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martedì 31 marzo 2020

Con la nostra preghiera fedele e costante, possiamo aprire finestre verso il Cielo di Dio


La preghiera attraversa tutta la vita di Gesù

Cari fratelli e sorelle,
nelle ultime catechesi abbiamo riflettuto su alcuni esempi di preghiera nell’Antico Testamento, oggi vorrei iniziare a guardare a Gesù, alla sua preghiera, che attraversa tutta la sua vita, come un canale segreto che irriga l’esistenza, le relazioni, i gesti e che lo guida, con progressiva fermezza, al dono totale di sé, secondo il progetto di amore di Dio Padre. Gesù è il maestro anche delle nostre preghiere, anzi Egli è il sostegno attivo e fraterno di ogni nostro rivolgerci al Padre. Davvero, come sintetizza un titolo del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, «la preghiera è pienamente rivelata ed attuata in Gesù» (541-547). A Lui vogliamo guardare nelle prossime catechesi.

Un momento particolarmente significativo di questo suo cammino è la preghiera che segue il battesimo a cui si sottopone nel fiume Giordano. L'Evangelista Luca annota che Gesù, dopo aver ricevuto, insieme a tutto il popolo, il battesimo per mano di Giovanni il Battista, entra in una preghiera personalissima e prolungata: «Mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo» (Lc 3,21-22). Proprio questo «stare in preghiera», in dialogo con il Padre illumina l'azione che ha compiuto insieme a tanti del suo popolo, accorsi alla riva del Giordano. Pregando, Egli dona a questo suo gesto, del battesimo, un tratto esclusivo e personale.

Il Battista aveva rivolto un forte appello a vivere veramente come «figli di Abramo», convertendosi al bene e compiendo frutti degni di tale cambiamento (cfr Lc 3,7-9). E un gran numero di Israeliti si era mosso, come ricorda l’Evangelista Marco, che scrive: «Accorrevano… [a Giovanni] tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati» (Mc 1,5). Il Battista portava qualcosa di realmente nuovo: sottoporsi al battesimo doveva segnare una svolta determinante, lasciare una condotta legata al peccato ed iniziare una vita nuova. Anche Gesù accoglie questo invito, entra nella grigia moltitudine dei peccatori che attendono sulla riva del Giordano. Ma, come ai primi cristiani, anche in noi sorge la domanda: perché Gesù si sottopone volontariamente a questo battesimo di penitenza e di conversione? Non ha da confessare peccati, non aveva peccati, quindi anche non aveva bisogno di convertirsi. Perché allora questo gesto? L’Evangelista Matteo riporta lo stupore del Battista che afferma: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?» (Mt 3,14) e la risposta di Gesù: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia» (v. 15). Il senso della parola «giustizia» nel mondo biblico è accettare pienamente la volontà di Dio. Gesù mostra la sua vicinanza a quella parte del suo popolo che, seguendo il Battista, riconosce insufficiente il semplice considerarsi figli di Abramo, ma vuole compiere la volontà di Dio, vuole impegnarsi perché il proprio comportamento sia una risposta fedele all’alleanza offerta da Dio in Abramo. Discendendo allora nel fiume Giordano, Gesù, senza peccato, rende visibile la sua solidarietà con coloro che riconoscono i propri peccati, scelgono di pentirsi e di cambiare vita; fa comprendere che essere parte del popolo di Dio vuol dire entrare in un’ottica di novità di vita, di vita secondo Dio.

In questo gesto Gesù anticipa la croce, dà inizio alla sua attività prendendo il posto dei peccatori, assumendo sulle sue spalle il peso della colpa dell’intera umanità, adempiendo la volontà del Padre. Raccogliendosi in preghiera, Gesù mostra l’intimo legame con il Padre che è nei Cieli, sperimenta la sua paternità, coglie la bellezza esigente del suo amore, e nel colloquio con il Padre riceve la conferma della sua missione. Nelle parole che risuonano dal Cielo (cfr Lc 3,22) vi è il rimando anticipato al mistero pasquale, alla croce e alla risurrezione. La voce divina lo definisce «Il Figlio mio, l’amato», richiamando Isacco, l'amatissimo figlio che il padre Abramo era disposto a sacrificare, secondo il comando di Dio (cfr Gen 22,1-14). Gesù non è solo il Figlio di Davide discendente messianico regale, o il Servo di cui Dio si compiace, ma è anche il Figlio unigenito, l’amato, simile a Isacco, che Dio Padre dona per la salvezza del mondo. Nel momento in cui, attraverso la preghiera, Gesù vive in profondità la propria figliolanza e l’esperienza della paternità di Dio (cfr Lc 3,22b), discende lo Spirito Santo (cfr Lc 3,22a), che lo guida nella sua missione e che Egli effonderà dopo essere stato innalzato sulla croce (cfr Gv 1,32-34; 7,37-39), perché illumini l’opera della Chiesa. Nella preghiera, Gesù vive un ininterrotto contatto con il Padre per realizzare fino in fondo il progetto di amore per gli uomini.

Sullo sfondo di questa straordinaria preghiera sta l’intera esistenza di Gesù vissuta in una famiglia profondamente legata alla tradizione religiosa del popolo di Israele. Lo mostrano i riferimenti che troviamo nei Vangeli: la sua circoncisione (cfr Lc 2,21) e la sua presentazione al tempio (cfr Lc 2,22-24), come pure l’educazione e la formazione a Nazaret, nella santa casa (cfr Lc 2,39-40 e 2,51-52). Si tratta di «circa trent’anni» (Lc 3,23), un tempo lungo di vita nascosta e feriale, anche se con esperienze di partecipazione a momenti di espressione religiosa comunitaria, come i pellegrinaggi a Gerusalemme (cfr Lc 2,41). Narrandoci l'episodio di Gesù dodicenne nel tempio, seduto in mezzo ai maestri (cfr Lc 2,42-52), l'evangelista Luca lascia intravedere come Gesù, che prega dopo il battesimo al Giordano, ha una lunga abitudine di orazione intima con Dio Padre, radicata nelle tradizioni, nello stile della sua famiglia, nelle esperienze decisive in essa vissute. La risposta del dodicenne a Maria e Giuseppe indica già quella filiazione divina, che la voce celeste manifesta dopo il battesimo: «Perché mi cercavate? Non sapete che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49). Uscito dalle acque del Giordano, Gesù non inaugura la sua preghiera, ma continua il suo rapporto costante, abituale con il Padre; ed è in questa unione intima con Lui che compie il passaggio dalla vita nascosta di Nazaret al suo ministero pubblico.

L’insegnamento di Gesù sulla preghiera viene certo dal suo modo di pregare acquisito in famiglia, ma ha la sua origine profonda ed essenziale nel suo essere il Figlio di Dio, nel suo rapporto unico con Dio Padre. Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica risponde alla domanda: Da chi Gesù ha imparato a pregare?, così: «Gesù, secondo il suo cuore di uomo, ha imparato a pregare da sua Madre e dalla tradizione ebraica. Ma la sua preghiera sgorga da una sorgente più segreta, poiché è il Figlio eterno di Dio che, nella sua santa umanità, rivolge a suo Padre la preghiera filiale perfetta» (541).

Nella narrazione evangelica, le ambientazioni della preghiera di Gesù si collocano sempre all'incrocio tra l’inserimento nella tradizione del suo popolo e la novità di una relazione personale unica con Dio. «Il luogo deserto» (cfr Mc 1,35; Lc 5,16) in cui spesso si ritira, «il monte» dove sale a pregare (cfr Lc 6,12; 9,28), «la notte» che gli permette la solitudine (cfr Mc 1,35; 6,46-47; Lc 6,12) richiamano momenti del cammino della rivelazione di Dio nell’Antico Testamento, indicando la continuità del suo progetto salvifico. Ma al tempo stesso, segnano momenti di particolare importanza per Gesù, che consapevolmente si inserisce in questo piano, fedele pienamente alla volontà del Padre.

Anche nella nostra preghiera noi dobbiamo imparare, sempre di più, ad entrare in questa storia di salvezza di cui Gesù è il vertice, rinnovare davanti a Dio la nostra decisione personale di aprirci alla sua volontà, chiedere a Lui la forza di conformare la nostra volontà alla sua, in tutta la nostra vita, in obbedienza al suo progetto di amore per noi.

La preghiera di Gesù tocca tutte le fasi del suo ministero e tutte le sue giornate. Le fatiche non la bloccano. I Vangeli, anzi, lasciano trasparire una consuetudine di Gesù a trascorrere in preghiera parte della notte. L'Evangelista Marco racconta una di queste notti, dopo la pesante giornata della moltiplicazione dei pani e scrive: «E subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra» (Mc 6,45-47). Quando le decisioni si fanno urgenti e complesse, la sua preghiera diventa più prolungata e intensa. Nell’imminenza della scelta dei Dodici Apostoli, ad esempio, Luca sottolinea la durata notturna della preghiera preparatoria di Gesù: «In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli» (Lc 6,12-13).

Guardando alla preghiera di Gesù, deve sorgere in noi una domanda: come prego io? come preghiamo noi? Quale tempo dedico al rapporto con Dio? Si fa oggi una sufficiente educazione e formazione alla preghiera? E chi può esserne maestro?

Nell’Esortazione apostolica Verbum Domini ho parlato dell’importanza della lettura orante della Sacra Scrittura. Raccogliendo quanto emerso nell’Assemblea del Sinodo dei Vescovi, ho posto un accento particolare sulla forma specifica della lectio divina. Ascoltare, meditare, tacere davanti al Signore che parla è un'arte, che si impara praticandola con costanza. Certamente la preghiera è un dono, che chiede, tuttavia, di essere accolto; è opera di Dio, ma esige impegno e continuità da parte nostra; soprattutto, la continuità e la costanza sono importanti.

Proprio l’esperienza esemplare di Gesù mostra che la sua preghiera, animata dalla paternità di Dio e dalla comunione dello Spirito, si è approfondita in un prolungato e fedele esercizio, fino al Giardino degli Ulivi e alla Croce.

Oggi i cristiani sono chiamati a essere testimoni di preghiera, proprio perché il nostro mondo è spesso chiuso all'orizzonte divino e alla speranza che porta l’incontro con Dio. Nell’amicizia profonda con Gesù e vivendo in Lui e con Lui la relazione filiale con il Padre, attraverso la nostra preghiera fedele e costante, possiamo aprire finestre verso il Cielo di Dio. Anzi, nel percorrere la via della preghiera, senza riguardo umano, possiamo aiutare altri a percorrerla: anche per la preghiera cristiana è vero che, camminando, si aprono cammini.

Cari fratelli e sorelle, educhiamoci ad un rapporto con Dio intenso, ad una preghiera che non sia saltuaria, ma costante, piena di fiducia, capace di illuminare la nostra vita, come ci insegna Gesù. E chiediamo a Lui di poter comunicare alle persone che ci stanno vicino, a coloro che incontriamo sulla nostra strada, la gioia dell’incontro con il Signore, luce per la nostra l’esistenza. Grazie.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

giovedì 22 dicembre 2016

Imitiamo Maria nel tempo di Natale

Benedetto XVI Angelus 2012
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BENEDETTO XVI
ANGELUS
Piazza San PietroIV Domenica di Avvento, 23 dicembre 2012
 
Cari fratelli e sorelle!

In questa IV domenica di Avvento, che precede di poco il Natale del Signore, il Vangelo narra la visita di Maria alla parente Elisabetta. Questo episodio non rappresenta un semplice gesto di cortesia, ma raffigura con grande semplicità l’incontro dell’Antico con il Nuovo Testamento. Le due donne, entrambe incinte, incarnano infatti l’attesa e l’Atteso. L’anziana Elisabetta simboleggia Israele che attende il Messia, mentre la giovane Maria porta in sé l’adempimento di tale attesa, a vantaggio di tutta l’umanità. Nelle due donne si incontrano e riconoscono prima di tutto i frutti dei loro grembi, Giovanni e Cristo. Commenta il poeta cristiano Prudenzio: «Il bambino contenuto nel grembo senile saluta, attraverso la bocca di sua madre, il Signore figlio della Vergine» (Apotheosis, 590: PL 59, 970). L’esultanza di Giovanni nel grembo di Elisabetta è il segno del compimento dell’attesa: Dio sta per visitare il suo popolo. Nell’Annunciazione l’arcangelo Gabriele aveva parlato a Maria della gravidanza di Elisabetta (cfr Lc 1,36) come prova della potenza di Dio: la sterilità, nonostante l’età avanzata, si era trasformata in fertilità.

Elisabetta, accogliendo Maria, riconosce che si sta realizzando la promessa di Dio all’umanità ed esclama: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?» (Lc 1,42-43).

L’espressione «benedetta tu fra le donne» è riferita nell’Antico Testamento a Giaele (Gdc 5,24) e a Giuditta (Gdt 13,1), due donne guerriere che si adoperano per salvare Israele. Ora invece è rivolta a Maria, giovinetta pacifica che sta per generare il Salvatore del mondo. Così anche il sussulto di gioia di Giovanni (cfr Lc 1,44) richiama la danza che il re Davide fece  quando accompagnò l’ingresso dell’Arca dell’Alleanza in Gerusalemme (cfr 1 Cr 15,29).

L’Arca, che conteneva le tavole della Legge, la manna e lo scettro di Aronne (cfr Eb 9,4), era il segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Il nascituro Giovanni esulta di gioia davanti a Maria, Arca della nuova Alleanza, che porta in grembo Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo.

La scena della Visitazione esprime anche la bellezza dell’accoglienza: dove c’è accoglienza reciproca, ascolto, il fare spazio all’altro, lì c’è Dio e la gioia che viene da Lui.
Imitiamo Maria nel tempo di Natale, facendo visita a quanti vivono un disagio, in particolare gli ammalati, i carcerati, gli anziani e i bambini. E imitiamo anche Elisabetta che accoglie l’ospite come Dio stesso: senza desiderarlo non conosceremo mai il Signore, senza attenderlo non lo incontreremo, senza cercarlo non lo troveremo. Con la stessa gioia di Maria che va in fretta da Elisabetta (cfr Lc 1,39), anche noi andiamo incontro al Signore che viene. Preghiamo perché tutti gli uomini cerchino Dio, scoprendo che è Dio stesso per primo a venire a visitarci.

A Maria, Arca della Nuova ed Eterna Alleanza, affidiamo il nostro cuore, perché lo renda degno di accogliere la visita di Dio nel mistero del suo Natale.
AVE MARIA PURISSIMA!

martedì 26 luglio 2016

VI PREGO: SIATE SANTAMENTE CURIOSI: LEGGETE ATTENTAMENTE IL POST E FATEVI UNA VOSTRA OPINIONE: CERTE COSE NEL VANGELO BISOGNA ... SCOVARLE. - "Circola la voce che Giovanni Battista non sia morto".

Il lievito... e GIOVANNI BATTISTA... e PIETRO che dice la Verità


Mi piace riportare questo passo del capitolo 343 dell'Opera di Maria Valtorta dove leggiamo quello che pensava e diceva la gente circa il Battista e la sua sparizione o trasporto altrove  per mano d'angeli: arriva il giorno in cui con certezza sapremo la verità su questi fatti misteriosi pur riferiti dai santi Vangeli


Dal cap. 343 ...
(E' Gesù che parla) «Perché avete paura di rimanere senza pane per la vostra fame? Anche se tutti qui fossero sadducei e farisei, non rimarreste senza cibo per il mio consiglio. Non è di quel lievito che è nel pane che Io parlo. 
Perciò potrete comperare dove vi pare il pane per i vostri ventri. E se nessuno ve lo volesse vendere, non rimarreste senza pane lo stesso. 
Non vi ricordate dei cinque pani con cui si sfamarono cinquemila persone? 
Non vi ricordate che ne coglieste dodici panieri colmi di avanzi? 
Potrei fare per voi, che siete dodici e avete un pane, ciò che feci per cinquemila con cinque pani. 

Non capite a quale lievito alludo? A quello che gonfia nel cuore dei farisei, sadducei e dottori, contro di Me. È odio, quello. Ed è eresia

Ora voi state andando verso l’odio come fosse entrato in voi parte del lievito farisaico. 
Non si deve odiare neppure chi ci è nemico. 
Non aprite neppure uno spiraglio a ciò che non è Dio. 
Dietro al primo entrerebbero altri elementi contrari a Dio. 
Talora, per troppo volere combattere con armi uguali i nemici, si finisce a perire o a essere vinti. E, vinti che siate, potreste per contatto assorbire le loro dottrine. No. Abbiate carità e riservatezza. 

Voi non avete ancora in voi ancora tanto da poterle combattere, queste dottrine, senza esserne infettati. Perché alcuni elementi di esse li avete pure voi. E l’astio per loro ne è uno. 

Ancora vi dico che essi potrebbero cambiare metodo per sedurvi e levarvi a Me, usandovi mille gentilezze, mostrandosi pentiti, desiderosi di fare pace. 
Non dovete sfuggirli. Ma quando essi cercheranno darvi le loro dottrine, sappiate non accoglierle. Ecco quale è il lievito di cui parlo. Il malanimo, che è contro l’amore, e le false dottrine. Vi dico: siate prudenti ». 130 

«Quel segno che i farisei chiedevano ieri era “lievito”, Maestro? », chiede Tommaso. 
«Era lievito e veleno ». 
«Hai fatto bene a non darglielo ». 
«Ma glielo darò un giorno ». 
«Quando? Quando? », chiedono curiosi. 
«Un giorno… ». 
«E che segno è? Non lo dici neppure a noi, i tuoi apostoli? Perché lo si possa riconoscere subito », chiede voglioso Pietro. 
«Voi non dovreste avere bisogno di un segno ».

«Oh! non per poter credere in Te! Non siamo la gente che ha molti pensieri, noi. Noi ne abbiamo uno solo: amare Te », dice veementemente Giacomo di Zebedeo. 

«Ma la gente, voi che l’avvicinate, così alla buona, più di Me, e senza la soggezione che Io posso incutere, che dice che Io sia? E come definisce il Figlio dell’uomo? ». 

«Chi dice che tu sei Gesù, ossia il Cristo, e sono i migliori. Gli altri ti dicono Profeta, altri solo Rabbi, e altri, Tu lo sai, ti dicono pazzo e indemoniato ». 

«Qualcuno usa per Te il nome stesso che Tu ti dai, e ti dice: “Figlio dell’uomo” ». 

«E alcuni anche dicono che ciò non può essere, perché il Figlio dell’uomo è ben altra cosa. Né è sempre negazione questa. Perché in fondo essi ammettono che Tu sei da più del Figlio dell’uomo: sei il Figlio di Dio. 
Altri invece dicono che Tu non sei neppure il Figlio dell’uomo, ma un povero uomo che satana agita o che sconvolge la demenza. Tu vedi che i pareri sono molti e tutti diversi », dice Bartolomeo. 

«Ma per la gente chi è dunque il Figlio dell’uomo? ». 

«E’ un uomo nel quale siano tutte le virtù più belle dell’uomo, un uomo che raduni in sé tutti i requisiti di intelligenza, sapienza, grazia che pensiamo fossero in Adamo, e taluni a questi requisiti aggiungono quello del non morire. 

Tu sai che già circola la voce che Giovanni Battista non sia morto. 

Ma solo trasportato altrove dagli angeli, 

e che Erode, per non dirsi vinto da Dio, e più ancora Erodiade, 

abbiano ucciso un servo e, sottratto il capo di lui, abbiano mostrato come cadavere del Battista il corpo mutilato del servo. 

Tante ne dice la gente! Perciò pensano in molti che il Figlio dell’uomo sia o Geremia, o Elia, o qualcuno dei Profeti e anche lo stesso Battista, nel quale era grazia e sapienza, e si diceva il Precursore del Cristo. 

Cristo: l’Unto di Dio. Il Figlio dell’uomo: un grande uomo nato dall’uomo. 

Non possono ammettere in molti, o non lo vogliono ammettere, che Dio abbia potuto mandare suo Figlio sulla Terra. 

Tu lo hai detto ieri: “Crederanno solo coloro che sono convinti della infinita bontà di Dio”. Israele crede nel rigore di Dio più che nella sua bontà… », dice ancora Bartolomeo. 

«Già. Si sentono infatti tanto indegni che giudicano impossibile che Dio sia tanto buono da mandare il suo Verbo per salvarli. Fa ostacolo al loro credere in ciò lo stato degradato della loro anima », conferma lo Zelote
E aggiunge: «Tu lo dici che sei il Figlio di Dio e dell’uomo. Infatti in Te è ogni grazia e sapienza come uomo. Ed io credo che realmente chi fosse nato da un Adamo in grazia ti avrebbe somigliato per bellezza e intelligenza ed ogni altra dote. E in Te brilla Dio per la potenza. 

Ma chi lo può credere fra coloro che si credono dèi e misurano Dio su se stessi, nella loro superbia infinita? 

Essi, i crudeli, gli odiatori, i rapaci, gli impuri, non possono certo pensare che Dio abbia spinto la sua dolcezza a dare Se stesso per redimerli, il suo amore a salvarli, la sua generosità a darsi in balìa dell’uomo, la sua purezza a sacrificarsi fra noi. 
Non lo possono, no, essi che sono così inesorabili e cavillosi a cercare e punire le colpe ». 

«E voi chi dite che Io sia? Ditelo proprio per vostro giudizio, senza tenere conto delle mie parole o di quelle altrui. Se foste obbligati a giudicarmi, che direste che Io sia? ». 

«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente », grida Pietro inginocchiandosi a braccia tese verso l’alto, verso Gesù, che lo guarda con un volto tutto luce e che si curva a rialzarlo per abbracciarlo dicendo:

«Te beato, o Simone, figlio di Giona! Perché non la carne né il sangue te lo ha rivelato, ma il Padre mio che è nei Cieli. 

Dal primo giorno che venisti a Me ti sei fatto questa domanda, e poiché eri semplice e onesto hai saputo comprendere e accettare la risposta che ti veniva dai Cieli. 


Tu non vedesti manifestazioni soprannaturali come tuo fratello e Giovanni e Giacomo. 


Tu non conoscevi la mia santità di figlio, di operaio, di cittadino come Giuda e Giacomo, miei fratelli. 


Tu non ricevesti miracolo né vedesti farne, né ti diedi segno di potenza come feci e come videro Filippo, Natanaele, Simon Cananeo, Tommaso, Giuda. 


Tu non fosti soggiogato dal mio volere come Levi il pubblicano. 


Eppure tu hai esclamato: “Egli è il Cristo!”

Dalla prima ora che mi hai visto, hai creduto, né mai la tua fede fu scossa. 

Per questo io ti ho chiamato Cefa. E per questo su te, Pietra, Io edificherò la mia Chiesa, e la porte dell’inferno non prevarranno contro di lei. 


A te darò le chiavi del Regno dei Cieli. 


E qualunque cosa avrai legato sulla Terra sarà legata anche nei Cieli. 


E qualunque cosa avrai sciolta sulla Terra sarà sciolta anche nei Cieli, o uomo fedele e prudente di cui ho potuto provare il cuore. 


E qui, da questo momento, tu sei il capo, al quale va data ubbidienza e rispetto come ad un altro Me stesso. 


E tale lo proclamo davanti a tutti voi »

Se Gesù avesse schiacciato Pietro sotto una grandine di rimproveri, il pianto di Pietro non sarebbe stato così alto. 
Piange tutto scosso dai singhiozzi, col volto sul petto di Gesù. 
Un pianto che avrà solo riscontro in quello in frenabile del suo dolore di rinnegatore di Gesù. 
Ora è pianto fatto di mille sentimenti umili e buoni… 
Un altro poco dell’antico Simone – il pescatore di Betsaida che al primo annuncio del fratello aveva riso dicendo: «Il Messia appare a te!… Proprio! », incredulo e ridanciano – un poco tanto dell’antico Simone si sgretola sotto quel pianto per fare apparire, sotto la crosta assottigliata della sua umanità, sempre più nettamente il Pietro, pontefice della Chiesa di Cristo. 

Quando alza il viso, timido, confuso, non sa che fare un atto per dire tutto, per promettere tutto, per rinforzarsi tutto al nuovo ministero: quello di gettare le sue braccia corte e muscolose al collo di Gesù e obbligarlo a chinarsi per baciarlo, mescolando i suoi capelli, la sua barba, un poco ispidi e brizzolati, ai capelli e alla barba morbidi e dorati di Gesù, guardandolo poi con uno sguardo adorante, amoroso, supplichevole, degli occhi un poco bovini, lucidi e rossi delle lacrime sparse, tenendo nelle sue mani callose, larghe, tozze, il viso ascetico del Maestro curvo sul suo, come fosse un vaso da cui fluisse liquore vitale… e beve, beve, beve con dolcezza e grazia, sicurezza e forza, da quel viso, da quegli occhi, da quel sorriso… 
Si sciolgono infine, tornando ad andare verso Cesarea di Filippo, 

e Gesù dice a tutti: «Pietro ha detto la verità. Molti l’intuiscono, voi la sapete. Ma voi, per ora, non dite ad alcuno ciò che è il Cristo nella verità completa di ciò che sapete (è una raccomandazione di Gesù che si ritrova anche in altre occasioni e la cui ragione è quasi sempre nei rispettivi contesti come qui, o in una nota come in Cap 349. Maria Ss. Ne darà una spiegazione più profonda nel Cap 642 Vol 10). Lasciate che Dio parli nei cuori come parla nel vostro. In verità vi dico che quelli che alle mie asserzioni o alle vostre aggiungono la fede perfetta e il perfetto amore, giungono a sapere il vero significato delle parole “Gesù, il Cristo, il Verbo, il Figlio dell’uomo e di Dio” ». 

http://www.conchiglia.mx/XVA3MDC/VATICANO/15.302_PAPA_Em_BENEDETTO_XVI_La_verita'_su_Giovanni_il_Battista_e_sul_futuro_genetico_dei_figli_di_Dio_09.04.15.pdf



AMDG et B.V.M.

venerdì 10 giugno 2016

IL PRECURSORE DI GESU'



Giovanni Battistaprecursore di Gesù, figlio di Elisabetta e di Zaccaria. 
Sua nascita 1.023.

Sua predica al Giordano 1.045.

Battesimo di Gesù 1.045.

Sua prima cattura e suo riscatto 2.081 - 2.082.

Si ritira nei pressi di Enon nella Samaria, a nord di Sichem 2.111.

"Bisogna che Egli cresca e che io diminuisca" 2.127

Gesù lo va a confortare e fortificare 2.148.

Sua seconda cattura 3.180.

Prigioniero, traversa il Giordano all'altezza di Doco3.198

Gesù parla del Battista 4.266.

Decapitazione del Battista a Macheronte 4.270

sabato 29 agosto 2015

DIE 29 AUGUSTI IN DECOLLATIONE SANCTI JOANNIS BAPTISTÆ Duplex majus

DIE  29  AUGUSTI
IN  DECOLLATIONE
SANCTI  JOANNIS  BAPTISTÆ
Duplex  majus




 Introitus Ps. 118, 46-47

 Loquébar de testimóniis tuis in conspéctu regum, et non confundébar : et meditábar in mandátis tuis, quæ diléxi nimis. Ps. 91, 2. Bonum est confitéri Dómino : et psállere nómini tuo, Altíssime. V/. Glória Patri. Loquébar.

Oratio

Sancti Joánnis Baptístæ Præcursóris et Mártyris tui, quaésumus, Dómine, veneránda festívitas : salutáris auxílii nobis præstet efféctum : Qui vivis.

Et fit Commemoratio S. Sabinæ Martyris :

Oratio

Deus, qui inter cétera poténtiæ tuæ mirácula étiam in sexu frágili victóriam martýrii contulísti : concéde propítius; ut, qui beátæ Sabínæ Mártyris tuæ natalítia cólimus, per ejus ad te exémpla gradiámur. Per Dóminum.

Léctio Jeremíæ Prophétae Jer. 1, 17-19

In diébus illis : Factum est verbum Dómini ad me, dicens : Accínge lumbos tuos, et surge, et lóquere ad Juda ómnia, quæ ego præcípio tibi. Ne formídes a fácie eórum : nec enim timére te fáciam vultum eórum. Ego quippe dedi te hódie in civitátem munítam, et in colúmnam férream, et in murum aéreum, super omnem terram, régibus Juda, princípibus ejus, et sacerdótibus, et pópulo terræ. Et bellábunt advérsum te, et non prævalebunt : quia ego tecum sum, ait Dóminus, ut líberem te.

Graduale. Ps. 91, 13 et 14. Justus ut palma florébit : sicut cedrus Líbani multiplicábitur in domo Dómini. V/. Ibid., 3. Ad annuntiándum mane misericórdiam tuam, et veritátem tuam per noctem.

Allelúja, allelúja. V/. Osee 14, 6. Justus germinábit sicut lílium : et florébit in ætérnum ante Dóminum. Allelúja.



Sequéntia sancti Evangélii secúndum
Marcum             Marc. 6, 17-29

In illo témpore : Misit Heródes, ac ténuit Joánnem, et vinxit eum in cárcere propter Herodíadem, uxorem Philíppi fratris sui, quia dúxerat eam. Dicébat enim Joánnes Heródi : Non licet tibi habére uxórem fratris tui. Heródias autem insidiabátur illi, et volébat occídere eum, nec póterat. Heródes enim metuébat Joánnem, sciens eum virum justum et sanctum : et custodiébat eum, et audíto eo multa faciébat, et libénter eum audiébat. Et cum dies opportúnus accidísset, Heródes natális sui cœnam fecit princípibus et tribúnis et primis Galilaéæ. Cumque introísset fília ipsíus Herodíadis, et saltásset, et placuísset Heródi simúlque recumbéntibus; rex ait puéllæ : Pete a me, quod vis, et dabo tibi. Et jurávit illi : Quia quidquid petiéris dabo tibi, licet dimídium regni mei. Quæ cum exiísset, dixit matri suæ : Quid petam? At illa dixit : Caput Joánnis Baptístæ. Cumque introísset statim cum festinatióne ad regem, petívit dicens : Volo, ut protínus des mihi in disco caput Joánnis Baptístæ. Et contristátus est rex : propter jusjurándum et propter simul discumbéntes nóluit eam contristáre : sed misso spiculatóre, præcépit afférri caput ejus in disco. Et decollávit eum in cárcere. Et áttulit caput ejus in disco : et dedit illud puéllæ, et puella dedit matri suæ. Quo audíto, discípuli ejus venérunt et tulérunt corpus ejus : et posuérunt illud in monuménto.

Offertorium. Ps. 20, 2-3. In virtúte tua, Dómine, lætábitur justus, et super salutáre tuum exsultábit veheménter : desidérium ánimæ ejus tribuísti ei.

 Secreta

Múnera, quæ tibi, Dómine, pro sancti Mártyris tui Joánnis Baptístæ passióne deférimus : quaésumus; ut ejus obténtu nobis profíciant ad salútem. Per Dóminum.

Pro S. Sabina                            Secreta

Hóstias tibi, Dómine, beátæ Sabínæ Mártyris tuæ dicátas méritis, benígnus assúme : et ad perpétuum nobis tríbue proveníre subsídium. Per Dóminum.

Communio. Ps. 20, 4. Posuísti, Dómine, in cápite ejus corónam de lápide pretióso.

Postcommunio

Cónferat nobis, Dómine, sancti Joánnis Baptístæ sollémnitas : ut et magnífica sacraménta, quæ súmpsimus, significáta venerémur, et in nobis pótius édita gaudeámus. Per Dóminum.

Pro S. Sabina                             Postcommunio

Divíni múneris largitáte satiáti, quaésumus, Dómine, Deus noster : ut, intercedénte beáta Sabína Mártyre tua, in ejus semper participatióne vivámus. Per Dóminum.

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La diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre

Giovanni il Battista è stato mandato da Dio per preparare un popolo ben disposto ad accogliere il suo Signore, il suo Salvatore, il suo Redentore e Dio, venuto nel mondo in carne e cuore di uomo. Lui si è dedicato totalmente al combattimento contro ogni iniquità, malvagità, cattiveria, ipocrisia, menzogna esistenziale, idolatria ed empietà. Ebbene, proprio dalla malvagità dell'uomo è stato decapitato. Il mondo non sopporta i veri profeti. Accoglie tutti i falsi e li incorona. I veri li decapita e li crocifigge.


Il malvagio da solo può poco. La malvagità però diviene sempre complice ricercatrice di altra malvagità. Il peccatore si unisce al peccatore ed insieme, concordi nel male e nella cattiveria del cuore, riescono là dove da soli mai sarebbero riusciti. Erode, re empio, scaltro, malvagio, iniquo, mai da solo avrebbe ucciso Giovanni il Battista. La sua iniquità si sposò con la malvagità della moglie di suo fratello. 

A queste due cattiverie se ne aggiunse una terza: quella della figlia di Erodiade, Salome. Salome ed Erodiade, coalizzate nella loro malvagità e cattiveria, giunsero a far uccidere Erode in modo legale, poiché obbligarono lo stesso re a far sì che desse l'ordine di tagliare la testa del profeta del Dio vivente.

Se avessimo il coraggio e soprattutto l'intelligenza di leggere nella nostra vita, ci accorgeremmo che sempre la nostra malvagità o cattiveria è andata alla ricerca di altra malvagità e cattiveria e il male ha cominciato a diffondersi per mezzo nostro. 


Chi vuole interrompere il male, una cosa deve fare; tenersi lontano dal peccato, dalla cattiveria del cuore, dalla malvagità, da ogni nefandezza. La nostra malvagità attira altra malvagità alla stessa maniera che un cadavere attira le mosche. Noi siamo il cadavere e la cattiveria degli altri ci divora. Erode è divorato dalla malvagità di Salome e di Erodiade. La colpa è però interamente sua. Il suo rattristarsi è purissima ipocrisia. Non potrà mai rattristarsi chi ordina il male e lo compie. 
Il modo per essere veramente triste è uno solo: pentirsi del peccato commesso, riparare, togliendolo dal proprio corpo e dalla propria casa. Iniziare un vero cammino di conversione, stare lontano da ogni malvagità, disporre il proprio animo ad una sequela più perfetta della Legge del Signore. Chi è fermo nei Comandamenti, mai potrà essere causa di morte.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, allontanateci dalla malvagità.
*

S. Petri Ap. ad Vincula | Pro Ss. Machabæis Mm. | S. Alfonsi Mariæ de Ligorio Ep., Conf. et Eccl. Doct. | Pro S. Stephano I Pp. et Mart. | In Inventione S. Stephani Protomart. | S. Dominici Conf. | In Dedicatione S. Mariæ ad Nives | In Transfiguratione D. N. J. C. | Pro Ss. Xysto II Pp. Felicissimo et Agapito Mm. | S. Cajetani Conf. | Pro S. Donato Ep. et Mart. | Ss. Cyriaci, Largi et Smaragdi Mm. | S. Joannis Mariæ Vianney Conf. | In Vigilia S. Laurentii Mart. | Pro S. Romano Mart. | S. Laurentii Mart. | Ss. Tiburtii et Susannæ Virg. Mm. | S. Claræ Virg. | Ss. Hippolyti et Cassiani Mm. | In Vigilia Assumptionis B. Mariæ Virg. | Pro S. Eusebio Conf. | IN ASSUMPTIONE B. MARIÆ VIRG. | S. Joachim Patris B. M. V., Conf. | S. Hyacinthi Conf. | Pro Octava S. Laurentii Mart. | Pro S. Agapito Mart. | S. Joannis Eudes Conf. | S. Bernardi Abb. et Eccl. Doct. | S. Joannæ Franciscæ Fremiot de Chantal Vid. | Immaculati Cordis B. Mariæ Virg. | Pro Ss. Timotheo, Hippolyto et Symphoriano Mm. | S. Philippi Benitii Conf. | In Vigilia S. Bartholomæi Ap. | S. Bartholomæi Ap. | S. Ludovoci Regis, Conf. | S. Zephyrini Pp. et Mart. | S. Josephi Calasanctii Conf. | S. Augustini Ep., Conf. et Eccl. Doct. | Pro S. Hermete Mart. | In Decollatione S. Joannis Baptistæ | Pro S. Sabina Mart. | S. Rosæ a Sancta Maria Virg. Limanæ | Pro Ss. Felice et Audacto Mm. | S. Raymundi Nonnati Conf.

..."et vinxit eum in cárcere propter Herodíadem, uxorem Philíppi fratris sui, quia dúxerat eam. Dicébat enim Joánnes Heródi : Non licet tibi habére uxórem fratris tui."


AMDG et BVM

mercoledì 24 giugno 2015

Dice Maria:


Dice Maria:

«Se la mia presenza aveva santificato il Battista, non aveva levato ad Elisabetta la condanna venuta da Eva.
"Tu darai dei figli con dolore " aveva detto l'Eterno. Io sola, senza macchia e che non avevo avuto coniugio umano, fui esente dal generare con dolore. La tristezza e il dolore sono i frutti della colpa. Io, che ero l'Incolpevole, dovetti conoscere anche il dolore e la tristezza, perché ero la Corredentrice. Ma non conobbi lo strazio del generare. No. Non conobbi questo strazio.

Ma credimi, o figlia, che non vi fu né vi sarà mai strazio di puerperio simile al mio di Martire di una Maternità spirituale che si è compita sul più duro letto, quello della mia croce, ai piedi del patibolo del Figlio che mi moriva. 
E quale la madre che si trovi costretta a generare in tal modo? A mescolare lo strazio delle viscere, che si lacerano per i rantoli della sua Creatura morente, a quello delle viscere che si convellono per dover superare l'orrore di dover dire: "Vi amo. Venite a me che vi son Madre "agli uccisori del Figlio nato dal più sublime amore che abbia mai visto il Cielo, dall'amore di un Dio con una vergine, dal bacio di Fuoco, dall'abbraccio di Luce che si fecero Carne, e di un seno di donna fecero il Tabernacolo di Dio?

" Quanto dolore per esser madre! "dice Elisabetta. Tanto! Ma un nulla rispetto al mio.
"Lasciami mettere le mani sul tuo seno". Oh! se nel vostro soffrire mi chiedeste sempre questo!
Io sono l'eterna Portatrice di Gesù. Egli è nel seno mio, come tu lo hai visto lo scorso anno, come Ostia nell'ostensorio. (23 giugno 1943, ne “I quaderni del 1943”) 

Chi viene a me, Lui trova. Chi a me si appoggia, Lui tocca. Chi a me si volge, con Lui parla. Io sono la sua veste. Egli è l'anima mia. Più, più ancora unito, ora, di quanto non fosse nei nove mesi che mi cresceva in seno, il Figlio mio è unito alla sua Mamma. E si assopisce ogni dolore, e fiorisce ogni speranza, e fluisce ogni grazia a chi viene a me e mi posa il suo capo sul seno.

Io prego per voi. Ricordatevelo. La beatitudine d'esser nel Cielo, vivente nel raggio di Dio, non mi smemora dei miei figli che soffrono sulla terra. Ed io prego. Tutto il Cielo prega. Poiché il Cielo ama. Il Cielo è carità che vive. E la carità ha pietà di voi. Ma, non ci fossi che io, vi sarebbe già sufficiente preghiera per i bisogni di chi spera in Dio. Poiché io non cesso di pregare per voi tutti, santi e malvagi, per dare ai santi la gioia, per dare ai malvagi il pentimento che salva.

Venite, venite, o figli del mio dolore. Vi attendo ai piedi della Croce per darvi grazia».

AVE MARIA PURISSIMA!


martedì 23 giugno 2015

NATIVITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA


24 GIUGNO
NATIVITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA

I. - LA GLORIA DI SAN GIOVANNI BATTISTA
Il Messia nascosto.
"Voce di colui che grida nel deserto: Preparate le vie del Signore; ecco il vostro Dio" (Is 40,3.9)! Oh, chi, nel nostro arido secolo, comprenderà l'esultanza della terra a questo annuncio per tanto tempo atteso? Il Dio promesso non è ancora manifestato; ma già i cieli si sono umiliati (Sal 17,10), per lasciargli libero il passaggio. Sotto il velo di umiltà, in cui come prima della sua nascita, deve continuare a velare agli uomini la sua divinità, chi scoprirà l'Emmanuele? Chi soprattutto, avendolo riconosciuto nelle sue misericordiose umiliazioni, saprà farlo accettare da un mondo folle di orgoglio, e potrà dire, mostrando nella folla il figlio del falegname (Mt 13,55): Ecco colui che i vostri padri aspettavano!
Questo infatti è l'ordine stabilito dall'alto per la manifestazione del Messia: il Dio fatto uomo non si intrometterà da se stesso negli atti della vita pubblica; aspetterà, per inaugurare il suo divino ministero, che un membro di quella stirpe divenuta la sua, un uomo venuto prima di lui e dotato a tal fine di sufficiente credito, lo presenti al suo popolo.

Convenienza di un precursore.
Missione sublime, che farà d'una creatura il garante di Dio, il testimone del Verbo! La grandezza di colui che deve riempirlo era indicata, come quella del Messia, molto tempo prima della sua nascita. Non già che, per illuminare i suoi passi, Cristo avesse bisogno d'un aiuto estraneo; ma tanti falsi splendori avevano ingannato l'umanità, durante la notte dei secoli di attesa, che la vera luce, sorgendo d'improvviso, non sarebbe stata compresa, o non avrebbe fatto che accecare degli occhi resi impotenti dalle tenebre precedenti a sopportare il suo splendore. L'eterna Sapienza aveva dunque stabilito che, come l'astro del giorno è annunciato dalla stella del mattino, così Cristo luce sarebbe stato preceduto quaggiù da un astro precursore, e segnalato dall'irradiamento di cui egli stesso avrebbe rivestito quel fedele messaggero della sua venuta. Quando un tempo l'Altissimo si degnava di schiarire l'avvenire per i suoi profeti, il lampo che, ad intermittenza, solcava così il cielo dell'antica alleanza, si spegneva nella notte, senza portare il giorno; ma l'astro cantato nel salmo non conoscerà la sconfitta: non essendo di per sé, come ogni creatura, che nulla e tenebre, rifletterà così da vicino lo splendore del Messia, che parecchi lo prenderanno per Cristo stesso (Lc 3,15).

L'annuncio profetico.
La misteriosa conformità di Cristo e del suo Precursore, gl'incomparabili accostamenti che li unisce, sono notati in molti punti dei Libri sacri. Se Cristo è Verbo, la parola eterna del Padre, lui sarà la Voce che porterà tale parola dove deve giungere. Cristo è l'angelo dell'alleanza; ma nello stesso testo in cui lo Spirito Santo gli dà un appellativo così pieno per noi di speranza, pare che porti anche quel nome d'angelo il fedele ambasciatore a cui la terra sarà debitrice di conoscere lo Sposo: "Ecco che io mando il mio angelo che preparerà il cammino davanti a me, e presto verrà nel suo tempio il dominatore che cercate, l'angelo dell'alleanza che desiderate; ecco che egli viene, dice il Signore degli eserciti" (Mal 3,1). E ponendo fine al ministero profetico di cui è l'ultimo rappresentante, Malachia termina i suoi stessi oracoli con le parole che abbiamo intese rivolgere da Gabriele a Zaccaria, per annunciargli la prossima nascita del Precursore (ivi 4,5.6).

L'annuncio angelico.
La presenza di Gabriele, in questa occasione, mostrava essa pure come il bambino allora promesso sarebbe stato l'intimo del Figlio di Dio; poiché lo stesso principe delle milizie celesti sarebbe presto venuto ad annunciare l'Emmanuele. Molti tuttavia sono i messaggeri fedeli ai piedi del trono della Santissima Trinità, e la scelta di quegli augusti legati varia, di solito, secondo l'importanza delle istruzioni che l'Altissimo trasmette per loro mezzo al mondo. Ma era conveniente che l'arcangelo incaricato di concludere le sacre nozze del Verbo con l'umanità, preludesse a quella grande missione preparando la venuta di colui che gli eterni decreti avevano designato come l'Amico dello Sposo (Gv 3,29). Sei mesi dopo, inviato a Maria, egli recava il suo divino messaggio rivelando alla Vergine purissima il prodigio che, fin da allora, dava un figlio alla sterile Elisabetta: primo passo dell'Onnipotente verso un miracolo ancora più sublime. Giovanni non è ancora nato: ma senza tardare oltre, la sua missione è aperta; egli attesta la verità delle promesse dell'angelo. Quale ineffabile garanzia è quella di questo bambino, ancora nascosto nel seno della madre, e già testimone di Dio nel sublime commercio che tiene sospesa la terra e il cielo! Illuminata dall'alto, Maria riceve la testimonianza e non esita più: "Ecco la serva del Signore, dice all'Arcangelo; sia fatto di me secondo la tua parola" (Lc 1,38).

La santificazione del Precursore.
Gabriele si è ritirato, portando con sé il segreto divino che non dovrà comunicare al resto del mondo. La Vergine prudentissima non parlerà nemmeno essa; lo stesso Giuseppe, suo virgineo sposo, non riceverà comunicazione del mistero. Non abbiamo tuttavia timore! C'è qualcuno per cui l'Emmanuele non avrà né segreti né ritardi; ed egli saprà rivelare il prodigio. Il Verbo ha appena preso possesso del santuario immacolato in cui doveva passare i nove primi mesi della sua dimora fra gli uomini, che la Vergine illuminata interiormente dal desiderio del suo Figliolo, si reca con tutta sollecitudine verso i monti della Giudea (Lc 1,39). All'amico dello Sposo la sua prima visita, a Giovanni l'inizio delle sue grazie. Una festa a parte ci permetterà di onorare in modo speciale il giorno prezioso in cui il Dio Bambino, santificando il suo Precursore, si rivela a Giovanni attraverso la voce di Maria; in cui la Vergine, manifestata da Giovanni che trasalisce nel seno della madre, proclama finalmente le grandi cose che l'Onnipotente ha operate in lei secondo la misericordiosa promessa che fece un tempo ai padri nostri, ad Abramo e alla sua posterità per tutti i secoli (Lc 1,55).

La nascita del Precursore.
Ma è giunto il tempo in cui la notizia dei figli e delle madri si deve spargere ai paesi d'intorno, in attesa che giunga al mondo intero. Giovanni sta per nascere e, non potendo ancora parlare, scioglierà la lingua del padre. Farà cessare il mutismo da cui il vecchio sacerdote, immagine dell'antica legge, era stato colpito dall'angelo; e Zaccaria, ripieno dello Spirito Santo, renderà manifesta con un nuovo cantico la visita benedetta del Signore Dio d'Israele (Lc 1,68).

II. - LA LITURGIA DELLA FESTA
La pietà antica.
Tutto ci mostra in questa festa una delle solennità più care alla Sposa. Che avverrebbe mai se, risalendo verso i tempi più felici, ci fosse concesso di prendere parte alle antiche manifestazioni del sentimento cattolico in questo giorno? Nei grandi secoli in cui la pietà dei popoli seguiva docilmente le ispirazioni della Chiesa, lo spettacolo delle dimostrazioni, suggerite alla fede di tutti dal ritorno di cari anniversari, manteneva in ognuno la comprensione dell'opera divina e delle grandi armonie che l'antico Ciclo sapeva rendere. Oggi che lo spirito liturgico è diminuito per molti, non si riscontra più il movimento veramente cattolico che imprimeva alle folle, e l'assenza di un sicuro orientamento si fa risentire nella devozione di un gran numero di persone: disorientata, non più capace di puntare sui fari luminosi che la Chiesa aveva disposti ad ogni mutamento di rotta, essa appare talvolta più sensibile al vento delle novità che alla tradizionale ispirazione dello Spirito Santo; è priva di quel particolare senso che i più piccoli come i più grandi della famiglia cristiana attingevano alla comune scuola del sacro Ciclo; senza una veduta sintetica, troppo sovente essa difetta di proporzioni, e la mancanza di equilibrio l'espone a un'infinità di false mosse piene di pericoli o senz'altro risultato se non di una fatica priva di vantaggi. Tuttavia le scosse e le deviazioni recate dall'insufficienza di alcuni, non fanno vacillare la nave della vera pietà, poiché contro i venti e le maree, e perfino in mezzo alle mutilazioni che deve subire, la ferma mano del pilota supremo mantiene sempre la primitiva direzione. Siamo ben lontani dal tempo in cui due eserciti nemici, trovandosi di fronte, la vigilia di san Giovanni, rimandavano la battaglia all'indomani della festa (Battaglia di Fontenay, sabato 25 giugno dell'841). In Francia, dove la prudenza benevola della Chiesa si è rassegnata a tante perdite dolorose, la Natività di san Giovanni Battista viene celebrata solennemente solo quando cade di Domenica; tuttavia, elevata nel calendario a doppio di prima classe con Ottava [1], continua a presentarsi al fedele attento rivestita dei caratteri che designano in essa uno dei più importanti giorni dell'anno.

La festa del 29 agosto.
Un'altra festa deve giungere, alla fine di agosto, ad esigere i nostri omaggi verso il figlio di Zaccaria e di Elisabetta: la festa del suo glorioso martirio e della sua nascita al cielo. Ma, per quanto venerabile debba essere per noi, secondo l'espressione stessa della Chiesa nel giorno della Decollazione di san Giovanni Battista, essa non avrà lo splendore di quest'ultima. Infatti, la solennità di questo giorno si riferisce non tanto a Giovanni, quanto a Gesù da lui annunciato; mentre la Decollazione, più personale per il nostro Santo, non presenta nel piano divino l'importanza che aveva la sua nascita, preludio di quella del Figlio di Dio.

Il Natale estivo.
Gesù solo è la luce, la luce senza la quale il mondo resterebbe nella morte; e Giovanni non è che l'uomo mandato da Dio, senza il quale la luce resterebbe sconosciuta (Gv 1,4-10). Ma Gesù essendo inseparabile da Giovanni, come il giorno dalla sua aurora, non si deve stupire che l'esultanza del mondo, alla nascita di Giovanni, faccia parte di quella che susciterà a suo tempo la venuta del Salvatore. È Natale estivo. Fin dall'inizio, Dio e la sua Chiesa si preoccuparono, come presto vedremo dimostrare mediante molti riaccostamenti, la dipendenza e la somiglianza delle due solennità.

Precursore dei Martiri.
Dio, la cui provvidenza cerca in tutto la glorificazione del suo Verbo fatto carne, calcola gli uomini e i secoli secondo la testimonianza che rendono a Cristo; per questo Giovanni è così grande. Da colui infatti che i profeti annunciavano come venturo, che gli apostoli predicavano come già venuto, egli solo, profeta e apostolo insieme, ha detto mostrandolo: Eccolo! Essendo dunque Giovanni il testimone per eccellenza (Gv 1,7) era giusto che presiedesse al glorioso periodo in cui, per tre secoli, la Chiesa rese allo Sposo quella testimonianza del sangue che dà ai martiri il primo posto nella sua riconoscenza, dopo gli apostoli i profeti sul cui fondamento essa è basata (Ef 2,20). Dieci volte si aprirono, sull'immensa estensione dell'impero, le vene della Sposa; e l'eterna Sapienza volle che la decima e ultima persecuzione si ricollegasse, appunto per il 25 dicembre del 303, in Nicomedia (v. vol. I, p. 136), alla nascita del Figlio di Dio di cui assicurava il trionfo. Ma se la Natività dell'Emmanuele illumina in tal modo nei sacri testi la fine delle grandi battaglie, quella di Giovanni, come era giusto, ne segna gli inizi. Fu nell'anno 64 che, per la prima volta, Roma pagana aprì le sue arene ai soldati di Cristo; ed è il 24 giugno che la Chiesa ne consacra l'augusto ricordo, con quella menzione che fa seguito, nel suo Martirologio, all'annuncio riguardante la Natività del Precursore: "A Roma, la santa memoria di numerosi martiri che, sotto l'imperatore Nerone, furono calunniosamente accusati dell'incendio della città, e morirono per ordine del principe con varii supplizi: gli uni esposti, sotto pelli di animali, ai morsi dei cani, altri crocefissi, altri bruciati a guisa di torce al cadere del giorno per servire da fiaccole nella notte. Tutti questi erano discepoli degli Apostoli: primizie elette che la Chiesa romana, campo fecondo di martiri, offrì prima della morte degli Apostoli al Signore".

Precursore dei monaci.
La solennità del 24 giugno illumina dunque in duplice maniera le origini del cristianesimo. Non vi furono mai giorni abbastanza cattivi nella Chiesa, in cui sia venuta meno, anche per un anno solo, la predizione dell'angelo che molti si sarebbero rallegrati alla nascita di Giovanni (Lc 1, 14); insieme alla gioia, la sua parola, i suoi esempi, la sua intercessione davano coraggio ai martiri. Dopo il trionfo riportato dal Figlio di Dio sulla negazione pagana, quando alla testimonianza del sangue seguì quella della confessione mediante le opere e la lode, Giovanni conservò il suo posto di precursore di Cristo nelle anime. Guida dei monaci, li conduce lontano dal mondo e li fortifica nella battaglie della solitudine; amico dello Sposo, continua a formare la Sposa,preparando al Signore un popolo perfetto (ivi 17).

Precursore dei fedeli.
Nei diversi stati, a tutti i gradi della vita cristiana, si fa sentire il suo benevolo e necessario influsso. "Precursore nella nascita, precursore nella morte, san Giovanni - dice sant'Ambrogio - continua a camminare davanti al Signore. E forse più di quanto noi pensiamo, la sua misteriosa azione ha la propria parte nella nostra vita presente, nel giorno attuale. Quando cominciamo a credere in Cristo, vi è come una virtù di Giovanni che ci attira dietro di sé; egli inclina nel senso della fede i sentieri della nostra anima; raddrizza i cammini tortuosi di questa vita, ne fa la retta via del nostro pellegrinaggio, perché non abbiamo a cadere nelle anfrattuosità dell'errore; fa sì che tutte le nostre valli possano ricolmarsi dei frutti delle virtù e che ogni altura mondana si abbassi davanti al Signore" (Lc 1,38).

Patrono dei battisteri.
Ma se il Precursore ha la sua parte in ogni progresso della fede che avvicina a Cristo le anime, interviene ancor più in ogni battesimo che viene ad arricchire la Sposa. A lui sono consacrati i battisteri. Il battesimo che egli impartiva alle folle sulle rive del Giordano non ebbe mai, è vero, il potere del battesimo cristiano; ma immergendo l'Uomo-Dio nelle acque, poneva le acque in possesso della virtù fecondatrice, che, scaturita dall'Uomo-Dio, avrebbe loro dato di completare fino alla fine dei tempi, con l'accesso di nuovi mèmbri, il corpo della Chiesa unita a Cristo.

Patrono dei popoli e delle Chiese.
La fede dei nostri padri non ignorava i grandi benefici di cui erano debitori a Giovanni gli individui e i popoli. Molti neofiti ricevevano il suo nome nel battesimo, e tanto era efficace per condurre fino alla santità l'aiuto prestato da lui ai suoi fedeli devoti, che non vi è giorno del calendario in cui non si possa onorare la nascita in cielo di qualcuno di essi. Patrono un tempo dei Longobardi, san Giovanni Battista lo è oggi del Canada Francese. Ma, sia in Oriente sia in Occidente, chi potrebbe contare le regioni, le città, le abbazie, le chiese poste sotto quel potente patronato: dal tempio che, sotto Teodosio, sostituì ad Alessandria l'antico Serapeon con i suoi famosi misteri, fino al santuario innalzato sulle rovine dell'altare di Apollo, a Monte Cassino, dal patriarca dei monaci; dalle quindici chiese che Bisanzio aveva dedicate fra le sue mura al Precursore, fino a quella augusta basilica del Laterano che, nella capitale del mondo cristiano, rimane come la regina e la madre di tutte le Chiese della Città e del mondo! Dapprima dedicata al Salvatore, essa unì ben presto a quel sacro appellativo, come inseparabile, quello dell'Amico dello Sposo.

Solennità della vigilia.
La Vigilia di san Giovanni non è più di precetto; un tempo, tuttavia, non un solo giorno di digiuno ci si imponeva all'avvicinarsi della Natività del Precursore, ma un'intera quaresima, che richiamava con la sua durata e le sue prescrizioni l'Avvento del Signore. Più severe erano state le sante esigenze della preparazione, più cara e meglio compresa era la festa. Dopo aver uguagliato la penitenza della Quaresima di Giovanni alle austerità di quella di Natale, non ci stupiva più di vedere che la Chiesa riavvicinava nella Liturgia le due Natività.

I fuochi di san Giovanni.
Tre Messe celebravano la nascita di Giovanni, come quella di Colui che egli fece conoscere alla Sposa: la prima, di notte, ricordava il suo titolo di precursore; la seconda, allo spuntare del giorno, onorava il suo battesimo; l'ultima, a Terza, esaltava la sua santità (Sacr. Gregor. Amal, pseudo Alcuino, Ord. Rom.). Inoltre, come vi erano una volta due Mattutini nella notte di Natale, Durando di Mende ci riferisce, insieme con Onorio di Autun, che parecchi celebravano nella festa di san Giovanni, un duplice Ufficio (Ration. 7,14). Il primo cominciava al tramonto; era senza alleluia, per significare il tempo della Legge e dei Profeti che durò fino a Giovanni (Lc 16,16). Il secondo, si iniziava nel cuore della notte e terminava all'aurora; veniva cantato con alleluia, per indicare l'inizio dei tempi della grazia e del regno di Dio (ibid.).
La letizia, che è il carattere specifico di questa festa, dilagava anche fuori dei luoghi santi, e si spandeva finanche sui Musulmani infedeli. Se a Natale il rigore della stagione confinava accanto al focolare domestico le commoventi manifestazioni della pietà privata, lo splendore delle notti della solennità estiva porgeva alla viva fede dei popoli l'occasione di rifarsi. Completava così quello che le sembrava l'insufficienza delle sue dimostrazioni verso il Bambino Dio, con gli onori resi al Precursore nella sua culla. Appena si spegnevano gli ultimi raggi del sole, dal lontano Oriente fino all'estremo Occidente, sull'intera superficie del mondo, immensi falò si levavano dalle montagne, e salivano d'un tratto da tutte le città, in ogni borgata, nei più piccoli villaggi. Erano i fuochi di san Giovanni: testimonianza autentica, e continuamente rinnovata, nella verità delle parole dell'angelo e della profezia la quale annunciava quella gioia universale che doveva salutare la nascita del figlio di Elisabetta. Come una lampada ardente e risplendente, secondo l'espressione del Signore, egli era apparso nella notte senza fine. Per un tempo, la sinagoga aveva voluto rallegrarsi ai suoi raggi (Gv 5,35); ma, poi sconcertata dalla sua fedeltà che le impediva di sacrificarsi per Cristo e per la vera luce (ivi 1,20), irritata alla vista dell'Agnello che Giovanni mostrava come la salvezza del mondo e non più soltanto di Israele (ivi 29), si era rivolta subito nuovamente verso la notte e aveva messo da se stessa ai propri occhi la benda che la faceva rimanere nelle tenebre fino ai nostri giorni. Grata a colui che non aveva voluto né mutilare né ingannare la Sposa, la gentilità lo esaltò tanto più quanto più egli si era umiliato; raccolse gli ideali che avrebbe dovuto custodire la sinagoga ripudiata, e manifestò con tutti i mezzi in suo potere che, senza confondere la luce avuta dal Precursore con lo splendore del Sole di giustizia, ne salutava tuttavia con entusiasmo quella luce che era stata per l'umanità l'aurora dei gaudi nuziali.

Antichità dei fuochi di san Giovanni.
Si potrebbe quasi dire dei fuochi di san Giovanni che risalgono all'origine stessa del cristianesimo. Per lo meno, appaiono fin dai primi tempi della pace, come un frutto dell'iniziativa popolare, non senza stimolare talvolta la sollecitudine dei Padri e dei concili, pronti ad allontanare qualunque idea superstiziosa di manifestazioni che volessero sostituire, del resto così felicemente, le feste pagane dei solstizi. Ma la necessità di combattere alcuni abusi, possibili oggi come allora, non impedì alla Chiesa di incoraggiare un genere di manifestazioni che rispondeva così bene al carattere della festa [2].
I fuochi di san Giovanni completavano felicemente la solennità liturgica; mostrando unite in uno stesso pensiero la Chiesa e la città terrena. Infatti, l'organizzazione di questi festeggiamenti spettava ai comuni, e i municipi ne sopportavano tutte le spese. Così, il privilegio di accendere i fuochi era riservato di solito alle personalità eminenti nel campo civile. Gli stessi re, prendendo parte alla gioia di tutti, si facevano un onore di dare questo segnale di allegria ai loro popoli; Luigi XIV, nel 1648, mise ancora il fuoco alla pira della piazza di Grève, come avevano fatto i suoi predecessori. D'altronde, come si usa sempre in parecchi luoghi della cattolica Bretagna, il clero, invitato a benedire le cataste di legna, vi gettava poi la prima torcia, mentre la folla, recando altre torce accese, si spargeva nelle campagne intorno alle messi in maturazione, oppure seguiva sulle rive del mare le sinuosità della costa, con grida di gioia a cui rispondevano i fuochi accesi nelle vicine isole.

La "Girandola".
In alcuni luoghi, la girandola, disco infuocato che girava su se stesso e percorreva le strade della città o scendeva dalla cima dei monti, rappresentava il moto del sole che raggiunge il punto più alto della sua corsa per ridiscenderne subito; richiamava così le parole del Precursore riguardo al Messia:Bisogna che egli cresca e che io diminuisca (Gv 3,30). Il simbolismo era completato dall'usanza che si aveva di bruciare le ossa e gli avanzi di ogni specie, in quel giorno che annunciava la fine della legge antica e l'inizio dei tempi nuovi, secondo il detto della Scrittura: Rigetterete ciò che è vecchio all'arrivo dei nuovi beni (Lev 26,10).
Beate le popolazioni che conservano ancora qualcosa delle usanze a cui la semplicità dei nostri padri attingeva una letizia più vera e più pura certamente di quelle chieste dai loro successori a certe feste in cui l'anima non prende più parte.

III. MESSA
La Messa è composta di diversi passi dell'Antico e del Nuovo Testamento. La Chiesa, dicono gli autori liturgici, vuole così ricordarci che Giovanni forma il legame delle sue alleanze e partecipa a ciascuna di esse. Egli è la preziosa graffe che fissa il duplice manto della legge e della grazia (San Pier Cris.,Discorso 91) sul petto dell'eterno Pontefice.

EPISTOLA (Is 49,1-3;5-7). - Udite, o isole, state attenti, o popoli lontani, il Signore mi ha chiamato dal seno materno, dal seno di mia madre si ricordò del mio nome. Egli fece la mia bocca come spada tagliente, mi custodì sotto l'ombra della sua mano, ha fatto di me una freccia scelta, mi ha nascosto nella sua faretra. E mi ha detto: Tu sei il mio servo, o Israele; in te sarò glorificato. Ed ora parla il Signore, colui che fin dal seno della madre mi fece suo servo: ecco io ti ho donato a luce delle nazioni, affinché tu sia la mia salvezza fino agli ultimi confini del mondo. I re e i principi s'alzeranno appena ti vedono. T'adoreranno a causa del Signore e del santo d'Israele che ti ha eletto.

Gratitudine dei Gentili.
Figli della Chiesa, entriamo nei suoi pensieri; comprendiamo quale debba essere la riconoscenza di noi gentili verso colui al quale ogni carne sarà debitrice di aver conosciuto il Salvatore (Is 40,5). Dal deserto d'onde la sua voce stigmatizzava l'orgoglio dei discendenti del patriarca, egli ci vedeva succedere all'orgogliosa sinagoga; senza recar detrimento alle divine esigenze, la sua austera predicazione aveva, per i futuri privilegiati dello Sposo, delle sfumature di linguaggio che non conosceva nei riguardi dei Giudei. "Razza di vipere - diceva a questi ultimi - chi vi ha insegnato a fuggire l'ira che vi sovrasta? Fate dunque frutti degni di penitenza, e non vi mettete a dire: Abbiamo per padre Abramo, perché vi dico: Dio può anche da queste pietre far sorgere dei figli di Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; ogni albero adunque che non rende buon frutto sta per essere tagliato e gettato nel fuoco" (Lc 3,7-9). Ma al pubblicano disprezzato, al soldato detestato, a tutti i cuori aridi della gentilità, troppo simili in realtà alle pietre del deserto, Giovanni Battista annunciava la grazia che avrebbe dissetato e rese feconde nella giustizia le loro anime inaridite: "Pubblicani, non contravvenite alle esigenze del fisco; soldati, accontentatevi del vostro soldo (ivi 12-14); Mosè ha dato la legge; ma migliore di essa è la grazia, opera di colui che io annuncio (Gv 1,15-17): è lui che toglie i peccati del mondo (ivi 29), e da a tutti noi la sua pienezza" (ivi 16).

Ingratitudine dei Giudei.
Quali nuovi orizzonti per quei derelitti che lo sdegno d'Israele aveva per tanto tempo tenuto in disparte! Ma per la sinagoga, simile attentato al preteso privilegio di Giuda era un delitto. Essa aveva tollerato le sanguinose invettive del figlio di Zaccaria; s'era mostrata pronta ad acclamarlo come il Cristo (Gv 1,19); ma invitarla a camminare, essa che si proclamava pura, di pari passo con l'impura gentilità, era davvero troppo: Giovanni, da quel momento, fu considerato come sarà considerato il suo maestro. Gesù, più tardi, insisterà su questa differente accoglienza fatta al suo Precursore da quelli che l'ascoltavano; ne farà la base della sua sentenza di riprovazione contro i giudei: "In verità vi dico: i pubblicani e le meretrici vi andranno avanti nel regno di Dio. Perché è venuto a voi Giovanni nelle vie della giustizia, e non gli avete creduto; ma i pubblicani e le meretrici gli han creduto: e voi nemmeno dopo aver veduto queste cose vi siete pentiti per credere a lui" (Mt 21,31-32).

VANGELO (Lc 1,56-68). - Or compiutosi per Elisabetta il tempo di partorire, diede alla luce un figlio. E i suoi vicini ed i parenti, avendo udito come il Signore aveva manifestato la sua misericordia verso di lei, se ne congratulavan con essa. Ed avvenne che l'ottavo giorno vennero a circoncidere il bambino e lo chiamavan Zaccaria, dal nome di suo padre. Ma la madre s'opponeva dicendo: No, davvero: deve chiamarsi Giovanni. E le replicarono contro: Non v'è alcuno della tua parentela che porti questo nome. Ed accennavano al padre come volesse chiamarlo. Ed egli, chiesta una tavoletta, vi scrisse: Il suo nome è Giovanni. E tutti restarono meravigliati. E in quell'istante la sua bocca s'aprì, e la sua lingua si sciolse, e parlò benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furon presi da timore, e per tutte le montagne di Giudea eran divulgate tutte queste cose, e quanti le udivano le serbavano nel cuore e dicevano: Chi sarà mai questo bambino? E la mano del Signore era infatti con lui. E Zaccaria, suo padre, fu ripieno di Spirito Santo, e profetò, dicendo: Benedetto il Signore, Dio d'Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo.

I Santuari di Ain-Karim.
Dopo i luoghi santificati dal passaggio in questo mondo del Verbo fatto carne, non ve n'è alcun altro in Palestina che debba interessare l'anima cristiana più di quello in cui si sono compiuti gli eventi narrati nel nostro Vangelo. La città che diede onore alla nascita del precursore si trova a due leghe da Gerusalemme verso ponente, come Betlemme, dove nacque il Salvatore, è a due leghe a mezzogiorno della città Santa. Uscito dalla porta di Jaffa, il pellegrino che si dirige verso San Giovanni della Montagna incontra innanzitutto il monastero greco di S. Croce. Quindi, continuando il cammino, attraverso il massiccio delle montagne di Giuda, raggiunge una vetta da cui scopre il Mediterraneo. La casa di Obed Edon che celò per tre mesi l'arca santa si elevava su questo punto, da cui una breve strada conduce al luogo dove Maria, la vera arca dell'alleanza, passò anch'essa tre mesi di benedizioni presso la cugina Elisabetta. Due santuari distanti circa mille passi l'uno dall'altro, consacrano i grandi ricordi che ci sono stati richiamati alla memoria da san Luca: in uno fu concepito e nacque Giovanni Battista; nell'altro ebbe luogo la circoncisione del Precursore, otto giorni dopo la sua nascita. Il primo sorge sul luogo dove era la casa di città di Zaccaria; risale, nella sua forma attuale, ad un'epoca anteriore alle crociate. È una bella Chiesa a tre navate e a cupola. L'altare maggiore è dedicato a san Zaccaria, quello di destra a santa Elisabetta. Sulla sinistra, sette gradini di marmo conducono ad una cappella sotterranea scavata nella roccia e che non è altro se non l'appartamento più riposto della primitiva casa: è il santuario della Natività di san Giovanni. Quattro lampade rompono l'oscurità di quella venerabile cripta, mentre altre sei, sospese sotto la stessa mensa dell'altare, illuminano la seguente iscrizione incisa sul marmo del pavimento: HIC PRAECURSOR DOMINI NATUS EST. Uniamoci in questo giorno ai figli di san Francesco, custodi di tanti ineffabili ricordi.
Le tradizioni locali collocano a qualche distanza da questo primo santuario, come abbiamo detto, il ricordo della circoncisione del Precursore. Oltre alla sua casa di città, infatti, Zaccaria ne possedeva un'altra più isolata. Elisabetta vi si era ritirata durante i primi mesi della sua gravidanza, per gustare nel silenzio il dono di Dio (Lc 1,24-25). È qui che la Vergine venendo da Nazaret l'aveva incontrata, che si era verificato il sublime trasalimento dei figli e delle madri, che il Magnificat aveva dato prova al cielo che ormai la terra riportava la vittoria su di esso con la lode e con l'amore. Era giusto che il canto di Zaccaria, il Cantico del mattino, risuonasse anch'esso, per la prima volta, nel luogo da cui quello della sera era salito come un incenso di così soave odore.
Urbano V, nel 1368, aveva ordinato di cantare il Credo nel giorno della Natività di san Giovanni Battista e durante l'Ottava, per evitare che il Precursore apparisse inferiore agli Apostoli. L'antica usanza di sopprimere il Simbolo in questa festa ha tuttavia prevalso: non come un segno di inferiorità, riguardo a colui che si eleva al di sopra di tutti quelli che annunciarono il regno di Dio; ma per ricordare che egli terminò la sua vita prima della promulgazione del Vangelo.

Missione permanente del Precursore.
Precursore del Messia, noi condividiamo il gaudio che la tua nascita recò al mondo. Essa annunciava la nascita stessa del Figlio di Dio. Orbene, ogni anno, l'Emmanuele prende nuovamente vita nella Chiesa e nelle anime; e anche oggi come venti secoli or sono, non vuole nascere senza che tu stesso abbia, come allora, preparato le vie a quella natività che dà a ciascuno di noi il suo Salvatore. Termina appena la serie dei misteri che hanno compiuto la glorificazione dell'Uomo-Dio e fondato la Chiesa, che già Natale si mostra all'orizzonte; e già nella sua culla, Giovanni trasalisce e rivela l'avvicinarsi del Bambino Dio. Dolce profeta dell'Altissimo, che ancora non puoi parlare e tuttavia già sorpassi tutti i principi della profezia, presto sembrerà che il deserto ti abbia rapito per sempre al commercio degli uomini. Ma nei giorni dell'Avvento, la Chiesa ti avrà ritrovato; essa ci riporterà continuamente ai tuoi sublimi insegnamenti, alle testimonianze che renderai a colui che essa attende. Fin d'ora, inizia la preparazione delle nostre anime; ridisceso sulla nostra terra in questo giorno di letizia, venuto come messaggero del prossimo arrivo del Signore, potresti forse rimanere un solo istante ozioso dinanzi all'opera immensa che ti incombe nei nostri riguardi?

I degni frutti di penitenza.
Scacciare il peccato, domare i vizi, raddrizzare gli istinti perversi della povera natura decaduta: tutto ciò avrebbe dovuto essere senza dubbio realizzato, tutto ciò si sarebbe già compiuto da lungo tempo, se avessimo risposto fedelmente alle tue passate fatiche. Eppure è proprio vero: in molti, si ha l'impressione che non sia mai cominciato il dissodamento: terreni ribelli, in cui le pietre e i roghi sfidano le tue cure da lunghi anni. Noi lo riconosciamo, nella confusione delle nostre anime colpevoli; confessiamo le nostre colpe a te e al Dio onnipotente, come ci insegna a fare la Chiesa all'inizio del santo Sacrificio; ma nello stesso tempo, ti preghiamo insieme con essa di intercedere per noi presso il Signore Dio nostro. Tu l'hai proclamato nel deserto: perfino da queste pietre, Dio può sempre far nascere dei figli di Abramo.

Presenza di san Giovanni nella Messa.
Ogni giorno, le solenni formule dell'oblazione che prepara l'immolazione continuamente rinnovata del Salvatore, ci mostrano la parte onorevole e potente che ti spetta nell'augusto Sacrificio; il tuo nome, nuovamente pronunciato quando la sacra Vittima è sull'altare, supplica allora per noi peccatori il Dio di ogni misericordia. Possa egli, in considerazione dei tuoi meriti e della nostra miseria, essere propizio alla preghiera perseverante della nostra santa madre Chiesa, mutare i nostri cuori, e sostituire i loro perversi attaccamenti con le attrattive delle virtù che ci faranno meritare la visita dell'Emmanuele! In quel sublime momento dei Misteri, tre volte invocato secondo la formula stessa che tu ci hai insegnata, l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo avrà anch'egli pietà di noi e ci darà la pace: quella pace preziosa, con il cielo, con la terra e con noi stessi, che ci preparerà per lo Sposo, rendendoci figli di Dio(Gv 1,12; Mt 5,9), secondo la testimonianza che parimenti ogni giorno tu rinnovi per bocca del sacerdote prima che egli lasci l'altare. Allora il tuo gaudio e il nostro sarà completo, o Precursore; la sacra unione, di cui questo giorno della tua natività racchiude per noi la speranza già così lieta, sarà diventata, fin da questa terra e sotto le ombre della fede, una sublime realtà, mentre aspettiamo la chiara visione dell'eternità.


[1] Anche l'ottava di san Giovanni fu soppressa col decreto della Sacra Congregazione dei Riti del 23 marzo 1955.
[2] I pagani celebravano da lungo tempo il solstizio d'estate, il 24 giugno, con fuochi di allegria in onore del sole. I cristiani adottarono tale usanza, in onore di colui che, fiaccola ardente, fu il Precursore della vera luce (DAC V, c. 1468).

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 771-785