Visualizzazione post con etichetta peccatori. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta peccatori. Mostra tutti i post

venerdì 8 luglio 2016

MA Quanto siamo colpevoli, noi che dovrem­mo essere la consolazione di Gesù!

Santa Faustina K.

Ho pregato, in seguito, per i peccatori, e Gesù faceva la stessa cosa come per le anime del Purgatorio. Quale gioia nel vedere quest'amore, questa misericordia del Signore!

Ma quando ho voluto pregarLo per i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i raggi che scendevano dalle sue mani sono risaliti e tutto è sparito. E il mio cuore è cadu­to in una tristezza, in una angoscia terribile, perché io sono nel numero delle reli­giose; ho sospirato, sono scoppiata in singhiozzi. Ogni volta che penso a ciò che ho visto, non posso impedirmi di piangere. Quanto siamo colpevoli, noi che dovrem­mo essere la consolazione di Gesù!»


giovedì 29 ottobre 2015

Cinquanta volte al giorno offriva a Dio il Sangue del Redentore per i peccatori




Dobbiamo pregare per i peccatori

Per altro non si mette in dubbio, che le orazioni degli altri molto giovano ai peccatori, e sono molto gradite a Dio; 
e Dio si lamenta dei servi suoi che non gli raccomandano i peccatori, come se ne lamentò con S. Maria Maddalena de' Pazzi; onde le disse un giorno: "Vedi, figlia mia, come i cristiani stanno nelle mani del demonio; se i miei diletti con le loro orazioni non li liberassero, resterebbero divorati". 

Ma specialmente ciò lo desidera il Signore dai sacerdoti e dai religiosi. Diceva la suddetta Santa alle sue monache: "Sorelle, Iddio non ci ha separate dal mondo perché facciamo bene solo per noi, ma ancora perché noi lo plachiamo a favore dei peccatori". 

E il Signore stesso un giorno disse alla medesima: "Io ho dato a voi, elette spose, la città di rifugio, cioè la Passione di Gesù Cristo, acciocché abbiate dove ricorrere per aiutare le mie creature: perciò ricorrete ad essa, ed ivi porgete aiuto alle mie creature, che periscono, e mettete la vita per esse". 

Quindi la Santa infiammata di santo zelo, cinquanta volte al giorno offriva a Dio il Sangue del Redentore per i peccatori, e si consumava per desiderio della loro conversione, dicendo: "Oh che pena è, o Signore, il vedere di poter giovare alle tue creature, con mettere la vita per esse, e non poterlo fare!". 


AVE MARIA!

lunedì 14 ottobre 2013

BEATA ALEXANDRINA MARIA DA COSTA + Una Testimonianza da Far Tremare i Polsi


La beata Alexandrina da Costa, portoghese, 
morí il 13 ottobre 1955.
Sulla sua tomba si leggono queste parole da lei volute:
“Peccatori, se le ceneri del mio corpo possono essere utili per salvarvi, avvicinatevi, passatevi sopra, calpestatele fino a che spariscano. Ma non peccate più; non offendete più il nostro Gesù!”.
È la sintesi della sua vita spesa esclusivamente per salvare le anime.

http://www.santiebeati.it/dettaglio/90074


 Una Testimonianza 
da Far Tremare i Polsi
Che Dio la benedica!
AVE MARIA GRATIA PLENA!

sabato 22 giugno 2013

Parabola che paragona la malattia al peccato


Le parabole di Gesù
(048)
Parabola che paragona la malattia al peccato (523.5)
A che paragonerò Io coloro che, dopo essere stati peccatori, poi si convertono? Li paragonerò a malati che guariscono.

A che paragonerò gli altri che non hanno pubblicamente peccato, o che, rari più di perle nere, non hanno fatto mai, neppur nel segreto, colpe gravi? Li paragonerò a delle persone sane.

Il mondo è composto di queste due categorie. Sia nello spirito che nella carne e sangue. Ma se uguali sono i paragoni, diverso è il modo del mondo di usare coi malati guariti, che erano malati nella carne, da quello che esso usa coi peccatori convertiti, ossia coi malati dello spirito che tornano in salute.

Noi vediamo che quando anche un lebbroso, che è il malato più pericoloso e più isolato perchè pericoloso, ottiene la grazia di guarigione, dopo essere stato osservato dal sacerdote e purificato, viene riammesso nel consorzio delle genti, e anzi quelli della sua città lo festeggiano perchè guarito, perchè resuscitato alla vita, alla famiglia, agli affari. Gran festa in famiglia e in città quando uno che era lebbroso riesce ad ottenere grazia e a guarire! E' una gara fra famigliari e i cittadini a portargli questo e quello, e se è solo e senza casa o mobili, a offrirgli letto o mobilia, e tutti dicono: "E' uno prediletto da Dio. Il suo dito lo ha sanato. Facciamogli dunque onore, e onoreremo Colui che lo ha creato e ricreato". 

E' giusto fare così. E quando, sventuratamente invece, uno ha i primi segni di lebbra, con che amore angoscioso parenti e amici lo colmano di tenerezze, finchè è possibile ancora farlo, quasi per dargli, tutto in una volta, il tesoro di affetti che gli avrebbero dato in molti anni, perchè se lo porti seco nel suo sepolcro di vivo.

Ma perchè allora per gli altri malati non si fa così? Un uomo comincia a peccare, e famigliari e soprattutto concittadini lo vedono? Perchè allora non cercano con amore di strapparlo al peccare? Una madre, un padre, una sposa, una sorella ancora lo fanno.

Ma è già difficile che lo facciano i fratelli, e non dico poi che lo facciano i figli del fratello del padre o della madre.

I concittadini infine, non sanno che criticare, schernire, insolentire, scandalizzarsi, esagerare i peccati del peccatore, segnalarselo a dito, tenerlo discosto come un lebbroso quelli che sono più giusti, farsi suoi complici, per godere alle sue spalle, quelli che giusti non sono.

Ma non c'è che ben raramente una bocca, e soprattutto un cuore, che vada dall'infelice con pietà e fermezza, con pazienza e amore soprannaturale, e si affanni a frenarne la discesa nel peccato.

E come? Non è forse più grave, veramente grave e mortale la malattia dello spirito? Non priva essa, e per sempre, del Regno di Dio? La prima delle carità verso Dio e verso il prossimo non deve essere questo lavoro di sanare un peccatore per il bene della sua anima e la gloria di Dio?

E quando un peccatore si converte, perchè quell'ostinatezza di giudizio su di lui, quel quasi rammaricarsi che egli sia tornato alla salute spirituale? Vedete smentiti i vostri pronostici di certa dannazione di un vostro concittadino? Ma dovreste esserne felici, perchè Colui che vi smentisce è il misericordioso Iddio, che vi dà una misura della sua bontà a rincuorarvi nelle vostre colpe più o meno gravi.


E perchè quel persistere a voler vedere sporco, spregevole, degno di stare nell'isolamento, ciò che Dio e la buona volontà di un cuore hanno fatto netto, ammirevole, degno della stima dei fratelli, anzi della loro ammirazione?
Ma ben giubilate anche se un vostro bue, un vostro asino o cammello, o la pecora del gregge o il colombo preferito guariscono da una malattia! Ben giubilate se un estraneo, che appena ricordate a nome per averne sentito parlare al tempo in cui fu isolato perchè lebbroso, torna guarito! E perchè allora non giubilate per queste guarigioni di spirito, per queste vittorie di Dio? Il Cielo giubila quando un peccatore si converte. Il Cielo: Dio, gli angeli purissimi, quelli che non sanno cosa è peccare. E voi, voi uomini, volete essere più intransigenti di Dio?......."

L'Apostola... degli Apostoli

lunedì 17 dicembre 2012

Poco fedeli e tiepidi molto...

LE CHIESE 
COME ROSE PROFUMATE



27 ‑ 1 ‑ 1944. Dice Gesù:
«È una pagina dolorosa a dettarla, a scriverla, a leggerla. Ma è verità e va detta. Scrivi. È per i sacerdoti.
Molto si accusano i fedeli d’esser poco fedeli e tiepidi molto. Molto si accusano gli uomini d’esser senza carità, senza purezza, senza distacco dalle ricchezze, senza spirito di fede. Ma come i figli, salvo rare eccezioni, sono come li formano i genitori, non tanto con le repressioni, quanto con l’esempio, altrettanto i fedeli sono, salvo le sempre esistenti eccezioni, quali li formano i sacerdoti, non tanto con le parole quanto con l’esempio.
Le chiese sparse fra mezzo alle case dell’uomo dovrebbero essere come un faro ed un purificatoio. Da esse dovrebbe sprigionarsi una luce dolce e potente, penetrante e attirante, che, come è della luce del giorno, penetrasse, nonostante tutti i serrami, nel fondo dei cuori.
Guardate una bella giornata d’estate. Una gloria di luce s’effonde dal sole e abbraccia la terra. Così vittoriosa e potente che anche nella stanza più chiusa l’oscurità non è mai completa. Sarà un raggio sottile come capello di bambino, sarà un punto tremolante su una parete, sarà un pulviscolo d’oro danzante nell’atmosfera, ma un piccolo segno di luce sta in quella stanza a testimoniare che fuori vi è lo sfolgorante sole di Dio.
Ugualmente nei cuori più chiusi, se dalle chiese sparse fra le case si effondesse una “luce” quale Io ve l’ho indicata come vostro segno, o sacerdoti che Io chiamo “luce del mondo” - ho chiamato così quando vi ho creati ‑ un filo, un punto, un pulviscolo di luce penetrerebbe, quel tanto da ricordare che vi è sul mondo “una Luce”, quel tanto da metter fame di luce, di “quella Luce”, nei cuori.
Ma quante sono le chiese dalle quali emana una così viva luce da forzare le chiuse porte dei cuori e penetrarvi e portarvi Dio, Dio che è Luce? Ma quante sono le anime delle chiese, voi parroci e curati, voi sacerdoti e monaci, voi tutti che Io ho vocati ad esser portatori di Me ai cuori, che siano talmente accesi dalla Carità da riuscire a vincere il gelo delle anime ed a portare nei cuori degli uomini l’amore di Dio e l’amore a Dio, a Dio che è Carità?
Gli uomini nei loro dolori, ed Io solo so se sono tanti, nei loro dolori, diversi dai vostri ‑ o almeno i vostri dovrebbero esser diversi dai loro, perché i vostri dovrebbero essere solo pene che vengono dallo zelo per il vostro Signore Iddio non sufficientemente amato, per i fedeli che si perdono, per i peccatori che non si convertono, questi e non altri dovrebbero essere i vostri dolori perché Io, chiamandovi, non vi ho additato una reggia, una tavola, una borsa, una famiglia, ma una croce, la mia Croce, sulla quale morii nudo, sulla quale spirai solo, sulla quale salii dopo essermi staccato, spogliato di tutto, anche della mia povertà che era ricchezza rispetto alla mia miseria di giustiziato al quale non resta che il patibolo fatto di poco legno e di tre chiodi e un pugno di spine tessute a corona, e questo per dire a tutti, a voi in specie, che le anime si salvano con il sacrificio, con la generosità nel sacrificio che va sino allo spogliamento totale, assoluto, degli affetti, dei comodi, del necessario, della vita ‑ gli uomini, nei loro dolori, dovrebbero poter guardare alla loro chiesa come ad una mamma sul cui grembo si va a piangere e ad ascoltare parole di conforto, dopo aver narrato i propri affanni, con la certezza d’esser ascoltati e compresi. Gli uomini, nei loro oscuramenti dati da tante cause, non sempre originate dalla loro volontà, ma imposte da altrui volontà, da un complesso di circostanze che li inducono a credere all’errore o a dubitare di Dio, dovrebbero trovare voi, portatori di luce, della mia luce, voi pietosi come il samaritano, voi maestri come il vostro Maestro, voi padri come il Padre vostro.
La terra, corrotta da tante cose, fermenta come corpo che imputridisce e contamina col suo lezzo di peccato le anime. Ma se le chiese sparse fra le case fossero incensieri dove un sacerdote vive ardendo e si arde amando, il lezzo del mondo sarebbe bilanciato dal profumo di Dio traspirante dai cuori dei sacerdoti viventi in totale “fusione” con Dio, annullati in Dio sino a non essere più che simili a Me che sono nel Sacramento a disposizione dell’uomo ad ogni ora ‑ Io, Dio, ci sono senza stanchezze, senza superbie, senza resistenze ‑ ed i cuori verrebbero purificati.
I sacerdoti così, perfetti, sono come il sole. Aspirano le anime al Cielo come fossero gocce di acqua, le purificano nell’atmosfera del Cielo e poscia sono come nubi che si sciolgono leggere in benefica rugiada, durante la notte, nel nascondimento, per portare refrigerio alle ferite ed alle arsioni dei cuori, poveri fiori feriti da tante cose.
Aspirano: per aspirare a sé occorre avere una grande forza. Solo l’amore vivissimo per il Signore e per i fratelli ve la possono dare. Fissi in Dio, in alto, molto in alto sulla terra, voi potete, se volete, attirare a voi, ossia a Dio in cui vivete, le anime. È un’operazione che richiede generosità e costanza. Anche il battere del ciglio deve servire a questo scopo. Tutte le vostre azioni devono aver questo per mèta. Vi sono sguardi che possono convertire un cuore quando da quegli sguardi traluce Dio.
Sciogliersi: sacrificarsi, con tutti i modi, nel nascondimento, portando alle anime arse il refrigerio celeste che si effonde così dolcemente che esse non sanno quando si è effuso ma se ne trovano roride. Proprio come fa la rugiada che, silenziosa e pudica, scende mentre tutto riposa: gli uomini, gli animali ed i fiori, e deterge l’aria dalle impurità diurne, e disseta e imperla gli steli e le fronde.
Sacrificio, sacrificio, sacrificio, o sacerdoti. Preghiera, preghiera, preghiera, o pastori.
Vi ho chiamato “pastori. Non vi ho chiamato “solitari” e non “capitani”. Il solitario vive a sé. Il capitano marcia alla testa dei suoi. Ma il pastore sta in mezzo al suo gregge e lo sorveglia. Non si isola perché il gregge si disperderebbe. Non cammina alla testa perché gli svagati del gregge rimarrebbero seminati per via, preda ai lupi ed ai ladroni.
Il pastore, se non è un pazzo, vive in mezzo al suo gregge, lo chiama, lo raduna, instancabile va su e giù lungo di esso, lo pre­cede nelle cose difficili, saggia lui per il primo le difficoltà, le appiana più che può, rende sicuri i passi maleagevoli con la sua fatica, poi resta nel punto difficile per sorvegliare il passaggio delle sue pecorelle e, se ne vede qualcuna paurosa o debo­le, se la prende sulle spalle e la porta oltre il punto pericoloso, e se viene il lupo non fugge ma si butta contro esso, avanti alle sue pecore, e le difende, anche a costo di morirne pur di salvarle. Si immola per esse, per saziare la fame della belva, di modo che questa non senta più bisogno di sbranare. Quante belve ci sono contro le anime! Il pastore non si perde in inutili discorsi coi passanti, non si divaga dietro a cose che non sono di sua competenza. Si occupa del suo gregge e basta.
Ora guardate. Non sembra di leggere il capo 8° di Ezechiele?
Primo idolo: la Gelosia.
Dovreste essere carità, non è vero? Carità per indurre altri alla carità. Che siete? Gelosi l’uno dell’altro. Vi offendete se un laico vi critica. Ma non vi criticate, e spesso ingiustamente, l’un l’altro? Il superiore critica gli inferiori. L’inferiore critica i superiori. Siete gelosi se uno di voi è notato, se uno di voi riesce meglio, se uno di voi diviene più ricco. Questo poi, che dovrebbe farvi orrore, è invece quello che più vi fa gola. Ma ero ricco Io, Sacerdote eterno? Siate perfetti e sarete notati e lodati, per quanto dovrebbe solo premervi la lode del vostro Dio. Siate perfetti e riuscirete nell’unico scopo degno della vostra veste: quello di portare anime a Dio.
Secondo idolo, anzi molti idoli: le diverse eresie che sostituiscono in voi il culto che dovreste avere.
Anche voi, come i settanta anziani nominati da Ezechiele, state incensando ognuno l’idolo che preferite. E lo fate nelle tenebre sperando che l’occhio dell’uomo non vi veda. Ma vi vede. E lo scandalizzate. Perché i fedeli, e gli uomini in genere, sono come i bambini che sembra non osservino, ma non lasciano mai di tenere d’occhio e d’orecchio i più grandi di loro.
Ma non sapete che, se anche l’uomo non vedesse, Dio vi vede? E perché dunque spargete i vostri incensi davanti alla potenza dell’oro o a quella dell’uomo? Non osservo Io dall’alto del mio trono troppi miei sacerdoti occupati a dedicare il loro tempo - quel tempo che do loro perché lo spendano nella loro missione sacerdotale ‑ in commerci umani, atti ad aumentare il loro benessere? Sì, lo vedo. Non osservo Io ‑ ed il cuore mi si rivolta ‑ troppi miei sacerdoti abiuranti la mia Legge per ubbidire alla legge di uomini disgraziati, sperandone onore e lucro? Sì, lo vedo.
Oh! i sacerdoti politicanti! I sinedristi di ora! Ricordino però questi quale fu la fine del Sinedrio proprio per mano di coloro ai piedi dei quali avevano prosternata la loro coscienza e infranta la mia Legge. E non dico di più. Questo per parte degli uomini. Il resto poi verrà dal Giudice eterno e giusto.
Terzo idolo: il senso.
Sì, vi è anche questo. E non dico di più per rispetto del mio “portavoce”. Ma ognuno esamini se stesso per vedere se, al posto dove uniche creature femminee lecite da ricordare con amore da un sacerdote ‑ mia Madre e la loro madre ‑ non sia una dea pagana. Pensate che toccate Me, che ricevete Me. E basta. Non mettete il Purissimo a contatto con una carne maculata di lussuria.
Quarto idolo: l’adorazione dell’oriente.
Le sètte. Sì, anche questo. E non dovrei guardare molti di voi con sdegno ed avere per molti le apostrofi che ho avuto per i farisei ed i dottori del mio tempo? E non dovrei suscitare delle “luci” fra i laici che mi amano come molti di voi non m’amano, per pietà delle anime che voi lasciate nel gelo, nel buio, nell’impurità, per le anime alle quali non siete via a Dio ma sentiero che porta al basso? E come osate ripetere la mia Parola e predicare la mia Legge quando Parola e Legge sono a voi condanna? Chi è mondo divenga ancor più mondo, chi non è mondo si mondi.
L’umanità si trova ad un grande bivio. Da esso si dipartono due strade: l’una porta salendo a Dio, l’altra conduce scendendo a Satana. Al bivio è un masso. Siete voi. Se farete di voi baluardo e spinta verso la prima, Satana non irromperà e le anime saranno spinte a Dio. Ma se voi per i primi rotolate verso la china di Satana, trascinerete l’umanità, con anticipata ora, verso gli orrori dell’Anticristo.
E se costui deve venire, guai a quelli che ne anticipano la venuta e la prolungano, perché esso cesserà d’essere all’ora in eterno fissata, e più lungo sarà il tempo della sua dimora e più numeroso il numero delle anime che si perdono. Non una di esse passerà invendicata, ricordatevelo. Ché, se il vostro Dio vede il passero che muore, come non può vedere un’anima che muore? Agli uccisori della stessa, quali che siano, chiederò ragione e darò condanna

COR IESU,
FONS VITAE ET SANCTITATIS, 
MISERERE NOBIS!

venerdì 30 marzo 2012

Vida de la Beata María de Jesús Crucificado




Beata Maria di Gesù Crocifisso, prega per noi.
(Maria Baouardy, 1846-1878)


Durante il suo ritiro annuale,  Dio la favorì di molte vi­sioni piene di dottrina.

Annotiamo almeno questa: «Provavo, diceva, un grande desi­derio di Dio; lo cercavo con tutte le forze della mia anima; mi univo a tutta la crea­zione perché lo lodasse con me; ero come un bambino che corre, che corre dietro a suo padre. Infine, Gesù si è mostrato ed ho visto lo splendore della sua maestà. Impossi­bile dire la gioia della mia anima: era il paradiso in terra. Mi è venuta l'idea di do­mandarGli molte cose; ma anzitutto, l'ho accarezzato e gli ho detto ogni sorta di cose del mio cuore per commuoverlo; ho fatto come il bambino che vuole ottenere qualco­sa da suo padre e che comincia con mille carezze. 

L'ho pregato per le anime del Pur­gatorio: Gesù allora è diventato più luminoso ed ho visto uscire dalle sue mani dei rag­gi di luce, delle grazie che cadevano su queste povere anime. Pareva che Gesù avesse un gran bisogno di espanderle e che le desse con molta celerità e molta abbondanza.

Ho pregato, in seguito, per i peccatori, e Gesù faceva la stessa cosa come per le anime del Purgatorio. Quale gioia nel vedere quest'amore, questa misericordia del Signore!

Ma quando ho voluto pregarLo per i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i raggi che scendevano dalle sue mani sono risaliti e tutto è sparito. E il mio cuore è cadu­to in una tristezza, in una angoscia terribile, perché io sono nel numero delle reli­giose; ho sospirato, sono scoppiata in singhiozzi. Ogni volta che penso a ciò che ho visto, non posso impedirmi di piangere. Quanto siamo colpevoli, noi che dovrem­mo essere la consolazione di Gesù!»

*

Un motivo in più per pregare e soffrire per i consacrati non un giorno ma tutti i giorni della settimana. La preghiera avrà indubbiamente il suo effetto soprattutto se preghiamo il santo Rosario e adoriamo Gesù nel Santissimo Sacramento.


***






Vida de la Beata María de Jesús Crucificado
Mariam Baouardy, de origen árabe, nacida cerca de Nazaret, después Carmelita Descalza con el nombre de María de Jesús Crucificado, beatificada por el Papa Juan Pablo II en 1983.
Relato documentado de su vida, enviado por las Religiosas Carmelitas Descalzas del Carmelo de Haifa.
MARIAM BAOUARDY
(1846 – 1878)
Existe un antiguo texto medieval, escrito hacia el año 1250 por Santiago de Varese, que ha sido fuente de alegría para tantas generaciones de cristianos. Titulado “Leyenda Áurea”, se trata de una recopilación antigua de vida de santos, los laicos la utilizaban a la manera que los sacerdotes usan el breviario para instruirse y orar.
Los relatos responden a las exigencias de la investigación histórica, pero no temen conceder abundante espacio a los milagros. Todo el relato es un entretejido de prodigios, y nuestros padres se dejaban prender gozosamente de la admiración y de la emoción.
Con el tiempo la hagiografía llegó a ser más “realista”, prefiriendo insistir sobre el ambiente histórico, social, cultural en los cuales el santo había pasado su itinerario terrestre, admirando preferiblemente los prodigios innatos a su fe y a sus obras de caridad.
Los milagros – cuando es necesario relevarlos- sirven para documentar, con un cierto esplendor, la intensidad de la relación vivida por los santos con Dios. Un Dios que a veces parece poner gozosamente su Omnipotencia misericordiosa a la disposición de sus aspiraciones, y que de otro modo serían irrealizables.
Pero después, han habido particularmente épocas históricas en las cuales los hombres han atacado la fe precisamente ridiculizando el milagroso poder de Dios, admirando en cambio sus propias obras, conquistas e invenciones, exaltándolas como cosas maravillosas negando que Dios haga parte de nuestra vida y que Él pueda regalarnos con sus milagros.
Entonces parece que Dios se decidiera a mostrarnos toda su divina fantasía: los milagros y los dones más excepcionales no solamente suceden para confortar la experiencia de algún santo, sino que se podría decir que este santo vive precisamente para permitir a Dios obrar prodigios, y para ser instrumento de su acción divina.
Son santos delante de los cuales los incrédulos enfrentados a toda evidencia y contra decenas y centenas de testigos oculares no pueden otra cosa que negar, negar, negar y basta, porque, aceptar aunque sea solo la posibilidad de aquello que viene narrado desorienta toda certitud científica.
Así ocurre en aquella segunda mitad del siglo XIX en la cual muchos falsos profetas sostenían que “Ahora el futuro pertenece a la ciencia”.
Ernest Renan en “El Futuro de la Ciencia” afirmaba con increíble ostentación: “No es solamente de un razonamiento sino de todo el conjunto de las ciencias modernas que brota esta importantísima conclusión: lo sobrenatural no existe”.
Jules Simon enfatizaba: “La ciencia se apoya sobre la estabilidad de las leyes naturales. Dios no puede nada contra ellas. Si Dios existiera no se parecería a un satélite que gira alrededor del cosmos, sin tener ninguna influencia”.
Para los dos y con ellos muchos otros, “La ciencia era la nueva religión” que pretendían ofrecer a la humanidad y argumentaban sus ventajas. Basta pensar que todas la “invenciones”, que han dado comodidad a nuestra existencia en este último siglo, florecieron a ritmo acelerado en aquellos años: de la bicicleta se pasa al automóvil, del tramway al avión, del teléfono a la radio, del frigorífero al ascensor, de la bombilla a la máquina fotográfica... y así podríamos continuar la lista por largo tiempo.
En tanto, precisamente en esos mismos años, donde los “maestros” que habrían erradicado la fe de pueblos enteros y de generaciones enteras (Marx, Freud, Nietzsche) elaboraban sus ideologías materialistas y declaradamente anticristianas.
Dios contaba solo con la respuesta de los santos.
La respuesta conclusiva, más desconcertante y genial, Él la dará por medio de Teresa de Lisieux con el mensaje del “Camino de la infancia”.
Como ha escrito Jean Guitton: “No se trata de la infancia que está al comienzo de la vida y que es solamente la imagen de la meta”, sino aquella que indica “la sencillez del cumplimiento...esa especie de retorno del ser maduro hacia su Fuente”. Un retorno realizado con el más total, amoroso y conmovedor abandono en las Manos de Dios Padre en toda circunstancia de la vida.
Pero la respuesta de la carmelita de Lisieux – precisamente porque centrada en la simplicidad absoluta y en la “cotidianidad” vivida en el amor, sin manifestaciones extraordinarias – deja sin responder la cuestión de los milagros, es decir: el derecho de Dios a mostrarnos toda la fantasía de lo sobrenatural.
Para esta respuesta concreta ha sido escogida otra carmelita, cuya existencia precede a Teresa una decena de años (Cuando Mariam muere, Teresa tendría un poco más de cinco años). Mariam Baouardy de origen árabe, pasó sus treinta y tres años de vida entre Palestina, Egipto, Siria, Francia, India y después nuevamente en Palestina. Siendo en efecto una oriental dotada psicológica y naturalmente para la fantástica tarea a la cual Dios la tenía destinada. Libre de todo influjo cultural, pues nunca aprendió a leer ni a escribir y en su Monasterio se dedicaba solo a las duras tareas destinadas a las “hermanas conversas”.
Y es con ella, con quien se consideraba “Un pequeño nada”, que precisamente, Dios decide interpelar el mundo.
Insisto en este aspecto, porque si no se comprende esto, la narración puede parecer demasiado extraña e increíble.
Significativamente, el título de su primera biografía, fue: “Maravillosa vida de la Hermana María de Jesús Crucificado”.
René Schwob, un escritor francés de origen hebreo, le dedicó un libro titulado: “Leyenda Áurea más allá del mar”, en el cual define la vida de Mariam como “una de las vidas más maravillosas de la historia del catolicismo”, y hace este comentario conclusivo: “Nos sea permitido auspiciar que cuando llegue la canonización de esta pequeña iletrada, ella llegue a ser la patrona de los intelectuales. Pues está bien calificada para liberarlos del orgullo”.
Otro célebre poeta y narrador, Francis Jammes que se proclamaba siempre como “entusiasta admirador del milagro del universo”, escribe a cerca de ella: “Era una verdadera hija de Oriente, que cantaba las alabanzas al Creador sirviéndose de imágenes bellas e ingenuas”. La admiró tanto, hasta el punto de escribir al Papa pidiendo su canonización.
La misma admiración profesaron León Bloy, J. Maritain, Julien Green: todos estuvieron de acuerdo con la definición que diera de Mariam Baouardi su Primera Maestra de Noviciado: “Es un milagro de la Gracia de Dios”
Estamos pues en el 1846.
En Abellin, un pueblecito a mitad de camino entre Haifa y Nazareth, vive una familia árabe, de religión cristiana. Es una familia buena, de verdaderos creyentes pero marcada por la tristeza ya que los hijos que traían al mundo no lograban sobrevivir: eran ya doce varoncitos todos muertos a muy tierna edad.
El marido se llama Jorge, su apellido Baouardy, lo había tomado del trabajo que realizaba: el polvorero. Como él, muchos en el país ganaban algún sueldo preparando pólvora en el mortero de piedra.
Su esposa era una mujer apreciada en el pueblo por su gran bondad y su solícita solidaridad hacia todo necesitado.
Un día los dos cónyuges tan duramente probados se ponen en camino hacia Belén: Un peregrinaje a pié de 170 kilómetros, para ir a orar junto a la cuna del Niño Jesús y pedir a la Santísima Virgen la gracia de una hija. Prometiendo de darle el nombre de María.
Y la niña nace puntualmente nueve meses después y es bautizada y confirmada según el rito greco-católico. Un año después, nace también un varoncito: Pablo.
Todo parece andar sobre ruedas. Pero, he aquí que cuando Mariam no tiene todavía los tres años, son los padres que comienzan a partir: primero muere el papá y unos días después muere también la mamá a causa de la tristeza.
La niña quedó con el recuerdo del gesto profético, lleno de amor, realizado por el papá en los últimos días de su vida. Sintiéndose venir a menos, él había tomado en brazos a su pequeña y alzándola hacia una imagen del buen san José, lo había invocado: “Gran Santo, protege a mi pequeña. La Virgen es su Madre, sé Tú su Padre! Vela sobre ella!”
A la muerte de sus padres, según la costumbre oriental, los niños fueron repartidos entre sus parientes: Pablo fue adoptado por una tía materna que habitaba en un pueblo vecino y Mariam fue adoptada por un tío paterno, de situación acomodada quien después de algunos años se trasladará a Alejandría en Egipto. Los dos hermanitos no se volverán a ver nunca más.
De la infancia de Mariam, no sabemos casi nada, solamente unos cuantos recuerdos que ella misma nos contará más tarde, de los cuales trasparenta siempre una particular protección celeste.
El episodio más delicado e íntimo fue ciertamente, aquel que le sucede en una ocasión, es un pequeño incidente doméstico. A la pequeña le habían regalado unos pajaritos en una jaula, ella quería cuidarlos pero no era capaz de hacerlo y pretendiendo bañarlos como se bañan a los bebés, todos los pajaritos murieron.
Mientras los enterraba ella sintió agitarse su corazón de pesar, pero una voz interiormente le dice: “Mira, todo pasa! Pero si tú quieres entregarme tu corazón, yo permaneceré siempre contigo”.
Era todavía muy pequeña, pero nunca olvidará aquella voz.
En otra ocasión, un peregrino venerable, llegó y como de costumbre se hospedó en la casa, y he aquí que cuando él se encuentra con la niña, mirándola lleno de una emoción extraña implora: “Cuidad a esta Niña, os lo ruego, cuidad a esta Niña!”
Muchos años después, cuando Mariam contará esta historia, en su infinita humildad explicará: “Tal vez este santo hombre, presintiendo mis pecados, sentiría preocupación por la salvación de mi alma!
En realidad, crecía como un ángel, siendo su más grande deseo hacer la Primera Comunión. Logró hacerla unos años antes de lo previsto porque, a fuerza de insistir con el sacerdote había logrado arrancarle un distraído sí, al cual la pequeña, de casi ocho años, obedece prontamente.
Cuando Mariam alcanza la pubertad – Según lo acostumbrado estaba ya comprometida en matrimonio con un pariente lejano, sin siquiera saberlo- le dijeron que el momento de contraer matrimonio había llegado: Llega el novio trayendo joyas preciosas y la familia había preparado suntuosos vestidos bordados.
Pero Mariam no conseguía estar en paz pues aquella Voz que había sentido cuando era niña (“Si quieres entregarme tu corazón, yo permaneceré contigo para siempre”), le recordaba que ella había dado ya su sí y ahora que tenía trece años no podía pronunciar otro sí.
La familia no podía entenderla, pensaban que se trataba de un capricho pasajero de los cuales son con frecuencia víctimas las muchachas, llamaron al sacerdote y hasta al Obispo de la Comunidad para que le explicaran la obediencia que debía a sus padres adoptivos tratándose de un asunto tan importante.
El día en que el esposo se presentó para la ceremonia, y todos esperaban que Mariam saliera de su habitación adornada con vestidos preciosos y joyas, ella se presentó con sus largos cabellos cortados y colocados en una bandeja junto con las joyas de oro.
La ira de su tío fue tan grande que la joven fue enviada a la cocina junto con los esclavos de la casa sometiéndola a su propia vejación. Y el confesor –que no entendía nada- llegó hasta negarle la absolución y a prohibirle la comunión.
Después de tres meses de sufrimientos, Mariam se acordó de su hermano Pablo que se encontraba en Palestina e intentó ponerse en contacto con él. Hizo escribir una carta y por la tarde, a escondidas, la llevó a un siervo musulmán que había conocido en la casa de su tío y que debía partir para Nazareth.
El criado conocía las aventuras y los sufrimientos de la joven. Cuando ella toda afanada llegó, la familia estaba por comenzar la cena, la esposa y la madre del musulmán insistieron para que ella se quedara a cenar, la trataron con cortesía, le pidieron que les contara los últimos acontecimientos. El hombre se iba encolerizando cada vez más, decía que los cristianos no tenían corazón, exhortaba a la muchacha a abandonar a sus correligionarios, y hasta le ofrecía su propia casa...
En ese entonces, el odio religioso era tan violento y pronto a encenderse por una nonada. Mariam reacciona: “musulmana yo? Jamás! Yo soy hija de la Iglesia católica y espero de permanecer tal a lo largo de toda mi vida”.
La respuesta fue una patada del hombre que la hizo caer por tierra; después, enceguecido de la ira, desenvainó su espada y le cortó la garganta. Para desembarazarse del cadáver lo envolvieron en una sábana y lo botaron en una oscura senda en las afueras del pueblo.
Era el 7 de septiembre de 1858.
Lo que sucedió después, lo sabemos sólo del recuento hecho por Mariam muchos años después, cuando ya era una santa monja carmelita de clausura: decía que le pareció entrar en el Paraíso donde había visto a la Virgen y a los santos y también a sus padres, y a la Gloriosa Trinidad.
Luego, una voz le había dicho: “Tu libro no ha sido terminado de escribir” entonces se encontró en una gruta donde pasó varios días víctima de la fiebre, asistida por una mujer joven, que parecía ser una religiosa y que vestía un velo celeste. Ésta la atendía, la alimentaba y la hacía dormir prolongadamente. Alrededor de unas cuatro semanas después, esta religiosa la había llevado a la Iglesia de los franciscanos, dejándola allí.
Por lo general, Mariam no decía de haber estado asistida por la Virgen María, mostraba solo la cicatriz de una longitud de diez centímetros y un centímetro de ancho que atravesaba su cuello.
Dieciséis años después del hecho, un médico célebre, ateo que la visitará en Francia, en Marsella, constatando que le faltaban algunos anillos de la tráquea, dirá: “Un Dios debe existir, porque nadie en el mundo, sin un milagro, podría sobrevivir después de una herida como ésta”.
Sólo durante un éxtasis ocurrido el 7 de septiembre de 1874, se la oyó exclamar: “Hoy estaba conmigo la Madre mía. Hoy yo le he consagrado toda mi vida... En la noche me habían cortado el cuello y ya al día siguiente María me tenía con Ella”
La familia adoptiva de Mariam estaba convencida de la fuga de esta hija extraña y desobediente y Mariam jamás volvió a buscarla.
Así, con apenas trece años, se convierte en una pobre criada, primero en Alejandría, después en Jerusalén y luego en Beirut. Prefería escoger familias pobres, y terminó por cuidar una familia enferma y reducida a la miseria para la cual ella misma tenía que mendigar.
No le faltaron aventuras, peligros, humillaciones, pero parecía que siempre alguien la protegía.
En 1863 aceptó la invitación a entrar en el noviciado de las hermanas de San José, aunque si no tenía otra cosa que ofrecer que su amor por Dios y su disponibilidad a realizar los trabajos más humildes.
Se ofrecía con alegría para todos los trabajos pesados. “Hacer yo esto , porque yo tener tiempo” decía en su pobre francés, mientras se esforzaba por preceder en la fatiga a sus compañeras.
Si la corregían, decía: “Perdón, yo muy mala. Tú orar por mí”. Tuteaba a todo el mundo: a las hermanas, a la superiora, a los obispos y cardenales. Y ésta será su característica personal para siempre.
La mayor parte del tiempo lo pasaba en la cocina o en la lavandería.
Pero entre los hornillos y la lejía a menudo se sucedían los éxtasis y las visiones. Entre el jueves y el viernes, en sus manos y en sus pies, le aparecían estigmas sangrantes que ella los consideraba enfermedad y escondía sus heridas con sumo cuidado, avergonzándose de ellas.
Como en Palestina, había conocido a los leprosos, creía de haber contraído la lepra y decía a su superiora: “Madre, no se me acerque, de otro modo contraerá mi enfermedad” Y ésta, delante a tanta ingenuidad y humildad le respondía: “Esté tranquila hija mía, no es probable que yo la contraiga!”.
El miércoles pedía de poder prolongar su trabajo, porque debía recuperar el tiempo que perdería “en los dos días de enfermedad”. “Madre –decía a la superiora- quiere prestarme una hermana que me ayude a terminar el lavado, porque el jueves y el viernes estaré enferma, y quisiera terminar ahora?”
Pero, en 1867 – en ausencia de la Madre General que la entendía y la protegía- viene dimitida por el Consejo del Instituto, ya que todo cuanto le sucedía turbaba mucho a la comunidad.
La aconsejaron de entrar en un Carmelo, pensando que la clausura la podría proteger mejor de la curiosidad del mundo.
Llega así al Carmelo de Pau, en los Bajos Pirineos, siendo presentada por la antigua maestra de noviciado con la afirmación contundente: “esta arabita es un milagro de obediencia”. Toma el nombre de Hermana María de Jesús Crucificado.
¿El Apóstol Pablo no había escrito ya, en efecto “que no quería saber otro que Jesús y éste crucificado”? (1 Cor 2,2) , y bien para la hermana Mariam esto fue una verdad que se cumplió al pie de la letra: “No sabía otra cosa”.
Tenía veintiún años y demostraba solamente doce, pues era tan menudita. Sabía hacer trabajos materiales solamente: la cocina, el lavado y el cuidado del huerto eran sus tareas habituales.
Mas sin embargo, el resto era un tejido de cosas prodigiosas.
Los éxtasis continuaban, pero bastaba que la maestra de noviciado la llamara “por obediencia” y todo fenómeno extraordinario se interrumpía inmediatamente.
De otra parte, ella se avergonzaba y estaba convencida de ser vencida por el sueño y la angustiaba el hecho de no poder resistir.
Algunas veces se confesaba de no saber orar.
Decía a la Superiora: “En la oración no tengo distracciones, pero no logro ni siquiera concluir la oración más corta. Comienzo el Padre Nuestro y me quedo en estas palabras sin poder continuar. Pienso: “Oh! Dios mío, Tú tan grande, tan poderoso, Tú eres nuestro Padre! Tú que estás en el cielo, mientras que nosotros somos pequeños gusanos, polvo y ceniza... y todavía nosotros tenemos el coraje de ofenderte! Oh Dios mío, ten piedad de nosotros... y luego me pierdo y me duermo”.
Y continuaba: “Si después recito el Ave María, y comienzo a decirle a la Virgen: “ Eres tan buena, tan buena, oh Madre mía! Tú la Madre de Dios y la madre de los hombres! Y nosotros pobres pecadores!...” y después me pierdo y me duermo: imposible continuar... ¿Cómo debo confesar este hecho que no logro continuar?”
Los estigmas recomenzaban siempre a sangrar el día en el cual se conmemoraba la pasión del Señor, también se le había abierto una llaga sobre el costado, igual a aquella de Cristo herido en la Cruz. Sobre la herida le colocaban paños blancos para secarle la sangre, y sobre el paño la mancha de sangre tomaba la forma de un corazón sobre el cual aparecía una Cruz y a veces se podía leer también las iniciales de “Jesús Salvador”. Son reliquias que se conservan todavía.
Sentía un extraordinario afecto por el Papa Pio IX a quien llamaba: “Mi Padre”, y parecía conocer, no se sabe cómo, todos los sufrimientos que aquejaban a la Iglesia en las diversas partes del mundo, y hasta presentía algunos peligros físicos que amenazaban a las personas que se encontraban en torno al Papa.
En 1868, después de la oración hizo advertir tres veces al Santo Padre que la caserna más próxima al Vaticano había sido minada. Nadie la quiso escuchar y el 23 de octubre de ese mismo año la caserna Serristori de Borgo Vecchio explotó en pleno día.
Desde entonces, en Roma comenzaron a escuchar con atención los mensajes que venían de la Novicia de Pau. Así gracias a ella se lograron evitar tres desastres, cuando al año siguiente, durante la celebración del Concilio Vaticano I, hizo advertir que tres edificios sacros habían sido minados.
Fue así como el Papa y el Cardenal Secretario de Estado se interesaron en ella, Mariam sabrá aprovechar esta situación para obtener directamente del Santo Padre el permiso para fundar dos Monasterios en Palestina, permisos que la Curia romana había continuamente negado.
Lo que impresionaba en ella era el candor propio de una niña que desconoce la malicia a lo cual se unía una generosidad sin límites, no sabía remilgarse cuando alguien la necesitaba y la mortificación le parecía natural.
En cambio interiormente, era probada de fuerzas disgregadoras. Decía de sentirse “un pequeño nada”, pero Dios permitía una lucha interior que se sostenía constantemente en ella.
El demonio se esforzaba por todos los medios de convencerla de su pecado, de su indignidad, de su infidelidad, de la falta de vocación, la impulsaba hacia la desesperación y a veces la obligaba a comportamientos tan extraños a los cuales no estaba acostumbrada; en esos momentos era reducida a la nada en el sentido más humillante del término.
Se desencadenaban en ella durísimas batallas que duraban meses, luchas durante las cuales el demonio, produciéndole sufrimientos atroces, trataba de arrancarle de la boca alguna queja contra Dios, y Mariam refutaba obstinadamente diciendo: “Oh Jesús, lamento no sufrir suficientemente por Ti”.
Se vieron obligados a someterla a exorcismos, durante los cuales la arabita parecía quedar abandonada en las manos del demonio sin embargo éste no lograba jamás superarla.
Una vez, se oyó a Satanás gritar con sarcasmo: “Ahora, informad al cuerpo blanco para que venga a canonizarla”.
Durante la última y decisiva batalla, los presentes solo podían ver a Mariam, pero escuchaban este diálogo, dado que el demonio hablaba dentro de ella con una voz horrible y ella respondía sufriendo, pero con alegría y certeza:
Satanás gritaba:
- Dios no existe!
Y Mariam rebatía:
Pero yo lo veo en la creación, Lo veo en los árboles que crecen...”
-Ninguna iglesia existe!
Pero yo contemplo su imagen en cada fruto. Si abro el fruto, encuentro la semilla. Si abro el Sagrario está Jesús en la Eucaristía”
El amor no existe!
Pero yo contemplo la ley del amor en todos los animales... lo veo en la gallina que protege sus pollitos bajo sus alas”.
No era un juego, era la lucha antigua entre Dios y Satanás, que agitaba a esta hija de Oriente (Como en otro tiempo al anciano Job) y ella, sin cultura, sencilla como una niña respondía con su más fácil catecismo: el de la naturaleza y de los sacramentos.
Luego, después de la lucha, Dios la acunaba como a un bebé.
Entonces Mariam decía: “El pensamiento que yo soy nada me hace saltar de alegría. Es tan bello ser nada... La humildad es feliz de ser nada, no se ata a nada, nunca se enoja, y está contenta, feliz, va por todas partes contenta, satisfecha de todo... Bienaventurados los pequeños”.
La llamaban espontáneamente: “La arabita”
Repetidas veces tenía esta visión: veía una pequeña de tres años cómodamente entre los brazos de Jesús, una niña parecida a ella, pero al mismo tiempo completamente diferente, y Mariam decía a Jesús: “Qué contenta está esta pequeñita , Tú la amas tanto!” Y Jesús respondía: “Sí, la amo, mira como la tengo entre mis brazos, pero ella no lo sabe” “Ella no lo sabe” -reprendía Mariam – “Ah si fuera yo, te aseguro que lo sabría y sería feliz” . Después le contaba a la Maestra con un cierto tono de envidia: “ Aquélla bebé ni siquiera me miraba. No miraba a nadie fuera de Jesús. Y Jesús la miraba siempre!”
Era el modo como Jesús le explicaba estas palabras del Evangelio: “Si no os hacéis como niños”.
Entre otras ella tenía una devoción intensa al Espíritu Santo – algo que en aquellos tiempos era muy raro-. Utilizaba una oración propia, muy hermosa que había brotado de su corazón durante la meditación:
Espíritu Santo inspiradme
Amor de Dios consumadme
Por el buen camino conducidme
María Madre de Dios miradme
Con Jesús bendecidme
De todo mal, de toda ilusión, de todo peligro preservadme. Amén”.
Y decía que el mundo andaba mal debido a que los cristianos se habían olvidado, desde hacía mucho tiempo, de orar al Espíritu Santo. Aún los sacerdotes parece que lo hayan olvidado.
El 21 de agosto de 1870, junto con un pequeño grupo de ocho hermanas Mariam fue enviada a la India para fundar el primer Monasterio de Carmelitas en Mangalore.
Dos monjas murieron durante este largo viaje. Más tarde, en Calcuta, morirá también la hermana que estaba designada para asumir el cargo de Priora.
De las tres que restaron, Mariam era todavía novicia y obtuvo el permiso de volver a ser “hermana conversa”, es decir destinada a los oficios más duros y pesados, ya que ella era aun incapaz de seguir la lectura coral del breviario.
Sus extraordinarias experiencias místicas continuaban con el mismo ritmo y con la misma intensidad, pero no le impedían de afrontar todos los trabajos consecuentes a una nueva fundación. Sobre todo encontrándose en una región tan pobre.
En la cocina, cuando la veían con el rostro radiante todo el mundo entendía que estaba, como solía decir, “en compañía de Aquel que había creado el cielo y la tierra”.
Durante los éxtasis a menudo participaba en espíritu a todo cuanto acaecía en la Iglesia: Mariam se trasladaba espiritualmente a los lugares donde comenzaban persecuciones, donde algunos misioneros eran asesinados (En la China por ejemplo) y ella los describía como si verdaderamente hubiese estado presente; los acontecimientos más dolorosos encontraban perfecta correspondencia en las noticias publicadas por los periódicos más tarde.
Pero vinieron las incomprensiones, tanto la Superiora como el Obispo comenzaron a dudar de esta hermana que alternaba manifestaciones extraordinarias de gracia con momentos en los cuales parecía en efecto que el demonio la poseyera. Una intermitencia que Dios permitía para purificarla completamente y para mantenerla en la plena conciencia de su nada.
La acusaron de ser una visionaria, de procurarse ella misma los estigmas, hiriéndose con un cuchillo, de tener una muy exaltada imaginación oriental , de no ser suficientemente transparente con la Superiora. El Obispo vino a convencerse que verdaderamente no se trataba de una santa. Y que tal vez tan solo era una endemoniada.
Y era cierto que muchas veces el demonio volvía a atormentarla, casi hasta obligarla a renegar de Dios mientras que Dios se sentía seguro del amor de su hija.
Satanás hasta lograba hacerla cometer faltas, aunque si es cierto solo exteriormente. Eran faltas graves contra la Regla, propio a ella que era un prodigio de obediencia.
A Mariam, Jesús le advertía por anticipado: “Yo te veo y basta. No digas nada, guarda silencio”
Le parecía de ser sumergida en un lago circundado de serpientes, ahora la Virgen le decía: “Yo soy tu Madre. Yo te meto en esta agua. No te muevas. Tú no me verás, pero yo velare sobre ti”
Siempre, cuando oyen hablar de estas posesiones diabólicas, los creyentes se sienten confundidos debido a que aun en nuestro tiempo, se ha difundido la sospecha que puede tratarse solo de proyecciones y de disturbios sicológicos de quien se cree poseído.
Pero después se descubre con horror y siempre con mayor frecuencia, que en el mundo no faltan hombres que sirven al diablo con ritos de impresionante maldad, e invocan la expansión de su presencia malvada y destructiva.
De lo cual podemos entender porqué Dios alguna vez, pide a sus santos de combatir contra este poder que busca siempre de sembrar el odio a Dios y a los hombres. A menudo estos santos deben padecer no solo los tormentos provocados por el demonio, sino también los sufrimientos que vienen de personas bien intencionadas quienes creen de haber entendido todo de antemano y quieren explicarlo todo con su presunto realismo.
Pues bien, Mariam viene enviada de regreso a su Carmelo de origen, en Francia.
Volvió humildemente al Monasterio de Pau; abandonándose confiadamente a los misteriosos designios de Dios.
Reprende su vida sencilla de conversa, hecha de tantos trabajos interrumpidos por episodios prodigiosos.
Amaba la naturaleza y sentía intensamente su encanto y no obstante ser iletrada, a veces en éxtasis, componía bellísimas poesías a la manera oriental, inventando también extrañas y dulces melodías para cantarlas.
Una mañana muy temprano, el 28 de junio de 1873, la Priora la encontró en éxtasis, sentada en un pequeño banco frente a una ventana abierta: “Madre – le dice la hermana Mariam- todos duermen y nadie piensa a Dios que es tan bondadoso y tan grande... ninguno se acuerda de Él. Mira, la naturaleza lo alaba, el cielo, las estrellas, los árboles, la hierba, toda criatura alaba al Señor, pero el hombre, que conoce sus beneficios y debería alabarlo duerme! Vamos! Despertemos el Universo!
Jesús no es conocido, Jesús no es amado!...”
Cuando sentía la tristeza de la lejanía de Dios, la oían pronunciar oraciones parecidas a salmos bíblicos, con el mismo ritmo y con similar belleza, pero eran compuestos por ella, ella que no sabía ni leer ni escribir.
He aquí algunos versos de un largo “salmo penitencial” compuesto por ella de un solo trazo:
Señor, mi tierra es árida y está quemada,
Báñame con tu escarcha.
Mi carne va en corrupción
Y mis pies no pueden sostenerme
Y mis manos ya no pueden moverse.
Mis nervios paralizados
Mis huesos disecados
Y la médula de mis huesos es como humo contaminado..”
Y he aquí un salmo de contemplación:
¿Con qué puedo compararme, Señor?
con los pajaritos implumes en su nido,
si el padre y la madre no les dan su alimento
mueren de hambre
Así mi alma, Señor
sin Ti
no tengo apoyo
no puedo vivir.
¿Con qué me compararé, Señor?
Con un pequeño grano de trigo, sepultado en tierra.
si el rocío no lo diseta
y el sol no lo calienta
el grano se marchita y muere.
Pero si Tú lo regalas
con la dulzura del rocío
y el calor de tu Sol
de la pequeña semilla
plena de linfa y de vigor
brotarán raíces
y germinará un tallo
fuerte en frutos abundante.
¿Con qué me compararé, Señor?
Con una rosa cortada
que al instante en la mano se marchita
y pierde su aroma.
Pero unida a su tallo
permanece fresca y brillante
intacta en su aroma.
Guárdame en Ti, Señor,
y comunícame tu Vida!
¿Con qué te compararé, Señor?
Con la paloma que proporciona alimento a sus pequeños,
con una tierna madre
que alimenta a su criatura.”
Expertos letrados han afirmado que Mariam parece convertirse en sus poesías “en un deslumbrante malabarista de imágenes”.
Tenía una vida que por todas partes desbordaba fenómenos extraordinarios, y sin embargo, ella recomendaba a todo el mundo: “Dios nos libre de semejantes estados extraordinarios, la fé nos basta; en la fe no existe el orgullo. Valoro tanto la gracia de ser pobre e ignorante, porque ésta me hace comprender la bondad, la misericordia de Dios, Quien, siendo grande, quiere ocuparse de mí. Me parece que si me encontrara en un estado extraordinario no quisiera permanecer ni tres meses en la misma ciudad, recorrería todo el mundo con tal de no ser conocida”.
A un Obispo que mostraba su curiosidad por los fenómenos extraordinarios, le dice:
Monseñor, Jesús me encarga de decirte: no te quedes en lo extraordinario”
Si vienen a decirte: La Santa Virgen se aparece aquí o allá, o en aquel lugar hay un alma extraordinaria... no vayas... no vale la pena...
El Señor te dice: Arráigate en la fe, en la Iglesia, en el Evangelio, pero si vas a consultar esto y lo otro apoyándote en lo extraordinario, tu fe se debilitará.
Yo te digo de parte del Señor: Si te atienes a la Fe, al Evangelio, Él será siempre contigo y no te abandonará jamás...”
De su parte, Mariam nunca habló de éxtasis y de visiones, hablaba de sueños y de signos, y se acusaba de ellos como si se trataran de una culpa.
Luchaba contra sus éxtasis, y decía con sencillez: “Jesús me tira de una parte y yo tiro de la otra para no dejarme vencer por el sueño”
Los éxtasis se sucedían mientras lavaba los platos o mientras comía o durante la recreación, o mientras lavaba la ropa: “A veces se observaba –cuenta una hermana- cómo la lencería que ella lavaba, ante nuestros ojos, se volvía blanquísima entre sus manos”
Ahora nos vamos a encontrar ante hechos tan maravillosos que no pueden ser explicados de ninguna manera sino que nos revelan la Voluntad de Dios que quiere divertirse de nuestra incredulidad, de la pretensión humana que a veces busca decir a Dios lo que puede hacer y lo que no puede hacer, esto es posible y aquello no lo es.
El 22 de junio de 1873 las hermanas echan de menos la presencia de Mariam durante la cena.
La buscan: En la celda no está, ni en los claustros ni en el jardín.
La escuchan cantar una alabanza de amor a Dios y su voz viene de lo alto. Alzan sus ojos y la encuentran sobre la copa de un gigantesco tilo, de una altura de unos 15 metros, sobre las más altas ramas, tan frágiles que no hubieran sido capaces de sostener ningún peso. La priora le ordena por obediencia de descender, y ella baja lentamente, sin hacerse daño, con sencillez y grande modestia apoyando simplemente los pies de ramo en ramo y continuando su canto.
La ascensión se repite ante los ojos de varios testigos, el 9, el 19, el 25, el 27, el 31 de julio y el 3 de agosto de 1873; no se trata de fábulas transmitidas desde tiempos antiguos, son declaraciones juradas de testigos oculares, en una época en la cual imperan el positivismo y el cienticismo.
Cuando la Priora la interrogaba, ella respondía que Jesús le tendía las manos y ella debía subir. En efecto, el fenómeno se sucedía así: Ella tocaba con una mano las hojitas al borde del tilo, esas débiles ramas que habrían cedido al peso de un pajarito y, rápidamente ella se elevaba en alto, casi deslizándose sobre la superficie del árbol.
Solamente una vez, sucedió que cuando la priora le ordenó de bajar, ella se demoró un poco sobre una rama, casi disgustada de tenerse que alejar – y en ese mismo instante ella debió comenzar a descender con sus propias fuerzas y con bastante miedo y precaución, mientras decía suspirando: “Se ha ido. Me deja descender sola”
Algunas veces el fenómeno duraba alrededor de unas cuatro horas. Cuando terminaba el éxtasis ella no recordaba nada. Se despertaba al pie del tilo. A veces, sus sandalias o el largo rosario que portaba a la cintura, se quedaban colgando, enredados en las ramas más altas (como un signo visible para todos de cuanto había sucedido) y ella luego se inquietaba de no encontrarlos. Le parecía extraño que le hicieran encontrar al pie del tilo un par de sandalias nuevas pero por obediencia, todas las hermana guardaban silencio, ella nunca supo que estas ascensiones sucedían cuando Jesús la hacia soñar.
Parecía vivir en un mundo de fábula.
Al mismo tiempo y poco a poco comenzó a nacer en su corazón el deseo de fundar un Monasterio en Belén, exactamente en el lugar donde Jesús había nacido, y donde sus padres habían pedido la gracia de su nacimiento.
Las dificultades parecían insuperables, ya sea por las dudas del Patriarca de Jerusalén como por la decidida oposición de la Congregación de Propaganda FIDE, no obstante Mariam contaba precisamente con la amistad del Pontífice. De tal manera que el viaje de las monjas hacia la Tierra Santa viene directamente autorizado por el mismo Papa Pio IX.
En 1875 Mariam parte para Belén donde llega acompañada de 8 hermanas. Ella se improvisa como arquitecto, y maestro de obra en la construcción del monasterio: Escoge el sitio, compra el terreno, traza los planos del edificio, dirige a los obreros y trata con los proveedores. De otra parte era la única que conocía la lengua del lugar. Pero sin duda alguna contaba con un Guía interior que la inspiraba.
En noviembre de 1876 el edificio ya terminado fue inaugurado y comenzó la vida monástica sobre la Colina de David.
Las pruebas, tanto celestes como aquellas infligidas por Satanás, continuaban. Su Padre espiritual decía que Mariam sufría: “la enfermedad del cielo”.
A veces, el demonio la probaba provocándole las más atroces dudas de fe, y ella parecía desbaratarse del dolor.
Confesaba en 1876: “Yo decía: No veré más al Señor, jamás, jamás. No puedo resignarme. Es un tormento que me quema los huesos...entonces me levanto a la madrugada. Comienzo a hacer sola la blanquería (de todo el Monasterio). No sé que hubiera podido hacer con mi cuerpo: Habría transportado las montañas, habría sacado toda el agua de la cisterna, habría lavado toda la casa de arriba a abajo, sin darme cuenta, tan inmenso era mi tormento al pensar que no vería nunca a Dios”.
He aquí quien me ha consolado: teníamos un perro guardián, un día cometió una falta y yo lo regañé, él agachaba solo un poco la cabeza. Luego cuando me dirigí al refectorio, el perro me siguió, lo rechacé pero él volvió, lo rechacé de nuevo, entonces se sentó junto a la puerta y me esperó de tal manera que, logró enternecerme. Entonces yo le di un pedazo de pan. Inmediatamente pensé en la bondad de Dios hacia el alma que vuelve insistentemente a Él como el perro regresaba a mí”.
“Y sentí que a Dios le es todavía más difícil no tener compasión de nosotros. Mi corazón se deshizo y las penas desaparecieron. Quedé como en agonía pero todo había pasado”.
La Maestra de Novicias del Monasterio de Belén, decía que a veces ella pensaba que Mariam era “La víctima de la humanidad”, casi parecía que Dios le pidiera de espiar los pecados del mundo entero al ejemplo de Jesús.
Nosotros no podemos hacernos la idea de cuanto sufre a causa de ciertas impresiones sobrenaturales que la aferran y la inundan tanto a nivel de su cuerpo como de su alma pero sobre todo a nivel de su alma, sumergiéndola en un mar de amargura. Ella sufre con el dolor de cada nación, de todo individuo, y aun todavía se deja conmover por el dolor de las bestias que sufren y que sufrirán. En un cierto sentido podríamos decir que ella se compadece de la tierra demasiado árida o demasiado bañada, de los árboles y de las plantas que experimentan de algún modo el castigo de la justicia divina”
Lo que en ciertos poetas es sensibilidad hacia el llanto y el sufrimiento de la naturaleza, en ella se convertía en verdadero sufrimiento de expiación que alcanzaba al mundo vegetal, animal y hasta a la misma materia.
Sufría increíblemente cuando presentía que estaban por estallar guerras, carestías, estragos. A veces su sufrimiento era provocado por el rechazo que muchos hombres experimentan hacia Dios y por las bestemias que dicen.
Mariam a sus treinta y tres años se sentía siempre más “perseguida por el Amor”, como solía decir.
Como de costumbre vivía cargándose con los trabajos más pesados y comenzaba a proyectar la fundación de otro Monasterio en Nazareth.
Obtuvo, con nuevas fatigas, los permisos necesarios y se puso en viaje para explorar la posibilidad de construir.
Fue durante este viaje que dio otra y muy extraña prueba de sus dones particulares con los cuales había sido enriquecida.
Era el mes de abril de 1878. La caravana avanzaba hacia Nazareth, y había llegado a los predios de Latroun-Amwas. Cuando el carro hace un alto para el cambio de caballos, la arabita comienza a correr rápidamente se hace camino entre las hierbas y las espinas, y llega a un claro donde asoman algunos escombros. La oyen exclamar: “Aquí es, éste es el lugar donde mi Señor comió con sus discípulos!”. En resumidas cuentas, afirmaba que exactamente en ese lugar se realizó el encuentro de Emaús. En ese tiempo los arqueólogos habían identificado en otro lugar el pueblo del cual habla el Evangelio.
Hablan los hechos: Una amiga de Mariam compró el terreno, creyendo en su palabra. Casi 50 años después, en 1924-25, los arqueólogos Dominicanos comenzaron las excavaciones en el lugar indicado por la Arabita, y descubrieron los restos de dos basílicas bizantinas y una sucesiva basílica cruzada obligando a los estudiosos a reconsiderar sus conclusiones sobre Emaús: Mariam tenía la razón!
Pero su sueño de construir un Monasterio en Nazareth, no lo podrá realizar ella misma.
Se sentía siempre más atraída por Dios. Oraba: “No puedo seguir viviendo, no puedo seguir viviendo, llámame a Ti”
El 22 de agosto arrastraba por un escarpado sendero del huerto 2 baldes de agua para dar de tomar a los albañiles encargados del mantenimiento del monasterio. Cayó tres veces consecutivas, la última sobre una caja de geranios florecidos, y se rompió en varias partes el brazo entre la muñeca y el codo.
Al día siguiente se había propagado la gangrena.
Decía: “ Estoy en el camino hacia el cielo. Estoy por irme a Jesús”
Sufrió todo el día. A las cinco de la mañana siguiente se sofocaba. Viene llamada la Comunidad. Le sugirieron como última oración: “Jesús mío, misericordia” Dice: “Sí misericordia” y muere besando el Crucifijo.
En 1983 fue proclamada Beata, año en el cual se celebró el Jubileo de la redención. He aquí las palabras pronunciadas por Juan Pablo II: “El amor de la hermana María de Jesús Crucificado era fuerte como la muerte. Las más duras pruebas no pudieron apagar este amor. Más bien lo purificaron y fortalecieron. Ella lo ha dado todo por este amor.” Y el Pontífice hacía notar que la nueva beata pertenecía a los tres pueblos de Oriente, que todavía se baten en guerra en la Tierra de Jesús, y que por ende necesitan tanto la paz.
En Abellin, hoy la veneran los cristianos y los musulmanes, para todos, ella es la “Kedise”, la Santa; y muchos devotos recuentan, a la antigua manera bíblica, los milagros obtenidos por ella.
También para los occidentales Mariam tiene mucho que decir.
Julien Green nos ha dejado en su Diario esta significativa nota: “ En una obra que me han prestado he leído la historia de una joven Palestina que siente compasión fino al dolor por los pajaritos que ella sin querer había matado, metiéndoles en el agua para bañarlos. Es cristiana. Siente una Voz que le dice: “Todo pasa así. Quieres que me quede contigo para siempre? Quieres darme tu corazón?” Esta voz, la condujo al Carmelo.
Cuantos de nosotros hemos oído esta voz y no la hemos escuchado: hay para colmar de tristeza una vida entera. Leo con avidez la historia de esta predestinada” (Diario 1928 -1958, Pág. 1074-75)


LAUDETUR   JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!