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lunedì 7 ottobre 2019

Santo Rosario / Fondamentale lettura / Supplica alla Regina del Rosario della Valle di Pompei.

LETTURA FONDAMENTALE PER AMARE E CAPIRE IL SANTO ROSARIO. QUEL ROSARIO CHE - che nel tempo di san Bernardo, abate (+1153)  - ANCORA NON ERA  COSI' CONOSCIUTO  COME LO CONOSCIAMO NOI OGGI DOPO LA PREDICAZIONE DEL SANTO PADRE DOMENICO DI GUZMAN  (1170/1221).

*

Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate
(Disc. «De aquæductu»;
Opera omnia, edit. Cisterc. 5 [1968] 282-283)
Bisogna meditare i misteri della salvezza

    Il Santo che nascerà da te, sarà chiamato Figlio di Dio (cfr. Lc 1, 35), fonte della sapienza, Verbo del Padre nei cieli altissimi.

    Il Verbo, o Vergine santa, si farà carne per mezzo tuo, e colui che dice: «Io sono nel Padre e il Padre è in me» (Gv 10, 38) dirà anche: «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo» (Gv 16, 28).

    Dunque «In principio era il Verbo», cioè già scaturiva la fonte, ma ancora unicamente in se stessa, perché al principio «Il Verbo era presso Dio» (Gv 1, 1), abitava la sua luce inaccessibile. Poi il Signore cominciò a formulare un piano: Io nutro progetti di pace e non di sventura (cfr. Ger 29, 11). Ma il progetto di Dio rimaneva presso di lui e noi non eravamo in grado di conoscerlo. Infatti: Chi conosce il pensiero del Signore e chi gli può essere consigliere? (cfr. Rm 11, 24). E allora il pensiero di pace si calò nell'opera di pace: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14); venne ad abitare particolarmente nei nostri cuori per mezzo della fede. Divenne oggetto del nostro ricordo, del nostro pensiero e della nostra stessa immaginazione.
    Se egli non fosse venuto in mezzo a noi, che idea si sarebbe potuto fare di Dio l'uomo, se non quella di un idolo, frutto di fantasia?
    Sarebbe rimasto incomprensibile e inaccessibile, invisibile e del tutto inimmaginabile. Invece ha voluto essere compreso, ha voluto essere veduto, ha voluto essere immaginato. Dirai: Dove e quando si rende a noi visibile? Appunto nel presepio, in grembo alla Vergine, mentre predica sulla montagna, mentre passa la notte in preghiera, mentre pende sulla croce e illividisce nella morte, oppure mentre, libero tra i morti, comanda sull'inferno, o anche quando risorge il terzo giorno e mostra agli apostoli le trafitture dei chiodi, quali segni di vittoria, e, finalmente, mentre sale al cielo sotto i loro sguardi.
    Non è forse cosa giusta, pia e santa meditare tutti questi misteri? Quando la mia mente li pensa, vi trova Dio, vi sente colui che in tutto e per tutto è il mio Dio. È dunque vera sapienza fermarsi su di essi in contemplazione. È da spiriti illuminati riandarvi per colmare il proprio cuore del dolce ricordo del Cristo.

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O Rosario benedetto di Maria; Catena dolce che ci rannodi a Dio; Vincolo di amore che ci unisci agli Angeli; Torre di salvezza negli assalti d'inferno; Porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell'ora di agonia; a te l'ultimo bacio della vita che si spegne. E l'ultimo accento delle smorte labbra sarà il nome vostro soave, Regina del Rosario della Valle di Pompei, o Madre nostra cara, o unico Rifugio dei peccatori, o sovrana Consolatrice dei mesti. Siate ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo. Salve Regina



AVE MARIA PURISSIMA!

martedì 20 agosto 2019

SAN BERNARDO Abate


A ventidue anni si fa monaco, tirando con sé una trentina di parenti. Il monastero è quello fondato da Roberto di Molesmes a Cîteaux (Cistercium in latino, da cui cistercensi). A 25 anni lo mandano a fondarne un altro a Clairvaux, campagna disabitata, che diventa la Clara Vallis sua e dei monaci. 
È riservato, quasi timido. Ma c’è il carattere. Papa e Chiesa sono le sue stelle fisse, ma tanti ecclesiastici gli vanno di traverso. È severo anche coi monaci di Cluny, secondo lui troppo levigati, con chiese troppo adorne, "mentre il povero ha fame".

Ai suoi cistercensi chiede meno funzioni, meno letture e tanto lavoro. Scaglia sull’Europa incolta i suoi miti dissodatori, apostoli con la zappa, che mettono all’ordine la terra e l’acqua, e con esse gli animali, cambiando con fatica e preghiera la storia europea. 
E lui, il capo, è chiamato spesso a missioni di vertice, come quando percorre tutta l’Europa per farvi riconoscere il papa Innocenzo II (Gregorio Papareschi) insidiato dall’antipapa Pietro de’ Pierleoni (Anacleto II). E lo scisma finisce, con l’aiuto del suo prestigio, del suo vigore persuasivo, ma soprattutto della sua umiltà. 
... Bernardo attacca duramente la dottrina trinitaria di Gilberto Porretano, vescovo di Poitiers. E fa condannare l’insegnamento di Pietro Abelardo (docente di teologia e logica a Parigi) che preannuncia Tommaso d’Aquino e Bonaventura.

Nel 1145 sale al pontificato il suo discepolo Bernardo dei Paganelli (Eugenio III), e lui gli manda un trattato buono per ogni papa, ma adattato per lui, con l’invito a non illudersi su chi ha intorno [!]: "Puoi mostrarmene uno che abbia salutato la tua elezione senza aver ricevuto denaro o senza la speranza di riceverne? E quanto più si sono professati tuoi servitori, tanto più vogliono spadroneggiare". 

Eugenio III lo chiama poi a predicare la crociata (la seconda) in difesa del regno cristiano di Gerusalemme. Ma l’impresa fallirà davanti a Damasco.
Bernardo arriva in una città e le strade si riempiono di gente. Ma, tornato in monastero, rieccolo obbediente alla regola come tutti: preghiera, digiuno, e tanto lavoro. Abbiamo di lui 331 sermoni, più 534 lettere, più i trattati famosi: su grazia e libero arbitrio, sul battesimo, sui doveri dei vescovi... E gli scritti, affettuosi su Maria madre di Gesù, che egli chiama mediatrice di grazie (ma non riconosce la dottrina dell’Immacolata Concezione).

Momenti amari negli ultimi anni: difficoltà nell’Ordine, la diffusione di eresie e la sofferenza fisica. Muore per tumore allo stomaco. È seppellito nella chiesa del monastero, ma con la Rivoluzione francese i resti andranno dispersi; tranne la testa, ora nella cattedrale di Troyes.
Alessandro III lo proclama santo nel 1174. Pio VIII, nel 1830, gli dà il titolo di Dottore della Chiesa.






Autore: 
Domenico Agasso

giovedì 4 aprile 2019

Papa Benedetto XVI ci parla dell' "ultimo dei Padri"

BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 21 ottobre 2009

[Video] 



San Bernardo di Chiaravalle

Cari fratelli e sorelle,

oggi vorrei parlare su san Bernardo di Chiaravalle, chiamato “l’ultimo dei Padri” della Chiesa, perché nel XII secolo, ancora una volta, rinnovò e rese presente la grande teologia dei Padri. Non conosciamo in dettaglio gli anni della sua fanciullezza; sappiamo comunque che egli nacque nel 1090 a Fontaines in Francia, in una famiglia numerosa e discretamente agiata. Giovanetto, si prodigò nello studio delle cosiddette arti liberali – specialmente della grammatica, della retorica e della dialettica – presso la scuola dei Canonici della chiesa di Saint-Vorles, a Châtillon-sur-Seine e maturò lentamente la decisione di entrare nella vita religiosa. Intorno ai vent’anni entrò a Cîteaux, una fondazione monastica nuova, più agile rispetto agli antichi e venerabili monasteri di allora e, al tempo stesso, più rigorosa nella pratica dei consigli evangelici. Qualche anno più tardi, nel 1115, Bernardo venne inviato da santo Stefano Harding, terzo Abate di Cîteaux, a fondare il monastero di Chiaravalle (Clairvaux). Qui il giovane Abate, aveva solo venticinque anni, poté affinare la propria concezione della vita monastica, e impegnarsi nel tradurla in pratica. Guardando alla disciplina di altri monasteri, Bernardo richiamò con decisione la necessità di una vita sobria e misurata, nella mensa come negli indumenti e negli edifici monastici, raccomandando il sostentamento e la cura dei poveri. Intanto la comunità di Chiaravalle diventava sempre più numerosa, e moltiplicava le sue fondazioni.

In quegli stessi anni, prima del 1130, Bernardo avviò una vasta corrispondenza con molte persone, sia importanti che di modeste condizioni sociali. Alle tante Lettere di questo periodo bisogna aggiungere numerosi Sermoni, come anche Sentenze e Trattati. Sempre a questo tempo risale la grande amicizia di Bernardo con Guglielmo, Abate di Saint-Thierry, e con Guglielmo di Champeaux, figure tra le più importanti del XII secolo. Dal 1130 in poi, iniziò a occuparsi di non pochi e gravi questioni della Santa Sede e della Chiesa. Per tale motivo dovette sempre più spesso uscire dal suo monastero, e talvolta fuori dalla Francia. Fondò anche alcuni monasteri femminili, e fu protagonista di un vivace epistolario con Pietro il Venerabile, Abate di Cluny, sul quale ho parlato mercoledì scorso. Diresse soprattutto i suoi scritti polemici contro Abelardo, un grande pensatore che ha iniziato un nuovo modo di fare teologia, introducendo soprattutto il metodo dialettico-filosofico nella costruzione del pensiero teologico. Un altro fronte contro il quale Bernardo ha lottato è stata l’eresia dei Catari, che disprezzavano la materia e il corpo umano, disprezzando, di conseguenza, il Creatore. Egli, invece, si sentì in dovere di prendere le difese degli ebrei, condannando i sempre più diffusi rigurgiti di antisemitismo. Per quest’ultimo aspetto della sua azione apostolica, alcune decine di anni più tardi, Ephraim, rabbino di Bonn, indirizzò a Bernardo un vibrante omaggio. In quel medesimo periodo il santo Abate scrisse le sue opere più famose, come i celeberrimi Sermoni sul Cantico dei Cantici. Negli ultimi anni della sua vita – la sua morte sopravvenne nel 1153 – Bernardo dovette limitare i viaggi, senza peraltro interromperli del tutto. Ne approfittò per rivedere definitivamente il complesso delle Lettere, dei Sermoni e dei Trattati. Merita di essere menzionato un libro abbastanza particolare, che egli terminò proprio in questo periodo, nel 1145, quando un suo allievo, Bernardo Pignatelli, fu eletto Papa col nome di Eugenio III. In questa circostanza, Bernardo, in qualità di Padre spirituale, scrisse a questo suo figlio spirituale il testo De Consideratione, che contiene insegnamenti per poter essere un buon Papa. In questo libro, che rimane una lettura conveniente per i Papi di tutti i tempi, Bernardo non indica soltanto come fare bene il Papa, ma esprime anche una profonda visione del mistero della Chiesa e del mistero di Cristo, che si risolve, alla fine, nella contemplazione del mistero di Dio trino e uno: “Dovrebbe proseguire ancora la ricerca di questo Dio, che non è ancora abbastanza cercato”, scrive il santo Abate “ma forse si può cercare meglio e trovare più facilmente con la preghiera che con la discussione. Mettiamo allora qui termine al libro, ma non alla ricerca” (XIV, 32: PL 182, 808), all’essere in cammino verso Dio.

Vorrei ora soffermarmi solo su due aspetti centrali della ricca dottrina di Bernardo: essi riguardano Gesù Cristo e Maria santissima, sua Madre. La sua sollecitudine per l’intima e vitale partecipazione del cristiano all’amore di Dio in Gesù Cristo non porta orientamenti nuovi nello statuto scientifico della teologia. Ma, in maniera più che mai decisa, l’Abate di Clairvaux configura il teologo al contemplativo e al mistico. Solo Gesù – insiste Bernardo dinanzi ai complessi ragionamenti dialettici del suo tempo – solo Gesù è “miele alla bocca, cantico all’orecchio, giubilo nel cuore (mel in ore, in aure melos, in corde iubilum)”. Viene proprio da qui il titolo, a lui attribuito dalla tradizione, di Doctor mellifluus: la sua lode di Gesù Cristo, infatti, “scorre come il miele”. Nelle estenuanti battaglie tra nominalisti e realisti – due correnti filosofiche dell’epoca - l’Abate di Chiaravalle non si stanca di ripetere che uno solo è il nome che conta, quello di Gesù Nazareno. “Arido è ogni cibo dell’anima”, confessa, “se non è irrorato con questo olio; insipido, se non è condito con questo sale. Quello che scrivi non ha sapore per me, se non vi avrò letto Gesù”. E conclude: “Quando discuti o parli, nulla ha sapore per me, se non vi avrò sentito risuonare il nome di Gesù” (Sermones in Cantica Canticorum XV, 6: PL 183,847). Per Bernardo, infatti, la vera conoscenza di Dio consiste nell’esperienza personale, profonda di Gesù Cristo e del suo amore. E questo, cari fratelli e sorelle, vale per ogni cristiano: la fede è anzitutto incontro personale, intimo con Gesù, è fare esperienza della sua vicinanza, della sua amicizia, del suo amore, e solo così si impara a conoscerlo sempre di più, ad amarlo e seguirlo sempre più. Che questo possa avvenire per ciascuno di noi!

In un altro celebre Sermone nella domenica fra l’ottava dell’Assunzione, il santo Abate descrive in termini appassionati l’intima partecipazione di Maria al sacrificio redentore del Figlio. “O santa Madre, - egli esclama - veramente una spada ha trapassato la tua anima!... A tal punto la violenza del dolore ha trapassato la tua anima, che a ragione noi ti possiamo chiamare più che martire, perché in te la partecipazione alla passione del Figlio superò di molto nell’intensità le sofferenze fisiche del martirio” (14: PL 183,437-438). Bernardo non ha dubbi: “per Mariam ad Iesum”, attraverso Maria siamo condotti a Gesù. Egli attesta con chiarezza la subordinazione di Maria a Gesù, secondo i fondamenti della mariologia tradizionale. Ma il corpo del Sermone documenta anche il posto privilegiato della Vergine nell’economia della salvezza, a seguito della particolarissima partecipazione della Madre (compassio) al sacrificio del Figlio. Non per nulla, un secolo e mezzo dopo la morte di Bernardo, Dante Alighieri, nell’ultimo canto della Divina Commedia, metterà sulle labbra del “Dottore mellifluo” la sublime preghiera a Maria: “Vergine Madre, figlia del tuo Figlio,/umile ed alta più che creatura,/termine fisso d’eterno consiglio, …” (Paradiso 33, vv. 1ss.).

Queste riflessioni, caratteristiche di un innamorato di Gesù e di Maria come san Bernardo, provocano ancor oggi in maniera salutare non solo i teologi, ma tutti i credenti. A volte si pretende di risolvere le questioni fondamentali su Dio, sull’uomo e sul mondo con le sole forze della ragione. San Bernardo, invece, solidamente fondato sulla Bibbia e sui Padri della Chiesa, ci ricorda che senza una profonda fede in Dio, alimentata dalla preghiera e dalla contemplazione, da un intimo rapporto con il Signore, le nostre riflessioni sui misteri divini rischiano di diventare un vano esercizio intellettuale, e perdono la loro credibilità. La teologia rinvia alla “scienza dei santi”, alla loro intuizione dei misteri del Dio vivente, alla loro sapienza, dono dello Spirito Santo, che diventano punto di riferimento del pensiero teologico. Insieme a Bernardo di Chiaravalle, anche noi dobbiamo riconoscere che l’uomo cerca meglio e trova più facilmente Dio “con la preghiera che con la discussione”. Alla fine, la figura più vera del teologo e di ogni evangelizzatore rimane quella dell’apostolo Giovanni, che ha poggiato il suo capo sul cuore del Maestro.

Vorrei concludere queste riflessioni su san Bernardo con le invocazioni a Maria, che leggiamo in una sua bella omelia. “Nei pericoli, nelle angustie, nelle incertezze, - egli dice - pensa a Maria, invoca Maria. Ella non si parta mai dal tuo labbro, non si parta mai dal tuo cuore; e perché tu abbia ad ottenere l'aiuto della sua preghiera, non dimenticare mai l'esempio della sua vita. Se tu la segui, non puoi deviare; se tu la preghi, non puoi disperare; se tu pensi a lei, non puoi sbagliare. Se ella ti sorregge, non cadi; se ella ti protegge, non hai da temere; se ella ti guida, non ti stanchi; se ella ti è propizia, giungerai alla meta...” (Hom. II super «Missus est», 17: PL 183, 70-71).

AMDG et DVM

lunedì 2 ottobre 2017

Angelo di Dio. "Ha dato ordine ai suoi Angeli per te" Sal 90,11.



Sermone di san Bernardo Abate
Sul Salmo Qui habitat.

"Ha dato ordine ai suoi Angeli per te" Sal 90,11
Meravigliosa degnazione, e tenerezza di carità veramente grande! 
Difatti: Chi? a chi? per chi? che cosa ha ordinato? Consideriamolo attentamente, fratelli, e fissiamocelo bene in mente questo ordine sì importante. 
Chi ha dato l'ordine? di chi sono gli Angeli? a chi obbediscono essi? la volontà di chi eseguiscono? «Egli ha dato ordine ai suoi Angeli per te, che ti custodiscano in tutte le tue vie» Sal 90,11. Né indugiano, anzi ti portano nelle loro mani. 

La sovrana Maestà dunque ha ordinato agli Angeli, e ai suoi Angeli. Cioè a quegli spiriti sublimi, altrettanto beati che vicini a lui e uniti e veramente famigliari, ha dato ordine per te. Chi sei tu? «Cos'è l'uomo che tu ti ricordi di lui? o il figlio dell'uomo da farne conto?» Sal 8,5; 143,4. Come se «l'uomo non fosse putredine, e il figlio dell'uomo un verme!» Gb 25,6. Ma qual ordine pensi ch'egli abbia dato per te? Che ti custodiscano.


Quanto rispetto ti deve imprimere questa parola, quanta devozione ispirare, quanta confidenza infondere ! Rispetto per la sua presenza, devozione per la benevolenza, confidenza per la custodia. Cammina con cautela, perché gli Angeli, secondo ch'è stato loro ordinato, ti accompagnano in tutte le tue vie. In qualsiasi dimora, in qualsiasi angolo, porta rispetto al tuo Angelo. Tu non osare in sua presenza ciò che non oseresti davanti a me. Dubiti forse della sua presenza, perché non lo vedi? Che (faresti) se lo udissi? che se lo toccassi? che se lo sentissi? Bada che non soltanto colla vista si comprova la presenza delle cose.



Pertanto, fratelli, amiamo in Dio con tenero affetto i suoi Angeli, coi quali dobbiamo essere un giorno suoi coeredi, e che intanto il Padre ha posto accanto a noi come guide e protettori. Di che temere con tali custodi? Essi non possono essere né superati né sedotti, e meno ancora possono sedurci, essi che ci custodiscono in tutte le nostre vie. Sono fedeli, sono prudenti, sono potenti: di che paventiamo? Basta che li seguiamo, siamo attaccati ad essi, e allora saremo sotto la protezione del Dio del cielo. Ogni volta dunque che ti senti stretto da violenta tentazione e minacciato da grave tribolazione, invoca il tuo custode, la tua guida, il tuo aiuto nella necessità e nella tribolazione; gridagli forte e digli; «Signore salvaci, siamo perduti» Mt 8,25.
V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.




Lettura del santo Vangelo secondo Matteo
Matt 18:1-10
In quell'occasione: S'accostarono a Gesù i discepoli, e gli dissero: Chi, secondo te, è il più grande nel regno dei cieli? Eccetera.

Omelia di sant'Ilario Vescovo
Comm. su Matteo, can. 18 dopo il principio



Il Signore ci insegna che solo riprendendo la natura di bambini entreremo nel regno dei cieli: cioè, distruggendo colla semplicità del bambino i vizi dei corpi e delle anime nostre. 


Egli poi chiama bambini tutti quelli che credono per la fede alla sua parola. I pargoli infatti obbediscono al padre, amano la madre, non sanno desiderare male al prossimo, non si curano delle ricchezze; non insolentiscono, non odiano, non mentono, credono a ciò che si dice, e quello che odono lo credono vero. 

Quindi bisogna ritornare alla semplicità dei pargoli; perché in questo stato, portiamo in noi l'immagine dell'umiltà del Signore.



«Guai al mondo per gli scandali» Mt18,7. L'umiliazione della passione è scandalo per il mondo. Ecco quel che sopratutto trattiene gli uomini nell'ignoranza, il non voler riconoscere sotto la ignominia della croce il Signore dell'eterna gloria. 


E che di più pericoloso per il mondo, che il non aver ricevuto Cristo? E perciò ha detto esser necessario che vi siano degli scandali; perché, per realizzare il mistero che ci deve rendere la vita eterna, l'umiliazione della croce deve essere completa in lui.


«Guardatevi dal disprezzare alcuno di questi piccini che credono in me» Mt 18,10. A quelli principalmente che veramente hanno creduto nel Signore, egli ha imposto il vincolo strettissimo del mutuo amore. Gli Angeli dei piccini infatti vedono Dio ogni giorno: «perché il Figlio dell’uomo è venuto a salvare ciò che era perduto» Mt 18,11. Così il Figlio dell'uomo salva, gli Angeli vedono Dio, e gli Angeli dei piccini presiedono alle preghiere dei fedeli. 


Che gli Angeli presiedano è dottrina certissima. Gli Angeli dunque offrono ogni giorno a Dio le preghiere dei piccini salvati da Cristo. Perciò è pericoloso disprezzare colui, i cui desideri e domande sono rapportate a Dio eterno e invisibile mediante l'ambito ministero degli Angeli, che formano la sua corte.
V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.


http://divinumofficium.com/cgi-bin/horas/officium.pl -1910 -


AVE MARIA PURISSIMA!

venerdì 28 ottobre 2016

Amplectámur Maríæ vestígia

V. Iube, Domine, benedicere.
Benedictio. Per Virginem Matrem concedat nobis Dominus salutem et pacem. Amen.

Lectio 3
Sermo sancti Bernardi Abbatis.
Ex Serm. in cap. 12. Apoc. ante med.

Amplectámur Maríæ vestígia, fratres mei, et devotíssima supplicatióne beátis illíus pédibus provolvamur. Teneámus eam nec dimittamus, donec benedíxerit nobis; potens est enim.

Nempe vellus est médium inter rorem et áream: mulier inter solem et lunam: Maria inter Christum et Ecclésiam constituta. Sed forte miráris, non tam vellus opertum rore, quam amíctam sole mulíerem. Magna síquidem familiaritas, sed mira omnino vicínitas solis et mulíeris. Quómodo enim in tam veheménti fervore tam frágilis natúra subsísti? Mérito quidem admiráris, Móyses sancte, et curiosius desideras intuéri.

Verúmtamen solve calceaménta de pédibus tuis, et involúcra pone carnalium cogitatiónum, si accédere concupiscis.

Tu autem Domine miserere nobis


19
V. Degnati, o padre, di benedirmi.
Benedizione. Tramite la Vergine Madre, ci conceda il Signore salute e pace. Amen.

Lettura 3
Sermone di san Bernardo Abate
Sermone sul cap. 12 del l'Apocalisse, prima della metà 
Baciamo, fratelli miei, le orme di Maria, e prostriamoci in devotissima preghiera ai suoi beati piedi. Stringiamola, e non lasciamola finché non ci abbia benedetti ; perché ella è potente.

Il vello disteso fra la terra e la rugiada, la donna fra il sole e la luna è Maria posta fra Cristo e la Chiesa.
Ma forse ti meraviglierà non tanto il vello ricoperto di rugiada, quanto la donna ammantata di sole. Certo è relazione sorprendente, è un ammirabile riavvicinamento quello del sole e d'una donna. Poiché come può resistere una natura sì fragile in mezzo a tanto ardente calore? Sì, giustamente ti stupisci, o santo Mosè, e desideri di contemplare più attentamente.
Tuttavia, se brami accostarti, « sciogli i calzari dai tuoi piedi » e deponi le pastoie dei pensieri carnali.
E tu, o Signore abbi misericordia di noi

sabato 22 agosto 2015

Non volger gli occhi da questa stella, Maria: guarda la stella, invoca Maria.


La Salve Regina

S. SCRITTURA:
"Dio mi possedette dall'inizio delle sue opere,
fin da principio, avanti la creazione. Ab eterno
fui stabilita, al principio, avanti che fosse stabilita
la terra: non erano ancora gli abissi, ed io
era già concepita. Non le sorgenti delle acque
rigurgitavano, non ancora le montagne s'erano
formate sulla grave mole. Prima delle colline io
ero partorita.
Egli non aveva ancora fatto né la terra, né i
fiumi, né i cardini del mondo. Quando preparava
i cieli io ero presente, quando con legge inviolabile
chiuse sotto la volta l'abisso, quando rese
stabile in alto la volta celeste e vi sospese le fonti
delle acque, quando fissava al mare i suoi confini
e dava legge alle acque di non passare il loro
termine, quando gettava i fondamenti della terra,
io ero con Lui a ordinare tutte le cose.
Sempre nella gioia, scherzavo dinnanzi a Lui
continuamente, scherzavo nell'universo: è la mia
delizia stare coi figli degli uomini.
Or dunque, figli, ascoltatemi: beati quelli che
battono le mie vie. Ascoltate i miei avvisi per
diventare saggi, non li ricusate. Beato l'uomo che
mi ascolta e veglia ogni giorno alla mia porta, e
aspetta all'ingresso della mia casa. Chi troverà
Me avrà trovata la vita, e riceverà dal Signore
la salute".
(Pr. 8,22-35). (Dal Messale: Festa dell'Immacolata).

LA SALVE REGINA, ripete tante verità dell'Ave
e ne esprime pure i sentimenti, ma si riveste
di un’espressione più tenera. La confidenza
filiale in Maria raggiunge qui la sua più larga
espansione. Il concetto che pervade tutta questa
preghiera, si è che Maria fu fatta Regina, non
perché godesse sola il suo trionfo, ma perché
mettesse a nostro servizio tutto il suo potere. Così
Ella ci può elargire tutte le sue grazie e basta un
solo suo sguardo amoroso per sollevarci dai
nostri mali, per farci vincere tutte le tentazioni, e
condurci sicuramente alla visione di Gesù, Dio.
Questo è espresso con tanta evidenza, con tanta
penetrazione psicologica e con tanta unzione, che
la Salve Regina è un vero capolavoro teologico
e pratico. S. Alfonso era così entusiasta della
Salve Regina, che prese a commentarla e su di
essa compose la parte principale della sua opera
immortale: «Le Glorie di Maria».

«In questo libretto – dice il Santo – lasciando
agli altri autori il descrivere gli altri pregi di
Maria, ho preso a parlare della sua gran pietà,
e della sua potente intercessione, avendo
raccolto per quanto ho potuto, con la fatica di più
anni, tutto quello che i Ss. Padri e gli autori più
celebri hanno detto della misericordia e della
potenza di Maria».

Salve. E' un compiacimento, un augurio, un
saluto. L'anima si compiace con Maria perché
ella è grande per natura e per grazia; è predestinata Corredentrice, Madre di Dio, sta a capo della creazione.
L'anima augura a Maria che cielo e terra La
riconoscano Regina, che tutti pongano in Lei
ogni confidenza, che la misericordia di Maria
popoli il cielo di Santi.

«Io voglio dirLe Salve a Maria, celeste visione
di amore, di speranza, di bellezza: voglio dirlo
con la riverenza stessa dell'Arcangelo Gabriele,
quando Le si presentò ambasciatore di Dio e
nunzio dell'incarnazione: quando si fermò in debita
distanza in devoto contegno; non osò chiamarla
col suo nome, ma disse: «Ave, o piena di
grazia». «Parea Gabriel che dicesse: Ave»: con
grazia perciò; con riverenza verso questa
eccelsa Regina.

«Io voglio dirLe Salve con le disposizioni di S.
Giuseppe quando l'incontrò la prima volta e la
riconobbe per Sposa Vergine destinatagli da Dio;
la Sposa Vergine che doveva custodire purissima;
la Sposa Vergine colla quale condivise dolori e
gioie, meriti e gloria. Disposizioni di carità,
di ossequio, di ammirazione.

«Io voglio dirLe Salve con le disposizioni di
S. Elisabetta, allorché Maria, andata con
sollecitudine a Lei, la salutò. Elisabetta restituì il
saluto e disse: E come mai ho io meritato che
venisse a me la Madre del mio Signore? Dal
momento che sei arrivata esultò nel mio seno il mio
bambino: beata Te che hai creduto, poiché si
adempiranno le promesse che hai sentite
(Lc. 1,43-45).

«Io voglio dirLe Salve come gli Angeli in
Paradiso, quando si accostano uno ad uno a questa
Regina per ossequiarla, per ricevere gli ordini,
per associarsi a Lei nel canto del Magnificat.

«Io voglio dirLe Salve con le disposizioni del
fanciullo Gesù, quando Maria, al mattino, si accostava
al suo lettino e gli sguardi del Bambino
s'incontravano con ineffabile amore con quelli
della Madre.

«Io voglio dirLe Salve come faceva San
Giovanni Evangelista che, avutaLa per madre,
La prese in casa, Le obbediva, L'onorava,
L'accompagnava nella preghiera».


Regina. La SS. Vergine è chiamata Regina
Apostolorum, Regina Prophetarum, Regina
Patriarcharurn, Regina Martyrum, Regina
Confessorum, Regina Virginum, Regina Sanctorum
omnium. 
Difatti in Lei sono radunate tutte le virtù,
grazie e glorie che si trovano divise tra i beati
cittadini del cielo; anzi in Lei, queste virtù, grazie
e glorie si trovano in un grado immensamente superiore. 
In Maria poi vi sono, di più, tanti privilegi, grazie e distinzioni che a nessuno degli altri Santi vennero concessi; 
infine, da Maria passò tutto quanto di bello e di grande fu dato ai
Santi tutti. 

Maria nacque Regina, perché destinata
a Madre di Gesù Cristo, Sommo Re; Maria
fu incoronata regina quando entrò in cielo e
venne esaltata su tutte le creature: «Exaltata est
Sancta Dei Genitrix super choros Angelorum ad
coelestia regna» (Liturg. dell'Assunta); Ella è
Figlia di Dio e Sposa dello Spirito Santo, ed anche
per questi titoli è Regina.

Maria è Regina del cielo e della terra; Regina
del Purgatorio, Regina delle Missioni, del Rosario,
della pace, di tutto; tutto viene sottomesso
a Lei perché Ella presiedette alla creazione, sta
a capo dell'elargizione della grazia, ed ha il più
alto grado nell'ordine della grazia.

Maria è anche Regina del Cuore di Gesù
formato dal suo sangue benedetto. S. Bernardino da
Siena scrive: «Tot creaturae serviunt gloriosae
Virgini, quod serviunt Trinitati, omnes namque
creaturae, sive Angeli sive homines, et omnia quae
sunt in coelo et in terra, quia omnia sunt divino
imperio subiecta, gloriosae Virgini sunt subiectae:
tutte le creature che servono Dio, servono
pure Maria SS., infatti, tutte le creature, sia
gli Angeli che gli uomini e tutto ciò che è in cielo
e in terra, perché soggette al divino impero,
sono pure sottomesse alla S. Vergine» (Trattato).

Regina mia voglio anch'io essere uno dei tuoi
sudditi d'amore; con lo spirito del B. Luigi M. Grignion De
Montfort, io mi dichiaro tuo servo e schiavo
d'amore oggi e sempre. Sono sicuro che se ti sarò
servo buono e affettuoso suddito sulla terra, sarò
pure concittadino di quella celeste Gerusalemme,
ove col tuo Figlio, regni in tutti i secoli.




Madre. Maria è nostra Madre. Ella ci ama
di un amore che supera quello di tutte le madri
vissute o viventi verso i loro figli.

Maria ci ama tanto per varie ragioni:
anzitutto:
L'amor di Dio e l'amor del prossimo sono in
proporzione, perché sono due fiammelle del
medesimo fuoco: S. Paolo fu instancabile nel suo
amore per gli uomini perché amava senza limiti
il suo Gesù.
La Madonna amò il Signore più di tutti, per
questo ama pure noi più di tutti gli Angeli e
Santi insieme.
La Madonna ci ama perché Gesù Cristo
raccomandò dalla Croce alle sue cure noi figliuoli;
per Lei ogni raccomandazione di Gesù è sacra,
tanto più quella che Le veniva in quel momento
da Gesù morente.
Maria ci ama inoltre perché poveri e miseri;
le madri spasimano al letto di un figlio morente
lasciando gli altri che sono sani. Per questo Maria
è chiamata pubblico ospedale, ma ospedale
gratuito; ora in siffatti ospedali due sono i
titoli per entrare: l'attestato di povertà e
l'infermità preferendosi sempre i più infermi
ed i più poveri.

Maria ancora ci ha generati nel dolore alla
vita della grazia. E' caro ciò che tanto costò, e
noi siamo costati a Maria molti dolori,
specialmente sul Calvario. Là, Maria divenne la
Regina dei Martiri per noi. «Magna est velut mare
contritio tua».



... Di misericordia... Alla SS. Vergine non fu
concesso il ministero della giustizia, riservato
invece al Figlio, in cui sono unite la grazia e la
giustizia; a Maria venne concesso la mediazione e la distribuzione della misericordia e della grazia soltanto.

Speciale questo suo regno: 
1) perché per Maria i peccatori, volendolo, possono sempre
sfuggire la giustizia, finché vivono, rifugiandosi
presso di Lei e invocando la grazia di un vero
pentimento, di una santa confessione e stabile
emendazione; 
2) per quel che dice S. Bernardo
a Maria: «Voi siete la Regina della misericordia,
e chi sono i sudditi della Misericordia se non i
miseri? Voi siete la Regina della Misericordia,
ed io sono il peccatore più miserabile di tutti;
dunque se io sono il più misero dei vostri
sudditi, Voi dovete avere di più cura di me che
di tutti gli altri. Voi potreste forse ricusare le
cause dei più miserabili, mentre siete stata
costituita Regina per i miseri?...; 

3) Maria è Madre anche dei peccatori che vogliono emendarsi. 
Ella ha l'istinto del Cuore di Gesù, il quale venne
per salvare ciò che era perduto; Maria è unita
alla stessa missione del Figlio; vuol dunque
cercare la pecorella smarrita e la dramma perduta.
«Ego mater peccatorum volentium se emendare»;
sono i malati che abbisognano del medico.



Vita. Vita dell'anima che vive di Gesù, della
grazia, di spirito soprannaturale.
A Maria chiediamo la grazia: «Queramus
gratiam et per Mariam queramus». S. Alfonso
pregava così la Madonna: «O Madre mia Maria,
io ho una gran confidenza in Voi. Da Voi aspetto
la grazia di piangere i miei peccati e la fortezza
per non più ricadervi. Se io sono infermo, Voi
siete la mia medichessa. Io so che il vostro
cuore trova conforto nel soccorrere i miserabili.
Consolate dunque me, consolate il vostro cuore,
consolate il Cuore di Gesù: vi cerco la grazia di Dio.
Chiediamo la Purezza. Chi si conserva puro
si salva; nell'inferno gli adulti vanno per impurità
o non senza questo peccato. Maria custodisca
il giglio dei giovani e la purezza riparata di
quelli che sono pentiti.

Ecco l'orazione di S. Luigi: «O Signora e
Madre mia, Maria SS., pieno di fiducia in Voi,
oggi e per sempre, in vita e nell'ora della mia
morte, io mi metto sotto la vostra singolare
custodia, e come in seno alla vostra misericordia;
raccomando l'anima e il corpo mio nelle vostre
mani; ripongo in Voi ogni speranza e consolazione,
tutte le angustie e miserie, la mia vita e il fine
di essa, affinché per la vostra intercessione
e per i meriti vostri ogni mia azione sia diretta
e disposta secondo la Vostra volontà e quella
del Vostro SS. Figlio Gesù. Così sia».

Dolcezza. Vivere con la Madre celeste è
di gran conforto in ogni ora della vita, perché
Maria conforta, solleva, porta anche di peso, se
occorre. Gli orfani volontari sono stolti: anche
Gesù volle questa Madre: saremo noi tanto
temerari da rifiutarla?

Chiediamo conforto a Maria. S. Bernardo esorta così: 
«O uomo, chiunque tu sia, già intendi
che su questa vita vai piuttosto ondeggiando fra
i pericoli e le procelle, che camminando sulla
terra; se non vuoi restar sommerso, non volger gli
occhi da questa stella, Maria: guarda la stella,
invoca Maria. Nei pericoli di peccare, nelle
molestie, nelle tentazioni, nei dubbi di ciò che devi
risolvere, pensa che Maria ti può aiutare e che,
chiamata, subito ti soccorre. Il suo potente nome
non parta mai dal tuo cuore con la confidenza, e
non mai dalla tua bocca con invocarLa.
Se segui Maria, non ti allontanerai dalla salute.
Se Ella ti tiene, non cadrai. Se Ella ti protegge,
non puoi temere di perderti. Se Ella ti guida,
senza fatica ti salverai. Insomma se Maria prende
a difenderti, certamente giungerai al regno dei beati
Quisquis te intelligis in huius saeculi
profluvio magis inter procellas et tempestates
fluctuare, quam per terram ambulare; ne avertas
oculos a fulgore huius sideris si non vis obrui
procellis. Respice stellam, voca Mariam. In periculis,
in angustiis, in rebus dubiis, Mariam cogita,
Mariam invoca. Non recedat ab ore, non recedat a
corde. Ipsam sequens, non devias; Ipsam rogans
non disperas; Ipsa tenente, non corruis; Ipsa
protegente, non metuis; Ipsa duce, non fatigaris; Ipsa
propitia, pervenis. Sic fac et vives».

Maria è dolcezza per i moribondi. 
S. Giovanni di Dio trovandosi in punto di morte aspettava
la visita di Maria di cui fu molto devoto. Non
vedendola comparire, era afflitto, ma quando fu
tempo, apparve la Divina Madre e lo riprese
dicendo: "Giovanni mio, che pensavi? Che io ti
avessi abbandonato? E non lo sai che io non so
abbandonare nell'ora della morte i miei devoti?
Non son venuta prima perché non era ancora
tempo, ora che è giusto, eccomi a prenderti:
andiamocene al Paradiso". Poco dopo il Santo spirò.
Speranza nostra... Speriamo che dalla bontà
di Dio Ella ci ottenga, con la sua intercessione,
il Paradiso e le grazie necessarie per conseguirlo.

Sono teneri i sentimenti di S. Bonaventura
verso il Signore e verso Maria. 
«Mi abbia il Signore quanto si voglia riprovato, io so 
che Egli non può negarsi a chi l'ama e a chi di cuore lo cerca.
Io l'abbraccerò col mio amore e se non mi
benedice non mai la lascerò, ed Egli senza me
non potrà partirsi e se altro non potrò, mi
nasconderò nelle sue piaghe. Ma se il mio Redentore,
per le mie colpe mi discaccerà, io mi butterò ai
piedi della sua Madre Maria, ed ivi prostrato non
mi partirò, finché Ella non mi ottenga il perdono.
Poiché questa Madre di misericordia non sa
respingere i miserabili che a Lei ricorrono per
aiuto, se non per obbligo, almeno per compassione 
non lascerà d'indurre il figlio a perdonarmi».

Mirateci dunque, o pietosissima nostra Madre,
concludiamo con Eutimio, poiché noi siamo vostri
servi e in Voi abbiamo riposta tutta la nostra
speranza: «Respice, o Mater misericordiosissima,
respice servos tuos, in Te enim omnem spem

nostram collocavimus».

ESEMPIO

S. VINCENZO DE' PAOLI 
                                   E LA SALVE REGINA

Il Santo si recava un giorno da Marsiglia a
Tolosa quando venne assalito da alcuni corsari
turchi; venne fatto prigioniero e condotto, secondo
il loro barbaro uso, al pubblico mercato per
essere quivi venduto. Dopo essere passato dalle
mani di due o tre maomettani, cadde poi in
potere di un cristiano di Nizza, che, rinnegata la
fede, attendeva in Tunisi alla mercatura.
Questo suo nuovo padrone era peggiore
ancora dei turchi e assai più feroce in maltrattarlo.
Ma che? L'invitta pazienza del povero schiavo
in mezzo alle più dure fatiche, la dolcezza
inalterabile, l'amore che portava ai suoi stessi
nemici, avevano fatto impressione sull'anima del
padrone e specialmente della sua moglie.
Questa gli disse poi una mattina:
– Vincenzo, cantaci qualche bella canzone
della vostra religione.
– Ah! signora mia – rispose Vincenzo –
chi è lontano dalla sua patria e dalla sua Chiesa
non può cantare inni di esultanza.
Come potremo noi cantare in terra straniera?
Vi ha però nella mia religione un cantico che
si addice a me povero esule ed io lo voglio
ripetere. E sì dicendo intonò con tanta dolcezza e
mestizia la Salve Regina che commosse fino alle
lacrime i suoi duri padroni.
Da quel giorno essi furono vinti dalle virtù del
Santo e dopo non molto si convertirono al
cristianesimo.
Così il Santo della Carità, con l'aiuto della
Vergine, liberava se stesso dalle catene corporali,
ridonava ai suoi padroni la santa libertà dei
figlioli di Dio e li sottraeva dai lacci di satana.

(Il Rosario perpetuo)
(da  "Maria nostra speranza" di san Giacomo Alberione)

INTERCEDE PRO ME, DOMINA,
APUD CHRISTUM FILIUM TUUM
ET NE DERELINQUAS ME IN VITA, NEQUE IN MORTE

martedì 9 settembre 2014

Primo, secondo, terzo e quarto Bacio


SERMONE II


I. Primo bacio: il desiderio con cui i padri sospiravano il Cristo. II. Secondo bacio: unico e singolare il bacio dell’uomo Cristo Gesù. III. Terzo bacio: il mistero di Cristo rivelato agli antichi. IV. Quarto bacio: la presenza di Cristo rivelata nella carne. Il segno di Achaz.


I. 1. Molto spesso, pensando all’ardente desiderio dei padri che sospiravano la presenza di Cristo nella carne, mi compungo e mi confondo in me stesso. E ora stento a trattenere le lacrime, tanto ho vergogna della tiepidezza e del torpore di questi miserevoli tempi. Chi di noi prova tanto gaudio per il tempo di grazia in cui ci è dato di vivere quanto è stato il loro desiderio acceso dalla promessa di questo dono? Ecco, pensate un po’ quanti godranno in occasione del Natale che tra poco celebreremo. Ma magari godessero per la natività del Salvatore! Dunque, queste parole: Mi baci con il bacio della sua bocca (Cant 1,1) esprimono per me l’ardente desiderio e l’affetto della pia attesa di quegli antichi giusti. Presentivano infatti nel loro spirito tutti quelli che allora potevano essere spirituali quanta sarebbe stata la grazia diffusa sulle sue labbra. Per questo, esprimendo il profondo desiderio dell’anima, ognuno di essi diceva: Mi baci con il bacio della sua bocca, bramando con tutto il cuore di non venire escluso dal partecipare a tanta dolcezza.

2. Diceva infatti ogni perfetto: Non mi bastano le belle parole dei Profeti... Egli piuttosto, il più bello tra i figli dell’uomo, mi baci con il bacio della sua bocca. Non mi interessa più Mosè: egli è divenuto per me impacciato nel parlare. Le labbra di Isaia sono immonde, Geremia non sa parlare, perché è un bambino, e tutti i Profeti sono senza eloquenza. Parli Colui stesso di cui essi parlano, egli mi baci con il bacio della sua bocca. Non mi parli ormai più in essi e per essi, perché il loro linguaggio è come acqua oscura e nube tenebrosa; ma egli stesso mi baci con il bacio della sua bocca, egli, la cui graziosa presenza è la ammirabile dottrina che scorre dalla sua bocca diventi in me fonte di acqua che sale alla vita eterna. Non mi verrà infusa più abbondante grazia se Colui che il Padre unse con l’olio di esultanza a preferenza dei suoi compagni, egli stesso si degnerà di baciarmi con il bacio della sua bocca? La sua parola viva ed efficace è davvero un bacio per me, non una congiunzione delle labbra, che talora è una bugiarda espressione di pace degli animi, ma vera infusione di gaudio, rivelazione di segreti, una certa e in qualche modo indiscreta mescolanza del lume supremo e della mente illuminata. Aderendo infatti a Dio, l’anima forma con lui un solo spirito. Giustamente perciò ricuso i sogni e le visioni, non voglio figure ed enigmi, non apprezzo neppure le apparizioni degli angeli. Perché il mio Gesù li supera di molto per la sua bellezza e il suo splendore. Non altri dunque, sia angelo, sia domo, ma lui prego di baciarmi con il baciò della sua bocca.

II. In verità non presumo di venire baciato dalla bocca di lui: è questa unica felicità e singolare prerogativa dell’umanità assunta; ma più umilmente chiedo di essere baciato con il bacio della stia bocca, la quale cosa è comune a molti, che possono dire: Anche noi tutti abbiamo ricevuto dalla sua pienezza (Gv 1,16).

3. Comprendete. La bocca che bacia è, per noi, il Verbo che assume la natura umana; quella che riceve il bacio è la carne che viene assunta; il bacio poi che risulta da chi bacia e da chi è baciato è la persona stessa che riunisce in sé l’uno e l’altra, il Mediatore di Dio e degli uomini, l’uomo Cristo Gesù. Per questa ragione nessuno, dei Santi aveva la presunzione di dire: «Mi baci con la sua bocca», ma soltanto: con il bacio della sua bocca; riservando quella prerogativa all’umanità di Cristo a cui singolarmente e una volta per sempre la bocca del Verbo si impresse quando le si un corporalmente tutta la pienezza della Divinità. Felice bacio e stupenda e ammirabile degnazione in cui, non una bocca si imprime a un’altra bocca, ma Dio si unisce all’uomo. E mentre nel bacio umano la congiunzione delle labbra significa l’unione degli animi, qui l’unione delle due, nature associa l’umano al divino, pacificando le cose della terra con quelle del cielo. Egli infatti è la nostra pace che fa di entrambe una cosa sola (Ef 2,14). A questo santo bacio, pertanto, erano rivolti i sospiri dei santi del tempo antico, i quali riponevano in esso la loro giocondità e la loro esultanza e presentivano essere in lui nascosti i tesori tutti della sapienza e della scienza, e bramavano di ricevere anch’essi dalla pienezza di lui.

4. Sento che vi piace quello che sto dicendo; ma sentite anche un altro senso.

III. Non fu ignorato dai santi dell’Antico Testamento che Dio, anche prima della venuta del Salvatore nutriva a riguardo del genere umano pensieri di pace. Infatti non faceva nulla sulla terra che non lo rivelasse ai suoi servi, i Profeti. Questa parola, tuttavia, era cosa nascosta per molti. Poiché in quel tempo era rara la fede sulla terra, e molto tenue la speranza, anche in parecchi di coloro che aspettavano la redenzione di Israele. Quelli poi che prevedevano la venuta di Cristo nella carne, la annunciavano insieme con la pace che essa avrebbe portato. Perciò diceva uno di loro: E vi sarà pace nella nostra terra quando verrà (Mi 5,5). Anzi, annunciavano con ferma fiducia che per Lui gli uomini avrebbero ricuperato la grazia di Dio, come era stato loro rivelato. Questo riconobbe adempiuto ai suoi tempi il precursore del Signore, Giovanni, e ne rese testimonianza: La grazia e la verità ci sono venute per Gesù Cristo (Gv 1,17); e che questo sia vero lo sperimenta oggi tutto il popolo cristiano.

5. Del resto, mentre essi preannunciavano la pace, e tardando a venire l’autore della pace, tentennava la fede del popolo, mancando chi redimesse e salvasse. Pertanto si lagnavano gli uomini per il ritardo, perché colui che tante volte era stato annunziato come Principe della pace non venisse ancora, come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo, sospiravano il segno della promessa riconciliazione, che è il bacio, come se agli annunziatori della pace uno qualsiasi del popolo rispondesse: «Fino, a quando ci terrete sospesi? Da tempo predicate la pace, e la pace non viene; promettete i beni, ed ecco i guai. Ecco, già molte volte e in molte maniere gli angeli lo hanno annunziato ai padri, e i nostri padri lo hanno annunziato a noi dicendo: Pace, e non c’è pace (Ger 6,14). Se Dio mi vuole persuadere del benevolo disegno della sua volontà che tanto sovente mi ha promesso attraverso i suoi portavoce, ma non ha ancora mostrato, mi baci con il bacio della sua bocca, e così, con questo segno di pace mi faccia sicuro che ormai la pace c’è. Come infatti credere alle parole? Bisogna che esse siano confermate dai fatti. Dia prove Iddio della veridicità dei suoi profeti, se pure hanno parlato in nome suo, e venga egli stesso dietro di loro, come spesso ha promesso, perché senza di lui non possono fare nulla. Ha mandato il servo, ha preso il suo bastone, ma non c’era ancora né voce, né vita. Non sorgo, non risuscito, non mi scuoto dalla polvere, non respiro nella speranza, se non viene il profeta stesso e mi baci col bacio della sua bocca.

6. Qui bisogna considerare che colui che si presenta come mediatore presso Dio è il Figlio di Dio, è Dio stesso. E che cosa è l’uomo perché si manifesti a lui, o il figlio dell’uomo perché venga da lui considerato? Quale fiducia in me, perché io osi affidarmi a tanta maestà? Come posso, dico, io terra e cenere, presumere che Dio abbia cura di me? Egli, inoltre, ama suo Padre, ma di me non ha bisogno, non gli occorrono i miei beni. Di dove dunque mi risulterà che egli non sia nei miei riguardi un mediatore parziale? Ma se è vero, come dite, che Dio ha decretato di usare misericordia, e nutre ancora pensieri di compiacenza per me, stabilisca il testamento di pace, e faccia con me un patto sempiterno nel bacio della sua bocca. Per non rendere vane le parole della sua bocca, si annichilisca, umili se stesso, si chini e mi baci con il bacio della sua bocca. Affinché il mediatore non sia sospetto a nessuna delle parti, come conviene, il Figlio di Dio e Dio egli stesso si faccia uomo, si faccia figlio dell’uomo, e me ne dia la certezza con il bacio della sua bocca. Ricevo sicuro come mediatore di Dio il Figlio suo, che riconosco anche come mediatore mio. Ormai non mi sarà più affatto sospetto: è infatti mio fratello e mia carne. Penso che non potrà disprezzarmi, lui che ormai è osso delle mie ossa e carne della mia carne.

7. Così dunque l’antica inimicizia esigeva il bacio sacrosanto, vale a dire, il mistero dell’incarnazione del Verbo, dal momento che cominciava a venir meno la fede, stanca per la lunga e faticosa aspettativa, e il popolo infedele, vinto dal tedio, mormorava contro le promesse di Dio. Non è un’invenzione mia, anche voi ritrovate questo leggendo la Scrittura. Questo significavano quelle lamentevoli voci piene di mormorazione: Ordina, riordina, aspetta e riaspetta: un poco qui, un poco qui (Is 28,10). Di qui quelle suppliche piene di ansietà: ricompensa, Signore, coloro che sperano in Te, affinché i tuoi profeti siano trovati veritieri (Eccli 36,18); e ancora: Adempi le profezie fatte nel tuo nome (Eccli 36,17). Di qui quelle dolci e consolanti promesse: Ecco apparirà il Signore e non mentirà; se tarda a venire aspettalo, perché verrà e non tarderà (Ab 2,3). E ancora: Prossimo è il tempo della sua venuta; ancora: Vicino a venire è il suo tempo e i suoi giorni non sono remoti (Is 14,1), e nella persona del promesso: Ecco io faccio scorrere verso di voi come un fiume la pace, e come un torrente in piena la ricchezza dei popoli (Is 66,12).
Da queste parole appare chiaramente sia l’istanza di coloro che a nome di Dio predicevano, sia la diffidenza dei popoli. E così la gente mormorava, e la fede tentennava e, secondo il vaticinio di Isaia gli annunciatori della pace amaramente piangevano (Is 33,7). Perché dunque tutto il genere umano, tardando a venire Cristo, non perisse per la disperazione, nel sospetto che l’inferma mortalità venisse tenuta in dispregio, e diffidasse ormai della grazia della sua riconciliazione con Dio, tante volte promessa, i santi, che erano certi dello spirito, bramavano la certezza che doveva venire dalla presenza della carne, e per i pusillanimi e gli increduli sollecitavano istantissimamente il segno del ristabilimento della pace.

8. O radice di Jesse, che stai come segno dei popoli, quanti re e profeti ti hanno voluto vedere e non ti videro!

IV. Ma felice tra tutti Simeone, che nella sua vecchiaia vide la grande misericordia! Egli invero bramava di vedere il segno tanto desiderato: lo vide, e ne fu pieno di gaudio; e, avendo ricevuto il bacio di pace, fu lasciato andare in pace, profetando tuttavia prima apertamente che Gesù era nato come segno a cui si sarebbe contraddetto... E fu così davvero. Fu segno di contraddizione, ma da parte di coloro che odiano la pace: poiché pace è per gli uomini di buona volontà, ai malvagi è pietra di scandalo e di inciampo; Erode (dice il Vangelo), si turbò, e tutta Gerusalemme insieme con lui: in realtà Egli venne tra la sua gente, ma i suoi non lo ricevettero (Gv 1,11). Felici quei pastori che vegliavano e che furono giudicati degni di vedere questo segno. Già allora (Gesù) si nascondeva ai sapienti e ai prudenti, e si manifestava ai piccoli. Anche Erode volle vederlo, ma non lo meritò, perché la sua volontà non era buona. Infatti, il segno della pace veniva dato solo agli uomini di buona volontà; a erode, invece, e ai suoi pari non sarà dato se non il segno del profeta Giona. E poi l’angelo soggiunge ai pastori: Questo sarà per voi il segno (Lc 2,12), per voi umili, per voi obbedienti, per voi che non pretendete di saperla lunga, per voi che vigilate e meditate giorno e notte nella legge del Signore, per voi questo sarà il segno. Quale? Quello che gli angeli promettevano, quello che i popoli cercavano, quello che i profeti avevano predetto, questo ha fatto ora il Signore Gesù, e lo ha mostrato a voi. In questo segno ricevano la fede gli increduli, la speranza i pusillanimi, i perfetti la sicurezza. Questo dunque per voi il segno. Segno di che cosa? Di indulgenza, di grazia, di pace, e di una pace che non avrà fine. Questo dunque il segno: Troverete un bambino avvolto in fasce e posto in una mangiatoia (Lc 2,12). Ma in quel bambino c’è Dio che riconcilia a sé il mondo. Morirà per i vostri peccati e risorgerà per la vostra santificazione, affinché, giustificati mediante la fede, siate in pace con Dio. Questo segno di pace era quello che il profeta proponeva al re Achaz di chiedere al Signore Dio suo, sia al di sopra nel cielo, sia nel profondo degli inferi. Ma l’empio re ricusò, non credendo, il misero, che in questo segno si sarebbero associate nella pace le cose infime alle superne, in quanto gli inferi avrebbero ricevuto anch’essi il segno di pace, salutati nel bacio santo allorché il Signore sarebbe disceso da loro, mentre gli spiriti superni avrebbero partecipato al medesimo, al ritorno di Cristo nel cielo.

9. Il discorso deve finire; per riassumere brevemente quanto abbiamo detto, appare chiaro che questo santo bacio è stato dato necessariamente al mondo per due ragioni: per sostenere la fede dei deboli, e soddisfare al desiderio dei perfetti; pertanto, questo bacio altro non è che il mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo, che con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna Dio per tutti i secoli dei secoli.