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sabato 3 marzo 2012

"Ad ogni giorno basta la sua pena" (Mt 6,34). Quello che pone maggiore ostacolo alla celeste consolazione è proprio questo, che troppo tardi tu ti volgi alla preghiera.



Bartolome Esteban Murillo 1658-1660.jpg

CHIEDERE L'AIUTO DI DIO, 
NELLA FIDUCIA DI RICEVERE 
LA SUA GRAZIA


1. O figlio, io sono "il Signore, che consola nel giorno della tribolazione" (Na 1,7). Vieni a me, quando sei in pena. Quello che pone maggiore ostacolo alla celeste consolazione è proprio questo, che troppo tardi tu ti volgi alla preghiera. Infatti, prima di rivolgere a me intense orazioni, tu vai cercando vari sollievi e ti conforti in cose esteriori. Avviene così che nulla ti è di qualche giovamento, fino a che tu non comprenda che sono io la salvezza di chi spera in me, e che, fuori di me, non c'è aiuto efficace, utile consiglio, rimedio durevole.
Ora, dunque, ripreso animo dopo la burrasca, devi trovare nuovo vigore nella luce della mia misericordia. Giacché ti sono accanto, dice il Signore, per restaurare ogni cosa, con misura, non solo piena, ma colma.
C'è forse qualcosa che per me sia difficile; oppure somiglierò io ad uno che dice e non fa? Dov'è la tua fede? Sta saldo nella perseveranza; abbi animo grande e virilmente forte. Verrà a te la consolazione, al tempo suo. Aspetta me; aspetta: verrò e ti risanerò.
E' una tentazione quella che ti tormenta; è una vana paura quella che ti atterrisce. A che serve la preoccupazione di quel che può avvenire in futuro, se non a far sì che tu aggiunga tristezza a tristezza? "Ad ogni giorno basta la sua pena" (Mt 6,34). Vano e inutile è turbarsi o rallegrarsi per cose future, che forse non accadranno mai.


2. Tuttavia, è umano lasciarsi ingannare da queste fantasie; ed è segno della nostra pochezza d'animo lasciarsi attrarre tanto facilmente verso le suggestioni del nemico. Il quale non bada se ti illuda o ti adeschi con cose vere o false; non badare se ti abbatta con l'attaccamento alle cose presenti o con il timore delle cose future.

"Non si turbi dunque il tuo cuore, e non abbia timore" (Gv 14,27). Credi in me e abbi fiducia nella mia misericordia. Spesso, quando credi di esserti allontanato da me, io ti sono accanto; spesso, quando credi che tutto, o quasi, sia perduto, allora è vicina la possibilità di un merito più grande. Non tutto è perduto quando accade una cosa contraria. Non giudicare secondo il sentire umano. Non restare così schiacciato da alcuna difficoltà, da qualunque parte essa venga; non subirla come se ti fosse tolta ogni speranza di riemergere.

Non crederti abbandonato del tutto, anche se io ti ho mandato, a suo tempo, qualche tribolazione o se ti ho privato della sospirata consolazione. Così, infatti, si passa nel regno dei cieli. Senza dubbio, per te e per gli altri miei servi, essere provati dalle avversità è più utile che avere tutto a comando. Io conosco i pensieri nascosti; so che, per la tua salvezza, è molto bene che tu sia lasciato talvolta privo di soddisfazione, perché tu non abbia a gonfiarti del successo e a compiacerti di ciò che non sei. Quel che ho dato posso riprenderlo e poi restituirlo, quando mi piacerà. Quando avrò dato, avrò dato cosa mia; quando avrò tolto, non avrò tolto cosa tua; poiché mio è "tutto il bene che viene dato"; mio è "ogni dono perfetto" (Gc 1,17).


3. Non indignarti se ti avrò mandato una gravezza o qualche contrarietà; né si prostri l'animo tuo: io ti posso subitamente risollevare, mutando tutta la tristezza in gaudio. Io sono giusto veramente, e degno di molta lode, anche quando opero in tal modo con te.
Se senti rettamente, se guardi alla luce della verità, non devi mai abbatterti così, e rattristarti, a causa delle avversità, ma devi piuttosto rallegrarti e rendere grazie; devi anzi considerare gaudio supremo questo, che io non ti risparmi e che ti affligga delle sofferenze.
"Come il padre ha amato me, così anch'io amo voi" (Gv 15,9), dissi ai miei discepoli diletti. E, per vero, non li ho mandati alle gioie di questo mondo, ma a grandi lotte; non li ho mandati agli onori, ma al disprezzo; non all'ozio, ma alla fatica, non a godere tranquillità, ma a dare molto frutto nella sofferenza.
Ricordati, figlio mio, di queste parole.


*
/In lingua latina/

Cap. 30. 
De divino auxilio petendo, et confidentia recuperandæ gratiæ.


1. Fili, ego Dominus confortans in die tribulatoinis. Veni ad me, cum tibi non fueris bene. Hoc est quod maxime impedit consolationem cælestem, quia tardius convertis te ad orationem. Nam antequam me intente roges, me, multa interim solatia quæris et recreas te in externis. Ideoque fit ut parum omnia prosint, donec advertas, quia sum ego qui curo sperantes in me; nec est extra me valens consilium neque utile, sed neque durabile remedium. Sed jam reassumto spiritu post tempestatem reconvalesce in lucem miserationum mearum, quia prope sum, dicit Dominus, ut restaruem in universa, non solum integre, sed et abundanter et cumulate.


2. Numquid mihi quidquam difficile est? aut similis ero dicenti et non facienti? Ubi est fides tua? Sta firmiter et perseveranter. Esto longanimis et vir fortis. Veniet tibi consolatio in tempore suo. Exspecta me, exspecta: veniam et curabo te. Tentatio est quæ te vexat, et formido vana quæ te exterret. Quid importat sollicitudo de futuris contingentibus, nisi ut tristitiam super tristitiam habeas? Sufficit diei malitia sua. Vanum est et inutile de futuris conturbari vel gratulari, quæ forte nunquam evenient.
3. Sed humanum est hujusmodi imaginationibus illudi, et parvi est adhuc animi signum, tam leviter trahi a suggestione inimici. Ipse enim non curat an veris an falsis illudat et decipiat et utrum præsentium amore an futurorum formidine prosternat. Non ergo turbetur cor tuum neque formidet; crede in me, et in misericordia mea habeto fiduciam. Quando tu te elongatum exstimas a me, sæpe sum propinquior. Quando exstimas te totum perditum, tunc sæpe magis merendi instat lucrum. Non est totum perditum, quando res accidit in contrarium. Non debes judicare secundum præsens sentire, nec sic gravitati alicui undecumque venienti adhærere et accipere, tamquam omnis spes sit ablata emergendi.


4. Noli putare te relictum ex toto, quamvis ad tempus permiserim tibi aliquam tribulationem: sic enim transitur ad regnum cælorum. Et hoc sine dubio magis expedit tibi et cæteris servis meis, ut exercitemini a diversis, quam si cuncta ad libitum haberetis. Ego novi cogitationes absconditas: quia multum expedit pro salute tua, ut interdum sine sapore relinquaris, ne forte eleveris in bono successu, et tibi ipsi placere velis in eo quod non es. Quod dedi auferre possum et restituere, cum mihi placuerit.


5. Cum dedero, meum est; cum subtraxero, tuum non tuli: quia meum est omne datum optimum, et omne donum perfectum. Si dimisero tibi gravitatem, aut quamlibet contrarietatem, non indigneris, neque concidat cor tuum, quia ego cito sublevare possum, et omne onus in gaudium transmutare. Verumtamen justus sum et commendabilis multum, cum sic facio tecum.


6. Si recte sapis et in veritate aspicis, nunquam debes propter adversa tam dejecte contristari, sed magis gaudere, et gratias agere. Immo hoc unicum reputare gaudium, quod affligens te doloribus, non parco tibi. Sicut dilexet me Pater, et ego diligo vos dixi dilectis discipulis meis, quos utique non misi ad gaudia temporalia, sed ad magna certamina; non ad honores, sed ad despectiones; non ad otium, sed ad labores; non ad requiem, sed ad afferendum fructum multum in patientia. Horum memento, fili me, verborum.


LAUDETUR JESUS CHRISTUS!

LAUDETUR CUM MARIA!
SEMPER LAUDENTUR!