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mercoledì 12 febbraio 2014

* SAN VALENTINO !

SAN VALENTINO!

Il Pontefice 
(Zefirino? Callisto? Urbano? Ponziano? Antero? Fabiano? o Cornelio?) 
pronuncia la sua omelia
per l'ordinazione sacerdotale di san Valentino.

«Battezzato nel giorno natale del martire Valente, il nuovo figlio della Chiesa Apostolica e Romana, e fratello nostro, ha voluto assumere il nome del martire beato, ma con quella modifica che l’umiltà attinta dal Vangelo - l’umiltà: una delle radici della santità - gli dettava. 

E non Valente, ma Valentino volle essere detto.
Oh! ma che in vero Valente egli è. Guardate quanto cammino ha fatto il pagano la cui religione era il vizio e la prepotenza. Voi lo conoscete quale è ora, nel seno della Chiesa. Qualcuno fra voi - e specie quelli che padri e madri di vera generazione gli sono stati, per essere quelli che con la parola e l’esempio l’hanno fatto concepire dalla Santa Madre Chiesa e partorire da essa per l’altare e per il Cielo - sanno quello che egli era non come cristiano Valente ma come il pagano di prima, il cui nome egli, e noi con lui, non vogliamo neppur ricordare. 

Morto è il pagano. E dall’acqua lustrale è risorto il cristiano. Ora egli è il vostro prete. Quanto cammino! Quanto! Dalle orgie ai digiuni; dai triclini alla chiesa; dalla durezza, dall’impurità, dall’avarizia, all’amore, alla castità, alla generosità assoluta.

Egli era il giovane ricco, e un giorno ha incontrato, portato a lui dal cuore dei santi, che anche senza parole illustrano Cristo - perché Egli traluce dal loro animo - ha incontrato Gesù, Signor nostro benedetto. 

Gli occhi dolcissimi del Maestro si sono fissati sul volto del pagano. E il pagano ha provato una seduzione che nessun piacere gli aveva ancor data, una emozione nuova, dal nome sconosciuto, dalla non descrivibile sensazione. Un che di soave come carezza di madre, di onesto come odore di pane testé sfornato, di puro come alba di primavera, di sublime come sogno ultraterreno.

Cadete voi larve del mondo e dell’Olimpo pagano quando il Sole Gesù bacia un suo chiamato. Come nebbie vi dissolvete. Come incubi demoniaci fuggite. Che resta di voi? Di voi che sembravate tanto splendida cosa? Un mucchio lurido di detriti inceneriti malamente e ancor fetidi di corruzione. 

“Maestro buono, che devo fare per seguire Te e avere la vita eterna?” ha chiesto. E il dolce, divino Maestro, con poche parole gli ha dato l’insegnamento di Vita: “Osserva questi comandi”. Oh! non gli poteva dire: “Segui la Legge!”. Il pagano non la conosceva. Gli disse allora: “Non uccidere, non rubare, non spergiurare, non essere lussurioso, onora i parenti e ama Dio e prossimo come te stesso”. Parole nuove! Mète mai pensate! Orizzonti infiniti pieni di luce. Della sua luce.

Il pagano non poteva dare la risposta del giovane ricco. Non poteva. Perché nel paganesimo sono tutti i peccati ed egli tutti li aveva nel cuore. 

Ma volle poterla dare. E venne ad un povero vecchio, al Pontefice perseguitato, e disse: “Dàmmi la Luce, dàmmi la Scienza, dàmmi la Vita! Un’anima dàmmi, in questo mio corpo di bruto!”, e piangeva. E il povero vecchio, che io sono, ha preso il Vangelo ed in esso ha trovato la Luce, la Scienza, la Vita per il mendicante piangente. Ho trovato tutto nel Vangelo di Gesù, nostro Signore, per lui. E gli ho potuto dare l’anima. L’anima morta evocarla a vita, e dirgli: “Ecco l’anima tua. Custodiscila per la vita eterna”.

Allora, bianco del bagno battesimale, egli si è dato a ricercare il Maestro buono e lo ha trovato ancora e gli ha detto: “Ora posso dirti che faccio ciò che Tu mi hai detto. Che altro manca per seguire Te?”. E il Maestro buono ha risposto: “Va’, vendi quanto hai e dàllo ai poveri. Allora sarai perfetto e potrai seguire Me”.

Oh! allora Valentino ha superato il giovane di Palestina! Non se ne andò via, incapace di separarsi da tutti i suoi beni. Ma questi beni mi ha portato per i poveri di Cristo e, libero dal giogo delle ricchezze, pesante giogo che impedisce di seguire Gesù, mi ha chiesto il giogo luminoso, alato, paradisiaco del Sacerdozio.

Eccolo. Lo avete visto sotto quel giogo, con le mani legate, prigioniero di Cristo, salire al suo altare. Ora vi frangerà il Pane eterno e vi disseterà col Vino divino. 
Ma lui, come io, per esser perfetti agli occhi del Maestro buono vogliamo ancora una cosa. Farci noi pane e vino: immolarci, frantumarci, spremerci sino all’ultima stilla, ridurci a farina per essere ostie. Vendere l’ultima, l’unica ricchezza che ci resta: la vita. Io la mia cadente vita di vecchio. Egli la fiorente vita di giovane.

Oh! non deluderci, Pontefice eterno. Concedici il beato martirio! Col sangue vogliamo scrivere il tuo Nome: Gesù Salvatore nostro. Un altro battesimo vogliamo, per la nostra stola che l’imperfezione umana sempre corrompe: quello del sangue. Per salire a Te con stole immacolate e seguirti, o Agnello di Dio che levi i peccati del mondo, che li hai levati col tuo Sangue! 

Beato martire Valente, nella cui chiesa siamo, al tuo Pontefice Marcello e per il tuo fratello sacerdote chiedi dal Pontefice eterno la stessa tua palma e corona.»

E non c’è altro.

(Maria Valtorta, da I Vangeli della Fede.)


AVE MARIA!







venerdì 22 gennaio 2016

Tango? No es posible!!!



La S. MISA según los santos


El santo cura de Ars, San Juan María Vianney:


“Si conociéramos el valor de la Santa Misa nos moriríamos de alegría”.

"Sí supiéramos el valor del Santo Sacrificio de la S. Misa, qué esfuerzo tan grande haríamos por asistir a ella".

"Qué feliz es ese Ángel de la Guarda que acompaña al alma cuando va a Misa".



"La S. Misa es la devoción de los Santos".

San Anselmo: “Una sola Misa ofrecida y oída en vida con devoción, por el bien propio, puede valer más que mil misas celebradas por la misma intención, después de la muerte.”

Santo Tomás de Aquino: "La celebración de la Santa Misa tiene tanto valor como la muerte de Jesús en la Cruz".

El Serafico Padre San Francisco de Asís: "El hombre debería temblar, el mundo debería vibrar, el Cielo entero debería conmoverse profundamente cuando el Hijo de Dios aparece sobre el altar en las manos del sacerdote".

Santa Teresa de Jesús"Sin la Santa Misa, ¿que sería de nosotros? Todos aquí abajo pereceríamos ya que únicamente eso puede detener el brazo de Dios. Sin ella, ciertamente que la Iglesia no duraría y el mundo estaría perdido sin remedio".

En cierta ocasión, Santa Teresa se sentía inundada de la bondad de Dios. Entonces le hizo esta pregunta a Nuestro Señor: <<Señor mío, “¿Cómo Os podré agradecer?”>>  Nuestro Señor le contestó: “ASISTID A UNA SANTA MISA”.

San Alfonso María de Ligorio: "El mismo Dios no puede hacer una acción más sagrada y más grande que la celebración de una Santa Misa".San  Pío de Pieltrecina:  "Sería más fácil que el mundo sobreviviera sin el sol, que sin la Santa Misa".

“La S. Misa es infinita como Jesús... pregúntenle a un Angel lo que es la Misa, y El les contestará, en verdad yo entiendo lo que es y por qué se ofrece, mas sin embargo, no puedo entender cuánto valor tiene. Un Angel, mil Angeles, todo el Cielo, saben esto y piensan así".

San Lorenzo Just.: "Nunca lengua humana puede enumerar los favores que se correlacionan al Sacrificio de la Santa Misa. El pecador se reconcilia con Dios; el hombre justo se hace aún más recto; los pecados son borrados; los vicios eliminados; la virtud y el mérito crecen, y las estratagemas del demonio son frustradas”.

San Leonardo de Port Maurice: "Oh gente engañada, qué están haciendo? Por qué no se apresuran a las Iglesias a oír tantas Misas como puedan? Por qué no imitan a los ángeles, quienes cuando se celebra una Misa, bajan en escuadrones o batallόnes desde el Paraíso y se estacionan alrededor de nuestros altares en adoración, para interceder por nosotros?".
"Yo creo que sí no existiera la Misa, el mundo ya se hubiera hundido en el abismo, por el peso de su iniquidad. La Misa es el soporte poderoso que lo sostiene ".
“Una Misa antes de la muerte puede ser más provechosa que muchas después de ella…”

San Felipe Neri: "Con oraciones pedimos gracia a Dios; en la Santa Misa comprometemos a Dios a que nos las conceda ".

San Pedro Julián Eymard: "Sepan, oh Cristianos, que la Santa Misa es el acto de religión más sagrado. No pueden hacer otra cosa para glorificar más a Dios, ni para mayor provecho de su alma, que asistir a la Santa Misa devotamente, y tan a menudo como sea posible "

San Bernardo: "Uno obtiene más mérito asistiendo a una Santa Misa con devoción, que repartiendo todo lo suyo a los pobres y viajando por todo el mundo en peregrinación ".

San Francisco Javier Bianchi"Cuando oigan que yo no puedo ya celebrar la Santa Misa, cuéntenme como muerto".

San Buenaventura:  "La Santa Misa es una obra de Dios en la que presenta a nuestra vista todo el amor que nos tiene; en cierto modo es la síntesis, la suma de todos los beneficios con que nos ha favorecido".
"Hay en la Santa Misa tantos misterios como gotas de agua en el mar, como átomos de polvo en el aire y como ángeles en el cielo; no sé si jamás ha salido de la mano del Altísimo misterio más profundo."


San Gregorio el Grande"El sacrificio del altar será a nuestro favor verdaderamente aceptable como nuestro sacrificio a Dios, cuando nos presentamos como víctimas".

Cuando Santa Margarita María Alacoque asistía a la Santa Misa, al voltear hacia el altar, nunca dejaba de mirar al Crucifijo y las velas encendidas. Por qué? Lo hacía para imprimir en su mente y su corazón, dos cosas: El Crucifijo le recordaba lo que Jesús había hecho por ella; las velas encendidas le recordaban lo que ella debía hacer por Jesús, es decir, sacrificarse consumirse por  El y por las almas.

San Andrés Avellino: "No podemos separar la Sagrada Eucaristía de la Pasión de Jesús".


Nos cum prole pia
benedicat Virgo Maria!
Imprimatur
Torino12/XII/1981
Sac. Valentino Scarasso, Vicario Generale.

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AVE MARIA!



giovedì 7 febbraio 2019

Per SAN VALENTINO

Il Pontefice 

(Zefirino? Callisto? Urbano? Ponziano? Antero? Fabiano? o Cornelio?) 

pronuncia la sua omelia

per l'ordinazione sacerdotale di san Valentino.

«Battezzato nel giorno natale del martire Valente, il nuovo figlio della Chiesa Apostolica e Romana, e fratello nostro, ha voluto assumere il nome del martire beato, ma con quella modifica che l’umiltà attinta dal Vangelo -l’umiltà: una delle radici della santità- gli dettava. 

E non Valente, ma Valentino volle essere detto.
Oh! ma che in vero Valente egli è. Guardate quanto cammino ha fatto il pagano la cui religione era il vizio e la prepotenza. Voi lo conoscete quale è ora, nel seno della Chiesa. Qualcuno fra voi - e specie quelli che padri e madri di vera generazione gli sono stati, per essere quelli che con la parola e l’esempio l’hanno fatto concepire dalla Santa Madre Chiesa e partorire da essa per l’altare e per il Cielo - sanno quello che egli era non come cristiano Valente ma come il pagano di prima, il cui nome egli, e noi con lui, non vogliamo neppur ricordare. 

Morto è il pagano. E dall’acqua lustrale è risorto il cristiano. Ora egli è il vostro prete. Quanto cammino! Quanto! Dalle orgie ai digiuni; dai triclini alla chiesa; dalla durezza, dall’impurità, dall’avarizia, all’amore, alla castità, alla generosità assoluta.

Egli era il giovane ricco, e un giorno ha incontrato, portato a lui dal cuore dei santi, che anche senza parole illustrano Cristo - perché Egli traluce dal loro animo - ha incontrato Gesù, Signor nostro benedetto. 

Gli occhi dolcissimi del Maestro si sono fissati sul volto del pagano. E il pagano ha provato una seduzione che nessun piacere gli aveva ancor data, una emozione nuova, dal nome sconosciuto, dalla non descrivibile sensazione. Un che di soave come carezza di madre, di onesto come odore di pane testé sfornato, di puro come alba di primavera, di sublime come sogno ultraterreno.

Cadete voi larve del mondo e dell’Olimpo pagano quando il Sole Gesù bacia un suo chiamato. Come nebbie vi dissolvete. Come incubi demoniaci fuggite. Che resta di voi? Di voi che sembravate tanto splendida cosa? Un mucchio lurido di detriti inceneriti malamente e ancor fetidi di corruzione. 

“Maestro buono, che devo fare per seguire Te e avere la vita eterna?” ha chiesto. E il dolce, divino Maestro, con poche parole gli ha dato l’insegnamento di Vita: “Osserva questi comandi”. Oh! non gli poteva dire: “Segui la Legge!”. Il pagano non la conosceva. Gli disse allora: “Non uccidere, non rubare, non spergiurare, non essere lussurioso, onora i parenti e ama Dio e prossimo come te stesso”. Parole nuove! Mète mai pensate! Orizzonti infiniti pieni di luce. Della sua luce.

Il pagano non poteva dare la risposta del giovane ricco. Non poteva. Perché nel paganesimo sono tutti i peccati ed egli tutti li aveva nel cuore. 

Ma volle poterla dare. E venne ad un povero vecchio, al Pontefice perseguitato, e disse: “Dàmmi la Luce, dàmmi la Scienza, dàmmi la Vita! Un’anima dàmmi, in questo mio corpo di bruto!”, e piangeva. E il povero vecchio, che io sono, ha preso il Vangelo ed in esso ha trovato la Luce, la Scienza, la Vita per il mendicante piangente. Ho trovato tutto nel Vangelo di Gesù, nostro Signore, per lui. E gli ho potuto dare l’anima. L’anima morta evocarla a vita, e dirgli: “Ecco l’anima tua. Custodiscila per la vita eterna”.

Allora, bianco del bagno battesimale, egli si è dato a ricercare il Maestro buono e lo ha trovato ancora e gli ha detto: “Ora posso dirti che faccio ciò che Tu mi hai detto. Che altro manca per seguire Te?”. E il Maestro buono ha risposto: “Va’, vendi quanto hai e dàllo ai poveri. Allora sarai perfetto e potrai seguire Me”.

Oh! allora Valentino ha superato il giovane di Palestina! Non se ne andò via, incapace di separarsi da tutti i suoi beni. Ma questi beni mi ha portato per i poveri di Cristo e, libero dal giogo delle ricchezze, pesante giogo che impedisce di seguire Gesù, mi ha chiesto il giogo luminoso, alato, paradisiaco del Sacerdozio.

Eccolo. Lo avete visto sotto quel giogo, con le mani legate, prigioniero di Cristo, salire al suo altare. Ora vi frangerà il Pane eterno e vi disseterà col Vino divino. 
Ma lui, come io, per esser perfetti agli occhi del Maestro buono vogliamo ancora una cosa. Farci noi pane e vino: immolarci, frantumarci, spremerci sino all’ultima stilla, ridurci a farina per essere ostie. Vendere l’ultima, l’unica ricchezza che ci resta: la vita. Io la mia cadente vita di vecchio. Egli la fiorente vita di giovane.

Oh! non deluderci, Pontefice eterno. Concedici il beato martirio! Col sangue vogliamo scrivere il tuo Nome: Gesù Salvatore nostro. Un altro battesimo vogliamo, per la nostra stola che l’imperfezione umana sempre corrompe: quello del sangue. Per salire a Te con stole immacolate e seguirti, o Agnello di Dio che levi i peccati del mondo, che li hai levati col tuo Sangue! 

Beato martire Valente, nella cui chiesa siamo, al tuo Pontefice Marcello e per il tuo fratello sacerdote chiedi dal Pontefice eterno la stessa tua palma e corona.»

E non c’è altro.

(Maria Valtorta, da I Vangeli della Fede.)

AMDG et DVM

giovedì 14 febbraio 2013

SAN VALENTINO!




Il Pontefice pronuncia la sua omelia
per l'ordinazione sacerdotale di san Valentino.

«Battezzato nel giorno natale del martire Valente, il nuovo figlio della Chiesa Apostolica e Romana, e fratello nostro, ha voluto assumere il nome del martire beato, ma con quella modifica che l’umiltà attinta dal Vangelo - l’umiltà: una delle radici della santità - gli dettava. 

E non Valente, ma Valentino volle essere detto.
Oh! ma che in vero Valente egli è. Guardate quanto cammino ha fatto il pagano la cui religione era il vizio e la prepotenza. Voi lo conoscete quale è ora, nel seno della Chiesa. Qualcuno fra voi - e specie quelli che padri e madri di vera generazione gli sono stati, per essere quelli che con la parola e l’esempio l’hanno fatto concepire dalla Santa Madre Chiesa e partorire da essa per l’altare e per il Cielo - sanno quello che egli era non come cristiano Valente ma come il pagano di prima, il cui nome egli, e noi con lui, non vogliamo neppur ricordare. 

Morto è il pagano. E dall’acqua lustrale è risorto il cristiano. Ora egli è il vostro prete. Quanto cammino! Quanto! Dalle orgie ai digiuni; dai triclini alla chiesa; dalla durezza, dall’impurità, dall’avarizia, all’amore, alla castità, alla generosità assoluta.

Egli era il giovane ricco, e un giorno ha incontrato, portato a lui dal cuore dei santi, che anche senza parole illustrano Cristo - perché Egli traluce dal loro animo - ha incontrato Gesù, Signor nostro benedetto. 

Gli occhi dolcissimi del Maestro si sono fissati sul volto del pagano. E il pagano ha provato una seduzione che nessun piacere gli aveva ancor data, una emozione nuova, dal nome sconosciuto, dalla non descrivibile sensazione. Un che di soave come carezza di madre, di onesto come odore di pane testé sfornato, di puro come alba di primavera, di sublime come sogno ultraterreno.

Cadete voi larve del mondo e dell’Olimpo pagano quando il Sole Gesù bacia un suo chiamato. Come nebbie vi dissolvete. Come incubi demoniaci fuggite. Che resta di voi? Di voi che sembravate tanto splendida cosa? Un mucchio lurido di detriti inceneriti malamente e ancor fetidi di corruzione. 

“Maestro buono, che devo fare per seguire Te e avere la vita eterna?” ha chiesto. E il dolce, divino Maestro, con poche parole gli ha dato l’insegnamento di Vita: “Osserva questi comandi”. Oh! non gli poteva dire: “Segui la Legge!”. Il pagano non la conosceva. Gli disse allora: “Non uccidere, non rubare, non spergiurare, non essere lussurioso, onora i parenti e ama Dio e prossimo come te stesso”. Parole nuove! Mète mai pensate! Orizzonti infiniti pieni di luce. Della sua luce.

Il pagano non poteva dare la risposta del giovane ricco. Non poteva. Perché nel paganesimo sono tutti i peccati ed egli tutti li aveva nel cuore. 

Ma volle poterla dare. E venne ad un povero vecchio, al Pontefice perseguitato, e disse: “Dàmmi la Luce, dàmmi la Scienza, dàmmi la Vita! Un’anima dàmmi, in questo mio corpo di bruto!”, e piangeva. E il povero vecchio, che io sono, ha preso il Vangelo ed in esso ha trovato la Luce, la Scienza, la Vita per il mendicante piangente. Ho trovato tutto nel Vangelo di Gesù, nostro Signore, per lui. E gli ho potuto dare l’anima. L’anima morta evocarla a vita, e dirgli: “Ecco l’anima tua. Custodiscila per la vita eterna”.

Allora, bianco del bagno battesimale, egli si è dato a ricercare il Maestro buono e lo ha trovato ancora e gli ha detto: “Ora posso dirti che faccio ciò che Tu mi hai detto. Che altro manca per seguire Te?”. E il Maestro buono ha risposto: “Va’, vendi quanto hai e dàllo ai poveri. Allora sarai perfetto e potrai seguire Me”.

Oh! allora Valentino ha superato il giovane di Palestina! Non se ne andò via, incapace di separarsi da tutti i suoi beni. Ma questi beni mi ha portato per i poveri di Cristo e, libero dal giogo delle ricchezze, pesante giogo che impedisce di seguire Gesù, mi ha chiesto il giogo luminoso, alato, paradisiaco del Sacerdozio.

Eccolo. Lo avete visto sotto quel giogo, con le mani legate, prigioniero di Cristo, salire al suo altare. Ora vi frangerà il Pane eterno e vi disseterà col Vino divino. 
Ma lui, come io, per esser perfetti agli occhi del Maestro buono vogliamo ancora una cosa. Farci noi pane e vino: immolarci, frantumarci, spremerci sino all’ultima stilla, ridurci a farina per essere ostie. Vendere l’ultima, l’unica ricchezza che ci resta: la vita. Io la mia cadente vita di vecchio. Egli la fiorente vita di giovane.

Oh! non deluderci, Pontefice eterno. Concedici il beato martirio! Col sangue vogliamo scrivere il tuo Nome: Gesù Salvatore nostro. Un altro battesimo vogliamo, per la nostra stola che l’imperfezione umana sempre corrompe: quello del sangue. Per salire a Te con stole immacolate e seguirti, o Agnello di Dio che levi i peccati del mondo, che li hai levati col tuo Sangue! 

Beato martire Valente, nella cui chiesa siamo, al tuo Pontefice Marcello e per il tuo fratello sacerdote chiedi dal Pontefice eterno la stessa tua palma e corona.»

E non c’è altro.
(Maria Valtorta, da I Vangeli della Fede.)

AVE MARIA!







sabato 12 settembre 2015

IL MONACO ITINERANTE BERNARDO E SAN MICHELE

IL MONACO 


ITINERANTE

BERNARDO

E SAN 

MICHELE



IL MONACO ITINERANTE BERNARDO E SAN MICHELEDi un certo interesse è l’itinerario descritto dal monaco francese Bernardo che, verso l’865, intraprese il viaggio verso Gerusalemme insieme ad altri due monaci, uno spagnolo ed un beneventano. Bernardo  con i suoi compagni volle iniziare il viaggio da Roma per prendere dal papa Niccolò (858-867) una speciale benedizione e la licenza di compiere un pellegrinaggio devozionale verso i luoghi santi (loca sanctorum). 

Il primo luogo santo visitato fui proprio la chiesa di san Michele sul Gargano che Bernardo descrisse con brevi ed essenziali note di carattere tecnico.                                                                                                                                               
“La chiesa, infatti -. Dice – si trova sotto una cavità rocciosa, coperta superiormente da querce piene di ghiande (sarà arrivato nel mese di settembre) e può contenere cinquanta persone; l’ingresso è posto a nord di fronte all’altare dove si possono celebrare le sacre funzioni senza  possibilità di depositare dei doni. Davanti all’altare vi è un vaso sospeso dove invece si possono mettere i vari doni mentre ad oriente si può ammirare un’immagine dello stesso Angelo Michele. Altri altari sono presenti nella grotta ed il luogo santo è tenuto da un abate di nome Benignato insieme a molti confratelli”. ...

... Dal Gargano, percorrendo centocinquanta miglia arrivarono a Bari, una città che, pur essendo munita di robuste mura a Sud e difesa a Nord dal mare, era occupata dai saraceni. Qui si rivolse al principe Sultano per chiedere con due lettere il visto per poter proseguire via mare il viaggio. Le lettere, dove stavano indicate le generalità del pellegrini ed il motivo del viaggio, erano indirizzate una al principe di Alessandria e l’altra al principe di Babilonia. Era sempre opportuno prendere delle precauzioni. Carlo Magno aveva concluso un trattato di pace con il sultano di Bagdad con cui veniva concesso il libero passaggio dei pellegrini verso i luoghi santi; in quel periodo sia i franchi che i saraceni avevano un pericolo in comune: quello dell’imperatore di Bisanzio (Con tutti gli accordi, dopo qualche anno nell’869 questo sultano ed i suoi saraceni stavano a Bari e saccheggiarono il santuario di san Michele sul Gargano spogliandolo di ogni bene). 

Dopo Bari, camminando per novanta miglia, giunsero al porto di Taranto dove vi erano sei navi con nove mila prigionieri cristiani beneventani dirette verso vari porti dell’Africa. Bernardo ed i suoi compagni di viaggio s’imbarcarono su una nave che, dopo trenta giorni di navigazione, giunse ad Alessandria d’Egitto. 
In questa città – annota Bernardo – fuori della porta orientale vi è un monastero dedicato a san Marco a ricordo della predicazione svolta tra queste popolazioni; ma il corpo dell’evangelista non c’è più perché i veneziani lo tolsero furtivamente per condurlo a Venezia. Dopo aver ricevuto dal principe di Alessandria un nuovo permesso per continuare il viaggio e tredici denari, navigando lungo il Nilo per sei giorni i nostri pellegrini giunsero alla città Babilonia (?), (nel luogo dove Giuseppe aveva costruito sedici granai durante la carestia) e furono condotti dal principe Adelacham. Questi, non curante delle lettere di permesso del principe di Alessandria, mise in prigione Bernardo ed i suoi amici. Dopo sei giorni furono liberati per intervento del patriarca Michele a cui obbedivano tutti i vescovi ed i monaci dell’Egitto. Allora il principe saraceno rifece il permesso di viaggiare mettendo il proprio sigillo e consegnando loro dei denari. 

Navigando sempre sul Nilo, giunsero alla città di Fartamea nel luogo dove si rifugiò san Giuseppe con Maria dopo essere stati avvisati dall’angelo del Signore. Qui concordò il prezzo con i  cammellieri per attraversare il deserto, un luogo senza erba o alberi da frutta, un paesaggio che somigliava ad una campagna coperta di neve. Dopo sei giorni di  viaggio giunsero alla città di Gaza, la città di Sansone, ricchissima di ogni bene, e passando dal castello di Emmaus, arrivarono finalmente alla santa città di Gerusalemme dove trovarono alloggio in un “Hospiotale” per pellegrini. 

Egli incomincia la descrizione di Gerusalemme e dei luoghi santi richiamando i vari episodi evangelici cui fanno riferimento. All’interno della città quattro chiese si distinguono per importanza: la prima ad oriente, dove fu trovata la croce del Signore, è chiamata basilica di Costantino; la seconda a sud; la terza ad occidente dove si trova il Santo Sepolcro con nove colonne di cui quattro di fronte allo stesso monumento e con le pareti che ricordano il posto dove l’angelo annunziò la resurrezione. Egli tralasciò ulteriori descrizioni a quello che aveva scritto Beda il Venerabile all’inizio dell’VIII secolo ma volle descrivere la cerimonia del sabato santo. Al mattino in chiesa dopo l’ufficio, si inizia a cantare il Kyrie eleison, si accendono le lampade che pendono sopra il Santo sepolcro ed il patriarca distribuisce le fiaccole  ad ognuno per illuminare uniformemente tutto l’ambiente. 

In mezzo a queste chiese vi è un luogo chiamato “paradiso” a cielo aperto con pareti raggianti di  oro e con pavimento rifinito di pietre preziose dove confluiscono quattro catene provenienti dalle quattro chiese poste nei punti cardinali in un punto , che sta a significare il mondo. Vi sono altre chiese nella città di Gerusalemme, tra cui Bernardo ricorda la chiesa di san Simeone dove il Signore lavò i piedi ai suoi discepoli e dove fu portato il corpo di Maria, la chiesa in onore di santo Stefano nel luogo dove è stato lapidato, la chiesa in onore del beato Pietro nel luogo dove negò di conoscere il Signore. Annota che a nord vi è il tempio di Salomone diventato una sinagoga saracena, mentre a sud il luogo dove l’angelo del Signore liberò Pietro dal carcere. Ad un miglio da Gerusalemme nella valle di Giosafat vi è  la città di Getsemani, luogo di nascita di santa Maria con una chiesa grandissima in  suo onore e con un’altra chiesa rotonda, senza tetto, dove è il suo sepolcro. Sempre a Getsemani vi è la chiesa con quattro altari rotondi dove il Signore fu tradito e la chiesa in onore di san Leone nel luogo dove il Signore fu sottoposto a giudizio. 

Poi giunsero al Monte Oliveto da cui si osserva il luogo della preghiera del Signore al padre. Lateralmente al predetto monte si osserva anche il luogo dove i farisei condussero la donna sorpresa in adulterio. Vi è qui la chiesa in onore di san Giovanni in cui è riportata la frase, su una lastra marmorea, che il Signore scrisse per terra. 

Alla sommità del detto monte, un miglio dalla valle di Giosafat, vi è il luogo dell’ascensione del Signore al padre. Si trova una chiesa rotonda, senza tetto, dove al centro con un altare, è ricordato il luogo dell’ascensione e dove sono celebrate le solennità delle messe. 

Poi prima di arrivare a Betania che si trova ad un miglio verso sud del monte Oliveto discendendo il monte si incontra un monastero nella cui chiesa si trova il sepolcro di Lazzaro: lì vicino a nord, vi è la piscina dove, per ordine del Signore, Lazzaro resuscitato si lavò (si dice che Lazzaro resuscitando abbia vissuto come vescovo ad Efeso per quaranta anni). Nella discesa del monte Oliveto verso una pianura ad occidente si osserva una pietra su cui discese il Signore stando in groppa ad una asinella. Inoltre nella valle di Giosafat, vi è la piscina di Siloe. 

Poi passarono per Bethlemme dove nacque il Signore, distante sei miglia., videro il campo dove lavorava Abacuc quando l’angelo del Signore gli comandò di portare la spada a Daniele nella meridionale Babilonia, dove regnò Nabucodonosor, adesso abitata da bestie e serpenti. Bethlemme ha una chiesa molto grande in onore di santa Maria dove al centro è riportata un’iscrizione sulla pietra; l’ingresso è posto a sud ed uscendo ad est si può  vedere la mangiatoia del Signore in direzione dell’iscrizione. Nel luogo dove il Signore nacque vi è l’altare dove vengono celebrate le messe. Vicino a questa chiesa a sud vi è la chiesa dei beati Martiri Innocenti. Infine ad un miglio distante da Bethlemme si trova il monastero dei Santi Pastori, ai quali l’angelo apparve nella natività del Signore. 

Alla fine a trenta miglia da Gerusalemme ad oriente vi è il Giordano con il soprastante monastero di san Giovanni Battista. Ma in questi luoghi vi sono ancora molti monasteri. Inoltre vi è nella parte pianeggiante ad ovest della città di Gerusalemme la chiesa di santa Mamilla, in cui vi sono molti corpi di martiri uccisi dai saraceni che la santa ha diligentemente ricomposti. 

Terminata la vista a Gerusalemme, via mare tornarono in Italia ed arrivarono al Monte Aureo (identificato come Olevano sul Tusciano in provincia di Salerno) dove vi è una grotta  con sette altari. E’ presente sopra una grande foresta: in questa grotta nessuno riesce ad entrare per l’oscurità tenebrosa presente a meno che non si accendono delle fiaccole. Qui fu abate don Valentino. Da Monte Aureo arrivarono a Roma dalla parte orientale nel luogo chiamato Laterano, dove vi è una chiesa ben fatta, sede apostolica, in onore di san Giovanni Battista. Dalla parte opposta ad occidente vi è la chiesa del beato Pietro, principe degli apostoli, dove le sue spoglie riposano , una chiesa che  nella sua grandezza e nei suoi ornamenti non ha uguale in tutto l’universo. 

A Roma inoltre riposano innumerevoli corpi dei santi. Lasciata l’Italia i nostri pellegrini si diressero verso la Francia alle due Tombe, un luogo posto su un monte che s’inoltra per due leghe nel mare. Alla sommità di questo monte vi è la chiesa in onore di san Michele ed invece alle pendici dello stesso vi il mare che straripa due volte, al mattino e alla sera, e le persone non possono salire il monte fin quando il mare non si ritira.  Però nella festa di san Michele lo straripamento del mare è contenuto da muri a destra e a sinistra. E in questo giorno solenne tutti possono salire al monte per pregare in qualsiasi ora, negli altri giorni questo non è possibile. 

Si conclude così l’Itinerario del monaco Bernardo, un pellegrinaggio iniziato con un luogo sacro dedicato a san Michele sul Monte Gargano e terminato con la visita dell’altro sacro monte dedicato a san Michele in Normandia.

Don Marcello Stanzione 
AMDG et BVM