoscere che tutti siamo «a casa»; dove abita Cristo, i suoi fratelli e le sue sorelle non sono più stranieri. Maria, che è madre di Cristo è anche nostra madre, ci apre la porta della sua Casa, ci guida ad entrare nella volontà del suo Figlio. 
È la fede, allora, che ci dà una casa in questo mondo, che ci riunisce in un’unica famiglia e che ci rende tutti fratelli e sorelle. 
Contemplando Maria, dobbiamo domandarci se anche noi vogliamo essere aperti al Signore, se vogliamo offrire la nostra vita perché sia una dimora per Lui; oppure se abbiamo paura che la presenza del Signore possa essere un limite alla nostra libertà, e se vogliamo riservarci una parte della nostra vita, in modo che possa appartenere solo a noi. 
Ma è proprio Dio che libera la nostra libertà, la libera dalla chiusura in se stessa, dalla sete di potere, di possesso, di dominio, e la rende capace di aprirsi alla dimensione che la realizza in senso pieno: quella del dono di sé, dell’amore, che si fa servizio e condivisione.

La fede ci fa abitare, dimorare, ma ci fa anche camminare nella via della vita. 
Anche a questo proposito, la Santa Casa di Loreto conserva un insegnamento importante. Come sappiamo, essa fu collocata sopra una strada. La cosa potrebbe apparire piuttosto strana: dal nostro punto di vista, infatti, la casa e la strada sembrano escludersi. In realtà, proprio in questo particolare aspetto, è custodito un messaggio singolare di questa Casa. Essa non è una casa privata, non appartiene a una persona o a una famiglia, ma è un’abitazione aperta a tutti, che sta, per così dire, sulla strada di tutti noi. 

Allora, qui a Loreto, troviamo una casa che ci fa rimanere, abitare, e che nello stesso tempo ci fa camminare, ci ricorda che siamo tutti pellegrini, che dobbiamo essere sempre in cammino verso un’altra abitazione, verso la casa definitiva, verso la Città eterna, la dimora di Dio con l’umanità redenta (cfr Ap 21,3).

C’è ancora un punto importante del racconto evangelico dell’Annunciazione che vorrei sottolineare, un aspetto che non finisce mai di stupirci: Dio domanda il «sì» dell’uomo, ha creato un interlocutore libero, chiede che la sua creatura Gli risponda con piena libertà. 
San Bernardo di Chiaravalle, in uno dei suoi Sermoni più celebri, quasi «rappresenta» l’attesa da parte di Dio e dell’umanità del «sì» di Maria, rivolgendosi a lei con una supplica: «L’angelo attende la tua risposta, perché è ormai tempo di ritornare a colui che lo ha inviato… O Signora, da’ quella risposta, che la terra, che gli inferi, anzi, che i cieli attendono. Come il Re e Signore di tutti desiderava vedere la tua bellezza, così egli desidera ardentemente la tua risposta affermativa… Alzati, corri, apri! Alzati con la fede, affrettati con la tua offerta, apri con la tua adesione!» (In laudibus Virginis MatrisHom. IV, 8: Opera omnia, Edit. Cisterc. 4, 1966, p. 53s). Dio chiede la libera adesione di Maria per diventare uomo. Certo, il «sì» della Vergine è frutto della Grazia divina. Ma la grazia non elimina la libertà, al contrario, la crea e la sostiene. La fede non toglie nulla alla creatura umana, ma ne permette la piena e definitiva realizzazione.

Cari fratelli e sorelle, in questo pellegrinaggio che ripercorre quello del Beato Giovanni XXIII - e che avviene, provvidenzialmente, nel giorno in cui si fa memoria di san Francesco di Assisi, vero «Vangelo vivente» - vorrei affidare alla Santissima Madre di Dio tutte le difficoltà che vive il nostro mondo alla ricerca di serenità e di pace, i problemi di tante famiglie che guardano al futuro con preoccupazione, i desideri dei giovani che si aprono alla vita, le sofferenze di chi attende gesti e scelte di solidarietà e di amore. Vorrei affidare alla Madre di Dio anche questo speciale tempo di grazia per la Chiesa, che si apre davanti a noi. Tu, Madre del «sì», che hai ascoltato Gesù, parlaci di Lui, raccontaci il tuo cammino per seguirlo sulla via della fede, aiutaci ad annunciarlo perché ogni uomo possa accoglierlo e diventare dimora di Dio. Amen!

© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana

AMDG et BVM


venerdì 6 luglio 2012

"Quale è la strada alla felicità? Evangelizzare vuol dire: mostrare questa strada - insegnare l'arte di vivere. ... "

Coroncina della Divina Misericordia

Ven Espíritu Santo, ven por medio de la poderosa intercesión del Corazón Inmaculado de María, tu amadísima Esposa

Card. Ratzinger ai catechisti: "Annunciare Dio è introdurre nella relazione con Dio: insegnare a pregare. La preghiera è fede in atto" (Giubileo 2000)


Grazie a Marco possiamo leggere questo splendido intervento dell'allora cardinale Joseph Ratzinger in occasione del Giubileo dei catechisti e dei docenti di religione.
Tutto da assaporare! Grazie 

R.

GIUBILEO DEI CATECHISTI E DEI DOCENTI DI RELIGIONE

INTERVENTO DEL CARDINALE JOSEPH RATZINGER DURANTE IL CONVEGNO DEI CATECHISTI E DEI DOCENTI DI RELIGIONE

Domenica, 10 Dicembre 2000

La vita umana non si realizza da sé. La nostra vita è una questione aperta, un progetto incompleto ancora da completare e da realizzare. La domanda fondamentale di ogni uomo è: come si realizza questo - diventare uomo? Come si impara l'arte di vivere? Quale è la strada alla felicità?
Evangelizzare vuol dire: mostrare questa strada - insegnare l'arte di vivere. Gesù dice nell'inizio della sua vita pubblica: Sono venuto per evangelizzare i poveri (Lc 4, 18); questo vuol dire: Io ho la risposta alla vostra domanda fondamentale; io vi mostro la strada della vita, la strada alla felicità - anzi: io sono questa strada. La povertà più profonda è l'incapacità di gioia, il tedio della vita considerata assurda e contraddittoria. Questa povertà è oggi molto diffusa, in forme ben diverse sia nelle società materialmente ricche sia anche nei paesi poveri. L'incapacità di gioia suppone e produce l'incapacità di amare, produce l'invidia, l'avarizia - tutti i vizi che devastano la vita dei singoli e il mondo. Perciò abbiamo bisogno di una nuova evangelizzazione - se l'arte di vivere rimane sconosciuta, tutto il resto non funziona più. Ma questa arte non è oggetto della scienza - questa arte la può comunicare solo chi ha la vita - colui che è il Vangelo in persona.

I. Struttura e metodo nella nuova evangelizzazione 

1. La struttura

Prima di parlare dei contenuti fondamentali della nuova evangelizzazione vorrei dire una parola sulla sua struttura e sul metodo adeguato. La Chiesa evangelizza sempre e non ha mai interrotto il cammino dell'evangelizzazione. Celebra ogni giorno il mistero eucaristico, amministra i sacramenti, annuncia la parola della vita - la parola di Dio, s'impegna per la giustizia e la carità. E questa evangelizzazione porta frutto: dà luce e gioia, dà il cammino della vita a tante persone; molti altri vivono, spesso senza saperlo, della luce e del calore risplendente da questa evangelizzazione permanente. Tuttavia osserviamo un processo progressivo di scristianizzazione e di perdita dei valori umani essenziali che è preoccupante. Gran parte dell'umanità di oggi non trova nell'evangelizzazione permanente della Chiesa il Vangelo, cioè la risposta convincente alla domanda: Come vivere?

Perciò cerchiamo, oltre l'evangelizzazione permanente, mai interrotta, mai da interrompere, una nuova evangelizzazione, capace di farsi sentire da quel mondo, che non trova accesso all'evangelizzazione "classica". Tutti hanno bisogno del Vangelo; il Vangelo è destinato a tutti e non solo a un cerchio determinato e perciò siamo obbligati a cercare nuove vie per portare il Vangelo a tutti.

Però qui si nasconde anche una tentazione - la tentazione dell'impazienza, la tentazione di cercare subito il grande successo, di cercare i grandi numeri. E questo non è il metodo di Dio. Per il regno di Dio e così per l'evangelizzazione, strumento e veicolo del regno di Dio, vale sempre la parabola del grano di senape (cfr Mc 4, 31-32). Il Regno di Dio ricomincia sempre di nuovo sotto questo segno.

Nuova evangelizzazione non può voler dire: Attirare subito con nuovi metodi più raffinati le grandi masse allontanatesi dalla Chiesa. No - non è questa la promessa della nuova evangelizzazione. Nuova evangelizzazione vuol dire: Non accontentarsi del fatto, che dal grano di senape è cresciuto il grande albero della Chiesa universale, non pensare che basti il fatto che nei suoi rami diversissimi uccelli possono trovare posto - ma osare di nuovo con l'umiltà del piccolo granello lasciando a Dio, quando e come crescerà (Mc 4, 26-29). Le grandi cose cominciano sempre dal granello piccolo ed i movimenti di massa sono sempre effimeri.

Nella sua visione del processo dell'evoluzione Teilhard de Chardin parla del "bianco delle origini" (le blanc des origines): L'inizio delle nuove specie è invisibile ed introvabile per la ricerca scientifica. Le fonti sono nascoste - troppo piccole. Con altre parole: Le realtà grandi cominciano in umiltà. // Lasciamo da parte, se e fino a che punto Teilhard ha ragione con le sue teorie evoluzioniste;  // la legge delle origini invisibili dice una verità - una verità presente proprio nell'agire di Dio nella storia: "Non perché sei grande ti ho eletto, al contrario - sei il più piccolo dei popoli; ti ho eletto, perché ti amo..." dice Dio al popolo di Israele nell'Antico Testamento ed esprime così il paradosso fondamentale della storia della salvezza: Certo, Dio non conta con i grandi numeri; il potere esteriore non è il segno della sua presenza. Gran parte delle parabole di Gesù indicano questa struttura dell'agire divino e rispondono così alle preoccupazioni dei discepoli, i quali si aspettavano ben altri successi e segni dal Messia - successi del tipo offerto da Satana al Signore: Tutto questo - tutti i regni del mondo - ti do... (Mt 4, 9). Certo, Paolo alla fine della sua vita ha avuto l'impressione di aver portato il Vangelo ai confini della terra, ma i cristiani erano piccole comunità disperse nel mondo, insignificanti secondo i criteri secolari. In realtà furono il germe che penetra dall'interno la pasta e portarono in sé il futuro del mondo (cfr Mt 13, 33). Un vecchio proverbio dice: "Successo non è un nome di Dio". La nuova evangelizzazione deve sottomettersi al mistero del grano di senape e non pretendere di produrre subito il grande albero. Noi o viviamo troppo nella sicurezza del grande albero già esistente o nell'impazienza di avere un albero più grande, più vitale - dobbiamo invece accettare il mistero che la Chiesa è nello stesso tempo grande albero e piccolissimo grano. Nella storia della salvezza è sempre contemporaneamente Venerdì Santo e Domenica di Pasqua...

2. Il metodo 

Da questa struttura della nuova evangelizzazione deriva anche il metodo giusto. Certo, dobbiamo usare in modo ragionevole i metodi moderni di farci ascoltare - o meglio: di rendere accessibile e comprensibile la voce del Signore... Non cerchiamo ascolto per noi - non vogliamo aumentare il potere e l'estensione delle nostre istituzioni, ma vogliamo servire al bene delle persone e dell'umanità dando spazio a Colui, che è la Vita. Questa espropriazione del proprio io offrendolo a Cristo per la salvezza degli uomini, è la condizione fondamentale del vero impegno per il Vangelo.

"Io sono venuto nel nome del Padre mio, e non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste" dice il Signore (Gv 5, 43). Il contrassegno dell'Anticristo è il suo parlare nel proprio nome. Il segno del Figlio è la sua comunione col Padre. Il Figlio ci introduce nella comunione trinitaria, nel circolo dell'eterno amore, le cui persone sono "relazioni pure", l'atto puro del donarsi e dell'accogliersi. Il disegno trinitario - visibile nel Figlio, che non parla nel nome suo - mostra la forma di vita del vero evangelizzatore - anzi, evangelizzare non è semplicemente una forma di parlare, ma una forma di vivere: vivere nell'ascolto e farsi voce del Padre. "Non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito" dice il Signore sullo Spirito Santo (Gv 16, 13). Questa forma cristologica e pneumatologica dell'evangelizzazione è nello stesso tempo una forma ecclesiologica: Il Signore e lo Spirito costruiscono la Chiesa, si comunicano nella Chiesa. L'annuncio di Cristo, l'annuncio del Regno di Dio suppone l'ascolto della sua voce nella voce della Chiesa. "Non parlare nel nome proprio" significa: parlare nella missione della Chiesa...
Da questa legge dell'espropriazione seguono conseguenze molto pratiche. Tutti i metodi ragionevoli e moralmente accettabili sono da studiare - è un dovere far uso di queste possibilità di comunicazione. Ma le parole e tutta l'arte della comunicazione non possono guadagnare la persona umana in quella profondità, alla quale deve arrivare il Vangelo. Pochi anni fa leggevo la biografia di un ottimo sacerdote del nostro secolo, Don Didimo, parroco di Bassano del Grappa. Nelle sue note si trovano parole d'oro, frutto di una vita di preghiera e di meditazione. Al nostro proposito dice Don Didimo, per esempio: "Gesù predicava nel giorno, di notte pregava". Con questa breve notizia voleva dire: Gesù doveva acquistare da Dio i discepoli. Lo stesso vale sempre. Non possiamo guadagnare noi gli uomini. Dobbiamo ottenerli da Dio per Dio. Tutti i metodi sono vuoti senza il fondamento della preghiera. La parola dell'annuncio deve sempre bagnare in una intensa vita di preghiera.
Dobbiamo aggiungere un passo ulteriore. Gesù predicava di giorno, di notte pregava - questo non è tutto. La sua intera vita fu - come lo mostra in modo molto bello il Vangelo di s. Luca - un cammino verso la croce, ascensione verso Gerusalemme. Gesù non ha redento il mondo tramite parole belle, ma con la sua sofferenza e la sua morte. Questa sua passione è la fonte inesauribile di vita per il mondo; la passione dà forza alla sua parola.

Il Signore stesso - estendendo ed ampliando la parabola del grano di senape - ha formulato questa legge di fecondità nella parola del chicco di grano che muore, caduto in terra (Gv 12, 24). Anche questa legge è valida fino alla fine del mondo ed è - insieme col mistero del grano di senape - fondamentale per la nuova evangelizzazione. Tutta la storia lo dimostra. Sarebbe facile dimostrarlo nella storia del cristianesimo.

Vorrei ricordare qui soltanto l'inizio dell'evangelizzazione nella vita di s. Paolo. Il successo della sua missione non fu frutto di una grande arte retorica o di prudenza pastorale; la fecondità fu legata alla sofferenza, alla comunione nella passione con Cristo (cfr 1 Cor 2, 1-5; 2 Cor 5, 7; 11, 10s; 11, 30; Gal 4, 12-14). "Nessun segno sarà dato, se non il segno di Giona profeta" ha detto il Signore. Il segno di Giona è il Cristo crocifisso - sono i testimoni, che completano "quello che manca ai patimenti di Cristo" (Col 1, 24). In tutti i periodi della storia si è sempre di nuovo verificata la parola di Tertulliano: È un seme il sangue dei martiri.

Sant'Agostino dice lo stesso in modo molto bello, interpretando Gv 21, dove la profezia del martirio di Pietro e il mandato di pascere, cioè l'istituzione del suo primato sono intimamente connessi. Sant'Agostino commenta il testo Gv 21, 16 nel modo seguente: "Pasci le mie pecorelle", cioè soffri per le mie pecorelle (Sermo Guelf. 32 PLS 2, 640). Una madre non può dar la vita a un bambino senza sofferenza. Ogni parto esige sofferenza, è sofferenza, ed il divenire cristiano è un parto. Diciamolo ancora una volta con parole del Signore: Il regno di Dio esige violenza (Mt 11, 12; Lc 16, 16), ma la violenza di Dio è la sofferenza, è la croce. Non possiamo dare vita ad altri, senza dare la nostra vita. Il processo di espropriazione sopra indicato è la forma concreta (espressa in tante forme diverse) di dare la propria vita. E pensiamo alla parola del Salvatore: "...chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà..." (Mc 8, 36).

II. I contenuti essenziali della nuova evangelizzazione

1. Conversione 

Quanto ai contenuti della nuova evangelizzazione è innanzitutto da tener presente l'inscindibilità dell'Antico e del Nuovo Testamento. Il contenuto fondamentale dell'Antico Testamento è riassunto nel messaggio di Giovanni Battista: Convertitevi! Non c'è accesso a Gesù senza il Battista; non c'è possibilità di arrivare a Gesù senza risposta all'appello del precursore, anzi: Gesù ha assunto il messaggio di Giovanni nella sintesi della sua propria predicazione: Convertitevi e credete al Vangelo (Mc 1, 15). La parola greca per convertirsi significa: ripensare - mettere in questione il proprio ed il comune modo di vivere; lasciar entrare Dio nei criteri della propria vita; non giudicare più semplicemente secondo le opinioni correnti. Convertirsi significa di conseguenza: non vivere come vivono tutti, non fare come fanno tutti, non sentirsi giustificati in azioni dubbiose, ambigue, malvagie dal fatto che altri fanno lo stesso; cominciare a vedere la propria vita con gli occhi di Dio; cercare quindi il bene, anche se è scomodo; non puntare sul giudizio dei molti, degli uomini, ma sul giudizio di Dio - con altre parole: cercare un nuovo stile di vita, una vita nuova. Tutto questo non implica un moralismo; la riduzione del cristianesimo alla moralità perde di vista l'essenza del messaggio di Cristo: il dono di una nuova amicizia, il dono della comunione con Gesù e quindi con Dio. Chi si converte a Cristo non intende crearsi una autarchia morale sua, non pretende di costruire con le proprie forze la sua propria bontà. "Conversione" (Metanoia) significa proprio il contrario: uscire dall'autosufficienza, scoprire ed accettare la propria indigenza - indigenza degli altri e dell'Altro, del suo perdono, della sua amicizia. La vita non convertita è autogiustificazione (io non sono peggiore degli altri); la conversione è l'umiltà dell'affidarsi all'amore dell'Altro, amore che diventa misura e criterio della mia propria vita.

Qui dobbiamo tener presente anche l'aspetto sociale della conversione. Certo, la conversione è innanzitutto un atto personalissimo, è personalizzazione. Io mi separo dalla formula "vivere come tutti" (non mi sento più giustificato dal fatto che tutti fanno quanto faccio io) e trovo davanti a Dio il mio proprio io, la mia responsabilità personale.
Ma la vera personalizzazione è sempre anche una nuova e più profonda socializzazione. L'io si apre di nuovo al tu, in tutta la sua profondità, e così nasce un nuovo Noi. Se lo stile di vita diffuso nel mondo implica il pericolo della de-personalizzazione, del vivere non la mia propria vita, ma la vita di tutti gli altri, nella conversione deve realizzarsi un nuovo Noi del cammino comune con Dio. Annunciando la conversione dobbiamo anche offrire una comunità di vita, uno spazio comune del nuovo stile di vita.
Evangelizzare non si può con sole parole; il vangelo crea vita, crea comunità di cammino; una conversione puramente individuale non ha consistenza...

2. Il Regno di Dio 

Nella chiamata alla conversione è implicito - come sua condizione fondamentale - l'annuncio del Dio vivente. Il teocentrismo è fondamentale nel messaggio di Gesù e dev'essere anche il cuore della nuova evangelizzazione. La parola-chiave dell'annuncio di Gesù è: Regno di Dio. Ma Regno di Dio non è una cosa, una struttura sociale o politica, un'utopia. Il Regno di Dio è Dio. Regno di Dio vuol dire: Dio c'è. Dio vive. Dio è presente e agisce nel mondo, nella nostra - nella mia vita. Dio non è una lontana "causa ultima", Dio non è il "grande architetto" del deismo, che ha montato la macchina del mondo e starebbe adesso fuori - al contrario: Dio è la realtà più presente e decisiva in ogni atto della mia vita, in ogni momento della storia. Nella sua conferenza di congedo dalla sua cattedra nell'università di Münster il teologo J.B. Metz ha detto delle cose inaspettate dalla sua bocca. Metz in passato ci aveva insegnato l'antropocentrismo - il vero avvenimento del cristianesimo sarebbe stata la svolta antropologica, la secolarizzazione, la scoperta della secolarità del mondo. Poi ci ha insegnato la teologia politica - il carattere politico della fede; poi la "memoria pericolosa"; finalmente la teologia narrativa. Dopo questo cammino lungo e difficile ci dice oggi: Il vero problema del nostro tempo è la "Crisi di Dio", l'assenza di Dio, camuffata da una religiosità vuota. La teologia deve ritornare ad essere realmente teo-logia, un parlare di Dio e con Dio. Metz ha ragione: L'"unum necessarium" per l'uomo è Dio. Tutto cambia, se Dio c'è o se Dio non c'è. Purtroppo - anche noi cristiani viviamo spesso come se Dio non esistesse ("si Deus non daretur"). Viviamo secondo lo slogan: Dio non c'è, e se c'è, non c'entra. Perciò l'evangelizzazione deve innanzitutto parlare di Dio, annunciare l'unico Dio vero: il Creatore - il Santificatore - il Giudice (cfr il Catechismo della Chiesa cattolica).

Anche qui è da tener presente l'aspetto pratico. Dio non si può far conoscere con le sole parole. Non si conosce una persona, se si sa di questa persona solo di seconda mano. Annunciare Dio è introdurre nella relazione con Dio: Insegnare a pregare. La preghiera è fede in atto. E solo nell'esperienza della vita con Dio appare anche l'evidenza della sua esistenza.

Perciò sono così importanti le scuole di preghiera, di comunità di preghiera. C'è complementarità tra preghiera personale ("nella propria camera", solo davanti agli occhi di Dio), preghiera comune "paraliturgica" ("religiosità popolare") e preghiera liturgica. Sì, la liturgia è innanzitutto preghiera; la sua specificità consiste nel fatto che il suo soggetto primario non siamo noi (come nella preghiera privata e nella religiosità popolare), ma Dio stesso - la liturgia è actio divina, Dio agisce e noi rispondiamo all'azione divina.

Parlare di Dio e parlare con Dio devono sempre andare insieme. L'annuncio di Dio è guida alla comunione con Dio nella comunione fraterna, fondata e vivificata da Cristo. Perciò la liturgia (i sacramenti) non è un tema accanto alla predicazione del Dio vivente, ma la concretizzazione della nostra relazione con Dio. In questo contesto mi sia permessa una osservazione generale sulla questione liturgica. Il nostro modo di celebrare la liturgia è spesso troppo razionalista. La liturgia diventa insegnamento, il cui criterio è: farsi capire - la conseguenza è non di rado la banalizzazione del mistero, la prevalenza delle nostre parole, la ripetizione delle fraseologie che sembrano più accessibili e più gradevoli per la gente. Ma questo è un errore non soltanto teologico, ma anche psicologico e pastorale. L'onda dell'esoterismo, la diffusione di tecniche asiatiche di distensione e di auto-svuotamento mostrano che nelle nostre liturgie manca qualcosa. Proprio nel nostro mondo di oggi abbiamo bisogno del silenzio, del mistero sopra-individuale, della bellezza. La liturgia non è l'invenzione del sacerdote celebrante o di un gruppo di specialisti; la liturgia (il "rito") è cresciuta in un processo organico nei secoli, porta in sé il frutto dell'esperienza di fede di tutte le generazioni.
Anche se i partecipanti non capiscono forse tutte le singole parole, percepiscono il significato profondo, la presenza del mistero, che trascende tutte le parole. Non il celebrante è il centro dell'azione liturgica; il celebrante non sta davanti al popolo nel nome proprio - non parla da sé e per sé, ma "in persona Cristi". Non contano le capacità personali del celebrante, ma solo la sua fede, nella quale si fa trasparente Cristo. "Egli deve crescere, e io invece diminuire" (Gv 3, 30).

3. Gesù Cristo 

Con questa riflessione il tema Dio si è già esteso e concretizzato nel tema Gesù Cristo: Solo in Cristo e tramite Cristo il tema Dio diventa realmente concreto: Cristo è Emanuele, il Dio-con-noi - la concretizzazione dell'"Io sono", la risposta al Deismo. Oggi la tentazione è grande di ridurre Gesù Cristo, il figlio di Dio solo a un Gesù storico, a un uomo puro. Non si nega necessariamente la divinità di Gesù, ma con certi metodi si distilla dalla Bibbia un Gesù a nostra misura, un Gesù possibile e comprensibile nei parametri della nostra storiografia. Ma questo "Gesù storico" è un artefatto, l'immagine dei suoi autori e non l'immagine del Dio vivente (cfr 2 Cor 4, 4s; Col 1, 15).

Non il Cristo della fede è un mito; il cosiddetto Gesù storico è una figura mitologica, auto-inventata dai diversi interpreti. I duecento anni di storia del "Gesù storico" riflettono fedelmente la storia delle filosofie e delle ideologie di questo periodo.

Non posso nei limiti di questa conferenza entrare nei contenuti dell'annuncio del Salvatore. Vorrei brevemente accennare a due aspetti importanti. Il primo è la sequela di Cristo - Cristo si offre come strada della mia vita. Sequela di Cristo non significa: imitare l'uomo Gesù. Un tale tentativo fallisce necessariamente - sarebbe un'anacronismo. La sequela di Cristo ha una meta molto più alta: assimilarsi a Cristo, e cioè arrivare all'unione con Dio. Una tale parola suona forse strana nell'orecchio dell'uomo moderno. Ma in realtà abbiamo tutti la sete dell'infinito: di una libertà infinita, di una felicità senza limite. Tutta la storia delle rivoluzioni degli ultimi due secoli si spiega solo così. La droga si spiega solo così. L'uomo non si accontenta di soluzioni sotto il livello della divinizzazione. Ma tutte le strade offerte dal "serpente" (Gen 3, 5), cioè dalla sapienza mondana, falliscono. L'unica strada è la comunione con Cristo, realizzabile nella vita sacramentale. Sequela di Cristo non è un argomento di moralità, ma un tema "misterico" - un insieme di azione divina e di risposta nostra.
Così troviamo presente nel tema sequela l'altro centro della cristologia, al quale volevo accennare: il mistero pasquale - la croce e la risurrezione. Nelle ricostruzioni del "Gesù storico" di solito il tema della croce è senza significato. In una interpretazione "borghese" diventa un incidente di per sé evitabile, senza valore teologico; in una interpretazione rivoluzionaria diventa la morte eroica di un ribelle. La verità è diversa. La croce appartiene al mistero divino - è espressione del suo amore fino alla fine (Gv 13, 1). La sequela di Cristo è partecipazione alla sua croce, unirsi al suo amore, alla trasformazione della nostra vita, che diventa nascita dell'uomo nuovo, creato secondo Dio (cfr Ef 4, 24). Chi omette la croce, omette l'essenza del cristianesimo (cfr 1 Cor 2, 2).

4. La vita eterna 

Un ultimo elemento centrale di ogni vera evangelizzazione è la vita eterna. Oggi dobbiamo con nuova forza nella vita quotidiana annunciare la nostra fede. Vorrei accennare qui soltanto ad un aspetto oggi spesso trascurato della predicazione di Gesù: L'annuncio del Regno di Dio è annuncio del Dio presente, del Dio che ci conosce, ci ascolta; del Dio che entra nella storia, per fare giustizia.
Questa predicazione è perciò anche annuncio del giudizio, annuncio della nostra responsabilità. L'uomo non può fare o non fare ciò che vuole. Egli sarà giudicato. Egli deve rendere conto. Questa certezza ha valore per i potenti così come per i semplici. Ove essa è onorata, sono tracciati i limiti di ogni potere di questo mondo. Dio fa giustizia, e solo lui può ultimamente farlo. A noi ciò riuscirà tanto più, quanto più saremo in grado di vivere sotto gli occhi di Dio e di comunicare al mondo la verità del giudizio. Così l'articolo di fede del giudizio, la sua forza di formazione delle coscienze, è un contenuto centrale del Vangelo ed è veramente una buona novella. Lo è per tutti coloro che soffrono sotto l'ingiustizia del mondo e cercano la giustizia. Si comprende così anche la connessione fra il Regno di Dio e i "poveri", i sofferenti e tutti coloro di cui parlano le beatitudini del discorso della montagna. Essi sono protetti dalla certezza del giudizio, dalla certezza, che c'è giustizia.
Questo è il vero contenuto dell'articolo sul giudizio, su Dio giudice: C'è giustizia. Le ingiustizie del mondo non sono l'ultima parola della storia. C'è giustizia. Solo chi non vuole, che sia giustizia, può opporsi a questa verità. Se prendiamo sul serio il giudizio e la serietà della responsabilità che per noi ne scaturisce, comprendiamo bene l'altro aspetto di questo annuncio, cioè la redenzione, il fatto che Gesù nella croce assume i nostri peccati; che Dio stesso nella passione del Figlio si fa avvocato di noi peccatori, e rende così possibile la penitenza, la speranza al peccatore pentito, speranza espressa in modo meraviglioso nella parola di s. Giovanni: Davanti a Dio, rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. "Dio è più grande del nostro cuore e conosce tutto" (1 Giov 3, 19s). La bontà di Dio è infinita, ma non dobbiamo ridurre questa bontà ad una leziosa sdolcinatura senza verità. Solo credendo al giusto giudizio di Dio, solo avendo fame e sete della giustizia (cfr Mt 5, 6) apriamo il nostro cuore, la nostra vita alla misericordia divina. Si vede: Non è vero che la fede nella vita eterna rende insignificante la vita terrestre. Al contrario: Solo se la misura della nostra vita è l'eternità, anche questa vita sulla nostra terra è grande e il suo valore immenso.

Dio non è il concorrente della nostra vita, ma il garante della nostra grandezza. Così ritorniamo al nostro punto di partenza: Dio. Se consideriamo bene il messaggio cristiano, non parliamo di un sacco di cose. Il messaggio cristiano è in realtà molto semplice. Parliamo di Dio e dell'uomo, e così diciamo tutto.

© Copyright 2000 - Libreria Editrice Vaticana

Cor Iesu, Fili Patris aetèrni,
miserère nobis.

domenica 1 aprile 2012

MESSAGGIO DI NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO ALLA SUA AMATA FIGLIA LUZ DE MARÍA

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MESSAGGIO DI NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO
ALLA SUA AMATA FIGLIA 
8 FEBBRAIO 2012




Miei Prediletti:


Vi amo profondamente, e lo sapete bene.
VI INVITO A PORTARE LA MIA CROCE COME SEGNO DI UNITÀ, MA QUESTA CROCE DEVE RIMANERE PERMANENTEMENTE IMPRESSA NEL PROFONDO DELLA VOSTRA ANIMA


Alcuni si rivestono esternamente con i segni Sacramentali, e questi segni della fede producono l'effetto di grazia necessario, che è di aiuto e protezione se la creatura umana è forte, rimane in stato di Grazia e confida e vive nel cammino della fede; altrimenti, sono solo un ornamento in più.




I MIEI VERI FIGLI DEVONO VIVERE SECONDO I MIEI INSEGNAMENTI, DEVONO ESSERE SPIRITUALI E, SOPRATTUTTO, RISPETTARE IL COMANDAMENTO DI AMARMI E DI AMARE IL PROSSIMO COME LORO STESSI.
Voi non amate gli altri perché non amate voi stessi, non amate questo dono prezioso della vita, non vi amate interiormente e vi esponete ai pericoli di ciò che è mondano e peccaminoso.


TUTTO CIÒ CHE HO DETTO, TUTTO CIÒ CHE HO DETTO È SCRITTO NELLA SACRA SCRITTURA Non c'è nulla da aggiungere, ma come Padre di Amore e preoccupato per i Miei Figli, cerco di trovare uno e mille modi per spiegarvi con uno e mille esempi ciò che è già scritto.


Non sono un Dio silenzioso, non sono un Dio passivo; sono un Dio che continuamente veglia sui Suoi figli, che lotta per loro e, quindi, non rimarrò in silenzio proprio nell’ultimo istante, perché non ho offerto il Mio Sangue solo per un istante che è passato. La Mia Passione sta continuando in questo momento, così come il Mio Amore e il Mio Sacrificio, e in ogni momento desidero ancora salvare tutti gli uomini.
Come Padre di Amore vi dò e vi darò molteplici esempi affinché i miei figli riprendano il cammino, abbandonino l'oscurità e si sollevino da questo fango immondo dal quale sono sommersi.


ESORTO I MIEI FEDELI E AMATI SACERDOTI A PROCLAMARE CONTINUAMENTE LA MIA PAROLA, PREDICANDO CON ARDORE, COME HO FATTO IO, AFFINCHÈ IL MIO POPOLO RIPRENDA IL CAMMINO DELLA LUCE.
Sono pochi coloro che elevano la loro voce per parlare al Mio Popolo, affinché gli uomini riflettano e non si uniscano alle schiere dei peccatori; pochi sono coloro che gridano con veemenza contro l’omicidio dell’aborto L'umanità, e i giovani in particolare, è consumata dalle droghe e si avvicina sempre più al male. Il demonio non ha bisogno di tentare le anime, perché l’inventiva della creatura umana, da sola, compiace il demonio.
L'uomo e la donna sono stati creati di sesso diverso e l'unione tra due persone dello stesso sesso non si accorda alla Mia Volontà.


Sono pochi i Miei figli fedeli che, con coraggio e forza, condividono i loro beni con coloro che soffrono la fame e che disprezzano il lusso e le comodità.
I miei discepoli lasciarono la loro casa e i propri averi, camminarono a piedi nudi e condivisero persino le loro vesti con coloro che non ne avevano, seguendo l'esempio del Loro Maestro.


INVITO I GENITORI A EDUCARE I FIGLI IN QUESTO MOMENTO DIFFICILE, perché acquisiscano consapevolezza e forza di fronte a loro, perché si riassumano la responsabilità che gli compete, perché altrimenti, se non saranno in grado di ricondurre i propri figli sulla retta via, ciò ricadrà su di loro.


ESORTO I GIOVANI A RIFLETTERE SUL RISPETTO VERSO I GENITORI, a riflettere sul cammino che stanno percorrendo, in cui avvelenano il corpo con sostanze dannose, in cui la mente è influenzata da film e giornali che li portano ad agire in modo deplorevole.




OGGI CHIAMO I CAPI RELIGIOSI, COLORO CHE SONO RESPONSABILI DI UN GRUPPO RELIGIOSO, E INVITO I CAPI LAICI IMPEGNATI A FERMARSI LUNGO IL CAMMINO E A GUARDARSI DENTRO Dovete dare l’esempio del Mio Operare e Agire, dovete essere sinceri, più spirituali che religiosi, più spirituali. La religiosità abbonda, la spiritualità scarseggia.
Mio figlio in questo momento dovrebbe essere un figlio spirituale che comprende e consola, che vede ciò che accade e vi rifletta, che abbia sete di anime, che sia coerente e congruente nelle sue opere e nei suoi atti, che non pensi di possedere la verità assoluta e che tratti i suoi fratelli con il Mio Stesso Amore. Che veda le necessità prima ancora che i fratelli gliele rivelino e che, proprio per questo, soccorra i bisognosi, non solo coloro che hanno bisogno di cose materiali, ma coloro che più di tutti abbondano oggi: i bisognosi dello spirito.


LA MIA CHIESA DEVE ESSERE UNA CHIESA UNITA, CHE PREDICHI E OPERI. Le famiglie devono essere unite nelle loro case, perché nessuna casa divisa prevarrà: essa collasserà, si dividerà e cadrà. Questa è la strategia del demonio, che divide tutti coloro che incontra lungo la strada per indebolire il Mio Popolo, poco a poco, subdolamente.
Sono momenti cruciali quelli che questa umanità sta affrontando, e non capisco perché gli uomini preferiscono vivere nel peccato che fare dei sacrifici, privandosi di tutto ciò che li allontana da Me.
Mi sento prigioniero nell’essere umano, prigioniero e bendato, ma nonostante la benda che mi avete messo, rimango all’erta e so molto più di quanto immaginiate, perché siete i Miei figli e vi amo.


AVVERTITE I GIOVANI PERCHÈ SI SVEGLINO. Con quanta tristezza questo Cristo, che versò il Suo Sangue per questi giovani, con quanta tristezza vede come il male li consuma, attraverso tutto ciò che ricevono, e li stordisce, affinché non pensino, affinché non sentano il bisogno di Me, affinché siano giovani senza Madre!


Chiamo voi, giovani impegnati, vi chiamo perché siate puri, PURI! E perché avvertiate i vostri fratelli e le vostre sorelle, in modo che si accorgano del male in cui si trovano in questo momento.


È NECESSARIO RISVEGLIARSI E RINASCERE,
È NECESSARIO CHE INTERIORMENTE OGNI CREATURA SI DISPONGA DA SOLA A RINASCERE, A CAMBIARE OGNI ASPETTO DELLA SUA VITA


LA MIA SECONDA VENUTA È PROSSIMA, è molto vicina e non avverrà in silenzio; i Miei Arcangeli l’annunceranno, affinché tutti gli uomini, affinché tutte le creature umane sappiano che viene il Loro Re. Ma prima permetterò ad ognuno di voi di purificarsi attraverso le sue opere e le sue azioni.
Ho bisogno di coloro che Mi seguono perché chiamino "bene al bene" e "male al male".


Pregate, pregate figli Miei, pregate per l’Asia, che si lamenterà e piangerà atrocemente.
Pregate figli Miei per il Messico, non lo dimenticate nelle vostre preghiere.
Pregare per tutte le creature dell'umanità.

Intercedete gli uni per gli altri, perché la benda non l’avete messa sui Miei occhi, ma sui vostri, ve la siete messa per non percepire la realtà peccaminosa in cui questa umanità si muove e la corsa sfrenata in cui siete coinvolti.


Oh, Mia creazione!, Vi amo perché il Mio Amore è presente, perché il Mio Amore era, è e sarà.
Oh, Creature Mie!, Vi amo, perché il mio amore, era, è e sarà. Perché io sono lo stesso di ieri, di oggi e di sempre La Mia sofferenza è continua e incessante, la Mia lotta è continua e non si ferma.


Ho chiesto a Mia Madre di rimanere accanto a voi e di difendervi, ma Lei si trova con le mani legate di fronte a un’umanità che la rifiuta.


FIGLI PREDILETTI, AMATE MIA MADRE LEI VI CONDUCE A ME.
CHIESA MIA, AMA MIA MADRE LEI TI CONDUCE A ME.


Io vi aspetto a braccia aperte, con il Cuore palpitante per ognuno di voi.
Vi benedico in ogni istante, non ignorate le Mie chiamate, non disprezzatele, prestate attenzione alle Mie chiamate e siate i figli che realizzano i desideri di Colui che per voi si immolò su una Croce, ma sulla Croce della Resurrezione e della Gloria, della maestà e della potenza, per la quale, unita a Mia Madre e a Me, la Mia Chiesa trionferà vittoriosa e compirà la Missione per la quale è stata creata:


RESTITUIRMI IL REGNO DEL QUALE IN QUESTO MOMENTO SONO STATO PRIVATO.


Miei amati, il Mio Amore supera il peccato dell'uomo; vi aspetto tutti, anche i peggiori peccatori.
Dimorate nella Mia Pace, vi benedico.


NON FERMATEVI, 
CONTINUATE CON FORZA, CON CORAGGIO E CON FEDE, 
IO RESTERÒ AL VOSTRO FIANCO E NON VI ABBANDONERÒ, 
VI BASTERÀ CHIAMARMI,
PRONUNCIARE IL MIO NOME CON IL CUORE E PENTIRVI.
Dimorate nella Mia Pace.
Il Vostro Gesù.


AVE MARIA IMMACOLATA, CONCEPITA SENZA PECCATO.
AVE MARIA IMMACOLATA, CONCEPITA SENZA PECCATO.
AVE MARIA IMMACOLATA, CONCEPITA SENZA PECCATO.

***


COMMENTO DELLO STRUMENTO


MESSAGGIO DI NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO
8 FEBBRAIO 2012


Fratelli, Sorelle
Gesù Amato mi ha resa partecipe della visione seguente:
Nostro Signore si è presentato a me come il difensore del Suo Popolo e come il potente Gesù che è.


Ho visto ciò che Gesù desidera infondere nell'essere e nello spirito dei Suoi figli, il Suo proprio essere: il Suo essere coraggioso, potente, che lotta contro il male.


Ho avuto la visione di un Gesù che pone la Sua Mano su un'umanità che si trascina, come Egli stesso ha detto: nel fango dell’indecenza Ha chiamato ogni cosa col suo nome: peccato ciò che è peccato e verità ciò che è verità, amore ciò che è amore e menzogna ciò che è menzogna.


Ho avuto la visione di Gesù sulla Croce, ma non sulla Croce della sconfitta, ma del potere, della maestà, una Croce da cui esorta il Suo Popolo affinché arrivi a godere della Vita Eterna, un Gesù che estende le Sue Braccia verso quei figli che desiderano liberamente avvicinarsi a Lui.
Amen.


LAUDETUR   JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!