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martedì 21 novembre 2017

Ma chi era Bruno Cornacchiola?

Nostra Signora delle Tre Fontane
LA BELLA SIGNORA DELLE TRE FONTANE

(Storia della Vergine della Rivelazione)


1. QUEL TRENO PERSO
Bruno Cornacchiola
C'è sempre una preparazione, un qualcosa che preannuncia la visita di Maria santissima in forma visibile su questa terra. Anche se questa preparazione non viene percepita tutte le volte immediatamente, la si riscontra poi con l'andare del tempo. Non sempre è un angelo, come avvenne a Fatima; molto spesso si tratta di avvenimenti, grandi o piccoli. E' sempre un qualcosa che, come un aratro, smuove il terreno. Pensiamo che un qualcosa del genere sia avvenuto anche a Roma, prima che la Madonna si presentasse ai bambini e poi allo stesso Bruno Cornacchiola, alle Tre Fontane. 
Niente di sensazionale, ma nei disegni divini il sensazionale e il normale hanno lo stesso valore. Anzi, la preferenza va a ciò che si innesta meglio sull'ordinarietà, perché l'opera di Dio non è ingigantita o sminuita dall'entità delle circostanze. Ecco una di queste circostanze. Roma, 17 marzo 1947. Poco dopo le 14, padre Bonaventura Mariani dei frati minori viene chiamato dalla portineria del Collegio S. Antonio in via Merulana 124. C'è una signora che con tono concitato lo sollecita a recarsi nel suo appartamento di via Merulana, perché dice che «c'è il diavolo», più concretamente, ci sono alcuni protestanti che lo stanno aspettando. Il frate scende e la signora Linda Mancini gli spiega che era riuscita a organizzare un dibattito con loro sulla religione. Infatti quelli da un po' di tempo stavano svolgendo una intensa propaganda nel suo palazzo, specialmente ad opera di uno di essi, un certo Bruno Cornacchiola, ottenendo la conversione di alcuni coinquilini che avevano già deciso di non fare battezzare i loro bambini. Amareggiata per quanto stava accadendo e non riuscendo a tenere testa alle loro argomentazioni, la signora Mancini si era rivolta ai francescani del Collegio S. Antonio. «Venga subito», scongiurava la donna, «altrimenti i protestanti diranno che voi avete paura di battervi con loro...» 
Per la verità, la cosa non era stata combinata all'ultimo minuto. Era già stato preavvisato un altro francescano, che però all'ultimo momento, per ragioni personali, aveva declinato l'invito e aveva suggerito di rivolgersi a padre Bonaventura. Naturalmente questi obietta che, preso così alla sprovvista, non si sente preparato per quel dibattito e, per di più, è stanco per le lezioni tenute in mattinata alla Facoltà di Propaganda Fide. Ma di fronte alle accorate insistenze della signora, si rassegna ad accettare l'invito. 
Giunto nella stanza del dibattito, padre Bonaventura si trova di fronte a un pastore protestante della setta degli «Avventisti del settimo giorno», circondato da un gruppetto della stessa religione, fra cui Bruno Cornacchiola. Dopo una preghiera silenziosa, comincia il dibattito. Si sa che, di solito, questi incontri diventano subito «scontri» e si esauriscono in uno scambio di accuse e controaccuse, senza che una parte riesca a convincere l'altra, datro che ognuno parte dall'assoluta certezza di trovarsi nel giusto. Cornacchiola si distingue subito per interventi aggressivi, basati più sugli insulti che sulle argomentazioni, come questo: «Voi siete artisti ed astuti; studiate per ingannare gli ignoranti, ma con noi che conosciamo la Parola di Dio non potete fare nulla. Avete inventato tante stupide idolatrie e interpretate la Bibbia a modo vostro!». E direttamente al frate: «Caro furbacchione, sei svelto a trovare le scappatoie!...». E così il dibattito si protrae per quasi quattro ore, finché viene deciso che è tempo di separarsi. 
Mentre tutti si alzano per andarsene, le signore presenti al dibattito dicono a Cornacchiola: «Tu non sei tranquillo! Si vede dallo sguardo». E lui di rimando: «Sì invece: io sono felice da quando ho abbandonato la Chiesa cattolica!». Ma le signore insistono: «Rivolgiti alla Madonna. Lei ti salverà! », e gli mostrano il rosario. «Questo ti salverà! Ed ecco che ventun giorni dopo Cornacchiola sta sì pensando alla Madonna, ma non tanto per «rivolgersi a lei», quanto per combatterla e cercare di sminuirla il più possibile, cercando addirittura nella stessa Bibbia le argomentazioni per farlo. 
Ma chi era questo Bruno Cornacchiola? E soprattutto qual era la storia della sua vita e perché era diventato così accanito contro la Madonna? 
Pensiamo sia molto utile conoscere tutto questo per comprendere meglio l'ambito e i retroscena su cui si innesta il messaggio dell'apparizione. Sappiamo che la Madonna non sceglie mai a caso: né il veggente, né il luogo, né il momento. Tutto fa parte del mosaico dell'avvenimento. E' lo stesso Bruno che racconta. Noi riassumiamo. 
Nasce nel 1913 sulla Cassia Vecchia, in una stalla, a causa della grande povertà in cui versano i suoi genitori. Alla sua nascita il padre è in prigione a Regina Coeli e quando esce con la moglie porta il bambino a battezzare nella chiesa di S. Agnese. Alla rituale domanda del sacerdote: «Che nome gli volete mettere?», il papà, ubriaco, risponde: «Giordano Bruno, come quello che avete ammazzato voi a Campo dei Fiori!». La risposta del sacerdote è prevedibile: «No, con questo spirito non è possibile!>> Si accordano allora che il bambino si chiamerà soltanto Bruno. I genitori sono analfabeti e vivono in miseria. 
Vanno ad abitare in una casa vicino all'agglomerato di baracche dove si ritrovavano tutti quelli che uscivano dalle carceri e le donne di strada. Bruno cresce in questa «schiuma di Roma», senza religione, perché Dio, Cristo, la Madonna erano conosciuti soltanto come bestemmie e i bambini crescevano pensando che questi nomi indicassero porci, cani o asini. In casa Cornacchiola la vita era piena di liti, bastonate e bestemmie. I bambini più grandi, per poter dormire la notte, uscivano di casa. Bruno andava a dormire sulle scale della Basilica di S. Giovanni in Laterano. Una mattina, quando aveva quattordici anni, viene avvicinato da una signora che, dopo averlo invitato a entrare con lei in chiesa, gli parla di messa, di comunione, di cresima, e gli promette la pizza. Il ragazzo la guarda stralunato. Alle domande della signora, meravigliato, risponde: «Beh, a casa, quando papà non è ubriaco si mangia tutti assieme, qualche volta pastasciutta, qualche volta minestra, il brodo, risotto o la zuppa, ma questa cresima e comunione, mamma non l'ha mai cucinata... E poi, cos'è quest'Ave Maria? Cos'è 'sto Padre nostro?». E così, Bruno, scalzo, malvestito, pieno di pidocchi, infreddolito, viene accompagnato da un frate che cercherà di insegnargli un po' di catechismo. 

Dopo una quarantina di giorni la solita signora lo porta in un istituto di suore dove Bruno riceve per la prima volta la comunione. Per la cresima occorreva il padrino: il vescovo chiama il suo servitore e gli fa fare da padrino. Come ricordo gli danno il libretto nero delle Massime eterne e una bella corona del rosario, grossa e nera anch'essa. Bruno ritorna a casa con questi oggetti e con l'incombenza di chiedere perdono alla mamma per i sassi che le aveva tirato e un morso alla mano: «Mamma, il prete mi ha detto alla cresima e comunione che ti dovevo chiedere perdono...». «Ma che cresima e comunione, che perdono!», e dicendo queste parole gli dà uno spintone, facendolo cadere per le scale. Bruno allora lancia alla mamma il libretto e la corona del rosario e se ne va di casa, a Rieti. Qui rimane per un anno e mezzo con un suo zio, facendo tutti quei lavoretti che gli offrivano. Poi lo zio lo riporta dai genitori che nel frattempo si erano traslocati al Quadraro. 
Due anni dopo, Bruno riceve la cartolina precetto per il servizio militare. Ha ormai vent'anni, è senza istruzione, senza lavoro e per presentarsi in caserma si procura un paio di scarpe negli scarichi delle immondizie. Per legacci un filo di ferro. Viene mandato a Ravenna. Non aveva mai avuto tanto da mangiare e da vestire come da militare, e lui si dava da fare per farsi strada, accettando di compiere tutto ciò che gli veniva richiesto e partecipando a tutte le gare. Eccelle soprattutto nel «tiro a segno», per cui viene mandato a Roma per una gara nazionale: vince la medaglia d'argento. Al termine del servizio militare nel 1936, Bruno si sposa con una ragazza che aveva già conosciuto quando era ancora bambina. 
Conflitto per le nozze: lui vuole sposarsi solo civilmente. Era infatti diventato comunista e non voleva avere a che fare con la Chiesa. Lei invece voleva celebrare il matrimonio religioso. Giungono a un compromesso: «Va bene, vuol dire che domandiamo al parroco se ci vuole sposare in sacrestia, però non mi deve chiedere né confessione, né comunione, né messa». Questa è la condizione posta da Bruno. E così avviene. Dopo il matrimonio caricano le loro poche cose in una carriola e vanno ad abitare in una baracca. Bruno ora è deciso a cambiare vita. Stringe rapporti con i compagni comunisti del Partito d'Azione che lo convincono ad arruolarsi come radiotelegrafista volontario all'OMS, sigla usata per indicare l'Operazione Militare in Spagna. Siamo nel 1936. Viene accettato e in dicembre parte per la Spagna dove infierisce la guerra civile. 
Naturalmente le truppe italiane si schierano dalla parte di Franco e i suoi alleati. Bruno, infiltrato comunista, ha ricevuto dal partito il compito di sabotare motori e altro materiale in dotazione alle truppe italiane. A Saragozza è incuriosito da un tedesco che aveva sempre un libro sotto il braccio. In spagnolo gli chiede: «Perché porti sempre questo libro sotto il braccio?». «Ma non è un libro, è la sacra Scrittura, è la Bibbia», fu la risposta. Così, discorrendo, i due giungono vicino alla piazza antistante il santuario della Vergine del Pilar. Bruno invita il tedesco a entrare con lui. Quegli rifiuta energicamente: «Guarda che io in quella sinagoga di Satana non ci sono mai andato. Io non sono cattolico. A Roma c'è il nostro nemico». «Il nemico a Roma?», domanda incuriosito Bruno. «E dimmi chi è, così se io lo incontro, lo ammazzo». «è il papa che sta a Roma». Si lasciano, ma in Bruno, che già era avverso alla Chiesa cattolica, era aumentato l'odio contro di essa e contro tutto ciò che la riguardava. Così, nel 1938, mentre si trova a Toledo, compra un pugnale e sulla lama incide: «A morte il papa!». 

Nel 1939, terminata la guerra, Bruno ritorna a Roma e trova lavoro come uomo delle pulizie all'ATAC, la società che gestisce i mezzi di trasporto pubblici di Roma. In seguito, dopo un concorso, diventa bigliettaio. Risale a questo periodo il suo incontro prima con i protestanti «Battisti», e poi con gli «Avventisti del settimo giorno». Questi lo istruiscono per bene e Bruno viene fatto direttore della gioventù missionaria avventista di Roma e del Lazio. Ma Bruno continua a lavorare anche con i compagni del Partito d'Azione e in seguito nella lotta clandestina contro i tedeschi durante l'occupazione. Si adopera anche per salvare gli ebrei braccati. Con l'arrivo degli americani comincia la libertà politica e religiosa. Bruno si distingue per il suo impegno e fervore contro la Chiesa, la Vergine, il papa. Non perde occasione di fare tutti i possibili dispetti ai preti, facendoli cadere sui mezzi pubblici e rubando loro la borsa. 
Il 12 aprile 1947, come direttore della gioventù missionaria, dalla sua setta riceve l'incarico di prepararsi per parlare in Piazza della Croce Rossa. Il tema è a sua scelta, basta che sia contro la Chiesa, l'Eucaristia, la Madonna e contro il papa, ovviamente. Per questo discorso molto impegnativo da tenersi in luogo pubblico occorreva prepararsi bene, per cui occorreva un luogo tranquillo e la sua casa era il luogo meno indicato. Allora Bruno propone alla moglie: «Andiamo a Ostia tutti quanti e lì possiamo stare tranquilli; io mi preparo il discorso per la festa della Croce Rossa e voi vi divertirete». Ma la moglie non si sente bene: «No, io non posso venire... Portaci i bambini»; è un sabato quel 12 aprile 1947. Pranzano in fretta e verso le 14 papà Bruno parte con i suoi tre bambini: Isola, di undici anni, Carlo di sette e Gianfranco di quattro. Giungono alla stazione Ostiense: proprio in quel momento stava partendo il treno per Ostia. La delusione è grande. Attendere il prossimo treno significa perdere tempo prezioso e le giornate non sono ancora lunghe. «Beh, pazienza», cerca di rimediare Bruno per superare il momento di sconforto suo e dei bambini, «è andato via il treno. Io vi avevo promesso di andare a Ostia... Vorrà dire che adesso... andremo in un altro posto. Prendiamo il tram, andiamo a S. Paolo e lì prendiamo il 223 per andare fuori Roma». Non potevano infatti aspettare un altro treno, perché a quei tempi, essendo stata bombardata la linea, c'era un treno solo che faceva la spola tra Roma e Ostia. Il che voleva dire dover aspettare più di un'ora... Prima di uscire dalla stazione, papà Bruno compra un giornalino per i bambini: si trattava del Pupazzetto. 
Quando giungono vicino alle Tre Fontane, Bruno dice ai bambini: «Scendiamo qua perché anche qui ci sono gli alberi e andiamo su dove ci sono i padri trappisti che danno il cioccolato». «Sì, sì», esclama Carlo, «allora andiamo a mangiare il cioccolato!». «Pure a me 'a sottolata», ripete il piccolino Gianfranco, che per la sua età smozzica ancora le parole. Così i bambini corrono felici lungo il viale che conduce all'abbazia dei padri trappisti. Giunti al vetusto arco medievale, detto di Carlo Magno, si fermano davanti al negozietto dove si vendono libri religiosi, guide storiche, corone, immagini, medaglie... e soprattutto l'ottimo «Cioccolato di Roma», prodotto dai padri trappisti delle Frattocchie e il liquore di eucalipto distillato nella stessa abbazia delle Tre Fontane. Bruno acquista tre piccole tavolette di cioccolato per i piccoli, che generosamente ne conservano un pezzettino, avvolto nella carta stagnola, per la mamma rimasta a casa. Dopo di che i quattro riprendono il cammino su un viottolo ripido che li porta al boschetto di eucalipti che sorge proprio davanti al monastero. 
Papà Bruno non era nuovo di quel luogo. Lo aveva frequentato da ragazzo quando, mezzo vagabondo e mezzo abbandonato dai suoi, vi si rifugiava qualche volta per passarvi la notte in qualche grotta scavata nella pozzolana di quel terreno vulcanico. Si fermano alla prima graziosa radura che incontrano, un centinaio di metri dalla strada. «Come è bello qui!», esclamano i bambini, che vivono in uno scantinato. Hanno portato la palla con la quale avrebbero dovuto giocare sulla spiaggia di Ostia. Va benissimo anche qui. C'è anche una piccola grotta e i bambini cercano di entrare subito all'interno, ma il papà lo proibisce loro energicamente. Da ciò che aveva visto per terra si era infatti reso subito conto che anche quell'anfratto era divenuto luogo di convegno delle truppe alleate... 
Bruno consegna la palla ai bambini perché giochino mentre lui si siede sopra un masso con la Bibbia, quella famosa Bibbia su cui aveva scritto di suo pugno: «Questa sarà la morte della Chiesa cattolica, con il papa in testa!». Con la Bibbia aveva portato anche un taccuino e una matita per prendere appunti. Comincia la ricerca dei versetti che gli sembrano più appropriati per confutare i dogmi della Chiesa, specialmente quelli mariani dell'Immacolata, dell'Assunzione e della Maternità divina. Mentre inizia a scrivere, giungono i bambini trafelati: «Papà, abbiamo perso la palla». «Dove l'avete tirata?». «Dentro i cespugli». «Andate a cercarla!». I bambini vanno e ritornano: «Papà, eccola la palla, l'abbiamo trovata». Allora Bruno, prevedendo di essere interrotto in continuazione nella sua ricerca, dice ai figli: «Beh, sentite, vi insegno io un gioco, però non mi disturbate più, perché devo prepararmi questo discorso». Così dicendo, prende la palla e la tira in direzione di Isola che aveva le spalle rivolte verso la scarpata da dove erano saliti. Ma la palla, invece di raggiungere Isola, come se avesse un paio di ali, vola sopra gli alberi e scende verso la strada dove passa l'autobus. «Stavolta l'ho persa io», dice il papà; «andate a cercarla». Tutti e tre i bambini scendono alla ricerca. Bruno riprende anche lui la sua «ricerca», con passione e acredine. Di carattere violento, inclinato alla controversia perché litigioso per natura e forgiato così dalle vicende della sua giovinezza, aveva riversato questi atteggiamenti nell'attività della sua setta, cercando di procurare il maggior numero di proseliti alla sua «nuova fede». Amante delle disquisizioni, di parola abbastanza facile, autodidatta, non cessava di predicare, di confutare e di convincere, scagliandosi con particolare ferocia contro la Chiesa di Roma, contro la Madonna e il papa, a tal punto che riuscì ad attirare alla sua setta non pochi suoi colleghi tranvieri. Per la sua puntigliosa serietà, Bruno si preparava sempre prima di ogni discorso in pubblico. Da qui anche il suo successo. Al mattino di quel giorno aveva assistito regolarmente al culto «avventista» nel tempio protestante, dove era uno dei fedeli più assidui. Alla lettura-commento del sabato, si era particolarmente caricato per attaccare la «Grande Babilonia», come era chiamata la Chiesa di Roma che, secondo loro, osava insegnare errori madornali e assurdità su Maria, ritenendola Immacolata, sempre Vergine e perfino Madre di Dio. Tutte cose che, secondo loro, la Rivelazione non dice.
AMDG et BVM

mercoledì 19 giugno 2013

Storia della Vergine della Rivelazione

Nostra Signora delle Tre Fontane

Nostra Signora delle Tre Fontane
LA BELLA SIGNORA DELLE TRE FONTANE

(Storia della Vergine della Rivelazione)


1. QUEL TRENO PERSO

Bruno Cornacchiola
C'è sempre una preparazione, un qualcosa che preannuncia la visita di Maria santissima in forma visibile su questa terra. 

Anche se questa preparazione non viene percepita tutte le volte immediatamente, la si riscontra poi con l'andare del tempo. Non sempre è un angelo, come avvenne a Fatima; molto spesso si tratta di avvenimenti, grandi o piccoli. E' sempre un qualcosa che, come un aratro, smuove il terreno. 

Pensiamo che un qualcosa del genere sia avvenuto anche a Roma, prima che la Madonna si presentasse ai bambini e poi allo stesso Bruno Cornacchiola, alle Tre Fontane. Niente di sensazionale, ma nei disegni divini il sensazionale e il normale hanno lo stesso valore. Anzi, la preferenza va a ciò che si innesta meglio sull'ordinarietà, perché l'opera di Dio non è ingigantita o sminuita dall'entità delle circostanze. 

Ecco una di queste circostanze. Roma, 17 marzo 1947. Poco dopo le 14, padre Bonaventura Mariani dei frati minori viene chiamato dalla portineria del Collegio S. Antonio in via Merulana 124. C'è una signora che con tono concitato lo sollecita a recarsi nel suo appartamento di via Merulana, perché dice che «c'è il diavolo», più concretamente, ci sono alcuni protestanti che lo stanno aspettando. 

Il frate scende e la signora Linda Mancini gli spiega che era riuscita a organizzare un dibattito con loro sulla religione. Infatti quelli da un po' di tempo stavano svolgendo una intensa propaganda nel suo palazzo, specialmente ad opera di uno di essi, un certo Bruno Cornacchiola, ottenendo la conversione di alcuni coinquilini che avevano già deciso di non fare battezzare i loro bambini. 

Amareggiata per quanto stava accadendo e non riuscendo a tenere testa alle loro argomentazioni, la signora Mancini si era rivolta ai francescani del Collegio S. Antonio. «Venga subito», scongiurava la donna, «altrimenti i protestanti diranno che voi avete paura di battervi con loro...» Per la verità, la cosa non era stata combinata all'ultimo minuto. 

Era già stato preavvisato un altro francescano, che però all'ultimo momento, per ragioni personali, aveva declinato l'invito e aveva suggerito di rivolgersi a padre Bonaventura. Naturalmente questi obietta che, preso così alla sprovvista, non si sente preparato per quel dibattito e, per di più, è stanco per le lezioni tenute in mattinata alla Facoltà di Propaganda Fide. Ma di fronte alle accorate insistenze della signora, si rassegna ad accettare l'invito. 

Giunto nella stanza del dibattito, padre Bonaventura si trova di fronte a un pastore protestante della setta degli «Avventisti del settimo giorno», circondato da un gruppetto della stessa religione, fra cui Bruno Cornacchiola. Dopo una preghiera silenziosa, comincia il dibattito. Si sa che, di solito, questi incontri diventano subito «scontri» e si esauriscono in uno scambio di accuse e controaccuse, senza che una parte riesca a convincere l'altra, dato che ognuno parte dall'assoluta certezza di trovarsi nel giusto. 

Cornacchiola si distingue subito per interventi aggressivi, basati più sugli insulti che sulle argomentazioni, come questo: «Voi siete artisti ed astuti; studiate per ingannare gli ignoranti, ma con noi che conosciamo la Parola di Dio non potete fare nulla. Avete inventato tante stupide idolatrie e interpretate la Bibbia a modo vostro!». E direttamente al frate: «Caro furbacchione, sei svelto a trovare le scappatoie!...». E così il dibattito si protrae per quasi quattro ore, finché viene deciso che è tempo di separarsi. 

Mentre tutti si alzano per andarsene, le signore presenti al dibattito dicono a Cornacchiola: «Tu non sei tranquillo! Si vede dallo sguardo». E lui di rimando: «Sì invece: io sono felice da quando ho abbandonato la Chiesa cattolica!». Ma le signore insistono: «Rivolgiti alla Madonna. Lei ti salverà! », e gli mostrano il rosario. «Questo ti salverà!».  

Ed ecco che ventun giorni dopo Cornacchiola sta sì pensando alla Madonna, ma non tanto per «rivolgersi a lei», quanto per combatterla e cercare di sminuirla il più possibile, cercando addirittura nella stessa Bibbia le argomentazioni per farlo. 


Ma chi era questo Bruno Cornacchiola? 
E soprattutto qual era la storia della sua vita e perché era diventato così accanito contro la Madonna? 


Pensiamo sia molto utile conoscere tutto questo per comprendere meglio l'ambito e i retroscena su cui si innesta il messaggio dell'apparizione. Sappiamo che la Madonna non sceglie mai a caso: né il veggente, né il luogo, né il momento. Tutto fa parte del mosaico dell'avvenimento. E' lo stesso Bruno che racconta. Noi riassumiamo. 

Nasce nel 1913 sulla Cassia Vecchia, in una stalla, a causa della grande povertà in cui versano i suoi genitori. Alla sua nascita il padre è in prigione a Regina Coeli e quando esce con la moglie porta il bambino a battezzare nella chiesa di S. Agnese. Alla rituale domanda del sacerdote: «Che nome gli volete mettere?», il papà, ubriaco, risponde: «Giordano Bruno, come quello che avete ammazzato voi a Campo dei Fiori!». La risposta del sacerdote è prevedibile: «No, con questo spirito non è possibile!» Si accordano allora che il bambino si chiamerà soltanto Bruno. 

I genitori sono analfabeti e vivono in miseria. Vanno ad abitare in una casa vicino all'agglomerato di baracche dove si ritrovavano tutti quelli che uscivano dalle carceri e le donne di strada. Bruno cresce in questa «schiuma di Roma», senza religione, perché Dio, Cristo, la Madonna erano conosciuti soltanto come bestemmie e i bambini crescevano pensando che questi nomi indicassero porci, cani o asini. In casa Cornacchiola la vita era piena di liti, bastonate e bestemmie. I bambini più grandi, per poter dormire la notte, uscivano di casa. 

Bruno andava a dormire sulle scale della Basilica di S. Giovanni in Laterano. Una mattina, quando aveva quattordici anni, viene avvicinato da una signora che, dopo averlo invitato a entrare con lei in chiesa, gli parla di messa, di comunione, di cresima, e gli promette la pizza. Il ragazzo la guarda stralunato. Alle domande della signora, meravigliato, risponde: «Beh, a casa, quando papà non è ubriaco si mangia tutti assieme, qualche volta pastasciutta, qualche volta minestra, il brodo, risotto o la zuppa, ma questa cresima e comunione, mamma non l'ha mai cucinata... E poi, cos'è quest'Ave Maria? Cos'è 'sto Padre nostro?». E così, Bruno, scalzo, malvestito, pieno di pidocchi, infreddolito, viene accompagnato da un frate che cercherà di insegnargli un po' di catechismo. 

Dopo una quarantina di giorni la solita signora lo porta in un istituto di suore dove Bruno riceve per la prima volta la comunione. Per la cresima occorreva il padrino: il vescovo chiama il suo servitore e gli fa fare da padrino. Come ricordo gli danno il libretto nero delle Massime eterne e una bella corona del rosario, grossa e nera anch'essa. Bruno ritorna a casa con questi oggetti e con l'incombenza di chiedere perdono alla mamma per i sassi che le aveva tirato e un morso alla mano: «Mamma, il prete mi ha detto alla cresima e comunione che ti dovevo chiedere perdono...». «Ma che cresima e comunione, che perdono!», e dicendo queste parole gli dà uno spintone, facendolo cadere per le scale. Bruno allora lancia alla mamma il libretto e la corona del rosario e se ne va di casa, a Rieti. 

Qui rimane per un anno e mezzo con un suo zio, facendo tutti quei lavoretti che gli offrivano. Poi lo zio lo riporta dai genitori che nel frattempo si erano traslocati al Quadraro. Due anni dopo, Bruno riceve la cartolina precetto per il servizio militare. 

Ha ormai vent'anni, è senza istruzione, senza lavoro e per presentarsi in caserma si procura un paio di scarpe negli scarichi delle immondizie. Per legacci un filo di ferro. Viene mandato a Ravenna. Non aveva mai avuto tanto da mangiare e da vestire come da militare, e lui si dava da fare per farsi strada, accettando di compiere tutto ciò che gli veniva richiesto e partecipando a tutte le gare. Eccelle soprattutto nel «tiro a segno», per cui viene mandato a Roma per una gara nazionale: vince la medaglia d'argento. 

Al termine del servizio militare nel 1936, Bruno si sposa con una ragazza che aveva già conosciuto quando era ancora bambina. Conflitto per le nozze: lui vuole sposarsi solo civilmente. Era infatti diventato comunista e non voleva avere a che fare con la Chiesa. Lei invece voleva celebrare il matrimonio religioso. Giungono a un compromesso: «Va bene, vuol dire che domandiamo al parroco se ci vuole sposare in sacrestia, però non mi deve chiedere né confessione, né comunione, né messa». Questa è la condizione posta da Bruno. E così avviene. Dopo il matrimonio caricano le loro poche cose in una carriola e vanno ad abitare in una baracca. 

Bruno ora è deciso a cambiare vita. Stringe rapporti con i compagni comunisti del Partito d'Azione che lo convincono ad arruolarsi come radiotelegrafista volontario all'OMS, sigla usata per indicare l'Operazione Militare in Spagna. Siamo nel 1936. Viene accettato e in dicembre parte per la Spagna dove infierisce la guerra civile. Naturalmente le truppe italiane si schierano dalla parte di Franco e i suoi alleati. Bruno, infiltrato comunista, ha ricevuto dal partito il compito di sabotare motori e altro materiale in dotazione alle truppe italiane. 

A Saragozza è incuriosito da un tedesco che aveva sempre un libro sotto il braccio. In spagnolo gli chiede: «Perché porti sempre questo libro sotto il braccio?». «Ma non è un libro, è la sacra Scrittura, è la Bibbia», fu la risposta. Così, discorrendo, i due giungono vicino alla piazza antistante il santuario della Vergine del Pilar. Bruno invita il tedesco a entrare con lui. Quegli rifiuta energicamente: «Guarda che io in quella sinagoga di Satana non ci sono mai andato. Io non sono cattolico. A Roma c'è il nostro nemico». «Il nemico a Roma?», domanda incuriosito Bruno. «E dimmi chi è, così se io lo incontro, lo ammazzo». «E' il papa che sta a Roma». 

Si lasciano, ma in Bruno, che già era avverso alla Chiesa cattolica, era aumentato l'odio contro di essa e contro tutto ciò che la riguardava. Così, nel 1938, mentre si trova a Toledo, compra un pugnale e sulla lama incide: «A morte il papa!». 

Nel 1939, terminata la guerra, Bruno ritorna a Roma e trova lavoro come uomo delle pulizie all'ATAC, la società che gestisce i mezzi di trasporto pubblici di Roma. In seguito, dopo un concorso, diventa bigliettaio. Risale a questo periodo il suo incontro prima con i protestanti «Battisti», e poi con gli          «Avventisti del settimo giorno». Questi lo istruiscono per bene e Bruno viene fatto direttore della gioventù missionaria avventista di Roma e del Lazio. 

Ma Bruno continua a lavorare anche con i compagni del Partito d'Azione e in seguito nella lotta clandestina contro i tedeschi durante l'occupazione. Si adopera anche per salvare gli ebrei braccati. Con l'arrivo degli americani comincia la libertà politica e religiosa. Bruno si distingue per il suo impegno e fervore contro la Chiesa, la Vergine, il papa. Non perde occasione di fare tutti i possibili dispetti ai preti, facendoli cadere sui mezzi pubblici e rubando loro la borsa. 


Il 12 aprile 1947, come direttore della gioventù missionaria, dalla sua setta riceve l'incarico di prepararsi per parlare in Piazza della Croce Rossa. Il tema è a sua scelta, basta che sia contro la Chiesa, l'Eucaristia, la Madonna e contro il papa, ovviamente. Per questo discorso molto impegnativo da tenersi in luogo pubblico occorreva prepararsi bene, per cui occorreva un luogo tranquillo e la sua casa era il luogo meno indicato. Allora Bruno propone alla moglie: «Andiamo a Ostia tutti quanti e lì possiamo stare tranquilli; io mi preparo il discorso per la festa della Croce Rossa e voi vi divertirete». Ma la moglie non si sente bene: «No, io non posso venire... Portaci i bambini». 

E' un sabato quel 12 aprile 1947. Pranzano in fretta e verso le 14 papà Bruno parte con i suoi tre bambini: Isola, di undici anni, Carlo di sette e Gianfranco di quattro. Giungono alla stazione Ostiense: proprio in quel momento stava partendo il treno per Ostia. La delusione è grande. Attendere il prossimo treno significa perdere tempo prezioso e le giornate non sono ancora lunghe. 


«Beh, pazienza», cerca di rimediare Bruno per superare il momento di sconforto suo e dei bambini, «è andato via il treno. Io vi avevo promesso di andare a Ostia... Vorrà dire che adesso... andremo in un altro posto. Prendiamo il tram, andiamo a S. Paolo e lì prendiamo il 223 per andare fuori Roma». Non potevano infatti aspettare un altro treno, perché a quei tempi, essendo stata bombardata la linea, c'era un treno solo che faceva la spola tra Roma e Ostia. Il che voleva dire dover aspettare più di un'ora... Prima di uscire dalla stazione, papà Bruno compra un giornalino per i bambini: si trattava del Pupazzetto. 


Quando giungono vicino alle Tre Fontane, Bruno dice ai bambini: «Scendiamo qua perché anche qui ci sono gli alberi e andiamo su dove ci sono i padri trappisti che danno il cioccolato». «Sì, sì», esclama Carlo, «allora andiamo a mangiare il cioccolato!». «Pure a me 'a sottolata», ripete il piccolino Gianfranco, che per la sua età smozzica ancora le parole. Così i bambini corrono felici lungo il viale che conduce all'abbazia dei padri trappisti. Giunti al vetusto arco medievale, detto di Carlo Magno, si fermano davanti al negozietto dove si vendono libri religiosi, guide storiche, corone, immagini, medaglie... e soprattutto l'ottimo « Cioccolato di Roma», prodotto dai padri trappisti delle Frattocchie e il liquore di eucalipto distillato nella stessa abbazia delle Tre Fontane. Bruno acquista tre piccole tavolette di cioccolato per i piccoli, che generosamente ne conservano un pezzettino, avvolto nella carta stagnola, per la mamma rimasta a casa. Dopo di che i quattro riprendono il cammino su un viottolo ripido che li porta al boschetto di eucalipti che sorge proprio davanti al monastero. 

Papà Bruno non era nuovo di quel luogo. Lo aveva frequentato da ragazzo quando, mezzo vagabondo e mezzo abbandonato dai suoi, vi si rifugiava qualche volta per passarvi la notte in qualche grotta scavata nella pozzolana di quel terreno vulcanico. Si fermano alla prima graziosa radura che incontrano, un centinaio di metri dalla strada. «Come è bello qui!», esclamano i bambini, che vivono in uno scantinato. Hanno portato la palla con la quale avrebbero dovuto giocare sulla spiaggia di Ostia. Va benissimo anche qui. C'è anche una piccola grotta e i bambini cercano di entrare subito all'interno, ma il papà lo proibisce loro energicamente. Da ciò che aveva visto per terra si era infatti reso subito conto che anche quell'anfratto era divenuto luogo di convegno delle truppe alleate... 

Bruno consegna la palla ai bambini perché giochino mentre lui si siede sopra un masso con la Bibbia, quella famosa Bibbia su cui aveva scritto di suo pugno: «Questa sarà la morte della Chiesa cattolica, con il papa in testa!». Con la Bibbia aveva portato anche un taccuino e una matita per prendere appunti. Comincia la ricerca dei versetti che gli sembrano più appropriati per confutare i dogmi della Chiesa, specialmente quelli mariani dell'Immacolata, dell'Assunzione e della Maternità divina. 

Mentre inizia a scrivere, giungono i bambini trafelati: «Papà, abbiamo perso la palla». «Dove l'avete tirata?». «Dentro i cespugli». «Andate a cercarla!». I bambini vanno e ritornano: «Papà, eccola la palla, l'abbiamo trovata». Allora Bruno, prevedendo di essere interrotto in continuazione nella sua ricerca, dice ai figli: «Beh, sentite, vi insegno io un gioco, però non mi disturbate più, perché devo prepararmi questo discorso». Così dicendo, prende la palla e la tira in direzione di Isola che aveva le spalle rivolte verso la scarpata da dove erano saliti. 

Ma la palla, invece di raggiungere Isola, come se avesse un paio di ali, vola sopra gli alberi e scende verso la strada dove passa l'autobus. «Stavolta l'ho persa io», dice il papà; «andate a cercarla». Tutti e tre i bambini scendono alla ricerca. Bruno riprende anche lui la sua «ricerca», con passione e acredine. Di carattere violento, inclinato alla controversia perché litigioso per natura e forgiato così dalle vicende della sua giovinezza, aveva riversato questi atteggiamenti nell'attività della sua setta, cercando di procurare il maggior numero di proseliti alla sua «nuova fede». Amante delle disquisizioni, di parola abbastanza facile, autodidatta, non cessava di predicare, di confutare e di convincere, scagliandosi con particolare ferocia contro la Chiesa di Roma, contro la Madonna e il papa, a tal punto che riuscì ad attirare alla sua setta non pochi suoi colleghi tranvieri. 

Per la sua puntigliosa serietà, Bruno si preparava sempre prima di ogni discorso in pubblico. Da qui anche il suo successo. Al mattino di quel giorno aveva assistito regolarmente al culto «avventista» nel tempio protestante, dove era uno dei fedeli più assidui. Alla lettura-commento del sabato, si era particolarmente caricato per attaccare la «Grande Babilonia», come era chiamata la Chiesa di Roma che, secondo loro, osava insegnare errori madornali e assurdità su Maria, ritenendola Immacolata, sempre Vergine e perfino Madre di Dio. Tutte cose che, secondo loro, la Rivelazione non dice.

(cont.)


mercoledì 16 ottobre 2019

Bellissimo libretto, intitolato "TRE FONTANE"

Mons. Francesco Spadafora 

“TRE FONTANE”

Prologo

Nel 1984 monsignor Francesco Spadafora ha pubblicato un bellissimo libretto (164 pagine, 11 cm x 18 cm) intitolato Tre Fontane presso l’Editore Giovanni Volpe di Roma.
Abbiamo già visto [qui] il contenuto delle  circa sessanta rivelazioni private, che la Madonna ha fatto a Bruno Cornacchiola dal 1947 al 2001, citando il libro di Saverio Gaeta Il Veggente. Il segreto delle tre fontane (Milano, Salani, 2016), il quale ha potuto consultare i quaderni lasciati dal Cornacchiola alla Associazione da lui fondata (SACRI)[1].

Ritorno sul tema poiché il libro di monsignor Spadafora, che non conosceva il contenuto delle rivelazioni private posteriori alla prima parte di quella resa pubblica del 12 aprile  1947, mette molto bene in luce il quadro che circonda la figura di Cornacchiola e il rapporto speciale che la sua conversione, dovuta all’apparizione della Madonna a lui e ai suoi tre  figli, ha avuto con il papa Pio XII e l’apparizione della Madonna a Fatima avvenuta nel 1917. I due libri (di Gaeta e Spadafora) si integrano, dunque, a vicenda e vanno letti, meditati e vissuti alla luce del messaggio di Fatima: preghiera e penitenza per la conversione dei peccatori, riparazione e una tremenda guerra dopo quella del 1914 e del 1938, che “cancellerà intere Nazioni dalla faccia della terra”.

Il martirio di San Paolo e la chiesa delle “Tre Fontane”

San Paolo fu decapitato nel 67 vicino al luogo ove la Madonna apparve a Cornacchiola, che si chiamava nei tempi antichi Aquae Salviae, al terzo miglio dall’Urbe sulla via Laurentina, ove sorge ora la chiesa di San Paolo (detta delle Tre Fontane) limitrofa all’abbazia dei padri Trappisti o “Cistercensi riformati”, che per volere di Pio IX ne presero possesso nel 1868, sostituendo i Cistercensi antichi, che curavano la chiesa già ai tempi di San Bernardo Di Chiaravalle (XII secolo).
Ciborio Arnolfo di Cambio
Sotto l'Altare la tomba di San Paolo 
I fedeli cristiani che vivevano nel 67 chiesero ed ottennero, secondo il diritto romano, il corpo di San Paolo che riposa nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura non lontana dalla Piramide di Caio Cestio nei pressi della Stazione Ferroviaria di Roma Ostiense sulla antica via Ostiense.

Nel luogo ove l’Apostolo fu decapitato sgorgarono tre fontane di  acqua proprio dove la sua testa cadde facendo tre balzi per la leggera china del terreno. Da allora non si parlò più di Aquae Salviae, ma delle Tre Fontane. I fedeli vi costruirono subito un oratorio, che fu restaurato  e ampliato da papa Sergio I nel 689.

Nel 1599 il cardinale Pietro Aldobrandini fece demolire l’antico oratorio per costruirvi sopra una grande chiesa disegnata da Giacomo della Porta che si può vedere ancora oggi sostanzialmente immutata.

Sempre vicino alle Tre Fontane sorgono degli edifici costruiti dai monaci Trappisti  destinati alla scuola per i figli dei contadini che vivevano nelle campagne adiacenti, scuole affidate da papa Benedetto XV il 10 ottobre del 1917 alle Suore fondate da Santa Lucia Filippini (nata nel 1672 e canonizzata nel 1930), chiamate Maestre pie Filippini. La Madonna disse nel 1947 a Cornacchiola di trasmettere alle “Mie dilette figlie” le Suore pie Filippini, di pregare molto per gli increduli.

Di fronte alle Abbazie e alle scuole delle Suore Filippini separato dalla via Laurentina sorge un bel boschetto di eucalipti piantati dai Trappisti in quella zona, che prima era paludosa e malarica. Proprio lì la Madonna apparve a Cornacchiola il 12 aprile del 1947 e ora vi sorge un piccolo convento di Frati Francescani Conventuali con l’annessa cappella aperta al pubblico, ancor oggi raccolto in silenzio e in preghiera davanti la statua che  rappresenta la Madonna apparsa a Cornacchiola, presentataSi come Madonna della Rivelazione, eretta lì con il permesso di Pio XII. Purtroppo col passare degli anni nel boschetto avevano trovato rifugio molte persone dedite al malaffare, compresa la grotta ove Maria apparve a Cornacchiola. “Ove abbondò il peccato sovrabbondò la grazia” (Rom., V, 20).

Bruno Cornacchiola

Nacque il 9 maggio 1913 nel suburbio malfamato di Roma, l’attuale via Metronia, ove finiva l’Urbe e iniziava la campagna. La sua famiglia era originaria di Rieti ed era poverissima, il papà di Bruno era un alcolizzato, dedito alle risse, spesso rinchiuso in prigione e assai violento con la moglie e i figli (cfr. don Giuseppe Tomaselli, La Vergine della Rivelazione, Palermo, 1981).

Bruno per evitare le botte del padre viveva più in strada che in casa, sia di giorno che di notte. Quando una mattina la signora Maria Farsetti vide Bruno appena quattordicenne sdraiato sui gradini della Scala Santa in piazza San Giovanni in Laterano. La signora ne ebbe compassione e lo affidò ai padri Passionisti, che lo educarono ai primi rudimenti della fede e lo fecero accostare alla Eucarestia e alla Cresima.

Ma ritornato a casa fu malmenato dalla mamma e dal padre, così riprese la sua vita errabonda fuggendo a Rieti. Raggiunti i 21 anni fece il servizio militare a Ravenna, ove trovò ordine pace, vitto e alloggio decenti, ma dopo due anni dovette tornare a Roma e lì incontrò Jolanda, la figlia di una guardia carceraria di Regina Coeli, ove suo padre spesso passava le “vacanze”. Fu così che Jolanda e Bruno si sposarono nel 1936. Intanto Bruno era diventato comunista ed era partito per la guerra di Spagna, come infiltrato tra i franchisti e i volontari dell’Esercito Italiano al fine di sabotarli e passare al nemico (Russia, Francia e Inghilterra) preziose informazioni. Lì in Spagna conobbe un soldato germanico, che era protestante e lo convinse che il Papa era l’Anticristo e la Chiesa il dragone rosso dell’Apocalisse. Fu così che Bruno si mise in testa di uccidere papa Pio XII, ossia l’Anticristo, poiché secondo il protestantesimo era il responsabile di tutti i mali del mondo.

Nel 1939 tornò in Italia a guerra finita e riabbracciò la moglie e la piccola bambina che aveva avuta nei primi giorni  del matrimonio. Però la moglie era cattolica convinta e Bruno in un impeto di collera distrusse tutte le immagini sacre e i rosari che aveva in casa.  

Cornacchiola e Pio XII

Come mai, si chiede monsignor Spadafora[2],  Pio XII si interessò  subito all’apparizione della Madonna al Cornacchiola? Il 1937 la Madonna apparve proprio alle Tre Fontane ad una giovane assai pia, di nome Luigina Sinapi (nata a Itri in provincia di Latina l’8 settembre 1916 e morta a Roma il 17 aprile 1978)  e tra e altre cose le disse: “Tra dieci anni apparirò di nuovo in questo luogo a un miscredente nemico della Chiesa e del Papa. Ora va in San Pietro, lì troverai la sorella del cardinal Pacelli. Porta a lui il mio messaggio. Da questo luogo stabilirò in Roma il trono della mia gloria”. Ora quella giovane conosceva molto bene l’allora cardinal Eugenio Pacelli e dopo avere incontrato la sorella gli riferì l’accaduto. Perciò quando nel 1947 il cardinale era oramai divenuto Papa accolse subito con interesse la storia dell’apparizione della Madonna a Cornacchiola nelle Grotta delle Tre Fontane e la approvò.

Frattanto Cornacchiola era divenuto protestante acceso, ma la moglie lo aveva sfidato a far assieme a lei la pratica dei primi nove Venerdì del mese: “se alla fine tu avrai gli stessi sentimenti di ora, darò il mio nome alla setta, se  invece cambierai idea, non parlarmene più”[3]. Cornacchiola fece la pratica dei nove Venerdì, ma non successe nulla.

Però ecco che, dovendo fare una conferenza a favore del protestantesimo il 13 aprile del 1947, si volle preparare il giorno precedente. Quindi, avendo perduto il trenino per Ostia, si diresse con i tre figlioli al bosco di eucalipti delle Tre Fontane. Lì gli apparve la Madonna e gli dette due messaggi, il primo da rendere pubblico e il secondo da consegnare solo a papa Pacelli. Nel primo la Vergine raccomanda di recitare il Rosario, promette di far dei “grandi miracoli con  questa terra di peccato”, ossia con la terra della grotta che prima dell’apparizione era divenuta un luogo di incontro dei peccatori[4]. La seconda parte fu messa per iscritto da Cornacchiola appena tornato a casa e venne portata dallo stesso veggente a Pio XII.

“I pastori del gregge non fanno il loro dovere. Troppo mondo è entrato nella loro anima per dare scandalo al gregge e sviarlo dalla via. […]. Prima che la Russia si converta e lasci la via dell’ateismo, si scatenerà una tremenda e grave persecuzione. Pregate, si può fermare. […]. Allontanatavi dalle false cose del mondo: vani spettacoli, stampe d’oscenità. […]. Satana è sciolto per un periodo di tempo e accenderà tra gli uomini il fuoco della protesta. Figli, siate forti, resistete all’assalto infernale. […]. La Chiesa tutta subirà una tremenda prova, per pulire il carname che si è infiltrato tra i suoi ministri. […]. Sacerdoti e fedeli saranno messi in una svolta pericolosa nel mondo dei perduti, che si scaglierà con qualunque mezzo all’assalto: false ideologie e teologie. […]. Vi saranno giorni di dolori e di lutti. Dalla parte d’oriente un popolo forte, ma lontano da Dio, sferrerà un attacco tremendo, e spezzerà le cose più sacre e sante. […]. Il mondo entrerà in un’altra guerra, più spietata delle precedenti; maggiormente sarà colpita la Rocca eterna (Roma). L’ira di satana non è più mantenuta; lo Spirito di Dio si ritira dalla terra, la Chiesa sarà lasciata vedova, sarà lasciata in balìa del mondo. […]. La colpita maggiormente sarà la Chiesa di Cristo per nettarla dalle sozzure che vi sono dentro. […]. I sacerdoti saranno calpestati e trucidati, ecco la croce rotta vicino alla talare dello spogliamento esteriore sacerdotale” (Saverio Gaeta, Il veggente. Il segreto delle tre fontane, Milano, Salani, 2016, pp. 80-88).

Il miracolo del sole danzante

Oltre vari miracoli di guarigioni portentose citati da monsignor Spadafora, sempre nel suo libro si legge il racconto di tre miracoli simili a quello avvenuto a Fatima il 13 ottobre del 1917 davanti a circa 70 mila persone.

Alle Tre Fontane il 12 aprile del 1980 di fronte a circa 4 mila persone e il 12 aprile del 1982 di fronte a 10 mila persone il sole si è messo a danzare nel cielo e qualcuno (che conosco personalmente e che me lo ha raccontato) lo ha visto anche da molto lontano, tornando da Rieti a Roma sulla via Salaria.

Conclusione

Queste pagine scritte da monsignor Francesco Spadafora nel 1984 potranno, come quelle scritte da Saverio Gaeta, suscitare contestazioni e polemiche, accuse di sensazionalismo e insinuazioni di “pre-conciliarismo” e di “profetismo di sventura”. Ma se le ispirazioni a Cornacchiola provenivano realmente dal Cielo, come personalmente ritengo, è certamente opportuno che vengano rese note al grande pubblico, sottraendole all’oscurità di qualche polveroso archivio della Santa Sede ed è bene per noi meditarle, unitamente al resoconto di tutte le sessanta apparizioni ricevute da Cornacchiola per riparare il male che viene commesso nel mondo, preservarci l’anima dalla morte eterna e affrontare serenamente il castigo che incombe sulle nostre teste. Refugium peccatorum, ora pro nobis!
d. Curzio Nitoglia 
______________________________________
1. Schiere Ardite di Cristo Re Immortale.
2. F. Spadafora, Tre Fontane, Roma, Volpe, 1984, p. 47.
3. Ibidem,  p. 57.
4. Una reliquia di questa terra può essere chiesta alle Suore Missionarie della Divina Rivelazione, via delle Vigne Nuove, 459, 00139 – Roma, tel.: 06 87130963, mail: missionarie@divinarivelazione.org
AVE MARIA PURISSIMA!

lunedì 14 ottobre 2019

Rivelazione della Divina Vergine Maria alle Tre Fontane

Fonte lanuovabq.it 08/02/2015

Autore Diego Manetti

Continuiamo la pubblicazione delle conversazioni (questo è il diciassettesimo appuntamento) che Diego Manetti tiene ogni primo sabato del mese a Radio Maria, alla scoperta dei santuari più importanti dedicati alla Vergine.

Il luogo che insieme a voi, cari amici, desidero visitare questa volta, poiché in esso Maria ha lasciato una sua particolare traccia del suo cammino tra gli uomini, si trova a Roma. Roma, la città eterna. Roma, la città del papa. Roma, la città in cui la Madonna ha scelto di presentarsi come “Vergine della rivelazione” a Bruno Cornacchiola, apparendogli nel 1947.

Precisiamo subito che si tratta di apparizioni in merito alle quale il giudizio della Chiesa è ancora sospeso, e che pertanto ne riferisco chiedendo a quanti leggono di prestare la fiducia che si offre alla pura testimonianza umana. È in tali termini infatti che intendo riportare gli eventi che accaddero in località “tre Fontane”, alla periferia di Roma, in quel 1947. [Ironia della sorte: si deve dire che pur non essendo ufficialmente approvate, queste Apparizioni ... risultano come quelle della Medaglia Miracolosa di Rue de Bac  nel 1830 le più approvate, considerando i tanti Vescovi e Cardinali che ivi alle Tre Fontane han celebrato e predicato]

Prima di procedere con la esposizione di quanto accaduto, desidero però offrire un ulteriore riferimento ai fatti che interessarono la grotta delle tre fontane prima delle presunte apparizioni al Cornacchiola. Alcuni tra voi avranno forse già capito che intendo riferirmi a quanto successo a Roma dal 1935 a Luigina Sinapi (1916-1978), veggente e carismatica che avrebbe preannunciato le apparizioni delle Tre Fontane con dieci anni di anticipo. Ma andiamo con ordine, partendo proprio da questi antefatti che ritengo utile esporre per mostrare come, nel caso in cui si trattasse di autentiche apparizioni mariane, quelle delle Tre Fontane mostrerebbero ancora una volta come la storia delle apparizioni moderne sia segnata dallo svolgersi di un preciso disegno di Maria che è venuta tra gli uomini per accompagnarli in questo tempo di prova ove la fede è ovunque minacciata dagli attacchi del maligno.

 Dicevo di Luigina Sinapi, dunque. La piccola Luigina aveva ricevuto il dono di una profonda familiarità con Gesù fin dalla più tenera infanzia, manifestando i doni ricevuti con fenomeni apparentemente inspiegabili che spinsero la madre a recarsi da Padre Pio - il quale aveva da pochi anni (1918) ricevute le stigmate - per chiedere una parola di conforto. Il frate di Pietrelcina così le disse: “Dio manifesta in lei la sua volontà”. Tranquillizzata, la donna fece ritorno a casa, tutta presa da timore e tremore nei confronti di quanto Dio andava operando nella più grande dei suoi cinque figli.

La fanciullezza di Luigina trascorse dunque in una relazione sempre più confidente con Gesù e Maria, fino all'incontro decisivo che avvenne nel 1935, il 15 agosto. All'epoca Luigina aveva 19 anni appena ma ormai sembrava prossima alla morte per una grave forma di tumore all'intestino. Ricevuta l'estrema unzione, la giovane vide Gesù accanto al suo capezzale e dall'altro lato del letto la Vergine Maria.

Il Signore chiamò Luigina a una scelta: “Noi siamo venuti per farti una proposta. Devi decidere liberamente: vuoi morire e venire in Cielo, oppure desideri essere una vittima espiatrice per la Chiesa e i sacerdoti?”. Luigina non ebbe dubbi sull'offrirsi subito come vittima sacrificale. Gesù continuò, preannunciando alla giovane veggente che non sarebbe entrata in convento bensì avrebbe vissuto nel mondo, in umiltà e nascondimento, soffrendo ed espiando per la Chiesa, sempre accompagnata però dalla guida sicura di Maria Ss. Appena Gesù ebbe terminato di dire queste parole, Luigina si trovò improvvisamente guarita, mentre le bende e le fasciature cadevano in terra, nel mezzo dello spandersi di un soavissimo profumo.

La vita di Luigina proseguiva all'insegna di un quotidiano contatto con il soprannaturale, caratterizzato da numerose estasi mistiche e da fenomeni di bilocazione. Profumi, estasi, bilocazioni: tutti elementi che ci fanno apparire ancora più stretto il legame tra Luigina e padre Pio che anni prima aveva indicato nella piccola uno strumento della volontà divina.

Come promesso da Gesù, la Madonna guidava Luigina apparendole ogni primo sabato del mese e nelle ricorrenze mariane. In occasioni di tali celesti visite, la Vergine si presentava ogni volta con un mantello e una veste dai colori diversi, secondo differenti significati simbolici: violetto per indicare l'espiazione, rosso per l'amore, rosa per la mitezza. La Vergine - raccontò Luigina - le appariva maestosa in un grande bagliore luminoso, mentre lo spazio circostante scompariva alla vista della veggente. Ogni volta la Madonna le affidava un breve messaggio, per poi andarsene lasciando dietro di sé una soave scia odorosa che impregnava la casa della veggente per tutta la giornata. A fronte di questi fenomeni mistici, non mancarono numerosi assalti diabolici che tentavano di togliere la pace a Luigina, la quale però confidava nella guida del padre spirituale e della Vergine Maria, mantenendosi nell'obbedienza a essi e nel riserbo più stretto in merito ai fenomeni soprannaturali che andava vivendo.

Giungiamo così al 1937. Luigina si reca con alcune compagne dell'associazione religiosa “Figlie di Maria” presso la chiesa dell'abbazia di Tre Fontane, a Roma. Inoltratasi nel limitrofo boschetto di eucalipti, Luigina entrò in una grotta. Improvvisamente le apparve la Madonna, i cui occhi tristi puntavano in direzione dei poveri resti di un feto abortito e abbandonato in quella grotta da qualche madre disgraziata. Subito la veggente provvide a dare pietosa sepoltura ai poveri resti, facendo tornare con questo piccolo gesto d'amore il sorriso sul volto della Vergine.

A quel punto la Madonna disse a Luigina: “Io ritornerò in questo luogo per convertire un uomo che oggi lotta acerbamente contro la Chiesa di Cristo e vuole assassinare il Santo Padre… Va' adesso nella basilica di San Pietro: troverai una religiosa che ti farà conoscere suo fratello che è un cardinale. A lui devi portare il messaggio. Da questo luogo insedierò a Roma il trono della mia glorificazione. Dovrai dire al cardinale che diventerà presto nuovo papa.”

Luigina obbedì prontamente e le cose andarono come la Madonna aveva predetto: la giovane incontrò infatti in San Pietro la Marchesa Pacelli, sorella dell'allora cardinale Eugenio Pacelli, con il quale Luigina ebbe un colloquio privato in cui riferì le parole della Vergine. Solo tenendo presente questo antefatto possiamo comprendere perché Pio XII diede immediatamente credito alle apparizioni delle Tre Fontane, nel 1947, addirittura benedicendo una statua della Madre di Dio che venne posta nella grotta pochi mesi dopo le apparizioni al Cornacchiola. Il rapporto tra la Sinapi e Pio XII andò facendosi più stretto nel corso degli anni, crescendo insieme alla fiducia personale anche il credito che il Santo Padre sentiva di poter dare ai fenomeni soprannaturali caratterizzanti la vita di Luigina che intanto, secondo il cuore dei messaggi che la Vergine le affidava, andava sacrificandosi ed espiando per i peccati del mondo e in favore della Chiesa, fino alla morte avvenuta nel 1978.

Questa ampia premessa era necessaria, cari amici, per preparare al meglio i fatti delle Tre Fontane relativi alle apparizioni della Vergine Maria a Bruno Cornacchiola nel 1947. Il Cornacchiola, nato nel 1913 a Roma, proveniva da una povera famiglia nella quale l'ultima preoccupazione era l'educazione religiosa e la prima la sopravvivenza quotidiana. Ricevuto il Battesimo per pura consuetudine familiare, Bruno se ne andò di casa ad appena 14 anni, vivendo per le strade della capitale come vagabondo, fino al tempo del servizio militare. Sposatosi a 23 anni, decise di partire come volontario per la Guerra di Spagna (1936-39), combattendo tra le fila dei comunisti, per fare ritorno in Italia la termine del conflitto ormai intriso di profondi sentimenti antipapisti e anticattolici. Al punto da convertirsi al protestantesimo e divenire avventista, impegnando poi tutti i suoi sforzi per strappare alla fede cattolica anche sua moglie, arrivando addirittura a dare fuoco a un crocifisso che apparteneva alla consorte.

Bruno Cornacchiola

Nonostante le lacrime e le preghiere della moglie per la sua conversione, nel giro di breve il Cornacchiola divenne uno degli agitatori più fanatici in Italia, avverso alla Chiesa Cattolica e alla Vergine Maria. Ma proprio la Madonna stava preparando gli avvenimenti che avrebbero cambiato per sempre la vita di Bruno. Le Tre Fontane si trovano alla periferia della città di Roma. Si tratta di un sito che deve al propria denominazione alla tradizione del martirio di Paolo: l'apostolo sarebbe stato decapitato in questo luogo e la sua testa, cadendo, sarebbe rimbalzata per tre volte sul suolo, facendo scaturire là una sorgente d'acqua. La località è immersa nella natura, presenta numerose grotte naturali e si presta per gite ed escursioni all'aria aperta. Non stupisce dunque di trovarvi anche il nostro Cornacchiola, alle Tre Fontane, con i suoi tre bambini, in un bel sabato di primavera. È il 12 aprile 1947.

Mentre i piccoli si intrattengono a giocare non lontano dalla Abbazia trappista delle Tre Fontane, Bruno è tutto intento a preparare il testo di un discorso pubblico nel quale intendeva dimostrare l'assoluta inesistenza della verginità e dell'Immacolata Concezione di Maria e la conseguente e totale infondatezza dell'assunzione al Cielo della Madre di Dio. Mentre è tutto concentrato nello scrivere la sua relazione, il più piccolo dei suoi bambini, Gianfranco, scompare alla ricerca della palla con la quale stava giocando poco prima. Allertato dai suoi fratelli, il papà si mette a cercare il bambino. Dopo qualche tempo di vane ricerche, Gianfranco viene ritrovato nei pressi di una grotta. È in ginocchio, come estasiato, e dalla sua bocca esce un fil di voce: “Bella Signora!”. Chiamati a sé i suoi due fratelli, anch'essi si inginocchiano e iniziano a sussurrare le stesse parole del piccolo Gianfranco: “Bella Signora!”.

Immaginiamoci lo stupore di Bruno: non scorge assolutamente nulla, eppure si rende conto che i suoi bambini stanno fissando qualcosa (o qualcuno) nella grotta e, per quanto egli si dia da fare con il chiamarli a gran voce, non c'è verso di ridestarli da quello stato di trance in cui versano tutti e tre i figli, inginocchiati. Indispettito dalla situazione, Bruno entra nella grotta alla ricerca di quanto può aver indotto a simile stranezza i suoi figli, ma non scorge nulla. Uscendo dalla grotta, dinnanzi a quei tre bambini che paiono come proiettati in un altro mondo, forse per la frustrazione di non sapere che fare, Bruno prorompe in uno spontaneo “Dio salvaci!”. Appena pronunciate tali parole, l'uomo vede dall'oscurità della grotta due mani che si dirigono verso di lui, emanando raggi di luce e toccandogli infine il viso. Immediatamente Bruno ha la sensazione che quelle mani gli levino come un impedimento dagli occhi, facendo ricordare a noi tutti oggi, che rivisitiamo quei fatti, quanto accadde in occasione della conversione di San Paolo, quando cioè dagli occhi dell'Apostolo caddero come squame e poté finalmente tornare a vedere. 
Qualcosa di simile accade anche a Bruno, che avverte come un dolore che lo porta a chiudere gli occhi, per riaprirli poi su una luce radiosa che, sempre più nitida, rivela l'immagine di quella “bella Signora” cui sospiravano fino a poco prima i suoi tre bambini. Il parallelismo tra questo episodio e quanto accaduto a Saulo di Tarso non vi paia forzato, poichè il luogo, lo abbiamo già ricordato, deve il suo nome al fatto che la tradizione vi poneva l'episodio miracoloso della triplice sorgente d'acqua scaturita sul sito della decapitazione di San Paolo. E in fondo si può ravvisare la stessa dinamica in Bruno e in Saulo: dapprima persecutori accaniti della vera fede, si scoprono poi accecati - dall'odio, dall'orgoglio - e bisognosi di un intervento celeste che, liberando i loro occhi (cioè il loro cuore) da quanto impedisce loro di vedere la Verità, gli faccia finalmente scorgere la luce vera, quella che vince le tenebre della menzogna e dell'errore.

Torniamo dunque al nostro Bruno Cornacchiola. Appena messa a fuoco la bellissima immagine della Signora, l'uomo non può che sostare con rispetto e riverenza dinnanzi alla sfolgorante figura che subito riconosce essere Colei che tanto ostinatamente aveva perseguitato. In seguito l'acerrimo persecutore del cattolicesimo e del culto mariano dichiarerà di aver provato a quella visione una tale dolcezza nel fondo dell'anima come mai prima aveva sperimentato. In una intervista rilasciata ormai in età avanzata e mandata in onda per la prima volta da Porta a Porta il giorno 11 dicembre 2008, Bruno dirà altresì che la Madonna gli si era presentata con una bianca tunica, raccolta ai fianchi da una cintura rosa, con un velo verde che copriva il capo e scendeva fino al suolo, lasciando intravedere lunghi capelli neri. Tra le mani la Vergine teneva un libretto grigio che in seguito il veggente capirà essere la Bibbia, a simboleggiare che nella Sacra Scrittura si trovano tutti i passi che fondano l'immagine della Madonna quale Vergine Immacolata essunta in Cielo. Ai piedi della Vergine, su un drappo nero, spicca una croce spezzata, segno di quel crocefisso che anni prima Bruno aveva rotto e buttato nella spazzatura come rifiuto della fede cattolica.

Mentre Bruno è tutto preso dal contemplare l'immagine della Bella Signora - dobbiamo immaginare che si trattò di istanti lunghissimi, dilatati a dismisura nella dimensione spirituale - ecco che la Vergine gli dice: “Io sono la Vergine della Rivelazione. Tu mi perseguiti. Adesso basta! Entra nel santo ovile. Il Dio promesso è e resta immutabile: i nove venerdì del Sacro Cuore, che tu hai celebrato, spinto dall'amore della tua moglie fedele prima che tu prendessi definitivamente la via dell'errore, ti hanno salvato.” Ancora una volta torna il parallelismo con la conversione paolina, laddove alle parole “Tu mi perseguiti” dette dalla Vergine al Cornacchiola si possono accostare quelle rivolte dal Signore a Saulo e riferite dagli Atti degli Apostoli: “Io sono Gesù che tu perseguiti” (At 9, 5).

Le parole della Madonna sottolineano il valore salvifico dei nove venerdì del Sacro Cuore: si tratta della grande promessa che Gesù fece a Santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690): «IO TI PROMETTO, NELL'ECCESSO DELLA MISERICORDIA DEL MIO CUORE, CHE IL MIO AMORE ONNIPOTENTE CONCEDERÀ LA GRAZIA DELLA PENITENZA FINALE A TUTTI COLORO CHE SI COMUNICHERANNO IL PRIMO VENERDÌ DEL MESE PER NOVE MESI DI SEGUITO. ESSI NON MORRANNO NELLA MIA DISGRAZIA. NE' SENZA AVER RICEVUTO I SANTI SACRAMENTI, E IN QUEGLI ULTIMI MOMENTI IL MIO CUORE SARÀ LORO UN SICURO ASILO».

Come è possibile che un anticattolico come Bruno avesse fatto i nove primi venerdì del mese? La cosa si spiega tenendo presente che quand'egli aveva chiesto alla moglie di convertirsi alla confessione protestante, questa aveva replicato al marito chiedendogli di osservare prima la pratica di devozione dei nove primi venerdì del mese e quello aveva acconsentito, nella speranza che la consorte accettasse poi di divenire avventista, come lui.

Dopo tali parole, Bruno si sente invaso da una pace e una letizia profonde, mentre tutto intorno a lui va spandendosi un soave odore che a poco a poco coprì gli effluvi che esalavano da quella grotta la quale, come abbiamo ricordato riferendo le apparizioni di una decina di anni prima occorse a Luigina Sinapi, era ridotta a discarica di rifiuti, in stato di totale abbandono e insalubrità. 

Prima di lasciare il veggente, la Vergine lo istruì a lungo, quindi gli affidò un messaggio per il Santo Padre e infine gli disse: “Io desidero lasciarti una prova che questa apparizione viene direttamente da Dio, così che tu possa non avere alcun dubbio ed escludere che essa provenga dal nemico dell'inferno. Questo è il segno: appena incontri per la strada o in chiesa un prete, rivolgigli queste parole: `Padre io devo parlare con lei'. Se quello risponde: `Ave Maria! Figlio mio, che cosa vuoi?', allora pregalo di ascoltarti perchè tu sei stato scelto da me. A lui potrai manifestare cosa c'è nel tuo cuore affinché egli possa raccomandarti e introdurti a un altro prete: quello sarà il prete giusto per il tuo caso!

Poi sarai ammesso dal Santo Padre, il sommo pontefice dei cristiani, e gli trasmetterai il mio messaggio. Una persona che io ti mostrerò ti introdurrà da lui. Molti, ai quali tu narrerai questa storia, non ti crederanno, ma tu non lasciarti influenzare.” Prima di andarsene la Madonna dice ancora: “Io sono colei che sono nella Trinità Divina. Sono la Vergine della Rivelazione. Ecco, prima di andare via, ti dico queste parole: la Rivelazione è la Parola di Dio, questa rivelazione parla di me. Ecco perché ho dato questo titolo: Vergine della Rivelazione”.

Detto questo, la Madonna disparve, allontanandosi in direzione di San Pietro. Possiamo rilevare che queste parole della Vergine, apparentemente semplici, siano in realtà un forte messaggio per l'unità dei cristiani e per il ritorno di Bruno dalla confessione protestante alla vera fede cattolica. Credo che questo lo si possa desumere dal fatto, cari amici, che la Vergine raccomanda al veggente di andare in cerca di un prete - che si farà riconoscere per il particolare saluto “Ave Maria!”, segno dell'importanza del culto e della devozione mariana - il quale a sua volta gli indicherà un altro sacerdote cui fare riferimento “per il suo caso”. Perchè questa procedura apparentemente così macchinosa, cioè il doversi riferire a due sacerdoti addirittura, se non per sottolineare la specificità della mediazione sacerdotale, tipica della fede cattolica che Bruno tanto avversava? Come a dire: non hai voluto riconoscere fino a oggi il grande valore dei ministri di Dio e adesso io che sono la Mediatrice per eccellenza, la Vergine Maria, ti pongo come condizione di dover passare tramite loro, e non solo confrontandoti con uno di essi, ma addirittura due preti diversi.

Grotta di Tre Fontane

Possiamo poi notare come gli affidi un messaggio per il Santo Padre: lo vuol cioè portare a fare i conti con il Vicario di Cristo tanto avversato dai protestanti e da Bruno in particolare, definendolo “sommo pontefice dei cristiani”, indicando con questa espressione che il Papa non è solo capo della chiesa cattolica ma è chiamato a governare sull'intera cristianità, ribadendo il primato dei successori di Pietro e incitando all'unità dei cristiani.

Torniamo ora agli eventi di quella prima apparizione datata 12 aprile 1947. Ripresosi dalla celeste visione, il Cornacchiola si incammina, silenzioso e meditabondo, verso casa. Prima però di fare rientro decide di sostare brevemente nella Chiesa delle Tre Fontane, dove la figlia Isola gli rammenta l'Ave Maria, che l'uomo aveva ormai dimenticato. Riprese le parole della preghiera, il veggente si immerge nell'orazione, perdendosi nella profonda dolcezza di quel rapporto ritrovato con la Madre di Dio. Commosso, pentito, toccato nel profondo dell'animo, Bruno trascorre qualche tempo in preghiera, lasciando maturare rapidamente i primi frutti della conversione.

Uscito dalla chiesa, colmo di gioia, compra della cioccolata per i suoi bambini e raccomanda loro di non dire niente della visione della “Bella Signora”. I bambini sappiamo però come sono e dunque non deve stupirci se i tre figli appena giunti a casa non sanno resistere al desiderio di raccontare tutto alla mamma la quale, accortasi del cambiamento dello sguardo del marito, non esita a ritenere vero quanto narratogli dai bambini. A riprova della soprannaturalità degli eventi riferiti la donna nota poi il permanere intorno al marito e ai figli di quel soave profumo che essi avevano detto aveva invaso la grotta in seguito all'apparizione della Vergine.

A quel punto il Cornacchiola incominciò a interrogare i diversi sacerdoti che andava incontrando per ottenere da uno di essi, come predetto dalla Madonna, il saluto che gli avrebbe fatto capire che si trattava di quello che gli avrebbe indicato il prete che lo avrebbe ascoltato e indirizzato a dovere. Fatti alcuni tentativi a vuoto, il veggente seguì le indicazioni della moglie e si risolse a recarsi in parrocchia. Qui non osò però parlare direttamente con il parroco poichè temeva la sua reazione in quanto sapeva che il Cornacchiola era un acceso anticattolico e antipapista. Si rivolse quindi a un altro prete che gli aveva dato la Comunione. Quando si rivolse a questo sacerdote, si sentì finalmente rispondere il tanto atteso “Ave Maria! Figlio mio, che cosa vuoi?” e capì che si trattava del sacerdote indicatogli dalla Madonna. Questi a sua volta lo inviò dal parroco come alla persona più adatta ad ascoltare la sua storia. In seguito a questo incontro i due coniugi tornarono presto a comunicarsi, a seguire la catechesi per gli adulti e furono riaccolti nella Chiesa cattolica.

Questa che abbiamo narrato così diffusamente non fu la sola apparizione del Cornacchiola. Dopo la visione del 12 aprile 1947 ne ebbe infatti una seconda, il 6 maggio dello stesso anno, mentre si trovava inginocchiato nella grotta delle Tre Fontane, da solo. In tale occasioe il veggente stava ringraziando la Madonna per averlo guidato alla conversione quando all'improvviso la Vergine era apparsa inondando di luce tutta la grotta e sorridendo silenziosa, esprimendo così la gioia della Madre per il figlio perduto che era ritornato a casa, nella Chiesa a lungo tanto ferocemente perseguitata. Altre apparizioni seguirono nei giorni 23 e 30 maggio 1947.

Nel primo anniversario delle apparizioni, il 12 aprile 1948, Bruno fonda una organizzazione catechistica per la conversione dei comunisti e dei protestanti, denominata SACRI. Proprio per l'anniversario delle apparizioni la Madonna promette un segno per aumentare la fede e si dimostra di parola: il 12 aprile 1948 la moltitudine di fedeli accorsi presso le Tre Fontane può infatti notare come accanto al sole che brilla in cielo ve ne sia un altro che si muove in direzione della grotta, inondandola di luce e provocando stupore e timore tra i fedeli.

Negli anni successivi alcuni lavori di edilizia sul luogo delle apparizioni resero più accessibile la grotta e in breve il sito divenne meta di numerosi pellegrini che vi accedevano passando per il boschetto di eucalipti. Dal 1956 il sito passava sotto le cure dei Frati Minori Conv. di San Francersco.

Il Cornacchiola frattanto percorreva la difficile via della conversione, rafforzandosi nell'adesione alla fede cattolica, sostenuto dalla Chiesa e invitato a tenere testimonianze e conferenze un po' in tutta Italia, comprese le roccaforti dei suoi ex compagni di lotta anticattolica! Non mancarono le manifestazioni di scetticismo nei confronti della storia e della conversione di colui che per anni era stato conosciuto come ostinato nemico della cattolicità, del Papa e della Madonna. Ma a superare tali diffidenze - anche interne a quella stessa Chiesa cattolica che lo aveva riaccolto nel suo seno - giovò senz'altro l'incontro del Cornacchiola con il santo Padre Pio XII il 9 dicembre 1949. In quella occasione il veggente ebbe modo di confessare al pontefice come dieci anni prima fosse rientrato in Italia dalla guerra civile spagnola con il fermo proposito di ucciderlo e gli consegnò il pugnale con il quale intendeva compiere l'orribile delitto. Se avesse compiuto il quale - osservò Pio XII ricevendo l'arma - la Chiesa avrebbe avuto un martire in più...

Dopo diversi anni, quando ormai le apparizioni erano cessate da tempo, il Cornacchiola redasse un breve testo che decise di affiggere all'ingresso della grotta: “Cari fratelli e sorelle! Qui in questa grotta, in tale nido di peccato (fa riferimento al fatto che vi venivano abbandonati feti abortiti, come già ricordato in riferimento a Luigina Sinapi, NdA) giunsi come peccatore tra i peccatori per prepararmi a combattere il dogma mariano al fine di lasciar fruttificare il mio egoismo e la mia ignoranza. Questo dogma, che volevo combattere ostinatamente per soddisfare il mio ego, è quello che la Madre Chiesa indica con il nome della Immacolata Concezione. Maria Ss. stessa mi spinse dalla mia alta presunzione nella polvere. Poi ebbe pietà di me e mi parlò come una madre: “Tu mi perseguiti. Adesso basta!”. A quelle parole sentii irrompere in me le parole di Gesù: “Io sono la Via, la Verità e la Vita”. Mi sentii improvvisamente cambiato e, ispirato da tutta la bontà della Vergine Maria, lasciai la via della menzogna e della perdizione e mi allontanai dalla via delle false ideologie, prima di tutte il protestantesimo. Riebbi così la vita poiché, sebbene io vivessi fisicamente, ero morto. E solo adesso che sono morto al mondo posso vivere la vera vita nella verità del Vangelo guidato dalla Madre Chiesa. Come la Vergine Maria ha cambiato con la sua santa presenza questa grotta di perdizione e di peccato in luogo di pace, di preghiera e di espiazione, così anche noi dobbiamo cambiare il nostro interno spirituale trasformandolo da una casa indegna in casa degna per ospitare lo Spirito Santo, avvicinandoci a Maria per arrivare a Dio.”

Dalle parole del Cornacchiola emerge tutta la gratitudine di un figlio che si sente riaccolto a casa dopo aver vagato nel mondo, perso dietro agli inganni della menzogna e dell'errore. Emerge chiarissimo il ruolo di Mediatrice della Vergine, sottolineato dalle parole conclusive che invitano ad avvicinarci a Maria per arrivare a Dio, rieccheggiando il motto monfortano “Ad Jesum per Mariam”, a Gesù per Maria.

Tre Fontane
Nel 1982 Bruno ricevette un ulteriore messaggio dalla Madonna: “In questo luogo voglio avere un santuario ed essere venerata con i nuovi titoli di Vergine della Rivelazione e Madre della Chiesa! La mia casa deve essere aperta a tutti, in modo che tutti entreranno in essa, nella casa del soccorso, e si convertiranno. Gli assetati e i confusi verranno qui per pregare, vi troveranno amore, comprensione e consolazione, essi vi troveranno il vero senso della vita. In questa grotta, proprio dove sono apparsa più volte, sarà eretto il santuario delle espiazioni come un Purgatorio sulla terra. E ci sarà una porta chiamata “Porta della Pace”. Tutti i fedeli dovranno entrarci e salutarsi con il saluto della pace e dell'unità tra i cristiani: `Dio benedici la Ss. Vergine Maria e proteggici!'.”

È difficile non notare che proprio l'anno prima la Madonna si era presentata al mondo come Regina della Pace per tornare in quel 1982 a chiedere a Bruno di far erigere una porta della Pace a significare che Lei stessa era quella porta e che chiunque fosse passato attraverso di Lei avrebbe percorso la via più facile e sicura per giungere a Gesù, unico e vero Re della Pace. La richiesta ci lascia intendere come ci sia stato un preciso desiderio della Vergine affinché le fosse edificato un santuario, richiesta che costituisce una sorta di filo rosso che percorre tutte le moderne apparizioni mariane, come espressione della volontà della Madonna a sollecitare una risposta umana alla sua venuta tra gli uomini, affinchè vi sia una traccia visibile a ricordo della traccia spirituale da Lei lasciata tra i fedeli di quel luogo, di quel tempo, affinchè il Suo messaggio possa raggiungere tutti noi, ancora oggi. Non diversamente è andata alle Tre Fontane, dunque, e benché ancora si aspetti l'edificazione del santuario richiesto, possiamo leggere come traccia mariana la grotta stessa che la Vergine, apparendo in essa a più riprese, ha rinnovato in profondità, rendendola luogo di preghiera e di conversione.

Da una intervista rilasciata dal Cornacchiola nel 1983 alla rivista “Madre di Dio” ricaviamo ulteriori insegnamenti sulla fede: “Quando (la Vergine, NdA) mi ha parlato, l'ha fatto prima per me, poi per il mondo. Ed io ogni volta che ho ricevuto qualche messaggio l'ho dato alla Chiesa. Non può dirsi cristiano chi non obbedisce al confessore, al direttore spirituale, alla Chiesa; chi non ama, crede e vive dell'Eucarestia, della Vergine e del Papa. Quando parla, la Vergine dice quello che dobbiamo fare noi o una singola persona; ma più ancora vuole da tutti noi preghiera e penitenza. Ricordo queste sue raccomandazioni: `Le Ave Maria che dite con fede e amore sono tante frecce d'oro che raggiungono il cuore di mio Figlio Gesù”. 

Assunto il nome religioso di F.llo Leone Maria Paolo, Bruno Cornacchiola si è spento il 22 giugno 2001, all'eta di 88 anni. In particolare, possiamo ancora ricordare alcuni stralci di quanto la Madonna disse al Cornacchiola e il veggente riferì nelle diverse occasioni, quasi per offrire una sintesi del messaggio della Vergine della Rivelazione: “Si preghi assai e si reciti il Rosario quotidiano per la conversione dei peccatori, degli increduli e per l'unità dei cristiani”; poi, riferendosi alla terra delle Tre Fontane: “Con questa terra di peccato opererò potenti miracoli per la conversione degli increduli. Io convertitò i più ostinati con i prodigi che opererò con questa terra di peccato”. 

Con la fiducia più filiale nei confronti della Madre del Cielo, il cui amore materno può rinnovare profondamente i nostri cuori, così come ha trasformato una spelonca di peccato in una dimora celeste, ci rivolgiamo Madonna chiedendole di convertire a Gesù, per Suo tramite e mediazione, i nostri cuori. Lo facciamo recitando insieme la supplica alla Vergine della Rivelazione:  

<<Vergine Santissima della Rivelazione, che sei nella Trinita' Divina, degnati, Ti preghiamo, di rivolgere a noi, il tuo sguardo misericordioso e benigno. Oh Maria! Tu che sei la nostra potente avvocata presso Dio, che con questa terra di peccato ottieni grazie e miracoli per la conversione degli increduli e dei peccatori, fa che otteniamo dal Tuo Figlio Gesu' con la salvezza dell'anima, anche la perfetta salute del corpo, e le grazie di cui abbiamo bisogno. 

Concedi alla Chiesa ed al Capo di essa, il Romano Pontefice,la gioia di vedere la conversione dei suoi nemici, la propagazione del Regno di Dio su tutta la terra, l'unita' dei credenti in Cristo, la pace delle nazioni, affinche' possiamo meglio amarti e servirti in questa vita e meritare di venire un giorno a vederti e ringraziarti eternamente in Cielo. Amen.>>

Possiamo anche recitare 
la preghiera composta da Bruno Cornacchiola il 25 agosto 1949: 

<<Vergine Madre, e mia Regina, Tu che sei tutta Pura, perché rifletti quel Sole che è sorgente di Vita Eterna, Dio Padre; Tu che sei tutta Santa, perché in Te è incastonata quella Via che conduce alla Vita Eterna: Gesù Cristo, Tuo Figlio Signor nostro; 
Tu che sei tutta immacolata dal concepimento nell'Eternità, perché in Te ritroviamo le virtù e la Sapienza di Dio, in Te risiede lo Spirito Santo; 
Deh! Ascolta quel che questo indegno figlio vuole dirTi, umiliato ai tuoi piedi, per la sua santificazione e per la salvezza santificante di tutto il mondo, che solo a Dio appartiene. 

Fai che nell'aprire la mia bocca, sia solo lode a Dio Trino e Uno: Padre, Figlio, Spirito Santo; Via, Verità e Vita Eterna, per tutti i benefici che continuamente sono sopra di me. 
Tu prega per me Madre l'iddio benefico, affinché possa corrispondere ai Suoi benefici. 
Tu implora per me, Madre, il Sommo iddio Onnipotente, affinché entri in me, e in tutti quelli che lo vogliono, la potenza della Sua Parola, della Sua Verità, della Sua Santità, per parlare, per dire il vero, per santificarmi e santificare gli altri. 

Tu che sei Madre, o dolcissima Sposa, Madre, e Figlia di Dio Padre, di Dio Figlio, di Dio Spirito Santo, in un solo Dio d'Amore, Tu che sei presso il Trono “Regina”, parla di questo povero peccatore: - all'Eterno Padre che mi perdoni, - a Gesù Tuo Figlio, che mi salvi e lavi con il Suo Sangue Preziosissimo, - allo Spirito Santo, Tuo Sposo diletto che mi adombri con la Sua Fortezza, con la Sua Sapienza, e infine con la Sua Potenza di Carità. 

Come sei bella, Madre! 
Apri il Tuo Cuore e mettimi dentro per ricevere il calore del Tuo Amore santificante e potentissimo presso la Trinità Divina. 
Portami vicino al ruscello della Carità affinché possa bere, come fanno i fiori piantati alla riva del ruscello, quell `acqua che disseta e crescere come fiore, per dare gloria a Dio Trino e Uno, per Te che sei Nostra Madre Celeste. 
Il Tuo profumo di Santità, Vergine Madre, fai che possa essere il mio profumo!
Il Tuo Giglio che è il candore Eterno presso il Trono di Dio, fai che possa essere io il suo profumo che dà gloria continua al Trono Divino. Fai Madre, che non sia come un terreno che è abbandonato a se stesso, che tutti calpestano se è incolto. Ogni razza di animali e insetti vi prendono dimora; no Madre, ma voglio essere un giardino ove i fiori abbondano e mandano profumo e alimento. 
Fammi crescere col Tuo latte d'Amore materno, per amarti e in quest'Amore dar gloria a Dio Padre, al Figliolo e allo Spirito Santo, a Dio Uno e Trino nella Carità Divina. Amen.>>

Manetti Diego
ApparizioniVergine della Rivelazione